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Autore: MaikoxMilo    18/08/2020    2 recensioni
Le voci di tenebra azzurra, cheta ma terribile, si stanno allungando sempre di più sul nostro mondo. Sono latrati di sofferenza che, rantolando, vanno sparendo sempre di più, sono singulti di dolore che affogano nel silenzio di una frattura spazio-temporale, sono pianti inermi di bambini che non sono mai nati. Tutto porta ad un unico filo conduttore, tutto è manovrato da un solo, unico, burattinaio che agisce in virtù di uno scopo più alto, imprescindibile. La Dimensione Terra, la dimensione delle possibilità, unica ancora a resistere nel Multiverso algoritmico, sta per venire risucchiata da un'altra estensione, vicina ma lontana, gemella ma distante: il luogo natio del Mago medesimo, Ipsias. L'altra. L'infinitamente ineffabile.
Ciò che è successo lassù, quale correlazione ha con la Dimensione Terra? Potrà la Melodia della Neve, la melodia di tutte le cose, opporvisi?
Nuove esperienze e battaglie attendono i Cavalieri d'Oro del XXI secolo, sempre accompagnati da Marta, Michela, Francesca e Sonia, ormai entrate di diritto tra le schiere dei custodi del tempio.
In un mondo che va eclissandosi... sarà possibile una nuova luce?
Naturalmente si tratta del seguito di Sentimenti che attraversano il tempo, del quale è necessaria la lettura!
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Cancer DeathMask, Cygnus Hyoga, Nuovo Personaggio, Scorpion Milo
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Passato... Presente... Futuro!'
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Capitolo 10: Lo squarcio dentro di te

 

 

 

“…non obbligo nessuno a camminare al mio fianco, se non lo desidera??? Ma, dico, ti ha dato di volta il cervello, Cam?!? Per affermare questo facevi prima a dargli una pedata in culo e buttarlo fuori di casa tu medesimo, sarebbe stato più corretto!”

Appena entrate in cucina, veniamo accolte dall’urlo viscerale di Milo, ancora intendo a sbraitare contro un elusivo Camus, girato di spalle appoggiato lavandino. La testa gli ricade in avanti, come al suo allievo poco prima di andarsene, le palpebre serrate. Si percepisce fin troppo bene il dolore che sta provando, non certo per la ferita in fronte.

Non fiatiamo, ci limitiamo ad osservare lo svolgere dei fatti intorno a noi, sebbene Michela, ancora più abbattuta rispetto a prima, sia più assente del solito. Si sorregge a Sonia, la quale, dispiaciuta, le tiene la mano. Francesca ed io invece ci scambiamo occhiate infauste.

“Hai la lingua per parlare?!? O sei diventato sordo?! Rispondimi, Cam!” lo incalza ancora più spietatamente Milo, ad un goccio da perdere completamente le staffe.

“Ti ho sentito, sì, e quindi?”

“E quindi?!? Corri da lui, cazzo! Corri da Hyoga e fermalo, digli che hai bisogno della sua presenza, che non vuoi che se ne vada, invece di stare qui corrucciato, sull’orlo dalle lacrime, a fissare il buco del lavandino come se desiderassi essere aspirato e sparire dalla faccia della Terra”

“NON STO PIANGENDO!” esclama stizzito Camus, gettando un’occhiata in tralice all’amico. Non sta piangendo, no, ma i suoi occhi sono lucidi e il suo corpo trema.

“Raccontati la storia che preferisci, ma vai da lui, ORA! Prima che sia troppo tardi!”

“Lo hai udito il ragazzo, ha preso la sua decisione, chi sono io per fermarlo?!”

A quel punto vedo Milo mettersi le mani nei capelli e picchiare esaustivamente la nuca contro la parete lì vicina, sussurrando un: “Dei, ci uscirò di testa con voi due, sempre che non sia già successo!”

Camus non fiata, se ne rimane lì, la benda ancora sulla fronte, l’espressione di chi si sta trattenendo in tutte le maniere da fare quanto dice l’amico, forse per orgoglio, forse per problematicità ad esprimersi, ma sta lì, soverchiato da qualcosa che non riesce ad affrontare.

“E’ tardi, Milo… - ammette alla fine, chiudendo le palpebre in maniera molto sofferta - Non posso cancellare quanto uscito dalle mie labbra... è irreversibile!”

“Lo sarà solo se tu rimarrai qui, a sentirti in colpa e a starci male senza correre dal tuo allievo… allora sì che lo sarà, ma ora puoi ancora fare qualcosa, VAI!”

Camus serra i pugni, fissando il pavimento, per un solo secondo avverto in lui l’impulso di correre per davvero per afferrare la mano di Hyoga e supplicargli di rimanere con lui, al suo fianco, perché mio fratello ha bisogno di lui, lo percepisco nitidamente, ma è ancora l’ombra di Isaac, allievo amato e perso, a frenare i suoi desideri, riportandolo alla rassegnazione. La stretta delle sue mani si scioglie.

“Non lo farò… Hyoga ha scelto consapevolmente, non sono stato io a cacciarlo...”

A questo punto Milo esplode in tutto e per tutto.

