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Autore: H0sh1    16/08/2020    0 recensioni
Ethan è affetto da schizofrenia, un uomo che non riesce a distinguere la realtà dalla finzione costruita ad arte dalla belva che lo perseguita.
In una notte tranquilla, questa prende il sopravvento su di lui, portandolo ad uccidere Allison, sua moglie.
Dopo l'evento, Ethan viene dichiarato come non in grado di affrontare un processo, per cui viene rinchiuso nel manicomio della città dove il dottor Johnson, psichiatra che lo segue dagli inizi, continua la sua terapia, adoperando metodi drastici e inumani.
Intanto, dopo la morte di Allison, la visione di sua moglie continua a perseguitarlo in quelle mura asettiche, trascinandolo giù, sempre più in basso.
Genere: Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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La follia di Ethan

Capitolo 2


Quando gli occhi scuri di Ethan si riapirono, si rese conto di ritrovarsi in una stanza spoglia, grigia, privata del candore che ricordava negli ultimi attimi fugaci prima di sprofondare.

Si mosse circospetto su un letto sfatto, con le lenzuola rovinate dal tempo e sgualcite. Era l'unico pezzo d'arredamento insieme a una finestrella sbarrata posta in alto e una sola lampadina come fonte di luce.

«Ethan.»

Una voce familiare all'uomo, femminile e calda, attrasse la sua attenzione.

Proveniva da un angolino buio della stanza, dove vi era una bellissima donna appoggiata al muro, con indosso un leggero vestito nero, impalpabile; i lunghi capelli, ricci e castani, le ricadevano sulle spalle, incorniciandole il delicato viso scuro. Stava lì quieta, fissandolo con i suoi occhi marroni e intensi.

Ethan si raggomitolò sul letto in preda alla paura, guardandola attonito.

«Non è possibile...» disse con voce spaventata e tremante, nell'angolo del materasso dove aveva trovato rifugio. «ho visto la foto, tu sei morta.»

L'uomo si impose di calmarsi, di prendere un lungo respiro, ma lo sconcerto gli impedì di pensare lucidamente. Non riusciva a capire cosa gli stesse succedendo e questo lo terrorizzava. Quella presenza sembrava così reale.

«Allison?» mormorò ancora, trattenendo il fiato.

«Sono qui per te, caro.» rispose lei raggiante, muovendosi verso di lui, accompagnata dal frusciare quasi impercettibile della sua veste. Quando ella prese posto sul bordo del materasso, Ethan si avvicinò a lei, circospetto.

Superato lo shock iniziale, si sentì rincuorato della sua presenza. Continuò a studiare i tratti somatici della donna, come se volesse accertarsi che ciò che stesse vedendo non fosse il frutto di qualche scherzo giocato dalla sua mente, e, quando sentì il sottile tessuto scivolargli tra le dita, seppe qual era la verità.

«Che cosa ti hanno fatto?» singhiozzò, aggrappandosi alle sue vesti e affondando il viso nel suo seno, ed ella lo accolse nel suo abbraccio.

«È stato orribile, ho sofferto così tanto.» mormorò lei tra i suoi capelli, stringendolo più forte a sé. «Mi manchi, vorrei tu fossi con me.»

«Io lo sapevo, ne ero certo!» esclamò l'uomo tra i denti, colmo d'ira per l'orribile destino toccatole. «Quei bastardi pagheranno caro.»

«No, non voglio questo.» rispose quella, scostandosi un po' da lui per vederlo in pieno viso. «Non sarebbe più bello se potessimo essere di nuovo insieme?»

Ethan percepì all'istante il sangue ghiacciarsi nelle vene. Sentì una gran confusione mista alla paura, tornate a cibarsi della sua carne come un animale affamato e accanito.

No, non era possibile, la sua Allison non gli avrebbe mai chiesto una cosa del genere, doveva essere tutto frutto di un insano scherzo partorito dalla sua mentre annebbiata. Però... lei era lì, di fronte a lui: poteva sentire la sua voce melliflua sfiorargli l'anima, il suo profumo di rose invadergli le narici e la pelle morbida scorrere sotto i polpastrelli.

