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Autore: EleWar    14/08/2020    9 recensioni
Ancora ansante, nella penombra della stanza, lentamente mise a fuoco la sua situazione. Era legata mani e piedi ed assicurata alla testiera in ferro battuto di un letto. Indossava ancora il vestito da sposa.
Non c'è mai pace per i nostri due sweeper tanto amati, cosa succederà in questa mia nuova fic? ;-)
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Kaori Makimura, Nuovo personaggio, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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E siamo arrivati al penultimo capitolo, che è anche un po’ più lunghetto degli altri (e del finale).
La volta scorsa vi ho lasciato in sospeso, con i nostri amati finalmente ricongiunti, alle prese con l’amore inespresso e i soliti imbarazzi.
Cosa combineranno ora?
C’è ancora tempo per i saluti finali, ma sappiate che siete tutti fantastici, GRAZIE per tutto quello che fate per me, perché mi leggete, commentate, spronate, mi tirate la giacchetta impazienti, insomma, ve lo dico in Italiano VI AMO <3
A presto!
Eleonora






Cap.11 Un’ultima notte
 
 
Ryo e Kaori si misero a passeggiare nei dintorni della villa, all’inizio leggermente imbarazzati perché non più avvezzi a stare così tanto tempo insieme e da soli, soprattutto dopo quegli ultimi mesi niente affatto idilliaci, e ancora peggio dopo, quando con l’arrivo di Akira, la situazione era definitivamente precipitata.
Ma la voglia di stare l’uno con l’altra, prevalse su ogni disagio, e in breve tempo riuscirono a rilassarsi quel tanto da permettergli di chiacchierare senza troppo pesare le parole.
E il fatto che Ryo l’avesse messa a parte di tutto quello strano rapimento, e che lei gli avesse raccontato come l’aveva vissuto, senza peraltro fare accenno alla notte trascorsa con Naoko, aveva restituito ai due ragazzi quella complicità, e quella spontaneità, che contraddistingueva la loro partnership.
 
Pur senza dirlo chiaramente, avevano deciso di non pensare, né accennare, a quello che sarebbe successo il giorno dopo, cioè al matrimonio di Kaori, come se quella dovesse essere una sorta di pausa nello scorrere forsennato del tempo, uno stato di grazia, un momento tutto loro.
Evitavano l’argomento perché troppo doloroso da affrontare, e che presupponeva dover andare fino in fondo, sviscerare la questione, mettersi a nudo, prendere una posizione, decidere.
Perché in quel caso Kaori avrebbe dovuto ammettere, se non davanti a Ryo almeno a sé stessa, che si sposava quasi per ripicca o per ripiego, mentre Ryo avrebbe dovuto trovare le parole giuste per impedirle di lasciarlo, una motivazione valida per farla restare.
Quindi, alla loro maniera, avevano tacitamente stabilito che si sarebbero goduti ciò che rimaneva di quel giorno, e magari la notte che ne sarebbe seguita, come due persone che, semplicemente, sanno che dovranno infine salutarsi, ma che vogliono approfittare di tutto il tempo a loro disposizione.
Volevano vivere sospesi quelle ore che li separavano dall’alba, fino a quando, decidendo di lasciare la villa, sarebbero ritornati alla dura realtà.
 
Quando il crepuscolo cedette il posto alla notte, in ogni parte del giardino si accesero un’infinità di luci ad illuminare siepi e vasi ornamentali, rendendo quel posto magico e surreale; sì, Naoko non aveva badato a spese pur di circondarsi di tanta bellezza; eppure era una donna tormentata e infelice, che probabilmente non era mai riuscita a godersi in pieno un simile spettacolo.
Ma lo spettacolo più bello lo videro poco lontano da lì, in una parte un po’ più in ombra del parco, dove una moltitudine di lucciole danzava, sfiorando gli steli e i boccioli chiusi dei fiori; Kaori, incantata e sorpresa di fronte a quella vista, si sciolse dal braccio del socio e raggiunse quasi correndo quello spiazzo, ed estasiata esclamò:
 
“Ryo, hai visto? È una meraviglia!”
 
