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Autore: Abby_da_Edoras    17/08/2020    4 recensioni
Questa storia nasce da un sogno che ho fatto e sinceramente non avrei mai creduto di tornare a scrivere in questo fandom, eppure... mai dire mai! Questa ff è il sequel della mia storia "Shadows and lights" (ma non è indispensabile averla letta): sono passati più di due anni dalla conquista di Napoli da parte del Re Carlo e dalle atroci esperienze del Principe Alfonso. Nel frattempo il Re è tornato in Francia, lasciando il Generale a guidare il Regno di Napoli in sua vece, ma all'inizio di questa storia il Generale è morto. Il Papa Borgia, allora, non perde l'occasione per ampliare i suoi domini e manda il figlio Juan come "protettore" del Principe Alfonso, perché sia lui a governare Napoli. Il rapporto tra Juan e Alfonso, però, evolverà in maniera inaspettata...
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a registi, autori e produttori della serie TV The Borgias.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alfonso II di Napoli, Altri, Juan Borgia
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Salvation'
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Capitolo undicesimo: Go high

 

And I get lonely on the high road
Everywhere that I go
Stand for nothing, fall short, but not me
But I won't give up
I'll keep giving love
Runs through my blood
I'll never give up yeah, yeah
When you go low, I go high, I go high, I go high
When you go low, I go high, to get by, to get by
Sometimes (sometimes, sometimes) I don't wanna be nice (nice)
But I try (but I try) when you go low, I go high…

(“Go high” – Kelly Clarkson)

 

Non sarebbe stato facile riuscire a creare un’alleanza di Stati e potenti che proteggesse il Regno di Napoli, ma Juan Borgia era deciso a provarci e a non fallire per l’ennesima volta: l’esercito era già molto più forte grazie a Don Hernando e alla sua capacità di comandante e stratega, ora era necessario rendere più solido il Regno al suo interno sottomettendo i Baroni una volta per tutte e poi allearsi con gli Stati più prestigiosi della penisola.

Solo in questo modo, infatti, il Regno e Alfonso sarebbero stati al sicuro dalle insidie, dalle minacce e dall’ambizione della sua famiglia. E doveva accadere in fretta, prima che suo padre scoprisse che lui non aveva la minima intenzione di fare del male al Principe e, magari, decidesse di occuparsene personalmente mandando qualche assassino.

La gestione delle alleanze sarebbe dovuta toccare ad Alfonso, ma Juan aveva avuto un’idea che avrebbe permesso di tenere d’occhio i nobili di Napoli e impedire loro qualsiasi mossa contro il sovrano. La notte in cui era stato alla festa con Don Hernando (e che aveva tanto fatto infuriare il suo geloso Principino!) aveva avuto occasione di parlare con la proprietaria del palazzo, Madonna Flora, e aveva compreso che quelle feste erano molto frequentate anche dagli stessi Baroni di Napoli e da tutti i loro congiunti. Il giovane Borgia era un habituée di bordelli, nottate di orge e simili, perciò sapeva bene che, durante tali divertimenti, spesso si finiva per parlare troppo… Perciò quale mezzo migliore, secondo lui, per avere sempre un filo diretto con le trame e le insidie dei nobili napoletani? Era deciso, Alfonso doveva fare amicizia con Madonna Flora e le sue ragazze e loro avrebbero agito da spie per lui durante i loro convegni amorosi con l’aristocrazia del Regno.

Juan non era tipo da pensarci su due volte quando prendeva una decisione: in men che non si dica aveva scritto un messaggio indirizzato alla ricca Flora in cui invitava lei e le sue cortesi amiche al castello reale per la sera successiva, così da incontrare il Principe e mettersi d’accordo con lui.

Aveva chiaramente preso molto sul serio il fatto di condividere il Regno di Napoli con Alfonso, tanto da non farsi problemi a invitare gente al castello senza chiedere prima il permesso al legittimo proprietario, sicuro com’era di agire per il suo bene e la sua sicurezza! E, in effetti, quando mise il ragazzo davanti al fatto compiuto, seppe motivarlo talmente bene da convincerlo che era la cosa migliore da fare.

La sera seguente, dunque, il castello si vestì a festa per accogliere Madonna Flora e tre delle sue amiche più fedeli, scelte tra le più esperte e astute. Ci sarebbe stata una cena elegante e poi… beh, mentre Alfonso stringeva amicizia con la ricca cortigiana e prendeva accordi con lei, Juan e Don Hernando avrebbero sempre potuto trovare un modo piacevole e fruttuoso di passare il tempo, no?

