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Autore: bridgetvonblanche    13/08/2020    3 recensioni
[bts crime/noir au]
«Volevo davvero riuscire ad odiarti per aver pensato a cosa fosse meglio per me quando eri tu il meglio per me»
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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BLACK INK.

 

[13]

 

Appoggiò il palmo della sua mano destra - quella che nel corso degli anni aveva deciso di ricoprire con svariati simboli e lettere - sulla superficie bianca e liscia della parete di fronte a lui, inalando l'odore di intonaco fresco che ancora traspirava da quel muro solido e freddo. Jungkook chiuse momentaneamente gli occhi prima di esalare dalle proprie labbra un respiro lento e profondo. Sollevò poi il capo verso l'alto, lasciando così che davanti al suo volto prendesse forma l'immagine delicata e luminosa del fratello. Nella mente del più giovane, Junghyun appariva ancora sorridente e sereno, il braccio alto verso il cielo per salutare da una lontananza incolmabile il fratellino, le iridi scurissime ancora traboccanti di orgoglio.

Era con questo ricordo ben impresso nella propria mente che, per la riapertura del Black Ink, Jungkook aveva scelto di continuare ad osare. Non che fosse un tipo particolarmente festaiolo, ma era tutta sua intenzione far arrivare un messaggio chiaro a chi, ancora una volta, aveva provato a farlo inginocchiare. Non si sarebbe arreso, era questo ciò che ogni fibra, ogni cellula del suo corpo sembrava voler emanare. Non si sarebbe arreso, non quando in gioco aveva deciso di mettere tutto sè stesso, non proprio ora che - anche se con tanti sacrifici e fatica - sentiva che la verità era finalmente a portata di mano. Anche se a distanza di anni il suo cuore non aveva ancora smesso di sanguinare per la perdita del fratello, Jungkook era pronto a giurare vendetta contro chiunque si sarebbe rivelato essere il colpevole di avergli portato via senza alcun diritto una delle persone più importanti della sua vita.

— Jungkook, — si voltò di scatto sentendosi chiamare, mentre l'immagine del fratello si diradò di nuovo come timida nebbia rischiarata dal sole. Di fronte a lui ora si stagliavano le figure di Yoongi e Jimin che, quasi allo stesso modo di Junghyun, avevano allargato le loro labbra in sorrisi placidi e distesi nella sua direzione. Si avvicinò quindi a loro, dando ad entrambi una vigorosa pacca sulle spalle, un modo come tanti altri per infondere e darsi allo stesso tempo un altro pò di coraggio. Era infatti proprio in loro che il giovane Jeon aveva riposto tutta la sua fiducia fin dal primo istante, certo che non lo avrebbero mai deluso. Era stato così anche in quell'occasione quando, dopo un'incursione che ancora non aveva il nome di un mandante, i tre si erano ritrovati con uno studio a soqquadro da rimettere in piedi, per la seconda volta. Ma con grande stupore da parte di tutti, il primo ed il più anziano tra loro si era dato da fare per organizzare l'intero evento in modo tale che non mancassero cibo, alcool e buona musica, mentre Jimin era stato convinto a posare per uno scatto che lo aveva reso il protagonista assoluto del volantino per la campagna pubblicitaria messa in atto proprio per la riapertura dello studio.

Nonostante il peggio non poteva comunque ancora dirsi passato, quella sera l'atmosfera nel salone sembra essere rilassata e serena. Tutti i locali di cui si componeva il Black Ink, compresi i tre studi e l'ufficio di Jungkook, erano stati sistemati e rimessi quasi del tutto a nuovo. Nuovi i lettini, nuove le attrezzature, nuovi i tavoli. In particolare quello della reception - solitamente pieno zeppo di scartoffie - per quella sera di festeggiamenti era stato trasformato in un delizioso buffet, mentre ogni sedia, poltrona e mobile presenti nella cosiddetta "sala d'attesa" erano stati nascosti chissà dove per poter permettere al maggior numero di persone possibili di accedervi senza causare un eccessivo affollamento che, in caso contrario, avrebbe mandato Yoongi su tutte le furie.

