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Autore: Lacus Clyne    15/08/2020    4 recensioni
Una notte d'inverno. La città che non dorme mai.
Un'ombra oscura al di là della strada, qualcosa di rosso. Rosso il sangue della piccola Daisy.
Kate Hastings si ritrova suo malgrado testimone di un efferato omicidio.
E la sua vita cambia per sempre, nel momento in cui la sua strada incrocia quella di Alexander Graham, detective capo del V Dipartimento, che ha giurato di catturare il Mago a qualunque costo.
Fino a che punto l'essere umano può spingersi per ottenere ciò che vuole? Dove ha inizio il male?
Per Kate, una sola consapevolezza: "Quella notte maledetta in cui la mia vita cambiò per sempre, compresi finalmente cosa fare di essa. Per la piccola Daisy. Per chi resta. Per sopravvivere al dolore."
Attenzione: Dark Circus è una storia originale pubblicata esclusivamente su EFP. Qualunque sottrazione e ripubblicazione su piattaforme differenti (compresi siti a pagamento) NON è mai stata autorizzata dall'autrice medesima e si considera illegale e passibile di denuncia presso autorità competenti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Buondì e buon Ferragosto a tutti! Safety remind: ricordate di mantenere le giuste distanze e usate le mascherine! 

Pubblico ora la terza parte e finale del sesto capitolo. Al termine, qualche nota! Grazie come sempre per le letture e un abbraccio alla mia carissima Evee che continua a supportarmi!! ç_ç<3 Buona lettura!!

 

 

 


Ci lasciammo alle spalle il Four Seasons Hotel presidiato in pochi minuti. Accoccolata nel sedile passeggero della Veloster, che sfrecciava nella luminosa e frequentata notte bostoniana, scrissi alla mamma dicendo che l’avrei richiamata l’indomani mattina e che le avrei spiegato tutto. Poi fu il turno di Lucy. I suoi messaggi comprendevano tutte le variazioni possibili della paranoia, soprattutto dal momento che Jace non poteva darle informazioni precise e aveva passato tutta la giornata a latitare anche con lei. Quando finalmente ascoltai i messaggi di Trevor, in cui mi diceva che non vedeva l’ora di riabbracciarmi, sentii una morsa al cuore. Se Graham non fosse stato lì, non avrei potuto più farlo. E quel pensiero, per la prima volta, mi fece riflettere su quanto avessimo davvero rischiato quella notte. Lui e gli altri dovevano esserci abituati, in fondo, ma per me era tutto diverso. Non avevo certo intrapreso quella carriera per rischiare la vita. Eppure, l’avevo fatto, accettando una missione che si era rivelata molto più insidiosa e pericolosa di quanto avremmo potuto preventivare. Strinsi lo smartphone tra le mani, dopo aver inviato a Trevor un messaggio per avvisarlo che sarei andata da lui, e poi guardai Graham. Quel giorno, avevo scoperto lati di lui che non immaginavo possibili. E accanto a ciò, avevo realizzato che non riuscivo a farmeli passare come indifferenti. A farmi passare lui come indifferente. Richard Kenner aveva detto che lui non era bravo a scegliere. O tutto o niente. E io? Mi voltai a guardare fuori dal finestrino per il resto del viaggio, fino a che ebbe imboccato la via del palazzo in cui abitava Trevor.

– Diceva davvero, prima? –

Mi guardò con la coda dell’occhio.

– A che proposito? –

– Scendere con me. È molto tardi… –

Parcheggiò la sua auto con un paio di manovre rapide e sicure, attendendo lo spegnimento del motore. Solo dopo qualche secondo sospirò e si voltò a guardarmi decentemente.

– Ascolta, Hastings… –

Eccolo tornato al cognome. Stranamente, mi fece tornare a una parvenza di normalità, come se fosse tutto come al solito. Picchiettò le dita sul volante in pelle, poi annuì.

– So di non essere un campione di buone maniere a volte e, che resti tra noi, non posso farci molto, ma vorrei chiarire un paio di cose: il signor Lynch è un bravo ragazzo e voi avete un bel futuro davanti. Siete giovani, affiatati e, in un certo senso, credo che forse nemmeno lui si renda conto fino in fondo di quanto tu sia… in gamba. –

Un tuffo al cuore.

– P-Perché mi dice questo? –

Graham sogghignò, senza distogliere lo sguardo dal mio. Chissà se si stava rendendo conto di quanto mi stesse rendendo le cose difficili, in quel momento.