“MA VOI DUE NON CAPITE PROPRIO UN CAZZO L’UNO DELL’ALTRO, EH?!? Hyoga, dopo quello che ha vissuto quest’oggi con te, voleva sentirsi dire di rimanere! Sai com’è fatto, conosci le sue insicurezze e i sensi di colpa, lo hai cresciuto tu, dannazione! Solo quello desiderava, che il suo maestro lo rassicurasse, che gli dicesse di rimanere, e invece...”

“E INVECE IL DISCORSO E’ CHIUSO, MILO!” lo interrompe Camus, prendendo e uscendo dalla cucina, con passo pesante, ma lo Scorpione lo segue a ruota, deciso a non dargli requie.

“Eh, no, signorino, ti conosco, non scapperai stavolta!”

Ci guardiamo contrite tra noi, ad eccezione di Michela che subisce passivamente tutto quello che sta succedendo; siamo indecise se seguire i nostri maestri ancora una volta, consce che si tratta di un argomento privato, anche se… beh, oddio, visto i toni usati, non resterebbe a lungo un segreto, anzi, non mi meraviglierebbe affatto se Shura e Aphrodite, dalle loro rispettive dimore, avessero udito persino il discorso completo. Decidiamo infine di seguirli, trovandoli poco dopo, nel corridoio, Camus dentro il bagno a tentare di chiudere la porta e Milo, fuori, a provare a impedirglielo, entrambi a ringhiarsi reciprocamente.

“Devo andare in bagno e medicarmi la ferita, pensi che mi seguirai anche qui, Milo?! Ti ricordo che è casa mia!” esclama Camus, in tono aggressivo, cosa che non intimorisce affatto lo Scorpione.

“Ti seguirei pure in capo al mondo per impedirti di commettere cazzate! E quella tua testolina lì, ringrazia che sei ferito, altrimenti la farei sbattere talmente tante volte contro il muro che, una volta rinvenuto, metteresti le ali ai piedi per raggiungere il tuo Hyoga!”

“VATTENE!”

“Niente da fare, RESTO!”

Ne consegue un tira e molla, dalla porta che, se la situazione non fosse compromessa, farebbe anche ridere, ma dato il malumore generale di tutti, mette solo una gran tristezza.

Ad un certo punto Camus, capendo di essere braccato e di non avere altre vie per opporsi, decide in un lampo di innalzare il proprio cosmo ghiacciato e di sparare, in pieno petto, una ‘Polvere di Diamanti’ ridotta all’amico, il quale, non aspettandosi un comportamento simile, la scansa di lato, permettendo così a mio fratello di attuare i suoi propositi e chiudere quindi la porta del bagno a doppia mandata. Milo gli è subito contro, sbraitando, gridando e sbattendo più volte i pugni contro quella nuova ostruzione che Camus ha posto tra sé e lui. Tutto inutile, mio fratello è silente all’interno, le intenzioni del Cavaliere di Scorpio si infrangono come onde sugli scogli.

“Lo so che mi stai sentendo, Cam, lo so! E questa volta voglio dirtelo schiettamente: è una delle più grandi cazzate della tua vita, mi senti??? Perché, perché rigetti la felicità?!? Perché non metti da parte il tuo orgoglio di merda, proprio ora, che finalmente hai una quarta possibilità, UNA QUARTA, mi capisci???”

“...”

“Te ne pentirai, probabilmente sta già succedendo, ma sarà molto peggio, col passare dei giorni… ebbene, non venire poi a piangere da me, perché a quel punto sarò io a sbatterti la porta in faccia, mi hai inteso?!?”

“...”

“Tze, sei proprio un COGLIONE, Camus!” si sgola ancora pestando un piede vicino allo stipite della porta prima di calmarsi almeno un po’, forse rendendosi conto di essere troppo su di giri. Si massaggia il petto, poggiando poi la fronte contro la parete, frustrato dal trovarsi un nuovo muro invalicabile.

“Sei davvero uno stupido, ora che potevi essere felice, dopo tutto quello che hai sofferto...” borbotta ancora, prima di aprire gli occhi e venire nella nostra direzione. Pare essersi un po’ tranquillizzato, ma lo vediamo ancora molto agitato.

“Perdonatemi per il trambusto, ragazze, quando uscirà, siete autorizzate a dare al vostro maestro un pugno a testa, se si lamenta ditegli che è da parte mia… - prova a buttarla sul ridere, come è suo solito fare, poi si rivolge alla sua allieva – Sonia, andiamo!”

“Do-dove?”

“A parlare con Hyoga! Non servirà, può farlo stare meglio solo Camus, ma non mi va che quel ragazzo se ne ritorni, chino e rammaricato, al suo appartamento in affitto, dopo che abbiamo penato così tanto per farli ricongiungere. Voglio almeno fare un tentativo!” le spiega, continuando il suo moto verso l’uscita della casa. Sonia sospira e, dopo averci salutato velocemente, lo segue.

Francesca, Michela ed io rimaniamo per un tempo imprecisato a fissarci, non sapendo cosa dire. Dal bagno non proviene alcun movimento né rumore, neanche fosse la porta per un’altra dimensione, come l’armadio per Narnia. Anche sforzandomi, non riesco pienamente a percepire se mio fratello stia piangendo o no, ciò che avverto è una feroce tristezza nel cuore, un senso di inadeguatezza e di colpa crescente, che lo frattura ancora di più, ma nient’altro. Mi poso una mano sul petto, apprensiva.