Come si dice, il lupo perde il pelo ma non il vizio e Juan Borgia di perdere i suoi vizi non aveva la minima intenzione, nonostante fosse sinceramente legato ad Alfonso. Ma, secondo lui, fare sesso solo per piacere non era diverso da gustarsi una bottiglia del miglior vino delle vigne dei Borgia e non c’entrava un bel niente con i sentimenti e con ciò che provava per il Principe.

Che ci volete fare? Juan era fatto così! E chissà, magari dal suo punto di vista aveva pure ragione, ma non pensava nemmeno a come avrebbe potuto reagire il suo giovane amante…

Dopo la cena gustosa e raffinata, Alfonso decise di prendere sul serio il suo ruolo di sovrano di Napoli e si avviò verso Madonna Flora che, dal canto suo, lo accolse con molto calore.

“E’ bello vedere che questo castello risplende di nuovo come quando venni la prima volta, tanti anni fa, e tutto grazie a voi, Vostra Maestà” disse la donna, inchinandosi.

“Avete già visitato il mio castello?” si stupì il ragazzo.

“Oh, certo, molte volte” rispose lei. “Sono arrivata qui da Ferrara nel 1478, circa vent’anni fa, e ho avuto l’onore di conoscere vostro padre. E’ stato un grande sovrano e amava molto intrattenere i suoi ospiti con feste e ricevimenti e… io e le mie amiche eravamo sempre le benvenute.”

Alfonso rimase spiazzato. Non si aspettava quella rivelazione e nemmeno che il padre fosse un amante delle feste. Beh… a dirla tutta, lui aveva conosciuto ben poco del padre, impegnato nella repressione dei Baroni ribelli e poi divenuto sempre più malato e fragile.

“Una delle feste più belle e riuscite che ricordo fu quella che vostro padre diede alla vostra nascita, Maestà. Era davvero felice di aver avuto un erede e non badò a spese” raccontò ancora Flora. “Spero che non vi offenderete, Vostra Maestà, se vi dico che eravate veramente un bambino adorabile, bello e vivace. E non avete tradito le aspettative, vostro padre sarebbe fiero di voi.”

Magari fosse vero, pensò vagamente il giovane Principe, oltremodo a disagio pensando che quella donna lo aveva visto quando era ancora un infante… Con che coraggio si sarebbe adesso rivolto a lei da sovrano del Regno di Napoli? Lei lo ricordava come una specie di bambolotto!

Madonna Flora, tuttavia, non sarebbe arrivata dov’era se non avesse saputo come mettere a suo agio gli uomini. Con molto tatto fece capire ad Alfonso che, se gli aveva ricordato di averlo conosciuto appena nato, significava soltanto che era stata sempre fedele alla sua famiglia e che avrebbe fatto di tutto per favorire una rinascita del Regno di Napoli dopo l’oppressione francese. Conversando piacevolmente del più e del meno, la cortigiana riuscì a tranquillizzare il Principe e a farlo sentire importante. Così trascorsero più di due ore e, quando fu il momento di congedarsi da lui, Flora si era guadagnata tutta la stima e la fiducia di Alfonso.

“Non temete, Vostra Maestà, io e le mie amiche saremo le vostre più fedeli alleate” promise. “Se avessimo saputo, avremmo sicuramente fatto in modo di non farvi cadere nelle mani dei Francesi, sarei stata onorata di ospitarvi nel mio palazzo e sarei riuscita a distrarre i vostri inseguitori. Purtroppo non ho potuto fare niente allora, ma adesso siete qui e vi giuro che contribuirò in ogni modo alla sicurezza e alla rinascita del vostro Regno.”

Era bello per Alfonso sentire che c’era almeno qualcuno, a Napoli, che avrebbe voluto aiutarlo quando Re Carlo lo aveva catturato e che adesso era ostile ai Baroni quanto lui.

“Avete detto che alcuni dei nobili frequentano spesso le vostre feste” disse.

“Oh, sì, il Duca Sanseverino è un nostro ospite abituale ed ha una spiccata predilezione per la mia amica Francesca” rise Flora. “Spesso con lui è venuto anche il Principe di Melfi Caracciolo, per non parlare dei figli, dei nipoti, dei cugini… Praticamente tutta l’aristocrazia napoletana si presenta alle mie feste con regolarità. Io e le ragazze conosciamo tutti i segreti più scabrosi delle famiglie più in vista e, in caso doveste averne bisogno, sarei lieta di raccontarvi tutto per consentirvi di usarli contro di loro.”

“Sapete per caso se qualcuno di loro ha parlato di me, se cospirano contro la mia persona?” le domandò il ragazzo.