Dal canto suo, Jungkook si ritrovò presto indaffarato ad accogliere vecchi amici, conoscenti e clienti fedeli che quella sera erano tornati a dare un nuovo benvenuto al suo prezioso studio. Nonostante fosse rimasto a lungo impegnato a destreggiarsi con chiunque gli si era avvicinato per chiedergli qualunque genere di informazione e a mostrare i cambiamenti e le migliorie del locale, il giovane proprietario fu però costretto a fermarsi e chiedere a Jimin di proseguire al suo posto quando vide che, dalla parte opposta della sala, davanti alla porta d'ingresso del Black Ink erano appena comparse tre figure che Jungkook aveva imparato a conoscere fin troppo bene e che, ne era certo, non erano arrivate fin lì per chiedergli consigli sul punto meno doloroso in cui scegliere di marchiarsi la pelle.

Buttò quindi nello stomaco l'intero contenuto aranciastro del suo tozzo bicchiere di cristallo senza pensarci troppo a lungo, contraendo solo per un istante le proprie labbra in una smorfia dovuta più che altro all'amaro sapore di quel cocktail, per poi avvicinarsi con la sua solita espressione provocatoria ai suoi - non proprio "nuovi" - arrivati.

— I due pezzi grossi della prima squadra di polizia e il figlio del procuratore del distretto, quale onore, — esordì, inchinandosi per dar loro quello che - nella sua testa - doveva sembrare un caloroso benvenuto, porgendo poi la propria mano a ciascuno dei presenti che, tuttavia, non sembravano essere intenzionati a ricambiare quel gesto.

— Siamo qui per motivi istituzionali, non per altro, — lo canzonò immediatamente Taehyung, entrambe le mani strette a pugno ed immobili all'interno delle tasche dei suoi costosi pantaloni neri.

— Io anche per l'alcool in realtà, questa birra è buonissima, — lo rimbeccò a propria volta Hoseok, cercando di smorzare l'aria di tensione che si era creata nell'esatto istante in cui i tre avevano messo piede nel salone, comunque impossibilitato a ricambiare la stretta di mano di Jungkook proprio perchè impegnato a stringere quel traboccante boccale di birra.

Namjoon si limitò ad alzare gli occhi al cielo di fronte a quella scena quasi tragicomica, non sapendo se essere più sconcertato dalle parole dell'amico o dalla velocità con cui era riuscito ad accaparrarsi il primo drink della serata.

— Oh, ma anche i miei erano saluti di convenienza e nient'altro, — li rassicurò con voce affabile il più giovane proprietario del Black Ink, le parole rivolte a tutti e tre i presenti, ma lo sguardo fisso su quello altrettanto freddo e distaccato di Taehyung, a sua volta immobile e statuario davanti a lui. Seguirono attimi di ossequioso silenzio, forse atti a studiare l'uno le mosse e i più impercettibili gesti dell'altro, fino a quando Hoseok non decise di cambiare drasticamente argomento, scegliendone forse uno ancora peggiore.

— Dov'è Jieun? — chiese quindi innocentemente, tornando poi a sorseggiare contento la sua birra, aspettando solo di ricevere uno sguardo di fuoco da parte di Namjoon che invece, ancora una volta, fu costretto a prendere parola e fornire la sua risposta, per quanto vaga e forse mai così imprecisa.

— E' uscita prima di me, dovrebbe già essere qui, — asserì il capitano della prima squadra della stazione di Seoul, — Provo a chiamarla, scusatemi, — aggiunse subito dopo, estraendo il proprio telefono dalla tasca e defilandosi così verso l'esterno del locale, dove ad accoglierlo vi era solo il rumore intenso della pioggia che, copiosa e fredda, quella sera aveva deciso di fare da sottofondo musicale al meraviglioso cielo della città. Namjoon tuttavia non si scompose più di tanto di fronte a quell'atmosfera umida e piovigginosa, tornando piuttosto a comporre il numero di Jieun ed appoggiare il proprio telefono contro l'orecchio, nella vaga speranza che sua sorella potesse rispondere alla chiamata evitandogli di finire inzuppato d'acqua dalla testa ai piedi. Più a lungo gli squilli si susseguivano tra loro però, più forte diventava lo strano presentimento che si fece presto spazio nella mente di Namjoon. In cuor suo in effetti, il capitano della prima squadra di polizia di Seoul già sospettava il motivo per cui Jieun ancora non si era presentata al Black Ink quella sera.