“Beh… serata avvincente, non trovi, Marta? - commenta Francesca, rivolgendosi solo a me, perché intanto Michela è talmente funerea da essere assurdamente inattiva – Vado in cucina a preparare la cena, così, mentre aspettiamo che il Maestro Camus se la senta di uscire da lì, mi spieghi cosa cappero è successo durante la missione per causare tutto questo!” mi propone, prendendo in mano la situazione. Acconsento, gettando ancora un’ultima occhiata alla porta del bagno.

 

 

* * *

 

 

22 ottobre 2011, sera

 

 

Rimango fissa a contemplare il soffitto sopra di me, sul quale, ad inizio ottobre, insieme a mio fratello, ho appiccicato le stelline fosforescenti come erano in camera mia a Genova. Mi fanno sentire più a casa. Le continuo a guardare meravigliata, immaginandomi di essere davvero sotto un cielo stellato.

Alla fine Francesca ha preparato la cena ed io l’ho aiutata, mentre Michela si è sdraiata sul divano, ancora scombussolata dai fatti accaduti quest’oggi, infatti non ha nemmeno mangiato, cosa non da lei. Camus è uscito dal bagno circa quaranta minuti dopo l’allontanamento di Milo, con un nuovo bendaggio in testa, l’espressione contenuta e un poco distante, ma gli occhi leggermente arrossati. Ovviamente nessuna di noi ha più tirato fuori il discorso e la cena è trascorsa in religioso silenzio.

Mi chiedo se Milo abbia ripescato Hyoga da qualche parte, in ogni caso, ha ragione lo Scorpione, anche se lo avesse raggiunto, anche se gli avesse parlato, lui non può comunque farci molto. La frattura si è creata tra mio fratello e il Cigno, solo Camus può, in qualche modo, risanarla, solo lui ha un tale potere ma… questo complica notevolmente le cose, perché chi è in possesso di tale requisito è proprio colui che ha più difficoltà ad attuarlo.

Socchiudo gli occhi, prendendo un profondo respiro. Non sarebbe dovuta finire così, io volevo impedirlo, ma… non ci sono riuscita, ci ritroviamo tutti con un pugno di mosche, due nomi di nemici ugualmente misteriosi e al punto di partenza, anzi peggio.

Toc… Toc

Sento qualcuno bussare alla porta, poco dopo sopraggiunge alle mie orecchie la voce di mio fratello.

“Marta, posso entrare?” mi chiede, il suono mi giunge un poco ovattato.

A pensar al diavolo…!

“Certo, entra, fratellino, la casa è tua!” acconsento, voltandomi verso la porta, la quale si apre e, grazie alle luci ancora accese del corridoio, mi permette di distinguere la figura di Camus con in mano una sacca dei medicinali.

Inarco un sopracciglio, chiedendomi dove stia andando, prima di rammentarmi che aveva tutte le intenzioni di medicarmi e controllare la zona colpita da Hyoga. Automaticamente mi nascondo la pancia con le mani, coprendola anche con il lenzuolo, mentre lui accende la lampadina e posa tutto sul mio comodino, sedendosi poi al bordo del letto e sorridendomi con tenerezza.

“Cam, come va la ferita in testa?” gli chiedo, un poco agitata, perché l’idea di farmi controllare da lui mi imbarazza oltremisura, non essendoci ancora abituata. Preferirei evitare…

“Non è nulla di che, Marta, ogni tanto brucia un po’, ma non è grave, ho subito di peggio in passato!”

“Neanche il pugno di Hyoga è stato grave...” mi affretto a ribattere, vergognosa.

Camus ridacchia tiepidamente, rialzandosi e afferrando una bottiglietta di disinfettante. Indossa la canottiera con cui dorme e i pantaloni del pigiama, entrambi gli indumenti risaltano il suo straordinario fisico da nuotatore… avrà più recuperato i chili persi ad agosto? Sembra ancora tremendamente sottopeso...

“Questo lascialo decidere a me, peste!” mi dice, cominciando ad armeggiare con l’occorrente, bende, garze, bottigliette di liquidi vari… neanche fossi in fin di vita a dissanguarmi, fa davvero sul serio?! Lo guardo di sottecchi, la sua espressione rimane imperturbabile, temo faccia sul serio per davvero.

“Cam, era solo un pugno, hai portato medicamenti come se dovessi essere operata d’urgenza! Certo, il fianco mi fa un po’ male, ma...”

“Un pugno allo Zero Assoluto, vorrai dire… non è una bazzecola, Marta!”

“Ma io sto bene, stai tranquillo…”

“Permettimi comunque di controllarti!”

Sospiro, discostando lo sguardo che si posa sulla finestra. Mi terrà il fiato sul collo finché non gli permetterò di dare un’occhiata, ecco l’altra faccia della medaglia di avere un fratello così protettivo!

Alla fine acconsento a malincuore, non del tutto a mio agio, tenendo gli occhi distanti, le guance un poco rosse.