E con le braccia aperte, prese a ruotare lentamente su sé stessa, come a voler immergersi in quel mondo fatato e pulsante; e quando si voltò a guardarlo, Ryo poté vedere i suoi occhi brillare di felicità.
Lo sweeper s’intenerì a quella visione, e pensò che la sua Kaori era una donna-bambina, uno spirito leggiadro che, proprio come quelle lucciole, dove passava illuminava tutto ciò che toccava, generando stupore e ammirazione.
Ryo si sentì pervaso da uno strano turbamento, e guardandola danzare, quasi, immersa fra le lucciole, fu colpito dalla forza che lei sprigionava.
Ed era strano, perché l’aveva vista mille volte impugnare bazooka con disinvoltura, padroneggiare trappole e bombe a mano, per non parlare dei martelloni che era solita maneggiare… eppure tutta la sua forza la riconosceva proprio lì, nel momento in cui gli dimostrava che, nonostante conoscesse il lato più squallido e violento della vita, era ancora capace di emozionarsi per il volo d’amore di semplicissimi insetti.
Ecco, era lì che risiedeva la grandezza di quella donna straordinaria, e lui si sentì piccolo di fronte a lei; e, come se avesse aperto gli occhi per la prima volta, capì che se anche avesse continuato a fare la sweeper per altri mille anni, non sarebbe mai cambiata: il suo cuore non si sarebbe mai corrotto.
 
E mentre ancora Ryo la guardava incantato, lei tornò sui suoi passi e lo raggiunse; non aveva mai visto il suo socio in un tale atteggiamento, e ne fu piacevolmente colpita.
Gli sorrise e, per un fugace momento, fu quasi sicura di averlo visto arrossire, ma si convinse che era stato sicuramente un gioco di luci e ombre.
Giunta davanti a lui, però, fu scossa da un brivido che attirò l’attenzione dell’uomo, il quale, sempre sorridendo le chiese:
 
“Hai freddo? Vogliamo rientrare?”
 
“No-no…” balbettò confusa, perché era un insieme di cose: il fresco umido della sera, la vicinanza di Ryo… ma non fu abbastanza convincente perché lui, togliendosi la pesante giacca di pelle, gliela sistemò sulle spalle.
La ragazza trattenne il respiro, quando si sentì invadere dal calore dell’indumento e dal persistente odore di lui che l’avvolgeva; per non parlare di quell’inedito gesto di affetto e galanteria, che le fece provare ben altri brividi.
Di colpo provò prepotentemente il bisogno fisico della sua presenza; avrebbe voluto perdersi fra le sue braccia e godere del suo calore, e non doversi accontentare di quello riflesso, trasmessole dal suo giubbotto.
A disagio, farfugliò:
 
“Gra-grazie, ma non dovevi” pur apprezzando tantissimo quel suo atteggiamento protettivo.
 
Lo affiancò e ripresero la via del ritorno silenziosamente, di nuovo leggermente imbarazzati.
Imbarazzo che non gli impedì di prendersi per mano, dopo essersi sfiorati, cercandosi.
Da quel semplice e quasi infantile contatto, si sprigionò allora una miriade di sensazioni, e i due se ne stupirono enormemente; e quando le dita s’intrecciarono strette, una gioia consolante li avvolse.
Sorrisero, pur non osando guardarsi.
 
Godendosi la reciproca compagnia, percorsero lentamente il vialetto, in silenzio, con il rumore confortante della ghiaia che scricchiolava sotto i loro piedi, ad accompagnarsi al canto dei grilli tutt’intorno e al richiamo degli uccelli notturni, in una calma bucolica che, piano piano, scendeva anche nei loro animi, calmandoli.
Era così raro trovarsi in simili situazioni, nel caos di una metropoli come Tokyo, che per loro anche quello era un regalo prezioso.
 
Infine rientrarono alla villa, con il primo piano illuminato a giorno, la scalea imponente, il pianoforte nell’angolo; Ryo si lasciò sfuggire un fischio ammirato e, guardandosi intorno, chiese alla socia:
 
“Ti piacerebbe vivere in una casa così?”
 
Si accorse troppo tardi di ciò che implicitamente le aveva chiesto, perché in un certo senso aveva riportato il discorso alla sua possibile nuova vita: sposando Akira avrebbe potuto avere anche una villa così, niente a che vedere con il loro appartamento, situato in un anonimo palazzo come tanti, in un quartiere chiassoso e popoloso.
Si era lasciato scappare quell’accenno ad un argomento tabù, ma la socia, che aveva capito dove li avrebbe portati quell’innocente allusione, cercò di sdrammatizzare rispondendo:
 
“Ma sei matto? E dopo come farei a pulirla tutta?”
 
Ryo, che non si aspettava la sua risposta, rimase un attimo sconcertato, ma poi ridendo le disse:
 
“Sciocchina! Se puoi permetterti una villa così, puoi permetterti anche qualcuno che la pulisca per te!”
 
Ma non andarono oltre e, avendola buttata sul ridere, la Questione Villa morì lì.
 