“In realtà al momento sembra prevalere la paura, forse per il fatto che vi siete circondato di persone come il Gonfaloniere Borgia e il valoroso Don Hernando de Caballos, e questo è stato molto saggio da parte vostra” replicò la donna. “Per adesso la notizia più succosa che posso darvi è che il figlio maggiore del Duca Caldora ha perso la testa per Margherita, una delle mie ragazze più giovani. E’ talmente infatuato da averle chiesto di scappare con lui! Il Duca suo padre morirebbe di vergogna… se si venisse a sapere…”

“Molto interessante” sorrise Alfonso, compiaciuto e divertito. “Vi sono veramente grato, Madonna Flora. Sappiate che, d’ora in poi, voi sarete la benvenuta nel mio castello, proprio come lo eravate ai tempi di mio padre. Sarete accolta con tutti gli onori ogni volta che vorrete o che avrete qualcosa da farmi sapere.”

“Sono onorata di potermi rendere utile a Vostra Maestà” replicò la cortigiana, con un altro inchino. “Non appena le mie amiche mi raggiungeranno torneremo al nostro palazzo. Non vorrei che il giovane Caldora approfittasse della mia assenza per cercare di convincere Margherita ad una fuga d’amore!”

Alfonso e Flora risero insieme e il giovane Principe era felice e compiaciuto di sentirsi, finalmente, un vero sovrano, che tesseva accordi e alleanze proprio come faceva il padre.

Flora fu ben presto raggiunta da due delle amiche che aveva portato. Mancava però la terza, Elena.

La cosa divenne presto un problema non appena Alfonso si rese conto che, oltre ad Elena, mancava da un pezzo anche Juan. Non era presente alla conversazione che lui aveva avuto con Madonna Flora e, in quel momento, non si trovava nel salone. Don Hernando si offrì di andare a cercare la ragazza, ma Alfonso glielo impedì.

“Non preoccupatevi, Don Hernando, anzi, rimanete a tenere compagnia alle signore, vado io a cercarla” disse il giovane Principe, mentre un lampo gli passava nello sguardo. “Il castello è grande e ci sono anche luoghi pericolosi per chi non lo conosce. Vado io a cercarla, preferisco assicurarmi che non le sia accaduto nulla di male.”

Poteva sembrare un’offerta insolita per un sovrano, ma né Flora né Don Hernando si stupirono, ritenendo che Alfonso fosse ancora traumatizzato per ciò che gli era accaduto nelle segrete e che volesse come prima cosa accertarsi che la giovane donna non fosse finita laggiù dopo essersi smarrita.

In realtà il ragazzo aveva forti sospetti di dove avrebbe trovato Elena e non voleva che qualcuno lo scoprisse. Non poteva essere un caso che mancassero sia lei sia Juan e il Borgia era noto per non saper tenere a freno i propri istinti…

Alfonso salì al piano superiore in fretta, mentre l’agitazione cresceva nel suo cuore.

Si raccontava che era solo l’umiliazione a turbarlo, che chiaramente Madonna Flora e Don Hernando sapevano che lui e Juan avevano un legame particolare e che trovare il favorito del Principe a letto con una cortigiana qualsiasi sarebbe stato un affronto per lui, che quindi nessuno doveva sapere. Era meglio che fosse lui a scoprirli in modo da mettere a tacere subito voci e insinuazioni.

Eppure non era questo a spezzare il fiato ad Alfonso, a lacerargli l’anima, a infilargli lame appuntite fino in fondo al cuore.

Juan aveva cercato piacere altrove perché lui non gli bastava. Era inesperto, ingenuo, e forse nemmeno poi tanto attraente. Juan era abituato a ben altro e adesso ricominciava a cercarlo.

Lui non era abbastanza.

Non ci fu nemmeno bisogno di cercare tanto: la porta della stanza di Juan era aperta e ne provenivano dei suoni inequivocabili. Qualcosa si spezzò dentro Alfonso quando si presentò sulla soglia e colse di sorpresa i due impegnati in arditi amplessi.

“Madonna Elena, spiacente di disturbarvi, ma la vostra amica vi sta aspettando nel salone per tornare a palazzo. Vi prego di ricomporvi e di non farla attendere oltre, sono stato chiaro?” disse, in un tono tagliente che Re Ferrante avrebbe approvato senz’altro.

Per poco i due non rotolarono dal letto per la sorpresa. Elena, imbarazzata per la figura fatta proprio davanti al sovrano con cui Flora era venuta ad accordarsi, si affrettò a rivestirsi e sistemarsi i capelli, per poi passare davanti ad Alfonso mortificata.