“Sembri me quando ero piccolo… - mi accarezza dolcemente la testa, intenerito – anche io non amavo farmi toccare, né che mi guardassero la pancia”

Ridacchio a quell’affermazione, un poco più a mio agio, tornando su di lui e sorridendogli con dolcezza.

“La cosa, di per sé, non è cambiata molto con la crescita!” commento chiudendo gli occhi e cercando di rilassarmi. Camus continua con il suo operato di confortarmi, prendendosi molto tempo prima di procedere.

“Sarò il più veloce e delicato possibile, piccola mia!” mi rassicura, passando poi a sollevarmi la maglia del pigiama e scoprirmi così l’intera pancia, cosa che immediatamente mi mette subito nuovamente a disagio. Stringo le coperte di riflesso, arrossendo e lasciandomi sfuggire un mormorio sommesso. Le dita gentili di Camus sono nuovamente sulla mia fronte, mi solleticano teneramente la pelle.

“Ci sono solo io qui, stai tranquilla!

Per non dare peso al disagio, cerco di intavolare un discorso che possa tenermi la mente impegnata, il tutto mentre le mani esperte di mio fratello cominciano a passare su tutto l’addome, premendo in una serie di punti, non lontani dalla zona colpita.

“Camus, hai detto che… che pure a te non fa impazzire l’idea di aver la pancia scoperta, vero?” chiedo, guardandolo negli occhi.

“No, non ho mai amato mostrare quel punto. Da piccolo, quando i curatori mi dovevano visitare, mi ribellavo come un forsennato. Ero una peste, a volte è capitato anche di dare qualche calcio ad un povero diavolo che voleva solo farmi stare meglio. Se ci penso ora, mi dico che ci voleva giusto la pazienza di Aiolos per sopportarmi i primi mesi in cui giunsi al Tempio...” mi confessa, un poco imbarazzato.

“E perché… perché non ti piace?”

Camus ci pensa un po’ su, nel frattempo la sua attenzione è catturata dal piccolo versamento che mi si è formato, poco sotto lo sterno, dal pugno di Hyoga. Lo fissa più volte, con sguardo clinico, prima di prendere una pomata dal comodino e passarmela gentilmente sulla zona violacea.

“Lo trovo un posto molto delicato, non trovi? Voglio dire, per molti tipi di animali mostrare la pancia è un segno di sottomissione, simboleggia l’essere alla mercé di qualcuno e… non mi piace, è una cosa che non sopporto!”

Lo guardo continuare il suo operato con dolcezza, chiedendomi, ancora una volta, come abbia vissuto che, nel 1741, i Cavalieri e le inservienti abbiano potuto disporre del suo corpo indifeso durante il contagio della peste. E’ stato preso, ripreso, lavato, girato… e anche se, in fondo, ci prodigavamo tutti per lui, da Albafica a Sisifo, averlo saputo a posteriori deve essere stato piuttosto traumatico, visto il tipetto. Camus non è a suo agio con il suo fisico, ne ha un brutto rapporto, in effetti, il che è un peccato, perché non ha nulla di invidiare a nessun altro.

“Mi dispiace… chissà che shock svegliarti completamente privo di forze, non potendoti muovere, o quasi, con io che girovagavo sul tuo corpo indifeso per curare le ulcere...” sussurro, cercando di rilassarmi nonostante Camus, nell’atto di visitarmi, mi stia toccando il ventre, procurandomi male.

“Di primo acchito… volevo scavarmi una fossa da solo e nascondermici dentro! - ammette, arrossendo suo malgrado – Già non sopporto farmi vedere in determinate circostanze, ma da te, poi, che sei mia sorella minore… è stato proprio un trauma!”

“Beh, non credere che per me sia stato molto diverso quando mi hai detto che mi cambiavi il pannolino e mi pulivi il sedere dopo aver fatto la, ehm… cacca. Dei, che vergogna!” ribatto, arrossendo a mia volta. Siamo di nuovo pari, Camus, chi la spunterà questa volta?

“Ma eri una neonata allora, Marta!”

“Non dopo la battaglia contro Crono, non… - prendo un profondo respiro, rabboccando aria -Immagino che neanche in quel caso le mie funzioni fisiologiche si fossero bloccate...”

“In effetti, dopo averti riportato in vita, no...”

“ECCO… FANTASTICO!”

Vedo mio fratello ridacchiare tiepidamente, terminando di premermi sopra l’ombelico per poi prendere una garza sul comodino e aprirla.

“Ma poi… mi ci sono abituato, anzi, posso dire che sia stato anche rilassante...” continua, squadrando la garza per vedere se sia delle misure corretta.

“Cosa intendi?” chiedo, non capendo perfettamente quanto voglia esprimere.

“Il tuo tocco, piccola mia… mi tranquillizza e mi fa stare bene. Sai, non sono mai stato un tipo molto fisico, ma con te è diverso, le tue carezze tra i capelli o sulle guance mi… mi fanno sentire al sicuro, spingendomi ad addormentarmi, come è successo in Siberia quanto ti ho parlato di Isaac, ricordi?” mi racconta, particolarmente emozionato, calcando il suo sguardo su di me.

Gli sorrido, stanca ma felice.