– Perché per quanto lui sia comprensivo, tu sei stravolta, hai un polso ammaccato e da capo ho la responsabilità morale di spiegare come si deve ciò che è accaduto. Ovviamente, lo faccio anche nel mio interesse, dal momento che non vorrei rischiare di ritrovarmelo in Dipartimento domani per protestare. –

Sgranai gli occhi. Graham aveva davvero la capacità di farmi diventare matta.

– Lei è davvero una brutta persona. – commentai, ottenendo in risposta un mugugno, poi scesi dall’auto. Era notte inoltrata ormai e il freddo di fine marzo si faceva sentire, tremendamente pungente.

Graham mi raggiunse subito, posandomi la sua giacca da smoking sulle spalle. Non era molto pesante, ma almeno mi riparò giusto per il tempo di entrare. Fortunatamente, qualche irriducibile aveva lasciato il portone d'ingresso aperto e ringraziai la mia buona stella per questo, dal momento che non avrei resistito a lungo. Ci ritrovammo di nuovo in ascensore, stavolta per una trentina di secondi, e raggiungemmo l’appartamento di Trevor.

Tutto intorno a noi era silenzioso, salvo che qualche familiare nota in sottofondo che proveniva dall’interno.

– Sembra che quantomeno sia sveglio. Che musica è? –

Portai la mano sul cuore, riconoscendo in quelle note Unconditionally di Katy Perry, la canzone che ci aveva fatto innamorare. Sorrisi.

– La nostra canzone… –

– Oh. – fu il suo laconico commento.

Pensai che forse sarebbe stato opportuno chiedergli di andar via, dato che, a quanto pareva, Trevor aveva pensato di accogliermi con una canzone che adoravamo e, mi sovvenne in quel momento, probabilmente voleva festeggiare sia il suo successo che il mio rientro, ma prima che potessi dirglielo, Graham mi passò davanti, suonando. Una, due volte, in attesa, ma nulla. Soltanto Unconditionally in loop.

– Stai a vedere che si è addormentato… – bisbigliai, non senza una punta di delusione.

– Ha il sonno pesante, eh? Non hai le chiavi? – mi chiese.

Feci cenno di no. Non eravamo, in effetti, ancora a quel punto. Sospirai, poi toccai la maniglia in ottone e mi accorsi che la porta non era del tutto chiusa. La spinsi leggermente e la luce dell’interno, insieme al volume dell'audio, ci stupirono non poco.

– Ok, questo è strano… – osservai.

Graham, più svelto di me, mi prese con sé. Qualcosa sul suo volto mi fece improvvisamente preoccupare. La sua espressione era concentrata come quando stava indagando.

– Detective Graham? –

– Vieni con me. – ordinò, entrando.

Lo seguii sentendo l’ansia che saliva a ogni passo. Avevo scritto a Trevor poco meno di un quarto d’ora prima e mi aveva risposto che mi avrebbe atteso, dunque potevamo escludere scenari catastrofici, ma la paura era lì ad attanagliarmi il cuore man mano che attraversavamo il corridoio. La musica proveniva dal soggiorno illuminato ed era lì che ci dirigemmo. Graham fu il primo a varcare la soglia, mentre io, qualche passo più dietro, cominciavo a provare i classici sintomi degli attacchi di panico, per l’ennesima volta in poco più di ventiquattro ore. Il mio cuore batteva all’impazzata, tremavo e provavo un senso di straniamento.

Il capo si fermò, irrigidito. Aveva sul viso un’espressione scioccata che oltrepassava di gran lunga quella che aveva quando si era ritrovato davanti un redivivo Richard Kenner. Imprecò con qualcosa tipo Cristo santo, poi si voltò verso di me. Non capivo cosa stesse dicendo, ma mi sembrava che agitasse le mani verso di me, come se volesse che non andassi oltre. Lo vidi più vicino, ma probabilmente dovevo essere stata io ad avvicinarmi a mia volta. Il mio corpo si muoveva per proprio conto, per inerzia, al suono continuo di quella canzone che ora continuava incessantemente a martellarmi nelle orecchie, coprendo persino la voce di Graham. Mi sentii completamente avvolta nel suo abbraccio, troppo forte per essere quello che, non più di un’ora prima, mi aveva riportato alla realtà. Troppo forte, come se volesse strapparmici, ora. Forse mi dimenai, non lo sapevo. Ero esausta, nauseata da un odore troppo intenso che proveniva dal soggiorno e dalla musica. Graham urlava qualcosa, cercava di portarmi fuori, ma io continuavo a lottare. E lottando, riuscii a vedere.

