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Autore: PaikeApirana    14/08/2020    2 recensioni
Da che se ne ha memoria i serpenti a sonagli, nel deserto del Mojave, sono sempre stati considerati creature demoniache. Jake Sonagli, L'Angelo della Morte, viene persino considerato il Demonio fatto serpente.
Ma in questo inferno in cui le pallottole volano rapide e bruciano più del sole di mezzogiorno, si trova a vagare anche una creatura del paradiso, Beatrice Campbell, giovane femmina di serpente a sonagli cresciuta in una famiglia rispettosa e osservante delle leggi di Dio. Come Dante, pellegrino, lei si ritrova da sola nel pericoloso Vecchio West, in mezzo a tagliagole e pistoleri mercenari.
Rango, lo sceriffo di Polvere, farà inavvertitamente incontrare (di nuovo) l'angelo e il demone, quando un culto sospetto inizia a mietere vittime nei dintorni della città e l'inferno sale in terra per giudicare i peccati dei serpenti.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Movieverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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La sesta compagnia in due si scema:
Per altra via mi mena il savio duca,
fuor della queta, ne l’aura che trema.


Padre Terence non aveva tardato un secondo a chiamare lo sceriffo e gli altri membri del comitato, ora radunati davanti alla canonica e intenti a studiare il sangue rappreso sopra le porte e le finestre.
Beatrice, stretta nel suo scialle di lana, si stava facendo per la miliardesima volta il segno della croce, cosa che cominciava a infastidire Jake. Nemmeno lui però era del tutto tranquillo. Che fosse un’esca per attirare il falco? No, impossibile. Gli uccelli non avevano un olfatto sviluppato quanto quello dei serpenti. Si affidavano prevalentemente alla vista… Motivo per cui quel relitto con una freccia infilata nell’occhio poteva considerarsi già morto.
«Si è capito che tipo di sangue è?» chiese il pennuto, con una voce da malato ai polmoni. Jake si meravigliava del fatto che si reggesse ancora in piedi.
«No» disse Rango. Aveva un’espressione corrucciata, come se stesse pensando. Il serpente a sonagli aveva imparato a proprie spese che lo smilzo sapeva usare bene il poco cervello che aveva nel cranio.
«E temo non lo scopriremo mai, ora che si è rappreso» proseguì, girandosi poi verso gli occupanti della canonica. Il resto del comitato si teneva a debita distanza dai serpenti a sonagli e qualcuno accarezzava persino l’impugnatura dell’arma per farsi un po’ di coraggio. Che uno di essi fosse un uomo di chiesa e il loro nuovo parroco non sembrava avere molta rilevanza.
«Padre Terence, ha idea di chi possa essere stato? Ha avuto degli attriti con qualche membro della sua precedente parrocchia?» chiese lo sceriffo, senza dar segno di essere altrettanto spaventato.
«Lungi da me voler accusare qualcuno, sceriffo, ma è molto facile per un serpente avere degli attriti anche con persone alle quali si mostra pacifico» disse in tono neutro il vecchio serpente, guardando con la coda dell’occhio gli altri animali. «Tuttavia» proseguì «Credo che questo gesto nasconda ben altro di una vendetta personale contro di me».
«Ovvero?» gracidò il rospo, cercando di sistemarsi la camicia nei pantaloni. Come tutti gli altri si era alzato di corsa per accorrere con il suo fucile, appena sentito che la setta era stata di nuovo avvistata.
«È un riferimento alla Bibbia» proseguì il prete «Più precisamente all’ultima delle piaghe d’Egitto, ovvero i primogeniti strappati ai genitori dalle braccia di un angelo…».
«E che c’entra con il sangue?» chiese burbero Jake, il quale voleva risparmiarsi una lezione di catechismo.
Fu Tilde a rispondere, con sufficienza: «Perché Dio ordinò ai suoi fedeli di spargere il sangue di un agnello nero sopra le porte e le finestre, in modo che i loro figli non fossero toccati dall’angelo della piaga».
Calò il silenzio per qualche istante, mentre tutti fissavano il sangue sulla canonica alla luce tremolante delle torce.
«Stai dicendo che la setta vorrebbe… proteggervi?» chiese Jake, pensieroso. La sua lingua sibilò e saggiò l’aria un paio di volte ma senza che lui potesse capire che tipo di sangue avessero usato sulle porte.
Gli altri membri del comitato sembrarono scettici tanto quanto lui a quella teoria, pur non essendo in grado di formularne un’altra. Tutti però erano d’accordo sul fatto di non voler rimanere così esposti, di notte, un secondo di più. Bastava un alito di vento per far raggelare loro le squame e drizzare ogni pelo. Per quel che ne sapevano, sulla loro testa poteva incombere anche più di un falco.
