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Autore: KiaraMad    14/08/2020    2 recensioni
Sollevare i sassi e gettarli in acqua, lontano da sé, non sarebbe stato sfiancante neanche per Jun Misugi.
Forse solo la vecchiaia avrebbe portato delle noie.
La fatica, però, Yayoi cominciò a sentirla prima del previsto.
E non fu una piccola fatica la sua: non fu affatto una piccola fatica.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jun Misugi/Julian Ross, Yayoi Aoba/Amy
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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0. Il capanno*

Circa diciotto anni e due mesi*1

 

Poggiata allo stipite del casotto del Musashi, stava con le braccia conserte e il peso gravante su una gamba. 

Lui aveva ricominciato ad allenarsi. 

Lo guardava da lì, dal piccolo edificio ai lati del campo, su cui Jun correva come se non avesse mai conosciuto la felicità. Correva, marcava i compagni, intercettava la palla e la passava con un sorriso quasi luminescente.

«Misugi-san, sono qua!»

«A te!»

Quel giorno persino le studentesse sugli spalti, che osservavano e tifavano i giocatori da lì, non le suscitavano quella sensazione spinosa di disturbo.

Era il primo allenamento di Jun dopo tre anni di sospensione; anni che lui aveva speso come assistente tecnico del coach, che Yayoi aveva trascorso accanto a lui, in panchina, a occuparsi della squadra e a preoccuparsi per lui. Ora si era alzato dalla panchina finalmente. E anche lei, anche lei si era alzata dalla panchina. 

«Forza Misugi-san! Sei il più forte!»

Da poco la loro scuola aveva istituito il gruppo di tifoseria per i club sportivi. Le cheerleaders del Musashi FC erano state selezionate tra le migliori studentesse della scuola. Provavano le loro straordinarie coreografie ai lati del campo, solitamente dopo gli allenamenti del club calcistico. Ma ora, in divisa, erano proprio di fronte a Yayoi, in cinque, non accompagnate dal loro insegnante. 

Yayoi pensò che fossero lì in via informale: sarebbe stata la prima volta che lo facevano, tuttavia. Così si staccò dal muretto, attraversando il campo quando avvistò i giocatori spostarsi in una metà, tra chi pronto ad attaccare e chi a difendere la porta. 

«Yayoi-chan! Che bello vederti qui. Sei tu la manager, giusto?»

Yayoi annuì. Notò che quella ragazza era l'unica tra le cinque ad avere i capelli sciolti.

«Tra poco il campionato inizierà e abbiamo pensato di allenarci ancora di più, per dare il meglio di noi nel corso delle partite.»

Yayoi gettò un'occhiata al grande orologio all'entrata del campo. 

«Quindi verrete qui durante gli allenamenti?»

La stessa ragazza che prima l'aveva accolta annuì, con un'espressione cordiale.

«Non è un disturbo, vero?»

Yayoi scosse la testa, un po' divertita.

«Non siete di disturbo. Ma dovreste chiedere al coach... sapete, non vorrei che i ragazzi si distraessero

Forse qualcuna di loro arrossì, di sicuro aleggiò un imbarazzo un po' puerile. Così Yayoi, stanca di stare al sole, regalò al gruppo un ultimo sorriso.

«Devo tornare ai miei compiti di manager. Sono sicura che sarete bravissime.»

Si congedò con un piccolo cenno e poi, con placida fermezza, attraversò di nuovo il campo cercando di evitare lo scontro con qualche compagno in corsa. In procinto di entrare nel casotto, tuttavia, avvertì una botta sulla schiena, un colpo che si distendeva per tutta la spina dorsale, né netto né troppo forte ma che bastò a sbilanciarla in avanti. Non cadde, ma solo perché riuscì ad ancorarsi al muro.

«Tutto bene, Yayoi?»

Si drizzò. 

Jun aveva intrappolato il pallone sotto braccio, con un cipiglio contrito. La sua divisa era un po' sporca.

«Sì, non preoccuparti.»

Iniziò a lisciarsi i vestiti, disordinati dall'impetuosità di quel piccolo incidente.

«Mi dispiace averti colpita, ma ti sarebbe arrivata la palla addosso.»

Annuì, con un sorriso. Lo ringraziò, pensando che battere contro la schiena di Jun sarebbe stato sempre meno violento di un pallone impazzito.

Jun ricambiò l'espressione lieta. Quando tornò con lo sguardo al campo, notò che i suoi compagni si erano diretti verso quelle cinque ragazze che prima Yayoi aveva raggiunto.

«Ti ho vista parlare con loro prima... chi sarebbero?»

Yayoi seguì i suoi occhi, affiancandosi a lui.