Da che ricordasse, sua sorella e Taehyung non si erano più sentiti dalla sera del compleanno di suo padre, quando l'aveva vista rientrare a casa da sola a casa e molto prima di quanto lui stesso avesse potuto prevedere. Si era stupito nel vederla varcare la soglia del loro appartamento ad un orario ancora accettabile, ma l'espressione dipinta sul volto della sorella lo aveva presto convinto che dietro quel rientro anticipato ci fosse una ben più amara spiegazione. Spiegazione che Namjoon non ricevette se non prima dell'alba successiva quando, davanti all'ennesimo bicchiere e dopo una notte senza sonno né riposo, Jieun si era finalmente lasciata andare ad un dettagliato racconto della serata, interrotto qua e là da un pianto liberatorio. Si era addormentata solo allora nel loro accogliente salotto, con la testa appoggiata alle cosce del fratello che, portando gli occhi al cielo, si era invece limitato ad distendere la propria schiena contro il morbido cuscino del divano, perdendo il sonno a furia di accarezzare delicatamente i capelli ed il profilo stanco di lei.

E mentre sotto una malinconica pioggia di ricordi il capitano Kim stava cercando invano di mettersi in contatto con la sorella, all'interno del locale la placida atmosfera venutasi a creare poco prima stava per essere completamente distrutta. A Jungkook era infatti bastato notare l'espressione scura e preoccupata che il capitano Kim aveva rivolto a Taehyung per capire che doveva essere successo qualcosa. In un normale contesto infatti, Namjoon non sarebbe mai uscito sotto un'acquazzone per cercare di mettersi in contatto con la sorella se avesse saputo che quest'ultima era in ritardo solo perchè si era trovata indecisa su quale tipo di scarpe indossare per la serata. 

Forse era stato proprio questo il motivo che lo aveva spinto, senza rimuginarci troppo a lungo, ad estrarre il cellulare dalla tasca dei suoi jeans e comporre a propria volta le cifre del numero di Jieun. Tuttavia non ebbe mai il tempo di far partire la chiamata perchè il telefono gli venne prontamente sfilato dalle mani da Taehyung che, per la prima volta quella sera, aveva deciso di rivolgergli direttamente la parola dimenticando ogni tipo di onorifico.

— No, questo non te lo permetto, — esclamò quindi senza pensarci due volte, sorprendendosi solo quando, nell'osservare lo schermo illuminato del telefono di Jungkook, Taehyung non lesse il nome di Jieun, bensì una serie di cifre disposte tuttavia in un ordine ben preciso, — Stavi chiamando lei non è vero? Conosci il suo numero a memoria? — domandò poi senza alcuna vergogna, cancellando in un batter d'occhio ogni tentativo di chiamata.

— E' così che funziona la nostra relazione, — ebbe solamente il tempo di rispondergli Jungkook, prima di notare l'espressione del più grande mutare velocemente verso la più cieca rabbia. Il più giovane non dovette infatti aggiungere altro al suo discorso, perchè sapeva benissimo che quelle parole avrebbero spezzato l'ultimo briciolo di lucidità che ancora riusciva a tenere a freno i nervi del suo avversario: così facendo però, in una manciata di secondi, Jungkook si ritrovò con la schiena contro il muro appena ridipinto di una delle pareti della stanza, mentre il figlio del procuratore lo teneva stretto per il bavero della sua maglietta nera, uno dei suoi capi preferiti.

— Jeon la nostra già non solida collaborazione è saltata, non costringermi a passare alle mani, — lo avvertì sussurrargli a pochi centimetri dalla faccia, come se non volesse farsi sentire da tutti gli altri presenti che erano comunque già rimasti pietrificati vedendolo reagire così all'improvviso ed in quel modo tanto impulsivo, non riuscendo probabilmente a darsi alcuna spiegazione del perchè di quella reazione sconsiderata.