“Per me è lo stesso, fratellino… le tue mani poi, sembrano piume di cigno, non ho mai sentito niente di più delicato, anche adesso!” gli confido, rilassandomi ulteriormente. Camus mi sfiora la pelle del viso con gesto dolce, prima di tornare a concentrarsi sul mio addome e posarmi la garza per coprirmi il livido causato da Hyoga.

Sembra in vena di confessioni e di chiacchiere, lo fa per non pensare troppo al Cavaliere del Cigno, a quello che è successo tra loro, e che lo fa soffrire terribilmente, ma io lo posso ben avvertire il suo stato, al di là di quello che fa trasparire davanti a me, perché i suoi sentimenti passano attraverso me, ed è davvero soffocante, fa male il petto, ma… meraviglioso!

Isaac… ricordo che dovevo chiedergli una cosa a proposito di lui, ma non la rammento nel dettaglio ora.

“Inoltre… - continua Camus dopo un po’, dopo aver rimuginato un po’ se fare o non fare anche un’ultima ammissione – La cosa che, fra tutti, sopporto di meno, è mostrare il mio, ehm, ombelico, figurarsi toccarlo, o peggio… essere toccato!”

Lo vedo un po’ impacciato a dirmi una cosa simile, tanto da spingermi ad acciuffargli una mano e guardarlo intensamente negli occhi.

“Sei omfalos… - provo a dire, ma mi incarto sulla parola difficile – Volevo dire, soffri di omfalofobia?” gli chiedo, ricordandomi dell’esistenza di una fobia così stramba.

“Non… non lo so… da bambino era molto più accentuata, malgrado gli interventi di Milo per farmela passare. Ora riesco a controllarla abbastanza, continuo a toccare il meno possibile quella zona, ma la sola idea che altri me la possano anche solo guardare, mi fa rabbrividire...”

“Milo?! E come… come ha tentato di fartela passare?!” chiedo, divertita.

“Al suo solito modo… chiodo schiaccia chiodo”

“E ha funzionato?” domando, ironica, ben sapendo la risposta.

“Certo che no, è riuscito solo ad attenuare il tutto, almeno con lui e con le persone con cui ho confidenza...”

“Come dicevo prima… mi dispiace davvero, fratellino, ora capisco anche perché, quando ti ho lavato e disinfettato l’ombelico, sempre nel passato, ti sei irrigidito, pensavo fosse causato dal dolore, invece… uff, se lo avessi saputo prima, non ti avrei scherzosamente preso in giro, quando ti sei svegliato dalla peste. Deve essere stato terribile per te, più terribile di quel che potessi immaginare...”

Inaspettatamente mi accarezza delicatamente i capelli, sorridendomi. Lo fisso meravigliata, come sempre quando si tratta delle coccole che mi regala.

“Non ti preoccupare, Marta, come ti ho detto… con te mi sento a mio agio. So che sono al sicuro, riesco a percepirti nelle tenebre più fitte, e poi... dimostri una dolcezza, nei gesti, che mi entra nel cuore, mi sono sentito protetto, quando tu ti sei presa cura di me, quel calore è entrato dentro di me, mi riscalda ancora adesso... - mi dice, sorridendomi, prima di tornare a concentrarsi sulla lesione – Qui ho finito, piccola mia, se ti giri e ti togli la maglia del pigiama, ti medico ancora una volta la ferita sulla schiena, e poi ti lascio stare, promesso...” asserisce, accarezzandomi nuovamente la testa, come se sentisse il bisogno continuo di toccarmi.

Annuisco, facendo quanto chiesto, rasserenata. Neanche io ho mai amato molto il contatto fisico, l’eccezione è sempre stata Stevin e, ora, lui. Capisco appieno quanto mi ha appena spiegato, per me è lo stesso, il suo tocco mi riempe il cuore emi fa sentire al sicuro. Non ho paura se lui è con me e, completamente ubriaca dalle sue coccole, potrei tranquillamente addormentarmi con lui al mio fianco. Sta succedendo anche ora, lentamente mi sento cadere, con l’intensità di una piuma, in un sonno ristoratore, ma tento di oppormi, desiderosa di parlare ancora con lui per recuperare, almeno un poco, tutto il tempo che abbiamo irrimediabilmente perso.

“Comunque è un peccato che a te non piaccia, perché hai un ombelico davvero grazioso, Cam!” gli dico, ridacchiando.

“G-grazioso?! Sei… sei la prima a dirmi una cosa del genere, Milo lo ha sempre considerato bizzarramente singolare, come mi ha ripetuto più volte...”

“Bizzarramente singolare?! Aha! E’ una frase tipica da lui, ma cosa significa?” chiedo, muovendo leggermente le gambe per evitare che si addormentino. Sono infatti sdraiata prona, il mento appoggiato al cuscino.

“Ha sempre detto che era più simile a quello di una donna che non ad un uomo… - si ferma un attimo, sospirando un poco stizzito – Il che non ha senso, perché la sua conformazione non dipende da fattori genetici… ma lui ovviamente non lo sapeva, figurarsi!”

“Beh, però è grazioso, ricordo di averlo pensato la prima volta che lo vidi distintamente!”continuo per la mia strada, voltandomi leggermente verso di lui.

“La prima volta?”