 

I will love you, unconditionally

There is no fear now

Let go and just be free

I will love you, unconditionally…

 

Trevor. Il mio Trevor. Il ragazzo che mi amava e che amavo nonostante non ne fossi degna, giaceva sul divano. La sua espressione di puro terrore era cristallizzata per sempre in quegli occhi verdi spalancati come se volessero uscire dalle orbite e nella bocca innaturalmente aperta, grondante sangue incrostato e bava. Il suo corpo, che fino alla notte precedente mi aveva riscaldato e stretto a sé, era orribilmente squarciato, vulnerabile, insanguinato. Il braccio sinistro ricadeva lungo, penzoloni, ma mancava qualcosa. Me ne accorsi nel vedere la sua mano lontana da esso, sul tavolino in legno di fronte, lo stesso su cui avevamo mangiucchiato la torta al limone la sera in cui gli avevo raccontato della missione… e in cui mi aveva detto che se tutto fosse andato secondo i suoi piani, presto avremmo risolto i nostri problemi. Un anello… un luminoso Trilogy era appoggiato sul palmo insanguinato. Era questo che voleva propormi? Alzai lo sguardo. Lungo la parete nuda, una scritta semplice, dello stesso colore oscuro pregnante nella stanza:


 

 

Buondì e buon Ferragosto a tutti! Safety remind: ricordate di mantenere le giuste distanze e usate le mascherine! 

Pubblico ora la terza parte e finale del sesto capitolo. Al termine, qualche nota! Grazie come sempre per le letture e un abbraccio alla mia carissima Evee che continua a supportarmi!! ç_ç<3 Buona lettura!!

 

 

 


Ci lasciammo alle spalle il Four Seasons Hotel presidiato in pochi minuti. Accoccolata nel sedile passeggero della Veloster, che sfrecciava nella luminosa e frequentata notte bostoniana, scrissi alla mamma dicendo che l’avrei richiamata l’indomani mattina e che le avrei spiegato tutto. Poi fu il turno di Lucy. I suoi messaggi comprendevano tutte le variazioni possibili della paranoia, soprattutto dal momento che Jace non poteva darle informazioni precise e aveva passato tutta la giornata a latitare anche con lei. Quando finalmente ascoltai i messaggi di Trevor, in cui mi diceva che non vedeva l’ora di riabbracciarmi, sentii una morsa al cuore. Se Graham non fosse stato lì, non avrei potuto più farlo. E quel pensiero, per la prima volta, mi fece riflettere su quanto avessimo davvero rischiato quella notte. Lui e gli altri dovevano esserci abituati, in fondo, ma per me era tutto diverso. Non avevo certo intrapreso quella carriera per rischiare la vita. Eppure, l’avevo fatto, accettando una missione che si era rivelata molto più insidiosa e pericolosa di quanto avremmo potuto preventivare. Strinsi lo smartphone tra le mani, dopo aver inviato a Trevor un messaggio per avvisarlo che sarei andata da lui, e poi guardai Graham. Quel giorno, avevo scoperto lati di lui che non immaginavo possibili. E accanto a ciò, avevo realizzato che non riuscivo a farmeli passare come indifferenti. A farmi passare lui come indifferente. Richard Kenner aveva detto che lui non era bravo a scegliere. O tutto o niente. E io? Mi voltai a guardare fuori dal finestrino per il resto del viaggio, fino a che ebbe imboccato la via del palazzo in cui abitava Trevor.

– Diceva davvero, prima? –

Mi guardò con la coda dell’occhio.

– A che proposito? –

– Scendere con me. È molto tardi… –

Parcheggiò la sua auto con un paio di manovre rapide e sicure, attendendo lo spegnimento del motore. Solo dopo qualche secondo sospirò e si voltò a guardarmi decentemente.

– Ascolta, Hastings… –

Eccolo tornato al cognome. Stranamente, mi fece tornare a una parvenza di normalità, come se fosse tutto come al solito. Picchiettò le dita sul volante in pelle, poi annuì.

– So di non essere un campione di buone maniere a volte e, che resti tra noi, non posso farci molto, ma vorrei chiarire un paio di cose: il signor Lynch è un bravo ragazzo e voi avete un bel futuro davanti. Siete giovani, affiatati e, in un certo senso, credo che forse nemmeno lui si renda conto fino in fondo di quanto tu sia… in gamba.  –

Un tuffo al cuore.