“Comunque più tardi, se vuoi, ti faccio vedere il resto; sai, in questi giorni non ho avuto molto altro da fare che girare e rigirare per le stanze vuote, e ormai le so a memoria” gli disse lei strizzandogli l’occhio, poi aggiunse;
“Di sicuro la parte più bella, però, resta la cucina. Piuttosto, che ne dici di mettere qualcosa sotto i denti? Non so cosa ha comprato oggi Naoko, e potrei preparare qualcosa se ti va…”
 
“Saresti veramente gentile, ma non ti preoccupare per me” rispose il socio.
 
Kaori spalancò gli occhi stupita: era la prima volta che Ryo le si rivolgeva così, e a proposito del cucinare e del cibo; sì, stavano succedendo cose strane.
Ma lui, consapevole dell’effetto che aveva avuto sulla socia con le sue parole, aggiunse:
 
“Anzi, potremmo cucinare insieme, che ne dici? Potrebbe essere divertente.”
 
“Tu-tu… non sei Ryo Saeba! Esci da questo corpooooo!” scimmiottò la socia, posizionando le dita a mo’ di croce, in una buffa parodia di esorcismo.
 
Poi entrambi scoppiarono a ridere, e mai risata fu così liberatoria e gradita.
Giungeva dal profondo del cuore, e colmava quell’abisso che si era creato fra loro mesi prima; era un balsamo per le ferite che si erano inflitti in quei giorni di litigi e ripicche, quando sembrava essere diventata impossibile la convivenza, e ogni cosa era un pretesto per darsi contro.
 
“Ahh, socia, quanto mi sei mancata!” sfuggì detto a Ryo, e la ragazza si ricordò del suo proposito: se le avesse detto che l’amava, che voleva che restasse con lui, avrebbe mollato tutto seduta stante e non si sarebbe più sposata.
Però doveva sentirglielo dire, lui doveva dire quelle parole!
 
L’uomo dal canto suo, invece, consapevole che avrebbe dovuto trovare le parole giuste per spiegarsi, si sentiva in difficoltà, perché non sapeva da dove cominciare; era sempre così impacciato, quando doveva esternare i suoi sentimenti: sbagliava sempre tono o frase, era un disastro, e ogni volta che apriva bocca, era solo capace di generare equivoci o guai.
Lui era più bravo nell’azione, e ce la stava mettendo tutta per farglielo capire con il suo comportamento, lasciandosi andare a quelle gentilezze che gli nascevano spontanee dal cuore, e che sempre si era vietato di dimostrare o mettere in pratica.
L’atteggiamento di Kaori, del resto, meno timido o impacciato del solito però, lo aiutava guidandolo su quella strada e, seppur ancora insicuro, perché poco avvezzo a tali espressioni di affetto, sentiva che poteva riuscirci; se gliene avesse dato l’occasione, Ryo le avrebbe dimostrato quando tenesse a lei.
Non aveva tantissimo tempo a disposizione, e procedere a piccoli passi come stava facendo non era l’ideale; era anche totalmente digiuno su come portare avanti un qualsiasi corteggiamento che non fosse finalizzato alla camera da letto, e cercava d’improvvisare, di cogliere al momento, i suggerimenti che inconsciamente gli lanciava la sua socia.
 
In ogni caso, cucinarono veramente insieme, e senza litigare per giunta; e anzi divertendosi moltissimo. Approntarono una gustosa cenetta col poco che aveva comprato la cantante, che non solo era incapace di cucinare, ma evidentemente anche di fare la spesa: non c’erano cibi freschi, o carne e pesce, ma solo precotti e scatolette, ma si adattarono.
 
Consumarono il pasto serale seduti al tavolino del tinello, troppo in soggezione per gustarlo nell’ampio soggiorno, e fu una cena serena, intima, che sapeva tanto di famiglia, come ai vecchi tempi.
 
Quando anche l’ultimo boccone fu fatto sparire, sempre insieme rassettarono la cucina e lavarono i pochi piatti e pentole utilizzati; a Kaori, riponendo l’ultimo piatto, sfuggì un sospiro, che non passò inosservato al partner, il quale le chiese, sommessamente:
 
“Stanca?”
 
Allora lei si voltò a guardarlo intensamente, prima di rispondergli:
 
“No… cioè, sì… Mi sono stancata di stare in questa casa, così lontano dal mondo. Però, ora che ci sei tu, non ha più importanza” e arrossì leggermente, ma non abbassò lo sguardo; era più che mai decisa a scrutare il suo socio, e voleva vedere che effetto gli avessero fatto le sue parole, che reazione avrebbe avuto.
E quando lui le disse: “Dai, domattina presto potrai finalmente andartene” non si sentì totalmente delusa dalla sua affermazione, perché il suo viso era così dolce e illuminato da una strana luce, che a quel punto avrebbe potuto dirle qualsiasi cosa.
 