“Sì, quando sei stato medicato da nostra madre, ricordi? Eri così imbarazzato mentre ti visitava, mi si è stretto il cuore - annuisco, gli occhi luminosi – Ricordo che mi aveva destato interesse fin da subito… è perfettamente tondeggiante, Cam, invece di essere un poco ovale come la maggior parte delle tipologie, e poi ha… ha quella specie di coroncina di pelle, sulla sommità, che, non so, lo rende davvero particolare, quasi… accattivante!” sorrido, ridacchiando sommessamente.

Camus non dice niente, ma capisco dai suoi movimenti un poco impacciati che l’ho fatto vergognare, di nuovo, me ne dolgo, anche se, in fondo, è così buffo quando si imbarazza.

Una volta ultimata la medicazione anche sulla schiena, mi dice di voltarmi e rimettermi la maglietta. Faccio quanto detto, tornando così in posizione supina, affondando nel cuscino e non staccando il mio sguardo neanche un istante dal suo viso. Lui rimane seduto sul bordo nel letto, accarezzandomi, di tanto in tanto, la testa per poi scendere sulle guance e sfiorarle con i polpastrelli.

“E’ un problema, per te, se rimango ancora un po’?” mi chiede, un poco titubante, probabilmente desideroso di prolungare il contatto tra noi.

“Certo che no...” gli sorrido, grata, chiudendo gli occhi e lasciandomi cullare dalle sue solite attenzioni. Ha un’espressione piuttosto triste, anche se la prova a mascherare dietro la sua solita compostezza.

Dovrei forse parlare di Hyoga, forse potrei convincerlo a raggiungerlo, a parlargli… non voglio che si rovini tutto tra loro, hanno entrambi bisogno l’uno dell’altro, ma sono due testoni colossali, il mio intervento lo farebbe chiudere solo di più.

Decido quindi, anche se potenzialmente dannoso, di porre finalmente il quesito che mi ronza in testa sull’altro allievo, e che non riesco a togliermi.

“Camus… sono davvero così simile al tuo Isaac?” gli chiedo, a bruciapelo.

Lui, come immaginavo, si immobilizza all’istante, quasi pietrificato. Per una manciata di secondi smette persino di accarezzarmi, abbassando la mano, ormai inerte e appoggiandola sul lenzuolo.

Sono quasi tentata di deviare prepotentemente argomento, ben consapevole che gli fa male parlare di questo, ma è lui alla fine a trovare il coraggio di rispondermi.

“Sì… moltissimo...” sussurra, arrochito, socchiudendo gli occhi.

Il suo tono strozzato mi spinge a toccargli la mano, alla ricerca di un contatto che non so se vuole, in un momento simile, ma che non evita. Gli serve tempo per trovare le parole, questo lo so bene, nondimeno vorrei fargli percepire la mia vicinanza.

“Sono qui...” gli sussurro, roca a mia volta, percepisco il suo stato, ed è per questo che mi è uscito un tono di voce simile al suo. Camus deve capirlo questo, perché, riapre gli occhi e, girando quella stessa mano, stringe la mia, cercando di ricomporsi.

“Se non ne vuoi parlare...”

“No, va bene così, Marta… te l’ho detto che voglio raccontarti tutto di me, sei la mia sorellina..” mi ripete, per tranquillizzarmi, prendendo un profondo respiro.

Lo guardo con espressione carica di pena, aspettando che raccolga le forze per parlare. Dovrei anche raccontargli della sorta di visione quando sono penetrata nel vortice polare di Hyoga, ma non so se sia una buona idea. Soffre ancora terribilmente per la perdita di Isaac, so bene che, basta solo citare il suo nome e il cuore gli si ferma nel petto per un nanosecondo. Del resto… quel giorno in Siberia, Camus ha perso per sempre qualcosa di sacro e che credeva inviolabile; ha perso una parte di sé.

“Siete ovviamente due persone diverse, ma… rivedo molto di lui in te, Marta, a volte dici persino le sue stesse frasi e… mi fa male, non posso negarlo”

“In cosa siamo… simili?”

“Quella luce negli occhi che possedete, e poi… la stessa determinazione, la stessa voglia di non arrendervi, la stessa perseveranza… - comincia l’elenco, discostando lo sguardo – Te l’ho già detto in Siberia, credo, ma voi due… siete così dediti ad essere all’altezza delle mie aspettative, dareste tutto per me, vi buttereste nel fuoco senza esitare se sapeste che ciò mi salverebbe la vita e… mi spaventa, questo, anzi mi terrorizza… perché, come mi è sfuggito lui, ho il terrore che possa capitare anche a te, piccola mia...”

“Di sfuggirti?”

“E non essere in grado di proteggerti…”

Lo guardo, emotivamente coinvolta… Camus, che cosa hai dovuto subire, in passato, per avere così tanta paura di perdere le persone care? Cosa ti ha fatto pensare che la tua esistenza potesse essere maledetta? Hai così timore di farti coinvolgere da qualcuno, eppure tu lo meriteresti più di molti altri, data la meravigliosa persona che sei!

“C’è anche un’altra cosa in cui tu ed Isaac siete simili...” continua la sua confessione dopo un po’, ritrovando le energie per aumentare il suo tono vocale, che prima si era fatto labile.

“E sarebbe?”

