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Autore: Emmastory    15/08/2020    4 recensioni
Muovendosi lentamente, anche ad Eltaria il tempo ha continuato a scorrere, dettando legge nella selva, al villaggio e nelle vite dei suoi abitanti. Il freddo inverno ha fatto visita a sua volta, e solo pochi giorni dopo un lieto evento che cambierà le loro vite per sempre, in modi che solo il futuro potrà rivelare, la giovane fata Kaleia e Christopher, suo amato protettore, si preparano ad affrontare mano nella mano il resto della loro esistenza insieme, costellata per loro fortuna di visi amici in una comunità fiorente. Ad ogni modo, luci e ombre si impegnano in una lotta costante, mentre eventi inaspettati attendono un'occasione, sperando di poter dar vita, voce e volto al vero e proprio rovescio di una sempre aurea medaglia. Si può riscrivere il proprio destino? Cosa accadrà? Addentratevi di nuovo nella foresta, camminate assieme ai protagonisti e seguiteli in un nuovo viaggio fatto di novità, cambiamenti, e coraggiose scelte.
(Seguito di: Luce e ombra: Il Giardino segreto di Eltaria
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Luce e ombra'
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Luce-e-ombra-IV-mod
 
 
 
Capitolo XII 
 
Il merlo del buon auspicio 
 
Dopo la scoperta dei messaggi di Sky, ero tornata in casa a dormire, protetta dalle calde coperte del mio letto e dall’abbraccio di Christopher. “Non preoccuparti, si riprenderà, lei e Noah risolveranno.” Mi aveva detto, stringendomi a sé e lasciandomi un bacio fra i capelli prima che mi addormentassi. Lasciandolo fare, non avevo avuto il tempo né la forza di rispondergli, limitandomi invece a ricambiare la sua stretta, chiudere gli occhi e scivolare in fretta nella grigia incoscienza. Ormai da tempo abbracciarci prima di dormire era diventato una sorta di abitudine, un rituale dal quale non riuscivamo a staccarci. Era strano a dirsi, a volte ridevamo solo a pensarci, ma lo stesso discorso era valido al mattino, quando la sveglia di metallo accanto al letto, sul comodino ma lontano dalle lanterne dei piccoli, ci riscuoteva dal torpore in cui cadevamo. Come mi aspettavo, stamattina non è accaduto nulla di diverso dal solito, eccezione fatta per la brillante idea del nostro caro Arylu di saltarci addosso non appena ci ha scoperto svegli. “Cosmo... santo cielo...” mugugno, affatto in vena dei suoi soliti scherzi. È un cane, il nostro cane, ed è giovane, lo capisco benissimo, ma nonostante tutto ancora non sembra capire quanto sia diventato grande, anzi enorme rispetto ai suoi tempi da cucciolo. Non che fosse passato molto tempo, se i miei calcoli erano esatti ora aveva circa un anno, e pur sforzandomi per alzarmi, quasi schiacciata dal suo dolce peso, non fui abbastanza veloce da evitare un saluto colmo di bava. “Cosmo!” sbottai, seccata. Per tutta risposta, l’Arylu non si mosse, e continuando a leccarmi, rimase dov’era, deciso a farmi scendere dal letto proprio come quando era più piccolo. Non mentivo nel dire che allora fosse divertente, ma a quanto sembrava, viziare un animale aveva spesso risultati come quelli, e solo ora me ne pentivo. “Dolce Dea, scendi prima che...” provai a dirgli, troppo agitata per riuscire a finire la frase. Ignorandomi, il cane si limitò a guardarmi, e poi, finalmente soddisfatto, smise anche di agitare la coda. Per mia sfortuna, però, rimase sdraiato dov’era, e piena di vergogna, mi preparai all’inevitabile. Disturbato da tanta confusione, Christopher finì per svegliarsi, e strofinandosi