– P-Perché mi dice questo? –

Graham sogghignò, senza distogliere lo sguardo dal mio. Chissà se si stava rendendo conto di quanto mi stesse rendendo le cose difficili, in quel momento.

– Perché per quanto lui sia comprensivo, tu sei stravolta, hai un polso ammaccato e da capo ho la responsabilità morale di spiegare come si deve ciò che è accaduto. Ovviamente, lo faccio anche nel mio interesse, dal momento che non vorrei rischiare di ritrovarmelo in Dipartimento domani per protestare. –

Sgranai gli occhi. Graham aveva davvero la capacità di farmi diventare matta.

– Lei è davvero una brutta persona. – commentai, ottenendo in risposta un mugugno, poi scesi dall’auto. Era notte inoltrata ormai e il freddo di fine marzo si faceva sentire, tremendamente pungente.

Graham mi raggiunse subito, posandomi la sua giacca da smoking sulle spalle. Non era molto pesante, ma almeno mi riparò giusto per il tempo di entrare. Fortunatamente, qualche irriducibile aveva lasciato il portone d'ingresso aperto e ringraziai la mia buona stella per questo, dal momento che non avrei resistito a lungo. Ci ritrovammo di nuovo in ascensore, stavolta per una trentina di secondi, e raggiungemmo l’appartamento di Trevor.

Tutto intorno a noi era silenzioso, salvo che qualche familiare nota in sottofondo che proveniva dall’interno.

– Sembra che quantomeno sia sveglio. Che musica è? –

Portai la mano sul cuore, riconoscendo in quelle note Unconditionally di Katy Perry, la canzone che ci aveva fatto innamorare. Sorrisi.

– La nostra canzone… –

– Oh. – fu il suo laconico commento.

Pensai che forse sarebbe stato opportuno chiedergli di andar via, dato che, a quanto pareva, Trevor aveva pensato di accogliermi con una canzone che adoravamo e, mi sovvenne in quel momento, probabilmente voleva festeggiare sia il suo successo che il mio rientro, ma prima che potessi dirglielo, Graham mi passò davanti, suonando. Una, due volte, in attesa, ma nulla. Soltanto Unconditionally in loop.

– Stai a vedere che si è addormentato… – bisbigliai, non senza una punta di delusione.

– Ha il sonno pesante, eh? Non hai le chiavi? – mi chiese.

Feci cenno di no. Non eravamo, in effetti, ancora a quel punto. Sospirai, poi toccai la maniglia in ottone e mi accorsi che la porta non era del tutto chiusa. La spinsi leggermente e la luce dell’interno, insieme al volume dell'audio, ci stupirono non poco.

– Ok, questo è strano… – osservai.

Graham, più svelto di me, mi prese con sé. Qualcosa sul suo volto mi fece improvvisamente preoccupare. La sua espressione era concentrata come quando stava indagando.

– Detective Graham? –

– Vieni con me. – ordinò, entrando.

Lo seguii sentendo l’ansia che saliva a ogni passo. Avevo scritto a Trevor poco meno di un quarto d’ora prima e mi aveva risposto che mi avrebbe atteso, dunque potevamo escludere scenari catastrofici, ma la paura era lì ad attanagliarmi il cuore man mano che attraversavamo il corridoio. La musica proveniva dal soggiorno illuminato ed era lì che ci dirigemmo. Graham fu il primo a varcare la soglia, mentre io, qualche passo più dietro, cominciavo a provare i classici sintomi degli attacchi di panico, per l’ennesima volta in poco più di ventiquattro ore. Il mio cuore batteva all’impazzata, tremavo e provavo un senso di straniamento.

Il capo si fermò, irrigidito. Aveva sul viso un’espressione scioccata che oltrepassava di gran lunga quella che aveva quando si era ritrovato davanti un redivivo Richard Kenner. Imprecò con qualcosa tipo Cristo santo, poi si voltò verso di me. Non capivo cosa stesse dicendo, ma mi sembrava che agitasse le mani verso di me, come se volesse che non andassi oltre. Lo vidi più vicino, ma probabilmente dovevo essere stata io ad avvicinarmi a mia volta. Il mio corpo si muoveva per proprio conto, per inerzia, al suono continuo di quella canzone che ora continuava incessantemente a martellarmi nelle orecchie, coprendo persino la voce di Graham. Mi sentii completamente avvolta nel suo abbraccio, troppo forte per essere quello che, non più di un’ora prima, mi aveva riportato alla realtà. Troppo forte, come se volesse strapparmici, ora. Forse mi dimenai, non lo sapevo. Ero esausta, nauseata da un odore troppo intenso che proveniva dal soggiorno e dalla musica. Graham urlava qualcosa, cercava di portarmi fuori, ma io continuavo a lottare. E lottando, riuscii a vedere.