Il tempo, quindi, sembrò fermarsi; entrambi si aspettavano che l’altro avrebbe aggiunto qualcosa, mentre una strana atmosfera di incompiutezza gravava su di loro, ma non successe nulla.
Fu Kaori, allora, che ruppe gli indugi riportando i discorsi su toni più leggeri e neutri, ed esordì con:
 
“Caro il mio socio, qui non c’è poi molto da fare, non c’è nemmeno una tv. Di conseguenza per passare la serata ti propongo di ascoltare un po’ di musica, perché come puoi ben immaginare, questa non manca e, a meno che tu non sappia suonare il piano e non me l’abbia mai detto, dovremo accontentarci di quello” e dirigendosi nel salone, gli indicò uno stereo dei più sofisticati e tecnologici, proprio accanto al pianoforte.
 
“Wow, che roba!” esclamò lo sweeper vedendolo; e mentre Kaori armeggiava con diversi cd, lui si mise ad osservare la collezione di dischi e riconoscimenti appesa alla parete, e quando partirono le note di Kiss me again, Ryo, voltandosi verso la socia, le disse:
 
“Ma lo sai che Umibozu è un gran fan della nostra Naoko?”
 
“Veramente? Be’, c’era da immaginarselo: Falcon è un duro dal cuore tenero.”
 
“Come me, del resto!” puntualizzò Ryo con aria saccente, volendo risultare, per l’ennesima volta, migliore di quel suo amico-nemico, con cui era perennemente in competizione su tutto.
E Kaori, sorridendogli con affetto, chiosò:
 
“Sì, è vero. Peccato che a volte te lo dimentichi, e soprattutto non dimostri così spesso quanto buono tu sia.”
 
L’uomo, che si aspettava una battutina sarcastica, rimase stupito da quella frase e profondamente colpito dal tono con cui lei l’aveva pronunciata.
Si sentì pervadere da una contentezza strana: essere lodato e apprezzato da lei, valeva molto di più di tutta la riconoscenza che una cliente qualsiasi poteva provare per lui alla fine di un caso
Desiderava la sua stima, e che lei lo amasse per ciò che era.
 
Si confuse, e per l’ennesima volta avrebbe voluto saperle dire di più, ma non riusciva a raccogliere i suoi pensieri, né ad infilare una frase che non fosse una sciocchezza qualsiasi.
 
Nel frattempo la ragazza si era appoggiata con i gomiti al pianoforte, il viso sorretto dalle mani; ad occhi chiusi e con aria rapita si godeva la canzone, canticchiandola a bocca chiusa.
Il socio s’incantò a guardarla: era bellissima… Possibile che lei non se ne rendesse conto?
 
E poi quella canzone in sottofondo, con quel rincorrersi di bassi in un mood accattivante e coinvolgente, quella voce così sensuale, che ripeteva e chiedeva di essere baciata ancora…
D’improvviso, Ryo sentì sul serio il potente desiderio di baciare Kaori, di accorciare la distanza che li separava e raggiungerla, stringerla fra le braccia e non lasciarla più; e in quel momento, come richiamata dai pensieri del partner, la ragazza dischiudendo gli occhi, si volse a guardarlo con aria sognante.
E lui, annegando in quelle pozze di calda ambra scintillante, stava già per fare un passo verso di lei, quando fuori si udì un tuono spaventoso che fece tremare tutta la casa, e che lo fece sobbalzare.
Improvvisamente andò via la luce, interrompendo la canzone e quella magnifica visione, sprofondandoli nel buio più totale.
L’incanto si era crudelmente infranto
 
“Dannazione” si lasciò sfuggire lo sweeper.
 
“Bene, ci mancava solo il temporale! Ed ora niente energia elettrica. Chissà quando ritornerà?” esclamò Kaori.
 
“Immagino che tu non sappia dove si trova la centralina, né un generatore d’emergenza…” chiese Ryo, ritornato in sé, e con voce atona.
 
“No, nel mio peregrinare non li ho mai trovati, né ci ho fatto caso” ridacchiò, sperando che, subito dopo, non le arrivasse un rimprovero “Però di sopra ho una candela” aggiunse in tono di scusa, cercando di apparire efficiente agli occhi del compagno.
 
Un lampo illuminò l’esterno della villa, gettando bagliori nel salone che permisero ai due di rivedersi,  immobili, lì dove erano rimasti quando era calato quel buio improvviso.
 