«Mi stai davvero chiedendo...» riprese l'uomo tremulo, ma non ebbe la forza necessaria per finire l'enunciato. Allorché, la donna gli rivolse uno sguardo triste, quasi al limite della delusione.

«Non vuoi riunirti a me?» gli chiese, inclinando leggermente il capo. «Non ti manco?»

«Sì che mi manchi.» si affrettò a rispondere. «È solo che... non credevo mi avresti chiesto una cosa simile.»

«Hai paura, lo capisco, ma pensa che potremo di nuovo stare insieme, al sicuro, come avevamo sempre sognato.» Lei gli pose una nuova carezza sul viso e Ethan sentì un brivido corrergli lungo tutta la spina dorsale. «Nessuno che ci perseguita, nessuno che voglia farci del male. Solo tu e io.»

«Solo tu e io.» ripeté l'uomo, ancora poco convinto della veridicità di quel momento.

«Non lo desideri?»

Prima che potesse rispondere, il rumore sordo della porta si propagò in tutta la stanza vuota, facendo trasalire le due figure completamente immerse uno negli occhi dell'altra.

Fece capolino un altro predatore dallo sguardo affilato, un'infermiera sulla cinquantina, bassa e corpulenta.

Quella lo squadrò da capo a piedi con il disgusto celato dietro le spesse lenti degli occhiali tondi, e Ethan non riuscì a capacitarsi perché gli venne riservato così tanto odio e orrore.

Senza dire nulla, gli allungò un piccolo bicchiere contenente alcune pillole e l'uomo ne guardò stranito il contenuto, chiedendosi il perché di quel gesto.

«Che cosa diavolo aspetti? Non farmi perdere tempo.» esclamò quella, nervosa, agitandolo sotto il suo naso per intimarlo a prenderlo.

Ethan lo afferrò e lo studiò a lungo prima che l'infermiera in bianco lo costrinse con veemenza a ingollarne il contenuto. Le pasticche minacciarono di togliergli l'aria e fu preso alla sprovvista da forti colpi di tosse.

Prima di lasciare la stanza, la donna gli prese il mento tra le mani e, con forza, lo costrinse ad aprire la bocca, volendosi sincerare che avesse davvero buttato giù le pillole.

Quando se ne fu accertata, lo lasciò andare e si sbatté la porta alle spalle, dirigendosi così verso la stanza di fianco e lasciandolo solo e ansante sul pavimento ghiacciato.

«Non posso credere che tutti siano così brutali, in questo posto.» mormorò Allison che, nel frattempo, era rimasta seduta sul letto in perfetto silenzio, accigliata.

Non riusciva a capire nemmeno lui la ferocia con cui lo aggredivano in continuazione. Sembrava come se avessero di fronte una belva ripugnante che avrebbero solo voluto eliminare, a qualunque costo.

Sì, aveva ucciso un uomo, ma perché lo avevano sbattuto lì dentro, dandogli dell'infermo, dell'assassino? Chiunque avrebbe fatto lo stesso, e allora perché?

Erano i compagni di quell'uomo che avrebbero dovuto marcire in una stanza come quella: loro erano i veri mostri.

«Non è giusto.» mormorò, dando voce a quei pensieri che da mesi gli turbinavano nella mente. Si inginocchiò a terra e si prese la testa tra le mani, adirato. «Non ho fatto niente di male!»

«Lo so, tesoro,» convenne la donna, alzandosi. Gli andò vicino e si acquattò di fronte a lui, posandogli una mano sulla spalla. «non meriti di stare qui.» Ethan alzò piano la testa e incontrò il suo sguardo. «Ma se farai come ti dico, sarai libero.»

No, non era quello il prezzo che sarebbe stato disposto a pagare, non poteva.

Se la scrollò di dosso in malo modo, urlandole il suo profondo disaccordo, ma lei continuò ad insistere, cercando di ammaliarlo in tutti i modi possibili e smise solo quando Ethan le urlò a pieni polmoni di averne abbastanza, implorando la pace, il silenzio, e, infine, la sua sparizione.

Ma, per quanto fortemente l'avesse scongiurata, rimase lì: una presenza ingombrante in quella piccola stanza.

   
 
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