gli occhi assonnati e cisposi, attese finché il mondo attorno a lui non riprese forma e spessore. “Kia? Che... ci fa il cane qui?” chiese, la voce ancora spezzata e rovinata dal sonno. “Chris, amore, scusa. Voleva svegliarmi, sai che è incorreggibile.” Spiegai, facendomi pena da sola. “Sai, è la parola giusta.” Rispose allora lui, trattenendo appena uno sbadiglio. Annuendo, forzai un sorriso pieno della vergogna che già provavo, e spostando lo sguardo su Cosmo, gli intimai ancora una volta di obbedire con un gesto secco della mano. Non volevo essere cattiva, chiaro, ma all’improvviso i punti di vista di tanti altri padroni acquistavano un senso. Non mi piaceva, ovvio, ma di tanto in tanto serviva usare la mano pesante. Visibilmente dispiaciuto, Cosmo alzò lo sguardo color del cielo verso il mio, ma seria, non cedetti. “Scendi.” Ripetei forse per l’ennesima volta, ormai vicina a perdere la pazienza. Poteva sembrare sciocco, stupido, forse addirittura folle, ma nonostante fra noi io fossi l’unico essere magico della coppia, ero fermamente convinta che Christopher avesse bisogno di molto più riposo rispetto a me. Non che non dormissi, certo, ma da ciò che vedevo, i nostri figli stavano crescendo, tanto che a breve si sarebbero trasformati in veri neonati, e a giudicare da ciò che avevo visto negli occhi e sul volto di Sky, ovvero un’altra maschera di dolore, o forse la stessa mai caduta, le cose in tutta Eltaria sarebbero presto cambiate, ne ero sicura. A disturbare e impedire il sonno del mio amato per ora c’era solo la disobbedienza di un Arylu come Cosmo, ma qualcosa, un sesto senso o una voce nella mia testa mi spingeva a credere che la stabilità che vivevamo sarebbe presto scomparsa come un’ombra nella nebbia. Le stelle e la fortuna avevano fatto in modo che non soffrissi d’ansia, e appena sveglia, non avevo che pensieri. “Mi dispiace.” Biascicai, sinceramente dispiaciuta. “Tesoro, non fa niente. Dormivo bene, ma non sono più stanco.” Rispose a quel punto Christopher, cingendomi un braccio intorno alle spalle mentre stava seduto sul letto. “E poi, non vogliamo certo dare tutta la colpa al cane, vero?” scherzò poco dopo, abbozzando il solito sorriso di cui mi ero innamorata. “No?” tentai a quel punto, confusa. “Esatto, no, ma sei gentile a preoccuparti.” Rispose, calmo e tranquillo come al solito. Rinfrancata dalle sue parole, non riuscii a non sorridere, e posando per qualche attimo la testa sulla sua spalla, chiusi gli occhi, felicissima. “Tu invece? Dormito bene?” Seppur semplice e ordinaria, la sua domanda finì per colpirmi come una delle tante palle di neve che avevo visto più di un bambino usare come finti proiettili gelati, e che più di una volta avevano rischiato di colpire qualcuna delle nostre finestre. Distratta, non risposi in tempo, e per nulla sorpreso dal fatto che avessi la testa fra le nuvole, ormai una sorta di costante nel nostro rapporto, Chris non esitò a ripetersi. “Allora? Dormito bene?” riprovò, alzando di poco la voce perché lo ascoltassi. “Come? Certo, grazie.” Mi affrettai a rispondere, veloce e precisa al solo scopo di evitare l’argomento. Non mi piaceva mentire, ancor meno litigare, eppure l’avevo appena fatto. Aveva dormito, sì, ma non bene, e malgrado non mi fossi svegliata continuamente di notte, cosa che reputavo una fortuna data anche la presenza dei bambini, mi ero comunque rigirata fra le coperte, almeno fino a quando non ero riuscita a calmarmi e Cosmo non aveva ben pensato di interrompermi. Al solo pensiero, ora ridevo, e più tranquilla