“Stai fermo lì, che ora ti raggiungo” disse la ragazza, ma quando un altro lampo li illuminò di nuovo, e Ryo se la ritrovò davanti, sentì il suo cuore accelerare.
Sarebbe bastato veramente pochissimo: allungare una mano, toccarla e lasciarsi finalmente andare, senza girarci così tanto intorno; eppure, assurdamente, temeva di essere in qualche modo respinto.
Sapeva che Kaori era innamorata di lui, o almeno lo era un tempo.
Ma se l’arrivo di Akira le avesse fatto cambiare idea?
Quell’uomo era innegabilmente bello e affascinante, la faceva sentire amata, e i suoi modi erano gentili e cortesi; era educato e galante, e con le donne ci sapeva fare, altrimenti non sarebbe stato l’amante di una donna come Naoko.
E comunque, quando li aveva spiati, aveva visto come baciava la sua socia, e come la toccava.
Kaori aveva deciso di sposare Murakami, e se adesso Ryo avesse provato a baciarla, a stringerla a sé, e lei l’avesse scacciato perché troppo rozzo e volgare, o temesse i suoi modi da maniaco?
Adesso poi era fidanzata, quindi tecnicamente occupata, ed eventualmente avrebbe commesso un tradimento ai danni del suo futuro sposo.
Ma lui doveva e voleva provarci!
Era anche la prima volta che si sentiva così insicuro con una donna, ma oltre ad essere di fronte alla sua Kaori, la donna più importante della sua vita, non aveva più altro tempo a disposizione, doveva sbrigarsi.
Quando la ragazza gli prese la mano, però, credette di morire.
 
“Avanti, seguimi. Conosco a memoria questa stramaledetta casa!” gli disse avviandosi su per le scale e tirandolo leggermente dietro di sé.
 
Essere padrona dello spazio in cui si muovevano, faceva sentire Kaori meno a disagio, nello stringere la calda mano di Ryo; l’oscurità nascondeva il turbamento che stava provando in quel momento, poiché, di fatto, stava portando il partner nella sua camera da letto e una strana idea, un tarlo, le si era insinuato nella testa, e non le dava tregua.
Era leggermente euforica, per il passo che stava per compiere, ma anche spaventata per le conseguenze che ne sarebbero derivate; eppure, ad ogni scalino che li portava al piano di sopra, la sua decisione si rafforzava.
 
Ryo si lasciava condurre docilmente, e totalmente succube della socia; non pensava a niente, se non a quel momento che stavano vivendo, e a quanto sarebbe stato magnifico se loro due fossero stati veramente una semplice coppia che si ritirava per la notte, nella loro stanza, piuttosto che due anime tormentate incapaci di parlarsi e dire la verità.
 
Ad un certo punto Ryo inciampò e cadde in avanti, finendo con il viso sul sedere della partner che saliva le scale davanti a lui.
 
“Attento!” esclamò lei.
 
“Stavo per cadere, ma mi è andata bene” ridacchiò lui, aspettandosi la solita martellata, che invece non giunse; nel buio sentì la socia ridere sommessamente, e se ne rallegrò.
 
Erano ormai arrivati di fronte alla porta di Kaori, e Ryo le lasciò a malincuore la mano per permetterle di entrare a tentoni e trovare ciò che cercava.
 
Intanto, fuori, il temporale stava riversando sulla villa e sul giardino un’enorme quantità d’acqua, e lo sweeper non poté impedirsi di pensare che, l’indomani mattina, quella sorta di mulattiera che era la strada per arrivare fin lì, sarebbe stata quasi impraticabile da percorrere in due sulla moto.
Sperò che, così come aveva iniziato a piovere all’improvviso, allo stesso modo smettesse.
 
Nel mentre, sentiva la socia aggirarsi spedita in quell’ambiente ormai per lei familiare, anche se ogni tanto sbuffava o imprecava a mezza voce; amava quel suo modo di affrontare la vita, e di colpo pensò che le sarebbe mancata da morire poiché anche quelle piccole cose, che sempre aveva dato per scontate, che lo divertivano o intenerivano, e che facevano così tanto parte di lei, sarebbero sparite dalla sua vita di lì a poco, e non era certo pronto a rinunciarvi.
Mosso da questa terribile constatazione, iniziò dicendo:
 
“Kaori… io…”
 
“Ecco, finalmente!” lo interruppe lei, esultante, accendendo il fiammifero con cui avrebbe alimentato quell’unica candela.
 
Alla luce tremolante della fiammella, Ryo riuscì a distinguere un po’ dell’interno della stanza, e quando i suoi occhi si posarono sul vestito da sposa, appeso alla gruccia all’esterno dell’armadio, un nodo gli strinse la gola; quasi senza accorgersene, disse:
 
“Con quell’abito sarai sicuramente bellissima” in un misto di dolore e ammirazione.
 