«Non sarebbe una teoria poi tanto assurda, anche se non capisco da cosa esattamente vorrebbero proteggerci…» proseguì padre Terence «Quando sono arrivati stavano intonando il “Te Deum”. Tilde ha riconosciuto subito il testo. Pertanto, non credo sia strano che si richiamino a episodi dei testi sacri».
Dal comitato si levò un coro di brusii, mentre i membri prendevano a discutere animatamente su quanto fosse giusto o no fidarsi delle parole di un serpente. In molti pensarono fosse saggio allontanarsi da quella canonica maledetta. Anche se non lo dissero apertamente, per timore di essere uditi, Jake sapeva che sospettavano di un coinvolgimento di Padre Terence con la setta. Dopotutto con le sette talpe c’era un serpente e non serviva che fosse della stessa specie del parroco: per loro tutti i serpenti erano creature maligne.
«Direi che per stanotte può bastare» disse improvvisamente Rango, zittendoli «Torniamo a Polvere e domattina seguiremo le tracce della setta… per vedere dove portano».
Dopo di che si rivolse a Tilde, mostrandole un sorriso affabile: «Signorina Matilde, spero non le dispiacerà venire con noi. La sua conoscenza delle scritture e degli inni religiosi potrebbe tornarci utile».
Lei annuì, accettando serenamente, ma Jake ebbe la sgradevole impressione che gli rivolgesse un’occhiata eloquente. Sarebbero stati costretti a passare più tempo insieme di quanto volevano ed era scontato che prima o poi il vecchio scontro sarebbe ripreso.
Si udì l’improvviso sferragliare delle ruote di un carro e dopo poco comparve Doc, il coniglio con un orecchio mozzo che faceva da dottore a tutta la città. Non era ubriaco ma nemmeno completamente sobrio, a giudicare dal dirompente odore di alcol che infastidì Jake.
«Sceriffo!» biascicò fermandosi poco davanti a Rango «Devi tornare subito in città…».
«Che succede?» chiese il camaleonte, in un tono che lasciava trasparire la sua preoccupazione.
«Ehm…» fece il coniglio, guardando titubante il mercenario vicino alla canonica. Jake si sorprese; cosa volevano tenergli nascosto quegli animaletti?
Dopo qualche tentennamento alla fine Doc disse, con voce impastata dal succo di cactus: «Riguarda quella faccenda».
Gli occhi di Rango si spalancarono e salì subito sul carro, accanto a Doc.
«Signori, scusatemi ma ho un’emergenza e devo scappare in città. Ci rivediamo domani per la nuova spedizione» disse rapidamente, prendendo subito le redini del cinghiale e facendolo voltare verso Polvere.
«Come mai adesso hai il pepe sul culo, smilzo?» fece Jake, avvicinandosi appena al carro. Il cinghiale grugnì per il nervosismo e qualcuno nel comitato fece scattare la sicura.
«N-niente, Jake» rispose il camaleonte, evitando il suo sguardo.
«Ha l’aria di essere qualcosa di importante…» continuò il serpente, con un mezzo sorriso «Stai pensando a un modo per disfarti di me una volta finita questa storia?».
«Puoi stare tranquillo» tagliò corto Rango «Non è niente che ti riguardi».
Spronò il cinghiale a partire prima che lui potesse dire altro. Jake ipotizzò allora che c’entrasse quella contadinotta testarda che lui aveva minacciato l’ultima volta. Com’è che si chiamava? Qualcosa come un ortaggio forse…
In ogni caso, anche il resto del comitato non tardò a disperdersi e tornare alle proprie case, senza rivolgere mezza parola a padre Terence e alle sue protette. Persino il mercenario si diresse verso la sua stamberga; col cavolo che andava a caccia con quei pazzi e i loro dannati falchi nei palazzi! Meglio fare la fame per una sera che venire divorato a sua volta.
Era praticamente arrivato al portico, quando udì la timida voce di Beatrice alle sue spalle: «Mi scusi…».
Si girò di scatto, facendola sobbalzare. Il suo sonaglio tremava lievemente, mentre lei si acquattava al suolo come nel loro primo incontro.
«Che vuoi?» fece lui, appena irritato.
«Non volevo disturbarla, mi perdoni, ma…» mormorò piano, prima di accennare alle proprie spire «Ha dimenticato questa».
Gli porse di nuovo la zuppiera con la cena che gli aveva portato Tilde. Il mercenario la fissò torvo. Era forse dura d’orecchi? Aveva già spiegato alla sua amica che non voleva la beneficienza di quel parroco. Tuttavia… era incuriosito dal fatto che fosse venuta proprio lei e non padre Terence o la sua esuberante lucertola.