Un'atmosfera gelida, quella all'interno del Black Ink, destinata solamente a peggiorare nel momento stesso in cui, alle parole di Taehyung, dalla bocca del suo più giovane avversario non uscì altro che una sonora e beffarda risata, l'unico rumore che riverberò come un tuono all'interno della sala. Persino la musica sembrava essersi fermata e, con essa, anche ogni genere di conversazione di ciascuno dei presenti, la cui attenzione era ormai interamente rivolta ai due giovani al centro della scena.

— Ti prego Kim, non metterti in ridicolo più di quanto tu non abbia già fatto qui dentro, — lo canzonò quindi Jungkook facendosi improvvisamente serio e tramutando le proprie risa in parole che non avrebbero lasciato adito ad alcun tipo di fraintendimento, — Sarai anche il figlio del procuratore di questa città, ma ho uomini che pagherebbero per farti a pezzi, — disse, questa volta utilizzando lo stesso tono imperioso che Taehyung aveva usato poco prima, — Non costringermi a mettermi in cima alla lista, — aggiunse, minacciandolo deliberatamente e prendendosi poi tutto il tempo per afferrare quella mano che ancora stringeva il colletto della sua maglietta e liberarsene con un gesto repentino.

— Ragazzi andiamo, questa è una festa, cercate di ragionare, — fu Hoseok il primo ad intervenire e mettersi in mezzo tra loro per cercare di smorzare quell'aria di tensione che, anche senza volerlo, era stato lui stesso a generare, chiedendo dove fosse Jieun. Quei due erano rispettivamente capi di una ricchissima gang mafiosa e dell'intero corpo di polizia della capitale della Corea, ma non sarebbero mai arrivati alle mani davanti a così tanta gente. Questo pensiero bastò a rincuorarlo anche perchè, se così non fosse stato, nessuno lì dentro avrebbe saputo come fermarli.

— Vado a cercarla, —

Hoseok si ridestò dai suoi pensieri solo quando avvertì le parole di Taehyung fare eco nella sua testa, ma non riuscì a fare nulla per fermarlo perchè il rumore impaziente dei suoi passi si era già fatto più debole e lontano. Non fece nemmeno in tempo a chiedergli di aspettarlo, o di suggerirgli di attendere almeno il ritorno di Namjoon per sapere se effettivamente Jieun avesse risposto alle sue telefonate, nè tantomeno riuscì ad inseguirlo perchè solo pochi istanti dopo le parole di Taehyung seguirono quelle del suo più giovane avversario.

— Esco anche io, ci vediamo dopo, —

L'intento di entrambi era il medesimo: sia Taehyung che Jungkook sarebbero usciti sotto il diluvio per cercare Jieun. Non aveva importanza quanto tempo ci sarebbe voluto, Hoseok era più che sicuro che entrambi avrebbero messo a ferro e fuoco l'intera città per lei.
Perso in questi suoi complicati ragionamenti, il giovane poliziotto quasi non si rese conto che, nel frattempo, Namjoon aveva fatto il suo rientro nel locale, i capelli umidi a causa della pioggia intensa, così come le sue scarpe e l'orlo dei suoi jeans chiari.

— Jieun non risponde, — lo sentì comunicare quelle poche parole con espressione affranta, controllando ancora una volta lo schermo scuro del proprio telefono prima di sollevare lo sguardo e rendersi presto conto di quanto l'atmosfera fosse decisamente cambiata da quando, poco prima, lui stesso aveva deciso di allontanarsi un attimo, — Che cosa è successo qui? —

Hoseok non gli rispose subito, si limitò piuttosto ad offrirgli il suo boccale di birra, trascinandolo poi verso un angolo più tranquillo del salone dove lo mise al corrente del perchè, al suo rientro, sia Taehyung che Jungkook sembravano essersi dissolti nel nulla.

— Ho incrociato Taehyung sulle scale, ha voluto le chiavi della volante, — confermò la sua versione dei fatti il capitano Kim, — Non ho fatto nemmeno in tempo a chiedergli dove stesse andando, — aggiunse poco dopo, preferendo lasciare il discorso in sospeso, prendendosi del tempo per aggiustarsi un ciuffo di capelli ribelli dietro l'orecchio.