«Sono le ragazze del nuovo club di cheerleading della scuola.»

«Ma non dovrebbe esserci un insegnante con loro?»

«Già, ma a quanto pare vogliono allenarsi ulteriormente per migliorare le loro prestazioni.»

«Capisco.»

Jun non accennò a raggiungere gli altri. Rimase lì, accanto a lei, che teneva le mani incrociate dietro la schiena. Lo sguardo del giovane si alternava: dai volti dei compagni, incantati e incuriositi dalla novità, al rossore delle ragazze, che, un po' in imbarazzo, cercavano di dimostrare loro che sarebbero state fantastiche già dalla prima partita del prossimo campionato. 

«Hai detto loro che non è una buona idea allenarsi con noi?»

Yayoi annuì, imperturbabile.

«Credo però che stia al coach decidere.»

Jun assentì, ma con poca convinzione. Si voltò verso l'entrata e lesse l'orologio. A gran voce richiamò i compagni, avvicinandosi al centro del campo e invitando loro a fare lo stesso. Anche Yayoi lo raggiunse poco dopo.

«Per oggi l'allenamento è concluso. Domani il coach sarà presente dall'inizio alla fine, non preoccupatevi. Grazie a tutti.»

A poco a poco abbandonarono tutti il campo, salutandosi e scherzando tra di loro. Solo Jun rimase lì, mentre le ragazze del club di tifoseria si erano probabilmente dirette negli spogliatoi femminili, in attesa del loro allenatore. 

Yayoi si avvicinò a lui.

«Bravo, capitano, sei sempre il più forte.»

Jun le sorrise. Con gratitudine, le sorrise con gratitudine, con le perle al posto degli occhi.

«Grazie... grazie davvero.»

Yayoi annuì, e subito chinò la testa.

Si inoltrò nel casotto, intenta a portare a termine i suoi compiti del giorno.

 

Il capanno

solitario è crollato

tra i bianchi fiori di u*2.

[Miura Chora]

 

Percorse l'atrio e riemerse su una strada poco trafficata. 

Si fermò quando quasi inciampò su un pallone da calcio. 

Aggrottando la fronte, si guardò attorno, cercando di capire da dove venisse. 

Lo notò quando si voltò: Jun nascondeva le mani in tasca.

«Che ci fai qui? È tardi.»

Il suo tono esprimeva un'inconsapevole traccia di rimprovero.

«Ho pensato di festeggiare il mio primo giorno di allenamento.»

Yayoi controllò il cellulare.

«Dovrei tornare a casa tra poco però... i miei zii ritornano stasera.»

Jun annuì, con un sorriso cordiale. Imbracciò il pallone, affiancandola, e la invitò a proseguire insieme.

«Dove sono andati?»

«Sulla costa, ma di preciso non lo so... hanno fatto tutto così all'improvviso. Hanno preso la macchina e sono partiti lasciandomi una scorta di riso in casa.»

Ridacchiò, pensando a quanto si erano mostrati eccitati all'idea di una piccola fuga d'amore in spiaggia. In realtà, le avevano chiesto se per lei sarebbe stato un problema stare da sola per qualche giorno, ma Yayoi aveva già augurato loro di trascorrere la vacanza con serenità, pensando solo a divertirsi.

«Quindi sei rimasta sola in questi giorni?»

Lei annuì, con decisione.

«Sono stata bene. La casa senza di loro è un po' vuota, ma credo sia normale.»

«Non è il massimo stare da soli di notte... avresti potuto dirmelo, ti avrei ospitata senza problemi.»

Le venne spontaneo stringere le mani sul tessuto della gonna.

«Lo so... ma credo di dover imparare a stare da sola. Non potrò sempre contare su qualcuno.»

Non potrò sempre contare su di te avrebbe voluto dire, ma non voleva risultargli scortese: Jun non l'aveva detto con malizia.

«Ma finché puoi, perché no?»

L'aveva detto con leggerezza, quasi fosse il principio di uno scherzo. Si era fermato e lei di conseguenza l'aveva imitato.

Davanti a una pasticceria, in cui non sembrava esserci nessuno, Yayoi si accigliò.

«Lo zucchero non è molto consigliato...»

«Lo so, ma oggi voglio festeggiare questa grande vittoria.»

Yayoi cercò il suo volto. Jun era più alto di lei, ma in quel momento le parve più piccolo, come un bambino di fronte al suo giocattolo preferito. E quel sorriso magnetico non lo abbandonava – e Yayoi si sentì violata da un'inspiegabile nostalgia.

«Allora credo che prenderò qualcosa anche per i miei zii.»

Jun annuì, sereno, in procinto di spalancare la porta d'ingresso.