“Siete due ghiottoni! Non so dove la riusciate a incamerare, nel vostro organismo, tutta la roba che mangiate!”

Ridacchia tiepidamente, un poco più rasserenato, sebbene il suo umore sia sempre discretamente tetro. Si sta sforzando, per me, ma l’argomento non è dei più facili.

“Isaac… adorava mangiare di tutto, non si è mai lamentato di nulla, sebbene, in Siberia ci fossero periodi di magra. Poi… era molto protettivo con i suoi compagni di addestramento, persino con me, proprio come te. Mi riempi il cuore di orgoglio e nostalgia, Marta e credo che sareste andati d’accordo, voi due, se solo avessi potuto fartelo conoscere, se solo... - bisbiglia ancora, prostrato, prima di discostare nuovamente lo sguardo, scrollare la testa e fissare la finestra – Il mio… coraggiosissimo Isaac!” la sua voce si incrina ulteriormente.

Rifletto su quelle ultime parole, ricordandomi, ancora una volta, della visione che ho avuto dentro il vortice polare, gli ultimi istanti del giovane prima di finire ad Atlantide… non ne conosco la ragione, ma è come se le memorie di Hyoga fossero giunte a me, eppure il punto di vista era quello di Isaac, questo me lo rende inspiegabile.

“Altroché se lo era, lui… voleva proteggerti!” mormoro, lo sguardo triste.

“Cosa stai…?”

“Isaac… era davvero molto protettivo e coraggioso... ti voleva bene, Camus, come si vuole bene ad un padre, avrebbe voluto così tanto combattere al tuo fianco...”

“Co…? Come fai a dirlo, questo?!”

“...”

“Marta! Come fai a saperlo con così tanta cognizione di causa?! Non lo hai mai conosciuto!””

Senza poter rispondere, mi sento schiacciare violentemente le spalle. Sussultando, mi accorgo che mio fratello mi ha stretto in una morsa, le sue dita mi stringono, procurandomi dolore.

“Marta, rispondimi!”

Ora sembra quasi arrabbiato, colpa mia che ho toccato un nervo scoperto, ma la mia espressione sofferente, lo riscuote.

“Mi… mi fai male, fratellino...”

“Scu-scusami, l’ho rifatto di nuovo, ho perso il controllo...” dice a bassa voce lui, allontanandosi da me ma rimanendo, pentito, seduto sul letto, sebbene a debita distanza.

E’ di nuovo chiuso come un’ostrica, tanto da farmi tentare un nuovo approccio. Mi metto a quattro zampe e lo raggiungo, sorreggendomi sulle ginocchia, per poi avvolgerlo in un nuovo abbraccio, che lui non rifiuta, il mio mento si posa sulla sua spalla.

“Sai, quando sono entrata nel vortice di Hyoga ho avuto una visione...”

“Una visione?”

“Sì, credevo fossero ricordi di Hyoga, ma era dal punto di vista di Isaac”

“E… e cosa hai…?”

“Quando lui… si è buttato in acqua per salvare Hyoga e… i suoi pensieri, mentre...” ma mi taccio, non sapendo se continuare.

“Mentre?” mi incalza Camus, tornando a guardarmi negli occhi, di nuovo quella luce inquietante in lui, un po’ mi fa rabbrividire.

“Mentre… perdeva sangue dall’occhio sinistro”

“PER ATENA! Hai avuto davvero una visione! - si alza in piedi di scatto, sbigottito e spaventato – Io non ti ho mai detto che I-Isaac ha perso l’occhio sinistro per salvare Hyoga! Come sei riuscita a vederlo?! E’ fuori da ogni logica!”

Mi lascio cadere sul letto, cercando di venirne a capo, mio fratello sembra parecchio sconvolto, vedo nei suoi occhi le intenzioni di chiedere di più, ma al momento è la paura a fare da sovrana; la paura di quello che potrebbe venire a sapere. Soffre, soffre tantissimo alla sola idea di quello che ha dovuto subire il suo Isaac e… vorrei solo tranquillizzarlo.

“Non ne ho la minima idea, Cam… - mormoro, guardando il soffitto, assumendo una nuova espressione determinata – Ma… te lo riporterò!”

La frase ambigua ha il solo scopo di mettere sull’attenti mio fratello, il quale, tutt’altro che rasserenato, mi afferra la mano sinistra e me la stringe con urgenza, come a volermi trattenere, neanche avessi avuto le intenzioni di alzarmi e andarmene. Temo abbia capito a cosa mi riferisco.

“Te lo riporterò!” ripeto, ostinata, imprimendo il mio sguardo nel suo.

“E’ MORTO, Marta...”

“Allora, se davvero è così, ti riporterò il suo corpo...”

“Non ‘se’, è morto sicuro, Marta, il suo corpo è disperso, Hy-Hyoga lo ha… urgh… - si prende una breve pausa, cercando di ricomporsi – Non c’è nulla da portarmi...”

“Non ne abbiamo le prove!”

“Le prove?! - Camus passeggia nervosamente intorno al letto, prima di guardarmi di nuovo in faccia, la dolcezza di prima un lontano ricordo – I-io ho aiutato Hyoga a… a ucciderlo, non mi servono altre prove!”