«Mi vuoi forse ringraziare per non essermi beato di te?» le chiese in tono provocatorio. Lei avvampò come se le avesse detto chissà quale sconcezza, abbassando lo sguardo. Ecco perché non c’era gusto ad andare con una signorina come lei.
«N…no… c-cioè le sono grata per ciò che ha fatto, ma… padre Terence ha insistito tanto per offrirle la cena» balbettò.
Il mercenario si fece più vicino, tanto da sentire il calore delle sue squame lisce. Gli occhi azzurri di Beatrice erano fissi sulla zuppiera.
«E perché sei venuta tu, allora?» chiese, ansioso di concludere quella manfrina. Scosse la coda, facendo sferragliare la sua protesi mortale per sollecitare la ragazza a rispondere.
«P…padre Terence non voleva che tu…lei e Tilde vi azzuffaste come l’ultima volta» disse infine, porgendogli di nuovo la cena. «Non è avvelenata…glielo garantisco. Tilde ne ha fatto una grossa pentola per tutti e…ed è molto buona».
In effetti, nonostante si fosse raffreddata dopo tutto quel tempo, Jake poteva ancora sentire l’odore delle verdure e i fagioli bolliti, insieme a qualche spezia. Sentì un crampo allo stomaco e l’acquolina formarsi nella sua bocca. Decise che avrebbe accettato quell’offerta di pace da parte del vecchio parroco, ma prima voleva estorcere qualche altra risposta a Beatrice.
«Come mai il parroco ci tiene tanto a farmi mangiare?» le chiese, ma la sua risposta fu una scrollata di spalle.
«Ama i tuoi nemici, dice il Signore» rispose lei in maniera quasi diplomatica.
«E ogni malizia è nulla di fronte alla malizia delle donne» la rimbeccò lui, lasciandola sorpresa.
«C-conosci le sacre scritture?» gli domandò.
«Quanto basta per sapere che sono tutte stronzate» le rispose rudemente, prendendo la zuppiera «Ora sarà meglio che tu torni a dire le tue quaranta Ave Maria prima di commettere peccato col sottoscritto».
Si girò per tornare alla stamberga, ma una risposta scattante e inaspettatamente decisa di Beatrice lo sorprese: «Le preghiere mi hanno salvato dalle grinfie di Edward».
«Ah davvero?» le rise in faccia Jake «Credevo di essere io quello che si è giocato lo stipendio e non si è nemmeno divertito un po’ con te».
Beatrice indietreggiò al suo tono appena minaccioso, guardando i suoi occhi fiammeggianti con espressione atterrita.
«Fossi in te starei molto attento a non farmi rimpiangere questa decisione. Chiunque altro ti avrebbe come minimo scaricato in un fosso con un buco in testa. O magari ti avrebbe posseduta fino a romperti la schiena» continuò, mostrando appena le zanne «Dovresti ringraziare la mia di misericordia. Se anche il tuo Dio esiste se ne sbatte di te».
«Lei…si sbaglia» provò a resistere Beatrice, sempre più schiacciata contro il terreno. Jake vedeva già i suoi occhi lucidi, ma non se ne curò minimamente, permettendosi anzi di rivolgerle un sorriso sghembo.
«Certo, continua pure a fare l’angioletto timorato di Dio…» le disse, con uno sguardo che sicuramente avrebbe inteso come lascivo «Sappi però che anche io conosco modi per farti vedere sia l’Inferno… che il Paradiso».
Beatrice trasalì sonoramente, fissandolo atterrita, prima di scappare verso la canonica. Da come strisciava veloce sembrava che credesse di avere il mercenario alle calcagna, mentre lui invece rientrava nella stamberga con un sorriso soddisfatto. Spaventare quell’ingrata almeno era divertente.
Assaggiò quella strana zuppa bollita. Diamine se era buona! Era un piatto semplice, fatto con avanzi cotti più volte. A casa si usava così…per non buttare via il pane e le lenticchie… Da bambino non aveva mai assaggiato la cioccolata a qualsiasi altro dolce, ma aveva sempre pensato che quel cibo rustico fosse la cosa più buona del mondo. Sapeva di casa, sapeva di lei.
Un ricordo tirava l’altro e, senza nemmeno accorgersene, Jake cominciò a mormorare quella vecchia nenia che lo accompagnava da tanti anni, mentre mangiava la ribollita

Sotto il sole del deserto
Fuggon le ombre
Di chi ha sofferto.
Senza pace, senza orme
Vagheranno tra sabbia informe
Fino alla fine del calvario
Avvolti nel sudario…
   
 
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