“Vi chiedo perdono, Vostra Maestà, io…” mormorò, cercando di abbozzare un inchino.

“Non mi dovete niente, solo, per cortesia, vedete di sbrigarvi” tagliò corto Alfonso, incamminandosi con lei verso le scale per accompagnarla nel salone.

Juan era rimasto nella stanza, coperto solo da un lenzuolo, scarmigliato e piuttosto a disagio. In una qualche parte della sua coscienza iniziava a farsi strada un vago senso di colpa…

“Alfonso, io…”

Ma il ragazzo era già lontano, in tutti i sensi.

Poco dopo, Don Hernando aveva incaricato alcuni dei suoi uomini di scortare le cortigiane al loro palazzo e stava augurando la buona notte al giovane Principe.

“Sono lieto che ci sia stato questo accordo, sono certo che le informazioni che riceverete da Madonna Flora saranno preziose, Vostra Maestà. Ma… vi sentite bene? Siete molto pallido. Volete che chiami il vostro medico?” domandò il comandante, preoccupato.

“No, vi ringrazio, Don Hernando” rispose Alfonso, che faceva fatica a trattenersi dallo scoppiare in lacrime. “Sto bene, sono solo stanco. Una buona notte di sonno mi rimetterà in sesto.”

Si congedò dallo spagnolo e si avviò verso la sua camera. Adesso, finalmente, era rimasto solo e nessuno lo avrebbe visto piangere. Le lacrime brucianti iniziarono a solcargli il viso mentre la ferita nel cuore lo straziava più di una pugnalata.

Sono solo uno stupido che si rifiuta di guardare in faccia la realtà. Non valgo niente, non sono nessuno, la gente mi considera soltanto per il mio nome e il mio titolo, ma sono un inetto, incapace perfino di governare il mio Regno. Cosa mi aspettavo? Uno come Juan Borgia non può avere alcun interesse per uno come me, se non per ottenerne vantaggi e privilegi…

Ma Juan lo attendeva proprio davanti alla porta della sua camera. Si era rivestito quel minimo che serviva, con la camicia aperta e disordinata fuori dai pantaloni.

“Alfonso, non volevo che rimanessi così male, ti assicuro che per me quella cortigiana non significa niente, è solo una delle tante” gli disse, cercando di prenderlo per le braccia, ma il ragazzo si tirò indietro. E Juan si accorse che questa volta, a differenza di qualche notte prima, Alfonso non era imbronciato e arrabbiato. Stava piangendo e pareva devastato dal dolore.

“Una delle tante, certo, so quali sono i tuoi interessi e i tuoi divertimenti, sono io che sono stato uno stolto a credere… ma non importa, fai quello che vuoi della tua vita, non mi riguarda, ho già abbastanza preoccupazioni” disse il giovane Principe, cercando di mantenere ferma la voce.

Juan riuscì a prenderlo per le spalle e a portarlo dentro la stanza, chiudendo la porta. Non era il caso che tutto il castello sapesse degli affari loro…

“Tutto quello che faccio lo sto facendo per te, Alfonso, per rafforzare il tuo dominio su questo Regno e…” iniziò a dire, ma il ragazzo lo interruppe con un sorriso amaro.

“Ah, senti questa, davvero originale, potrebbe vincere il premio di scusa dell’anno” commentò, caustico. “Facciamola finita con questa farsa, Gonfaloniere Borgia, che ne dici? Tanto ormai ho capito, volevi soltanto una posizione di prestigio nel Regno di Napoli e hai usato l’unico mezzo con cui eri sicuro di ottenerla. Non ti preoccupare, non ti priverò dei tuoi privilegi. Del resto, ho comunque bisogno di qualcuno che mi consigli nel governo del Regno, so benissimo di essere un incapace…”

Questa rassegnazione dolente di Alfonso fece molto più male a Juan di quanto non gli avrebbe fatto una scenata di gelosia. Davvero aveva ferito così tanto il suo Principe da spingerlo a parlare così? Davvero lo aveva fatto sentire inutile e solo? Sinceramente pentito, prese tra le braccia il ragazzo che tentava debolmente di divincolarsi e lo strinse forte a sé.