«Benvenuti. Come posso esservi utile?»

Un signore li raggiunse non appena udì la campanella sulla porta tintinnare. Jun fissò Yayoi, che, accanto a lui, stava ammirando le vetrine con curiosità. 

Lei non aveva mai visto dolci così curati, così preziosi... e si sentì quasi a disagio. Si riscosse e arrossì quando si accorse che stavano soltanto aspettando una sua parola. 

«Credo che prenderò questo... potrebbe incartarlo, per cortesia?»

L'uomo annuì con un sorriso sincero.

«Non volevi comprare qualcosa per i tuoi zii?»

Yayoi annuì.

«L'ho appena fatto.»

E sorrise al signore quando le porse il sacchettino.

«Non festeggiamo?»

Così si decise a voltarsi verso di lui. E si imbarazzò.

«Non credo di potermelo permettere.»

Jun aggrottò le sopracciglia. Capì. Quasi scoppiò a ridere.

«Sei proprio sciocca a volte.»

Yayoi si sentì ancora più a disagio, tuttavia, quando capì che lei non avrebbe pagato quella sera. 

«Io vorrei questa e poi, per favore, aggiunga anche quella porzione.»

Lo scrutò mentre con eleganza Jun afferrava il contenitore e tirava fuori dalla tasca il portafoglio.

Usciti dal negozio ripresero a camminare.

Lo ringraziò per averle offerto quei dolci e gli disse che gli doveva un favore.

«A casa tua ancora non c'è nessuno, giusto?»

Lei sospirò.

«Già.»

«Perché non festeggiamo lì? Se non è un problema.»

Yayoi si sentì scottare. Avrebbe dovuto rifiutare, ma si sentiva in debito... «Va bene. La casa degli zii è vicina, così almeno questi magnifici dolci non si rovineranno.»

Svoltarono all'angolo e proseguirono ancora.

«Mi sento rinato.»

Ridacchiò, mentre il cuore le batteva forte.

«Posso immaginare.»

«Secondo te, vinceremo quest'anno?»

Gli lanciò un'occhiata. Jun stava guardando un po' a destra e un po' a sinistra, forse ammirando i lampioni che si stavano accendendo proprio in quel momento.

«Sì, avete delle ottime possibilità... e poi il tifo non vi mancherà di certo!»

Ridacchiò ripensando alle ragazze che aveva conosciuto quel pomeriggio. Yayoi già prevedeva un conflitto di interessi tra quel club e le fanatiche ammiratrici di Jun Misugi.

«Il tifo non è mai mancato.»

Lo affermò con un tono così... strano che il cuore di Yayoi ricominciò a battere con impeto.

Quando giunsero di fronte al palazzo, Yayoi cercò nella tracolla le chiavi. Quando le trovò, le infilò nella serratura e aprì la porta, tenendola spalancata per lasciarlo passare. Salirono le scale e giunsero di fronte a una porta un po' vecchia ma apparentemente resistente. Entrarono in casa, richiusero la porta, si tolsero le scarpe e i soprabiti, e poggiarono gli acquisti sul tavolo del soggiorno. Infine gli fece cenno di accomodarsi.

«Credo che dovresti mettere questa busta in frigo.»

Le allungò il sacchetto che conteneva il dolce per gli zii e lei lo ringraziò, seguendo il consiglio.

«Ti suona il cellulare?»

Yayoi tornò da lui e aggrottò la fronte quando anche lei udì la sua suoneria. Afferrò la tracolla e poi il cellulare. Numero sconosciuto. Lo ripose dentro la borsa, scuotendo la testa. 

Cominciò a scartare i dolci acquistati per festeggiare.

«Rispondi pure se è importante: non mi offendo.»

Offrì a Jun la sua porzione e gli sorrise.

«Non preoccuparti, è un numero sconosciuto.»

Quindi anche lui le sorrise, ringraziandola per il dolce.

«Allora... che tu possa dimostrare a tutti quanto vali, capitano.»

Lui annuì, con le guance un po' rosse anche se, davanti a lei, avrebbe sempre controllato quel tiepido imbarazzo. 

Forse avrebbe aggiunto altro se il cellulare di Yayoi non avesse interrotto quel momento. 

«Forse dovresti rispondere...»

«A un numero sconosciuto?»

Jun annuì.

«Se è lo stesso di prima, magari è importante.»

Si sentì combattuta. Forse aveva ragione, però.

Così rispose.

«Pronto? – Sì, sono io...»

Jun non fiatò ma non le tolse gli occhi di dosso. Quando notò il cambio tanto repentino di espressione che aveva attraversato quel viso portandolo dal disinteresse all'attenzione più totale, si preoccupò, e percepì un'ansia particolare salire, arrampicarsi su di lui. 