La ragazza rispose a disagio:
 
“Sì, il vestito è molto bello; sarà tutto merito di Eriko…”
 
“Non credo…” sussurrò l’uomo.
 
Poi, per alleggerire l’atmosfera, guardando la candela nel candeliere finemente cesellato, spiegò:
 
“Lo sai che in Italia quel particolare tipo di candeliere si chiama bugia? Però con quello stesso nome si indica anche una frottola, una menzogna” concluse sorridendo e strizzandole l’occhio.
 
Kaori si confuse e borbottò qualcosa, ma erano entrambi pienamente consapevoli di quanto la loro vita fosse costellata di tante piccolissime bugie e frottole; forse era arrivato il momento di essere sinceri una volta per tutte.
 
In ogni caso lo sweeper chiese incuriosito:
 
“Ma come mai hai una candela nella tua stanza?”
 
“La-lascia perdere, è una lunga storia” non aveva nessuna intenzione di spiegargli che Naoko, la prima notte, aveva fatto tutta quella scena a lume di candela, forse per impressionarla, anche se poi effettivamente, il giorno dopo, aveva scoperto che era stata costretta ad usarla perché si era fulminata l’unica lampadina del lampadario…
 
Dalle tende rimaste tirate, intanto, si sentiva la pioggia cadere ora lentamente in un leggero sgocciolio, e sembrava che il temporale fosse oramai passato; quel suono ovattato era rilassante, e faceva venir voglia di starsene a letto sotto le coperte, e lasciarsi cullare da esso.
 
L’improvviso silenzio sceso fra i due, li mise nuovamente a disagio.
 
Erano arrivati alla fine della serata, perché ormai non c’era più altro da fare se non andare a dormire; era tardi, e l’alba sarebbe arrivata ben presto.
Stentavano però a salutarsi, a darsi la buonanotte, consapevoli non solo che tanto non avrebbero dormito, ma anche che desideravano ancora stare insieme.
Erano giunti ad un’empasse.
 
No, non poteva finire così… non poteva andare a finire così, con loro penosamente svegli nella notte, ad aspettare l’alba che li avrebbe divisi per sempre.
Entrambi preda di mille pensieri, rimanevano lì in piedi a guardarsi, indecisi, sul ciglio del burrone.
Ma Kaori, che durante quella prigionia aveva capito tante cose di sé, si ricordò improvvisamente delle parole di Naoko, di quando le aveva detto, forse un po’ troppo spavaldamente, che lei, quando gli piaceva qualcuno, se lo prendeva e basta! E Dio solo sapeva quanto Kaori desiderasse Ryo!
Se il suo destino era quello di sposare Akira, perché Ryo non era pronto ad impegnarsi o ad amarla tutta la vita, allora avrebbe passato con lui quell’unica notte; così non avrebbe avuto rimpianti, e avrebbe comunque provato come sarebbe stato, perdersi fra le sue braccia.
Magari per Ryo sarebbe stato solo sesso, ma lei avrebbe avuto l’illusione di sentirsi amata… per una notte soltanto.
Stranamente la ragazza non era preoccupata di essere respinta, perché quando si trattava di avventure lo sweeper non si tirava mai indietro, e lei non gli avrebbe chiesto nulla di più; inoltre, a dispetto di quello che le aveva sempre ripetuto per tutti quegli anni, lui la desiderava almeno un po’, e Kaori sperò che ciò fosse abbastanza.
L’esperienza avuta con la cantante, per assurdo, le aveva infuso sicurezza e consapevolezza del suo corpo e del suo fascino; e per certi versi, sarebbe stato più facile per lei.
Non gli sarebbe saltata addosso, quello no, perché non era in grado di farlo, ma sarebbe andata per gradi,  e avrebbe agito in conseguenza delle reazioni che avrebbe suscitato nell’altro.
 
Sarebbe stato il modo perfetto per dirsi addio.
 
Quindi Kaori raccolse tutto il suo coraggio e, rompendo gli indugi, gli disse:
 
“Direi che ormai non ci resta che andare a dormire… Ci sono tante altre camere da letto qui, ma…” si fermò di colpo.
 
Maledizione” pensò “Ero partita così bene! Che mi prende, tutto in una volta?
 
Ma l’uomo, che non voleva lasciarla sola quella notte, a quell’inizio di frase si era fatto attentissimo; tutto dipendeva da ciò che avrebbe deciso la compagna, e quando si era bloccata, aveva iniziato a pregare: “Fammi rimanere, fammi rimanere, ti prego!”, ma impossibilitato a chiederglielo apertamente; ancora una volta lasciava a lei la decisione.
Pendeva dalle sue labbra, e quando infine la socia parlò, solo allora si accorse di star trattenendo il fiato.
 