che arrabbiata, non me la sentivo più di incolparlo. Chi lo sapeva, forse in cuor suo aveva avvertito qualcosa, e leccarmi in quella maniera così ossessiva era un modo di svegliarmi, e ripensandoci, sorrisi ancora. “Meglio così, sono contento.” Mi lasciò intendere il mio lui, azzardando un abbraccio nel quale mi crogiolai quasi subito, beandomi del suo calore. Paziente, Christopher non si mosse, e proprio allora, il sole decise di spuntare dal suo letargo dietro ai monti, illuminando a giorno la stanza e circondando i nostri corpi come un’aura. Era ancora presto, la sveglia ora troppo lontana perché potessi controllare l’ora esatta, ma già mi sentivo benissimo. In fin dei conti, Christopher era al mio fianco, e il tempo, gli allenamenti e gli studi di magia mi avevano insegnato che se avessimo continuato a sostenerci l’un l’altra fino a diventare una cosa sola, saremmo stati imbattibili, e nulla avrebbe potuto separarci. D’un tratto i miei cupi pensieri che m’infestavano la mente vennero esiliati, e riaprendo gli occhi per il tempo necessario a guardarmi intorno senza lasciare le braccia del mio amato, notai che anche Cosmo si stava rilassando al sole, seduto poco lontano da noi e dalla sua cuccia, con gli occhi chiusi e una sorta di sorriso compiaciuto sul muso. Contenta per lui, rimasi a guardarlo, e quando l’arrivo di una nuvola bianca come crema spezzò quella magia, mi drizzai a sedere. “Hai fame?” provai a chiedere, ormai sicura che fosse ora di colazione. “Non adesso, cara.” Replicò semplicemente Chris, per poi scivolare nel silenzio e continuare a stringermi. Ad essere sincera non sapevo perché stesse accadendo, ma non volendo indagare, lasciai correre. Mi conoscevo, conoscevo il mio cuore e sapevo di amare quell’uomo con tutta me stessa, e come ogni volta, il suo amore si rivelava un sortilegio perfino più potente di quelli che io, Sky e la mia amica Marisa fossimo in grado di scagliare. Chiaro, la mia magia aveva toni curativi e difensivi, non certo offensivi come molti credevano, a meno che non si trattasse di situazione d’emergenza o esplosioni emotivi. Ormai era passato molto tempo da allora, ma il ricordo del mio incidente con Zaria Vaughn era ancora vivo e nitido nella mia memoria. Come altri, incluso quello della figlia, non vedevo il suo viso da quella che mi sembrava un’eternità, e in totale onestà, nonostante i nostri trascorsi, non aspettavo altro. Stentavo a crederci, e come anche Christopher, ma la croce che mi aveva inciso sulla pelle era stato un suo personale modo di aiutarmi a sopravvivere, come mi aveva fatto capire alla mia relazione con lui, e anche se alla fine non aveva funzionato, sapevo che aveva provato. Chiaro era che avessi molta più fiducia in sua figlia, ma quella era un’altra storia. Intanto, il nostro bacio parve durare all’infinito, o almeno fin quando non mi accorsi di qualcosa. Passi. E rumori. Fino a quel momento Chris ed io eravamo stati gli unici svegli anche se chiusi in camera nostra, e Cosmo era con noi, il che poteva significare solo una cosa. “Chris, è Sky!” esclamai, già emozionata, interrompendo bruscamente quel contatto e tutta la sua dolcezza. “Cosa? Sei sicura?” azzardò lui, confuso da tanta agitazione. “Sicurissima! Vieni, vedrai che ho ragione!” insistette, grata di essere finalmente riuscita a risolvere il mistero dietro le sue continue sparizioni e i suoi ritiri nella camera degli ospiti. Velocissima, non badai a vestirmi, e spalancando la porta con Christopher al seguito, mi precipitai in cucina. “Sky! Stai bene! Ascolta, mi dispiace per ieri, ma devi sapere che...” quasi urlai, decisamente troppo nervosa per badare al tono che utilizzai nel parlare o per regolarlo in alcun modo.  