 

I will love you, unconditionally

There is no fear now

Let go and just be free

I will love you, unconditionally…

 

Trevor. Il mio Trevor. Il ragazzo che mi amava e che amavo nonostante non ne fossi degna, giaceva sul divano. La sua espressione di puro terrore era cristallizzata per sempre in quegli occhi verdi spalancati come se volessero uscire dalle orbite e nella bocca innaturalmente aperta, grondante sangue incrostato e bava. Il suo corpo, che fino alla notte precedente mi aveva riscaldato e stretto a sé, era orribilmente squarciato, vulnerabile, insanguinato. Il braccio sinistro ricadeva lungo, penzoloni, ma mancava qualcosa. Me ne accorsi nel vedere la sua mano lontana da esso, sul tavolino in legno di fronte, lo stesso su cui avevamo mangiucchiato la torta al limone la sera in cui gli avevo raccontato della missione… e in cui mi aveva detto che se tutto fosse andato secondo i suoi piani, presto avremmo risolto i nostri problemi. Un anello… un luminoso Trilogy era appoggiato sul palmo insanguinato. Era questo che voleva propormi? Alzai lo sguardo. Lungo la parete nuda, una scritta semplice, dello stesso colore oscuro pregnante nella stanza:

 

 

 

 

 

 

VUOI SPOSARMI?

 

 


 

Presi un respiro, che spazzò via la musica incessante nella mia testa.

– Kate! –

La voce di Graham, che ora aveva superato ogni barriera.

Tornai a guardarlo. I suoi occhi blu notte sconvolti erano l’unica cosa che riuscivo a distinguere, ma durò un attimo, perché prima che potessi rendermene conto, scomparvero sommersi da una coltre di lacrime bollenti.

– Trevor è… – furono le uniche parole che riuscii ad articolare, prima che le forze venissero meno. Trevor è…

Tutto fu buio.

 

 

 

 

 

***********************************************

Ok. L'elefante nella stanza. Giusto per ricordare, laddove non si fosse compreso, il motivo per cui ho inserito Dark Circus nel genere thriller. Devo dire che questa parte è stata la più difficile da scrivere. Non ho mai avuto dubbi sul fatto che Trevor dovesse morire. Credetemi, è un personaggi oche adoro e che sarà comunque presente, ma dato che il "Break the Cutie" è uno dei tropes che trovo più significativi per quanto riguarda l'evoluzione dei personaggi, Kate non ne è stata esente. Quali saranno le implicazioni? Le leggerete nei prossimi capitoli. ç_ç<3 E soprattutto... chi sarà l'assassino di Trevor? Alla prossima!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

VUOI SPOSARMI?


 

Presi un respiro, che spazzò via la musica incessante nella mia testa.

– Kate! –

La voce di Graham, che ora aveva superato ogni barriera.

Tornai a guardarlo. I suoi occhi blu notte sconvolti erano l’unica cosa che riuscivo a distinguere, ma durò un attimo, perché prima che potessi rendermene conto, scomparvero sommersi da una coltre di lacrime bollenti.

– Trevor è… – furono le uniche parole che riuscii ad articolare, prima che le forze venissero meno. Trevor è…

Tutto fu buio.

 

 

 

 

 

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Ok. L'elefante nella stanza. Giusto per ricordare, laddove non si fosse compreso, il motivo per cui ho inserito Dark Circus nel genere thriller. Devo dire che questa parte è stata la più difficile da scrivere. Non ho mai avuto dubbi sul fatto che Trevor dovesse morire. Credetemi, è un personaggi che adoro e che sarà comunque presente, ma dato che il "Break the Cutie" è uno dei tropes che trovo più significativi per quanto riguarda l'evoluzione dei personaggi, Kate non ne è stata esente. Quali saranno le implicazioni? Le leggerete nei prossimi capitoli. ç_ç<3 E soprattutto... chi sarà l'assassino di Trevor? Alla prossima!

 

 

 

 

 

  
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