— Lui e Jieun hanno litigato di nuovo? — la domanda sorse spontanea in Hoseok, ma lui stesso non era sicuro di voler ricevere risposte alla sua logica richiesta di maggiori spiegazioni. Che tra Taehyung e Jieun le cose non stessero andando nel migliore dei modi da un pò di tempo era diventato palese agli occhi di chiunque, il problema era effettivamente riuscire a capire se ci fosse anche solo una possibilità per chiarire i loro drammi e ricucire il loro rapporto.

— Credimi, questa volta è qualcosa che noi non possiamo risolvere, — Namjoon si lasciò andare ad un unico ed arido commento, prima di trangugiare il contenuto di buona parte di quel boccale, — Spero solo non le sia successo qualcosa, non potrei mai perdonarmelo, — aggiunse poi, tirando un profondo sospiro che Hoseok scelse di placare con qualche sonora pacca sulla spalla, l'unico conforto - oltre alla birra - che in quel momento avrebbe potuto donargli come amico e come fedele compagno di squadra.

 

***
 

Nonostante la riapertura, il suo ufficio era comunque rimasto chiuso al pubblico. 

Anche se non lo avrebbe mai ammesso davanti a nessuno, Jungkook era sempre stato molto geloso dei propri spazi personali e quindi solo l'idea che mani più o meno sconosciute potessero mettere piede nel suo ufficio per osservare e toccare i suoi disegni e ogni cosa presente sugli scaffali di quella stanza era sufficiente per indisporlo. Tutto in quella stanza era stato sistemato esattamente come prima dell'irruzione che lo aveva visto costretto a smettere di tatuare per un mese intero a causa di quella profonda cicatrice che si era formata sul suo polso. Entrò quindi senza nemmeno accendere la luce, certo che avrebbe facilmente trovato il suo fedele giubbotto di pelle dove sapeva di aver lasciato il proprio pacchetto di sigarette e le chiavi della sua auto. Lo indossò senza pensarci due volte, ma non fece in tempo ad arrivare alla porta perchè questa gli venne prontamente chiusa in faccia da Yoongi, che si permise poi di bloccarla alle sue spalle. Il più giovane si ritrovò così a sbuffare, avvicinandosi al suo socio più anziano con le braccia sui fianchi e decisamente poco tempo da perdere.

— So quello che stai per dire ma no, non sono comunque quello giusto per lei, — confessò tutto d'un fiato e pressoché dal nulla riuscendo così, e non senza un pizzico di velato orgoglio, a notare un'espressione confusa fare capolino sul quell'espressione perennemente imperscrutabile di Yoongi.

— Non mi avevi mai detto di essere diventato un sensitivo, — si lasciò andare ad un commento ironico il membro più anziano, non spostandosi di un solo millimetro dalla sua posizione iniziale, le spalle alla porta e la mano scarna posta sulla pesante maniglia di ottone. Jungkook avrebbe tranquillamente potuto sollevarlo di peso o uscire della porta del suo ufficio caricandoselo in spalle, ma il giovane proprietario del Black Ink era perfettamente consapevole che quando Min Yoongi compariva davanti a lui in quel modo era perchè aveva effettivamente qualcosa di importate da dire o su cui farlo riflettere.

In ogni caso, dato il suo prologato silenzio, fu Jungkook a tornare sui suoi passi e proseguire in quel discorso che, in realtà, aveva tutta l'aria di essere più che altro un soliloquio.

— Sono sempre stato il cattivo ragazzo della situazione, non mi piace ammetterlo, ma è così, — si lasciò quindi andare il più giovane, portandosi la mano tatuata sulla fronte prima di farla scivolare lungo tutta la testa, nel vano tentativo di dare ordine a quei suoi lunghi capelli color pece, — E' nella mia natura, è tutto ciò che sono, tutto quello che ho e che mi è rimasto.. E lei non merita questo, — dichiarò, indicando la propria figura.

— Tu pensi davvero che lei desideri quella versione di te? Quella che non esiste? —

Yoongi era sempre stato così. Introverso si, ma anche maledettamente diretto. E Jungkook aveva sempre ammirato questa sua dote. Anzi, si era ritrovato più volte ad invidiargliela. Era incredibile come lui, una persona che spesso e volentieri rifuggiva il contatto umano e l'iterazione con altre persone fosse proprio colui che più di chiunque altro riusciva sempre a leggere ogni situazione con una chiarezza e un'empatia tali da superare qualsiasi tipo di aspettativa.