“… Ryo… vorrei tanto che tu restassi qui con me” concluse lei infine.
 
Ryo sentì il cuore scoppiare di felicità, era quello che più desiderava in quel momento, ma il solito blocco gli impedì di rispondere, se non:
 
“Certo.”
 
Una risposta laconica, ma che valeva già tanto per lei.
 
A quel punto Ryo si mosse, si sfilò il giubbotto di pelle e lo appoggiò sullo schienale dell’unica seggiola, tolse dalle tasche le chiavi della moto e il telefono satellitare, e li lasciò sulla consolle nell’angolo; ci aveva messo quasi una cura maniacale nel farlo, perché aveva bisogno di mantenere il controllo su di sé, e nascondere il suo imbarazzo.
Aspettava che fosse Kaori la prima ad infilarsi nel letto.
Anche lei sembrava a disagio, e girava per la stanza riordinando le poche cose lasciate qua e là, prendendo tempo, e quando si diresse alla porta finestra del balcone per tirare le tende, lui la interruppe dicendo:
 
“No, lascia. Mi piace sentire il rumore della pioggia, e quando smetterà di piovere, magari da qui vedremo la luna.”
 
La ragazza annuì, stupita da quella richiesta così strana: non lo credeva così sentimentale, o che apprezzasse le piccole cose belle della vita, ma ne fu contenta.
 
Ryo era ormai accanto al grande letto matrimoniale, e mentre armeggiava con la fondina della sua pistola, che avrebbe lasciato sul comodino lì accanto, a portata di mano, lei, indicando la candela, gli chiese, timidamente:
 
“Ti dispiace se resta accesa?”
 
Ma lui scosse la testa, sorridendole.
 
Lo sweeper si disse che, se Kaori avesse preso in qualche modo l’iniziativa, lui le avrebbe dimostrato, alla sua maniera, quanto tenesse a lei; se non fosse riuscito con le parole, lo avrebbe fatto con i gesti, ma sempre alle condizioni della partner; avrebbe dovuto essere lei a stabilire i tempi e i modi.
 
Infine la ragazza si stese sotto le coperte e Ryo la raggiunse, dal lato opposto del letto.
 
Kaori sembrava ora aver perso tutta la sicurezza che l’aveva spinta a chiedere a Ryo di dormire insieme, ma quando, lì distesa, iniziò a sentire il calore dell’uomo, rinacque in lei il desiderio di averlo più vicino, solo che non sapeva come fare; si agitava, trattenendo sbuffi di frustrazione, allora il socio, deciso a metterla il più possibile a suo agio, e soprattutto ad accorciare la distanza che li separava, e non solo materialmente, le sussurrò:
 
“Vieni più vicino a me, stanotte si è fatto freddo” e allungò le braccia per accoglierla; Kaori ci si rifugiò grata.
Si accoccolò contro il petto del compagno, posandogli la testa nell’incavo del collo; si sentiva fragile e allo stesso tempo audace, per questo non si trattenne più e gli disse:
 
“Ryo… vorrei baciarti…”
 
Quella frase fendette il silenzio della stanza, come una lama di luce nel buio; ecco, Kaori si era lanciata dal precipizio, aveva osato il tutto e per tutto.
Avrebbe potuto vivere il suo più grande sogno, o essere respinta, e quell’insolita gentilezza che lui le stava dimostrando quella sera, non avrebbe di certo mitigato lo smacco, lo sapeva, ma era giunta fin lì e doveva andare in fondo.
Ma non ebbe il tempo di crogiolarsi nell’attesa di un rifiuto o nell’ennesimo tergiversare del compagno perché, prima che se ne rendesse conto, Ryo la stava già baciando.
 
E quello fu un bacio caldo e avvolgente, qualcosa di estremamente naturale, ma anche magico; così potente che li lasciò senza fiato, ansanti.
 
Alla luce tremolante della candela, i loro occhi brillavano di felicità.
 
Ripresero a baciarsi lungamente, lentamente, come a volersi assaggiare e conoscere, ed ogni bacio ne richiedeva un altro e un altro ancora, spingendoli in un gorgo di desiderio, amore, e bisogno di appartenersi.
 
Baciandosi si spogliarono, togliendosi i vestiti a vicenda, in un continuo scoprirsi, e accarezzarsi, come a volersi sincerare del corpo dell’altro, così come se lo erano immaginato o sognato.
Ogni gesto era estremamente spontaneo, ma anche ricercato, e mai lasciato al caso: voleva essere scoperta, ma anche gentilezza e piacere per l’altro.
 