Felice alla sola idea di rivederla, Cosmo mi arrancò accanto, la folta coda in continuo movimento mentre correva. Arrivato in cucina, si costrinse a fermarsi sedendosi accanto al posto a tavola di mia sorella, che ignorandolo, continuò a mangiare il suo toast al burro di arachidi come se nulla fosse accaduto. “Kia, lo so, sta tranquilla e lasciami mangiare. Anzi, vestiti ed esci, una certa Isla continua a passare di qui chiedendo di te. Si può sapere chi è?” quella la sua unica risposta, peraltro bofonchiata a bocca piena. Un’abitudine nata in passato, di cui nostra madre Eliza l’aveva avvertita più volte, ma che ora sembrava essere rimasta radicata in lei. Confusa, fui vicina a strofinarmi gli occhi per l’incredulità, poi ricordai. “Aspetta, hai detto Isla?” chiesi, volendo sincerarmi di quanto appena sentito. “Esatto. Continua a dire che le sue principessine devono andare a scuola, e voleva che le accompagnassi. Chris può accompagnarti, se vuole, e sono certa che le signorine ameranno questo bel cucciolone.” Spiegò, sintetizzando le parole della mia amica fata e quel suo desiderio, che felice, non mi sognai di negarle. “Intendi Cosmo? Sky, santo cielo, allora t’importa e gli vuoi bene!” commentai, sorpresa. “Al cane? Ovvio! Io e il vento potremo anche essere freddi, ma anche l’aria è capace di scaldarsi, non lo sapevi?” replicò lei, seria e giocosa al tempo stesso, contenta come non la vedevo da molto, anzi, troppo tempo. “Buon per te, ma... baderesti a Darius e Delia mentre siamo via? L’altra volta è stato un caso, ma stavolta è un favore.” Mi limitai a dirle, ancora confusa dal vero significato di quelle parole, in quel momento simultaneamente vuote e piene di significato. Non avevo ancora capito cosa volesse dire, ma ci avrei riflettuto più tardi, ora avevo due pixie da accompagnare a scuola, e come se non bastasse, molto altro a cui pensare. Fortunatamente nulla di infausto, o almeno non per il momento. Silenziosa, Sky si limitò ad annuire, e mandato giù l’ultimo boccone del suo pasto, bevve in fretta un bicchiere di latte freddo. “Chissà, forse i miei nuovi baffi piaceranno ai piccoli. In fondo non avete anche una gatta?” scherzò, per poi alzarsi e dirigersi verso la stanza da letto che Chris ed io condividevamo. Divertita, mi lasciai sfuggire una piccola risata, e scelta dall’armadio una veste colorata ma pesante abbastanza per sopportare i rigori della stagione, sparii subito nel bagno di casa. Non avendo altro da fare, Chris ingannò il tempo con l’ennesimo sudoku, mentre l’acqua della doccia, calda e invitante, mi scivolava sul corpo, svegliandolo dal torpore della notte da poco trascorsa. Una volta pronta, uscii per dargli modo di cambiarsi, e non appena anche lui fu pronto ad uscire, mi decisi. “Andiamo, Cosmo.” Dissi soltanto, afferrando il guinzaglio dall’attaccapanni e assicurandolo al suo collare. Quasi annuendo, il cane non si fece attendere, e tirando leggermente, mi accompagnò oltre l’uscio di casa. Seguendolo senza fiatare, mi ritrovai come al solito immersa nel verde, e dopo qualche minuto, alla piazza principale. “Kia!” sentii, sollevando lo sguardo per rispondere a quella voce. “Siamo qui!” disse poco dopo, sorprendendomi. Confusa, non seppi dove guardare, e sotto muto consiglio di Cosmo, che si sedette e grattò un orecchio, confuso almeno quanto me, abbassai di nuovo gli occhi. “Qui sotto.” Disse