— Io non potrò mai permettermi il lusso di passeggiare mano nella mano con lei, né di portarla fuori a cena o al cinema senza preoccupazioni.. Quello non sono io, non posso essere io, — ma Jeon Jungkook, dalla sua, aveva la testardaggine e l'amara consapevolezza che non sempre tutto va nel modo in cui vorresti. Quella parte del suo carattere che, nonostante nel corso degli anni gli aveva permesso di prendere le redini e gestire senza particolari problemi un' intera organizzazione mafiosa, veniva spesso annebbiata dalla sua comunque giovane età e dalla piena presa di coscienza che, a volte, dopo essere caduti, è molto difficile riuscire a trovare la forza per tornare a rialzarsi e camminare a testa alta.

— Hai mai pensato che forse a Jieun non frega un cazzo delle cene e dei cinema? — e quando Jungkook era così, solo un uomo del calibro di Yoongi aveva macinato un livello di pazienza e di cocciutaggine tale da poterlo affrontare a viso aperto, senza moderarsi nei toni e nei modi, — Ti è mai balenato nella testa il pensiero che forse è del Jungkook che sei diventato, quello che sei rimasto nonostante tutte le avversità e i mille problemi, di cui Jieun è ancora innamorata? —

— Perchè dovrebbe? —

Non c'era motivo di biasimare la domanda che uscì dalla bocca di Jungkook come un fiume in piena. Lui che, in una sola notte, ancora giovanissimo ed inesperto, aveva perso suo fratello e  l'unica persona per cui avesse mai provato del sincero sentimento, anni dopo si ritrovava ancora lì, in quello stesso studio grigio e semi-buio, a fare i conti con i demoni del suo passato e con quel sentimento travolgente nei confronti di Jieun che era ritornato a bussare con prepotenza alla porta del suo cuore che non aveva ancora smesso di sanguinare per il dolore di quella doppia, inaspettata perdita. Erano trascorsi cinque anni da allora, ma il ricordo era ancora così vivido che Jungkook si vide costretto a portare la propria mano al centro del petto, nella vaga speranza di riuscire a placare quella fitta improvvisa.

— Se sapessi di non avere più speranze con lei perchè prendersi la briga di andare a cercarla? Perchè l'amore fa anche questo, no? Ci annebbia cuore e cervello e allo stesso tempo cambia il nostro modo di vedere le cose, —

La mano di Yoongi lasciò così la presa sulla maniglia, per portarla invece sulla spalla del più giovane, stringendogliela con quanta più forza possibile. Fu così che Jungkook tornò a sollevare il proprio capo, notando solo in quel momento che Yoongi si era spostato di lato, dandogli così la possibilità di lasciare la stanza. Ma non si mosse subito, aspettò invece di vedere il capo del suo hyung spostarsi con un cenno lento ma deciso verso la porta. Solo allora le labbra di Jungkook si mossero in un flebile grazie, prima di uscire in tutta fretta dalla porta del suo ufficio e poi catapultarsi fuori anche da quella del Black Ink per risalire a tutta velocità le scale umide e scivolose a causa della pioggia.

Non aveva idea di quanto Yoongi ne sapesse dell'amore. Da che ne avesse memoria, non lo aveva mai visto in compagnia di una ragazza o di un ragazzo. Forse tutta quella saggezza scaturiva dalla sua incessante passione per la musica ed i libri, due "molto più che semplici hobby" che aveva sempre portato avanti insieme alla sua attività di tatuatore. Forse il tipo di amore provato da Yoongi era diverso da quello provato da lui ma, qualunque fosse la risposta giusta a quella domanda, il giovane proprietario dello studio di tatuaggi più famoso dell'intera Corea non potè che essere grato al suo socio più anziano, per avergli trasmesso in pochi minuti di conversazione la giusta dose di adrenalina e coraggio per affrontare questa ennesima sfida a testa alta.