«I miei genitori lo sanno?»

La voce di Yayoi suonava limpida. Ma la sua mano si stringeva gravemente sul petto. 

Un pugno sul petto simile a quello con cui lui aveva sempre cercato di contrastare il dolore del cuore

«D-dove devo... dove devo andare?»

Fu in quel momento che Jun si sentì per la prima volta allontanato dalle sue attenzioni, da lei. E si spaventò. 

Si spaventò quando la vide tremare.

«La ringrazio... a-arriverderci.»

Yayoi abbassò lo sguardo sullo schermo del cellulare. La mano sul petto si alzava e si abbassava in modo irregolare. Si scoprì tremolante e tentò di controllarsi, ma le veniva solo da vomitare. Appoggiò l'apparecchio sul tavolo e si strinse a sé.

«Jun, perdonami se risulterò scortese, ma si è fatto tardi...»

Jun si alzò e le si fece vicino.

«Che è successo?»

Yayoi scosse la testa, alzandosi. 

«Niente di importante, te l'ho detto. Ti incarto il dolce.»

Cominciò a concentrarsi sulla carta. Non ce l'avrebbe fatta con lui lì, a trattenersi ancora. E francamente lei non voleva che lui stesse male per lei.

«Yayoi, che è successo?»

Lo sentiva dietro di sé, a un passo da sé, pronto a marcarla finché non avrebbe lasciato a lui il pallone, come sempre. Ma quel pallone, quella sera, era un sasso che si spostava a fatica. 

Scosse la testa, nel tentativo di fargli capire che non doveva insistere e che doveva lasciarla sola.

«Yayoi, non me ne vado finché non mi dici che è successo.»

L'aveva detto con quella che le parve quasi rabbia. 

Jun si innervosiva quando non sapeva che cosa stava accadendo attorno a lui. Si innervosiva quando non sentiva di possedere il controllo. Lei di solito lo assecondava, ma quella sera... quella stizza la sdegnò come mai prima.

«Per favore, lasciami sola.»

Jun non si mosse. 

Era inutile temporeggiare: stava sprecando solo tempo. Alzò gli occhi, cercando di reprimere i singhiozzi e il languore del pianto, quelle smorfie di dolore che le avrebbero deturpato il viso. Si mosse lei. Gli tese la busta e cercò di spingerlo verso l'uscita. Non l'aveva mai fatto prima. Stava premendo le mani sulle sue braccia nel tentativo di allontanarlo da sé con il suo peso... ma neanche lei era molto convinta. Perché non l'aveva mai fatto prima. Nella sua testa i pensieri si confondevano, passavano da una parte all'altra. Temeva di fargli male e al tempo stesso avrebbe voluto fargli male per fargli capire che doveva lasciarla sola. Ma non si sarebbe mai sognata di fargli male. Per fargli capire che c'erano cose che doveva fare da sola.

C'erano cose che Yayoi doveva fare da sola.

Ma Jun... era più robusto di lei. 

Lui non si era mosso. 

Solo all'inizio aveva fatto un passo indietro, per recuperare l'equilibrio, perché la sua reazione lo aveva colto di sorpresa.

«Per favore, Jun...»

La presa sulle sue braccia diminuì ma le mani di Yayoi rimasero lì. 

Solo poco dopo scivolarono. 

Se ne sarebbe andato se non l'avesse vista in quelle condizioni.

«Voglio solo aiutarti, Yayoi...»

Yayoi si poggiò alla sedia poco distante.

«Se te lo dico, te ne vai davvero?»

Jun deglutì.

«Sì.»

Eppure avrebbe voluto dire di no, ma... non voleva che lei si stufasse di lui.

«Jun... i miei zii hanno avuto un incidente molto grave.»

 

Note d'autrice

*Lo zero non esiste nel sistema romano. Qui, tuttavia, lo zero vorrebbe indicare lo stacco: l'inizio della storia, che segue comunque momenti indispensabili per la comprensione del tutto.

*1Questa storia non segue esattamente le vicende e la cronologia del manga (ciò vale anche per i capitoli a seguire) e forse i personaggi non si confanno molto alle caratterizzazioni originali. Per questo si è preferito inserire l'avviso di OOC.

*2Per “fiori di u” s'intende la deutzia crenata. (Se cliccate sul corsivo dovreste ritrovarvi sulla pagina Wikipedia dedicata.)

 

La poesia qui presente è tratta da Haiku. Il fiore della poesia giapponese da Basho all'Ottocento, a cura di Elena Dal Pra ed edito da Mondadori.

  
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