La ragazza all’inizio si era stupita della tenerezza che il suo compagno metteva in tutto ciò che faceva, abituata a vederlo cedere agli stimoli più animaleschi del suo essere uomo, alla continua ricerca di uno sfogo, e quella sorta di venerazione che le stava riservando, quella cura, l’esaltarono e frastornarono insieme.
Una parte di lei si chiese fuggevolmente se questo non facesse parte delle sue tanto decantate arti amatorie, ma non volle indugiare più di tanto in certi pensieri: aveva deciso di concedersi al grande Ryo Saeba, per non avere né rimpianti né rimorsi, e andava bene così.
Temeva, però, di apparire goffa e impacciata di fronte a lui, per mancanza d’esperienza, ma quando si accorse che lasciandosi guidare dall’amore e dal desiderio, incredibilmente anche lei sapeva come muoversi e tutto le veniva estremamente naturale, e che ogni sua più piccola carezza accendevano di piacere e voluttà l’altro, scacciò anche l’ultimo, più piccolo, dubbio e s’immerse nell’esperienza più bella della sua vita.
Eppure, nonostante tutto, provò ancora un po’ ad insistere con sé stessa nel metterlo alla prova; se avesse detto ti amo o resta, quello sarebbe stato il segnale che Ryo la voleva realmente e sarebbe restata con lui, ma poi le sensazioni che le stava regalando furono così trascinanti e sublimi, che finalmente smise di lottare: avrebbe vissuto pienamente quel momento, probabilmente irripetibile per lei, così come veniva, il resto non avrebbe contato più nulla.
 
Ryo dal canto suo, non appena aveva avvertito il dolce peso della compagna addosso, si era sentito in paradiso, il cuore gli era balzato nel petto e quel suo dolce profumo lo aveva inebriato a tal punto che gli sembrava di sognare.
Ma si era trattenuto dal fare altro che non fosse abbracciarla, perché temeva di spaventarla, o metterla in imbarazzo con avances maldestre o troppo avventate.
Ryo voleva solo che Kaori si sentisse pienamente a suo agio con lui, e basta.
Era anche consapevole che lei lo considerava un rozzo animale che correva dietro ai suoi più bassi istinti, e voleva dimostrarle, al contrario, che lui l’amava e la rispettava, perché era come avere fra le mani il fiore più prezioso e più delicato del mondo e non voleva in alcun modo sciuparlo.
Ciononostante, quella vicinanza lo metteva a dura prova, perché la voglia di lei si faceva pressante, e quella specie di urgenza che provava al pensiero di perderla per sempre, lo faceva sragionare.
E quando Kaori aveva espresso quel desiderio, dando voce anche al suo, non aveva indugiato oltre e si era buttato.
Le avrebbe dimostrato il suo amore nella sola maniera che conosceva, facendo parlare il suo corpo, ma non solo, si sarebbe dato totalmente a quella donna meravigliosa, senza risparmiarsi, come non aveva fatto mai con nessun’altra.
Dentro di sé le diceva:
 
Kaori? Senti, senti come ti amo?
 
Era sicuro che Kaori lo avrebbe capito, e per questo sarebbe rimasta con lui, mandando al diavolo Akira e tutto il resto; forte di questa convinzione, mise una tale delicatezza nei suoi gesti, una tenerezza di cui si stupì lui per primo di esserne capace; ma lei era troppo importante per fallire miseramente: doveva farglielo capire.
Finalmente aveva la sua occasione e doveva coglierla al volo.
 
L’amò con trasporto e venerazione, e quando venne il momento, si unirono con naturalezza e passione.
E non appena Ryo constatò che per la ragazza era la prima volta, si sentì invaso da una profonda commozione, in un misto di gratitudine e felicità, perché lei aveva scelto lui, si era concessa a lui, nonostante avrebbe potuto farlo con Akira.
 
Se possibile sentì di amarla ancora di più e si abbandonò a lei, e in lei.
 
 
 
 
 
La luce della bugia, che si stava lentamente affievolendo, aveva visto consumarsi un amore tanto forte, quanto osteggiato dagli stessi amanti, che ora si erano finalmente arresi a quel sentimento travolgente e irrinunciabile.
Nella stanza riecheggiavano ancora i sommessi gemiti, i loro nomi sussurrati con mille sfumature diverse e nuove, parole d’amore tenere come carezze e potenti come il più efficace degli afrodisiaci; ma non si udirono mai quelle che Kaori si aspettava, perché malgrado tutto, Ryo non fu mai capace di pronunciarle.
 
Quando la candela si spense, con un ultimo tremolio, i due innamorati dormivano di già, abbracciati, felici e appagati.
Quella era e sarebbe stata, per entrambi, la notte più bella e importante della loro vita.
 
   
 
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