E fu proprio con questo spirito che Jungkook riuscì ad affrontare l'ultimo gradino della scalinata, ritrovandosi poi momentaneamente col fiato corto e i capelli già fradici di pioggia a boccheggiare sotto l'acquazzone che aveva deciso di colpire la città proprio quella sera. Nella mano destra, strette come un anello attorno alle sue dita tatuate, Jungkook stringeva le chiavi dell'auto che sperava avesse benzina a sufficienza per poter affrontare una notte intera di ricerche.

Mai, mai nella sua vita avrebbe creduto che quelle chiavi potessero non servigli affatto, almeno fino a quando - a pochi metri da sè e nonostante la pioggia sempre più fitta - il ragazzo non riuscì ad intravedere il profilo longilineo, immobile e altrettanto fradicio di pioggia di una ragazza che, tra le mani, stringeva con forza un mazzo di fiori delicati.

— Jieun.. —

Quel nome lasciò le sue labbra in un sussurro, impossibile da percepire e ancora più difficile da ripronunciare. Non poteva realmente credere che Jieun fosse proprio lì di fronte a lui in quel momento, ma Jungkook era finalmente pronto per scoprirlo. Si avvicinò quindi a quella figura immobile e ancora nascosta nella penombra sotto la pioggia scrosciante fino a quando i suoi grandi occhi a mandorla non incrociarono quelli di lei, gonfi di lacrime ed esausti, maledettamente rossi.

La vide tirare su col naso e, nel compiere quel gesto, Jungkook finalmente potè incrociare la sua espressione affranta e distrutta. Uno sguardo vuoto quello di Kim Jieun che, ritrovandosi faccia a faccia con la sola persona che avrebbe voluto non la vedesse in quelle condizioni vergognose non potè fare altro che continuare a rimanere immobile nella sua posizione iniziale, come se fosse solamente in attesa di ricevere qualcosa come una provocazione o, peggio, un insulto per non essersi presentata prima. Sapeva che le probabilità di non incontrare Jungkook al Black Ink erano pressoché nulle, Jieun aveva solo sperato fino all'ultimo di poter avere il tempo per trovare qualche discreta scusa per giustificare i suoi vestiti fradici e quel piccolo bouquet di fiori, ancora stretto nella sua mano sinistra.

— Jungkook, — pronunciò il suo nome per prima solo per riuscire a frenare la sua lingua, qualsiasi cosa stesse per dirle o chiederle.

E invece, come se aver sussurrato il suo nome fosse stato una specie di passpartout, Jungkook le si fece ancora più vicino, fino ad arrivare a stringere entrambe le mani sulle braccia di lei e sfiorarle la fronte con la punta delle labbra. Un gesto quasi paterno il suo, che riuscì - tra le altre cose - ad allentare i nervi tesi come corde di violino della giovane detective.

— Jieun hai la febbre altissima, — esclamò lui un istante dopo, provando in ogni modo ad incrociare lo sguardo di Jieun per riuscire a captarne anche la più piccola o minima delle informazioni. Tante erano le domande che dovevano essersi originate nella testa del ragazzo, tante le spiegazioni che sentiva in dovere di chiederle, non potendo in alcun modo trovare da solo una risposta a tutto questo. Ma nessun suono si originò dalla bocca del giovane, non quando - invece che percepire lo sguardo di lei su di sè - non avvertì invece la mano di Jieun portarsi contro il suo petto, proprio lì, nel suo centro. La sentì stringere la sua già slabbrata maglietta con tutta la forza che probabilmente le era rimasta in corpo, lo sguardo ancora rivolto verso terra e una voce tremante.

— Taehyung è qui? Io devo, devo chiedergli scusa e-, — non avrebbe mai voluto pronunciare quelle parole proprio davanti a lui, ma era stufa di dover sempre fare di tutto per nascondere tutte le sue debolezze. Non riuscì comunque mai a finire quella frase, perchè improvvisamente una strana e spiacevole sensazione la avvolse fino a prendere il sopravvento sul suo fisico già abbastanza provato. Come se l'asfalto del marciapiede si fosse aperto sotto i suoi piedi, improvvisamente Jieun sentì le proprie gambe cederle, ritrovandosi presto con le ginocchia e le mani a terra. Una perdita di forze e di equilibrio la sua che la costrinse a mollare la presa persino su quel piccolo mazzo di candidi fiori lilla che si riversarono così sul pavimento, venendo irrimediabilmente rovinati dalla caduta e dalla pioggia che ancora non aveva smesso di cadere incessante sui profili delle case e dei grattacieli della notturna Seoul.