“Non voglio sentirti parlare così. Tu non sei un incapace e io voglio veramente governare insieme a te, non mi interessa il prestigio personale, è con te che voglio condividere questo Regno, è con te che voglio stare. Tu non sai neanche quanto bene mi fai con il tuo affetto e la tua dolcezza, Alfonso” mormorò. Prevenne ogni ulteriore protesta chiudendo la bocca del Principe con un bacio intenso, profondo, lunghissimo. Se non credeva alle sue parole, ebbene, gli avrebbe dimostrato quanto lo voleva con i fatti, che erano ciò in cui Juan riusciva meglio. Lo spinse sul letto e lo spogliò, baciandogli con passione la bocca, il collo, tutto il viso, senza dargli tregua, mentre le sue mani gli percorrevano il corpo liscio e vellutato, stuzzicando tutti i suoi punti più sensibili e togliendogli il fiato. Mentre anche Juan si liberava delle vesti, continuò a eccitarlo con carezze sempre più audaci e intime e baci appassionati e profondi, rendendosi conto lui per primo che quello che stava facendo adesso con Alfonso gli procurava un piacere infinitamente superiore a ciò che aveva provato con la cortigiana.

Finalmente lo prese, invaso da un’eccitazione che non poteva più trattenere e che sfogò in lunghi e sempre più appassionati amplessi, continui assalti amorosi di cui non si stancava mai, anzi, voleva proprio sentire tutto del suo piccolo Principe triste e imbronciato, voleva scivolargli sotto pelle, diventare carne della sua carne, un tutt’uno con lui. Solo quando anche Juan fu sfinito si fermò, ansante e scarmigliato, stringendo Alfonso in un abbraccio avvolgente che incatenava insieme i loro corpi lasciando fuori il resto del mondo.

Accarezzando i capelli morbidi del giovane Principe, Juan pensava che a lui non importava più così tanto della posizione di prestigio che aveva acquisito, quello che contava era governare insieme ad Alfonso e consolidare il loro potere per difendersi da qualsiasi nemico… e, in primis, dalle mire ambiziose di suo padre che voleva Alfonso morto perché fossero i Borgia a regnare su Napoli. Tutto quello che aveva detto al ragazzo era la pura verità, anche il fatto che il sesso con la cortigiana era stato un semplice sfogo del suo corpo, così come poteva esserlo un bel duello o una buona bevuta.

“Alfonso” gli disse piano, continuando ad accarezzargli i capelli, “mi dispiace davvero se ti ho fatto soffrire, ma lo sai come sono fatto, mi conosci e lo sapevi già quando venni più di tre anni fa per organizzare il matrimonio di Sancha con Goffredo. Non volevo ferirti o mortificarti, questi sono i miei vizi, così come lo è ubriacarmi o fumare oppio, non ne vado fiero ma io sono questo. Credevo che tu potessi accettarmi per ciò che sono, nel bene e nel male, che tu non mi giudicassi…”

“Io non ti giudico” riuscì a rispondere Alfonso, ancora affannato e stravolto, “tu sei libero di fare ciò che vuoi e io ti accetto, lo sai, è solo che… mi sono sentito così inutile, uno che conta solo per il nome della sua famiglia e il suo rango…”

Juan si sentì stringere il cuore. Possibile che il suo Principe fosse così insicuro, così privo di autostima? Intenerito, lo abbracciò forte, i corpi sempre più intrecciati e incollati tra loro.

“Ti ho già spiegato che non voglio sentirti dire che sei inutile. Tu mi stai cambiando la vita, Alfonso, sei l’unico che mi fa sentire accettato e accolto, che mi fa sentire a casa. Non importa se non sei un sovrano degno di tuo padre, del resto io sono sempre stato una delusione per il mio, no? Ma sei importante per me più di ogni altro al mondo” replicò Juan con una veemenza appassionata.

Alfonso comprese che le parole di Juan erano schiette e sincere, che gli venivano dal cuore. Sentendosi arrossire, si affidò alle sue braccia perdendosi completamente in lui.

“Anche tu sei… importante per me…” sospirò, imbarazzatissimo.

Era così, non poteva farne a meno. Per quanto gli atteggiamenti e le abitudini di Juan potessero ferirlo e farlo soffrire, Alfonso sapeva che non avrebbe mai potuto rinunciare a lui. Non capiva bene ciò che sentiva, era così diverso da tutto ciò che aveva provato fino ad allora, persino dall’affetto profondissimo per il Generale… ma sapeva che nessun dolore sarebbe mai stato paragonabile alla devastazione del suo cuore se avesse dovuto rinunciare a Juan.

Il giovane Borgia lo baciò di nuovo, questa volta in modo più languido e tenero e poi, finalmente riappacificati, i due giovani scivolarono in un sonno pacifico e ristoratore.

Altre sfide e doveri li attendevano nei giorni a venire, ma li avrebbero affrontati insieme e uniti.

Fine capitolo undicesimo

 

   
 
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