ancora quella voce, dolce e quasi angelica. Sorpresa, sentii un nuovo sorriso spuntarmi in volto e nel cuore, poi la vidi. “Lunie, ciao!” salutai, felice di vederla. “Ciao!” Replicò in fretta, rispondendo a quel saluto. Sempre sfoggiando quel saluto, le presi la mano facendo attenzione a non farle male, e in breve, anche sua sorella si unì al nostro cammino verso la scuola. “Kia, che bello! Cosmo è cresciuto!” osservò, con gli occhi scuri colmi di meraviglia infantile. “E anche Rover!” ci tenne a farmi notare la sorellina, abbozzando un sorriso a metà fra felicità e orgoglio. “Davvero? Siete fortunate, ora potrete fare tanti giochi diversi.” Disse allora Christopher, rivolgendosi ad entrambe. “Cavalluccio?” provò a dire in quel momento, Lunie, tanto piccola quanto adorabile. Con l’andar del tempo, il suo quinto compleanno si avvicinava sempre di più, e nonostante non fossi sua madre, ora già lontana e ben felice di averle lasciate a me e Chris fino all’arrivo a scuola, dovevo ammettere che sentirla parlare era una vera gioia. Certo, costruiva ancora frasi semplici e piccole come lei, ma stando ai ricordi che avevo, incluso uno in cui si mordeva le mani nel tentativo di autopunirsi per il suo silenzio, i suoi, per quanto lenti rispetto a quelli degli altri bambini, erano pur sempre progressi. Orgogliosa di lei, strinsi appena la presa sulla manina che teneva nella mia, e guardandola, la vidi sorridermi. “Grazie.” Mi sussurrò appena, tenendo bassa la voce perché nessun altro la sentisse. “Di niente.” Le feci capire, strizzandole l’occhio. Grata, la piccola non smise di sorridere, e dopo un lungo cammino, eccoci. Davanti a un vialetto, a un cancello in ferro e a una grande P. Incerta sul da farsi, guardai per un attimo Christopher, che annuendo in silenzio, si espresse chiaramente. “È ora di andare.” Mi disse infatti, unendo quel gesto a uno sguardo colmo d’eloquenza. Annuendo a mia volta, però, non me la sentii di lasciarle, e proprio quando credetti di doverlo fare, la prima campanella della giornata suonò chiara e perentoria, invitando tutti i piccoli scolari a entrare nell’edificio. Finalmente più tranquilla, pregai Lucy di accompagnare la sorella oltre quel punto, e con una stretta di mano e una promessa, la pixie ne fu più che felice. Da allora in poi, considerai il mio lavoro finito, e sulla via di casa, in alto in cielo e in mezzo alle nuvole, la sorpresa più bella e grande di tutto. Una macchia nera seguita da una bianca, che non appena aguzzai la vista, osservando lungamente, scoprii essere un uccello ormai conosciuto con qualcosa di grosso legato a una zampa. Ci volle qualche istante, ma non appena virò verso un albero, scendendovi in picchiata per tornare al suo nido o forse riposare, scoprii la verità. Dopo una lunga assenza, Midnight era tornato a volare, dimostrandosi, nel suo ruolo di messaggero e viaggiatore, un merlo di buon auspicio.  




Saluto caldamente tutti voi, lettori, e vi regalo questo capitolo in quello che per noi umani, diciamolo pure, è un giorno di festa. Kaleia e la sua famiglia non hanno idea di cosa sia Ferragosto, ma noi sì, e spero che lo stiate passando serenamente, anche in quest'anno pieno d'insidie e imprevisti. Non sono sicura di quando riuscirò a  scrivere e pubblicare il prossimo, ma farò del mio meglio. Intanto ringrazio tutti indistintamente del vostro supporto, e a presto, o almeno spero, nel prosieguo delle vicende della nostra Kaleia e di coloro che ama,




Emmastory :)
   
 
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