Jieun avrebbe quasi voluto essere come quei fiori: stanca come non si era mai sentita prima di allora, si sarebbe volentieri accasciata sotto la pioggia, lasciando che quelle gocce continuassero a bagnare il suo viso ed il suo corpo, nella vaga speranza che, insieme alle sue lacrime, quel temporale avrebbe portato via anche tutta la sua frustrazione e il suo dolore.

Era arrivata davanti all'inusuale ingresso del Black Ink con la speranza di riuscire a trovarvi ancora Taehyung e chiedergli scusa per come si era comportata alla festa di compleanno di suo padre. Scusarsi si, ma non senza chiedere spiegazioni. Non aveva più ricevuto sue notizie dalla sera del compleanno del padre e il non sentire la sua voce come il non ricevere alcuna chiamata da lui la faceva stare quasi peggio che provare a scrivergli un messaggio sapendo con assoluta certezza che tanto non avrebbe mai ricevuto risposta. Stava male per lui, per come si era comportata e per ciò che era successo, ma allo stesso tempo e per quanto non volesse più apparire così debole, Jieun era stufa di continuare a tenersi tutto dentro. 

Non seppe dire quindi se sentirsi sollevata o più preoccupata quando, una volta ancora, tutti i suoi piani vennero nuovamente ribaltati da Jungkook che, vedendola perdere i sensi e finire accasciata a terra, riuscì a sventare i suoi piani di autodistruzione ed evitarle il peggio, sollevandola di peso per portarla quasi del tutto priva di sensi all'interno delle più calde mura del Black Ink, sotto gli sguardi increduli di tutti i presenti.

Che lui e Taehyung fossero disposti a tutto pur di riuscire a ritrovarla era ormai chiaro a chiunque, persino agli occhi di Namjoon che aveva seguito con attenzione ogni passo e movimento del giovane proprietario del Black Ink, almeno fino a quando il suo profilo non scomparve dietro la porta dell'ufficio in fondo al corridoio del locale. 

Ma se tutto stava nel riuscire a capire chi davvero l'avrebbe trovata per primo o, meglio ancora, da chi Jieun avrebbe davvero voluto farsi trovare, allora Jeon Jungkook aveva appena ottenuto la sua risposta.



 

 

「a/n 」

anneyeong haseyo! 👋🏻

torno dopo altre due settimane di assenza, proponendovi un capitolo che - sarò sincera - ho scritto, disfatto, cancellato e riscritto almeno una decina di volte (no joke). non posso dire di essere pienamente soddisfatta del risultato (ma per come sono fatta io difficilmente mi troverete pienamente convinta lol), però questo è ciò che doveva succedere: jieun che fa prendere un bello spauracchio a tutti non facendosi trovare durante una serata in cui sarebbe davvero potuto succedere di tutto se davvero vi avesse partecipato.

credo che questo capitolo possa riassumersi così: nella vita a volte, oltre che fortuna e c***o a volte ci vuole anche del sano tempismo. ed è - forse - proprio quello che è successo a jieun e a jungkook, che si sono ritrovati ancora una volta faccia a faccia senza volerlo (o quantomeno, non sperandoci).

e con questa massima incredibile da bridgetvonblanche è tutto! onestamente sono molto indietro con la stesura dei prossimi capitoli e il caldo non aiuta, ma spero vivamente di farmi sentire presto.

ah, una cosa di non secondaria importanza: sto rispondendo lentissima alle vostre recensioni, lo so sono una babbana.. mi spiace davvero molto ma non sono ancora in ferie quindi per me è molto difficile trovare il tempo per potermi fermare e rispondere come si deve, perchè per i bellissimi messaggi che mi lasciate ogni volta non è sufficiente un grazie <3

le comunicazioni di servizio sono ufficialmente terminate io vi bacio e vi purplo tutti, ci si sente alla prossima!

「bvb」

  
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