“Lo hai aiutato a…?!” ripeto, sconvolta, quasi frastornata.

“Il mio spirito era con Hyoga quando… quando lo ha affrontato, non te l’ho detto in Siberia perché… non me la sentivo. I-io l’ho ucciso due v-volte...”

“Tu non hai ucciso nessuno, fratellino!”

“La questione non cambia, l’ho… sentito morire... tra le braccia di Hyoga, non ho bisogno di altre prove”

“Ti sto dicendo che lui potrebbe essere ancora vivo, Cam, finché non vedrò il suo corpo, io...”

“Non lo è!”

“Staremo a vedere!”

“Non staremo a vedere niente, non...”

“Io sento che… ci potrebbe essere speranza di recuperarlo, fratellino, dammi fede, un modo lo...”

“NO, Marta! - il suo tono mi fa raggelare il sangue nelle vene – A che pro inseguire un morto? Vuoi fare come Hyoga con sua madre?! Vuoi sacrificarti per riportare Isaac indietro?! N-no, piccola, non reggerei più, non sopporterei di vederti soffrire per u-un motivo simile. Ogni cosa ha un prezzo, non si rianima qualcuno senza pagare un tributo più che dispendioso, lo… lo hai ben visto, e… e… ma-manteniamo le cose come stanno, pensiamo solo al futuro”

Taccio, il respiro mozzo nel vedermelo così fragile, mentre disperatamente cerca di non cedere alle lacrime.

A dir la verità, non so neanche io da dove mi venga una tale sicurezza, non lo so spiegare, ma non posso vedere mio fratello in queste condizioni, non posso accettare che non si rivedano più, non posso!

“Camus...” ritento, ma mio fratello è inamovibile.

“Ora lasciami stare, non voglio più parlare di questo! Buonanotte, Marta, ci vediamo domani!” trancia il discorso di netto, voltandomi le spalle e chiudendo la porta dietro di sé. Non sembra arrabbiato, solo… tanto, tanto stanco e triste, ma il modo in cui se ne è andato mi ha colpita profondamente.

Sospiro, tornando a guardare fissa il soffitto. Sull’angolo destro della stanza ci sono delle stelline a forma della costellazione dell’Acquario, che Camus, quando mi ha aiutato a metterle, ha voluto posizionare a formare la figura di Ganimede, di cui mi ha raccontato anche il mito, sebbene lo conoscessi già.

“Così veglierò sempre su di te, piccola mia...” mi aveva detto, in uno slancio emotivo, regalandomi una carezza e facendomi sentire amata. Chissà quanti momenti così potrò avere da ora in poi con lui, se davvero le cose si dovessero mantenere così, al solo pensarci avverto caldo nel petto. Pensare al futuro… la sola parola mi regala una vertigine di felicità e paura al tempo stesso.

Sorrido intenerita a quel ricordo per niente lontano nel tempo, eppure, ancora una volta, mi appare così erroneamente distante. Socchiudo gli occhi, facendo riaffiorare in me il calore. Pensare al futuro, viverlo insieme, è ciò che vorrei con tutte le mie forze, ma… mi ritrovo a sospirare, nuovamente triste.

Sei sempre così dedito a farmi sentire bene, a prenderti cura di me, fratellino… ma il tremendo squarcio che ti ha lasciato Isaac, la sua perdita, che ti fa ancora così male, io riesco a percepirla distintamente. Ora… ora a a tutto questo si aggiunge anche la rottura con Hyoga, che deve farti soffrire ulteriormente anche se cerchi di non dimostrarlo. Quando la smetterai di pensare solo agli altri? A me, soprattutto! Quando comincerai a mettere al primo posto te stesso? Mi sei così caro… è straziante percepire la tua sofferenza così, senza poter fare nulla per farti sentire meglio.

Ti manca così tanto Isaac, a voi è stato strappato il futuro in maniera più che ingiusta, non lo posso accettare in alcun modo, né ora né mai. Sarà rischioso, sarà pericoloso, ma non posso accettare che lui rimanga indietro. Ogni tanto lo sento urlare, piange, perché gli manchi, gli manca la sua famiglia, gli mancate voi… A qualunque prezzo io… devo raggiungerlo!

“Camus… anche tu hai bisogno di qualcuno che vegli su di te e… non so se ne ho la forza, ma ti prometto che ti farò riabbracciare con il tuo Isaac, in un modo o nell’altro! – dico a me stessa, sempre più ferma nei miei propositi, prima di chiudere gli occhi – Lui… è vivo, non so neanche io come sia possibile, non so come possa esserne certa, ma, lo so, lo percepisco… ha bisogno di te tanto quanto tu hai bisogno di lui” biascico ancora, lasciandomi poi cullare dalle vertigini del sonno, alle quali, lusinghiere, cedo poco dopo, spossata dalla giornata.

 

 

* * *

 

 

25 ottobre, 2011, mattina presto

 

 

Il giorno del giudizio è infine arrivato, il Nobile Shion ieri sera ci ha fatto sapere di recarci stamattina al tredicesimo tempio per conoscere l’esito delle sue riflessioni e, insieme, la punizione che mi spetta. Non mi ribellerò, sebbene non condivida le leggi di questa cosiddetta Atena, sono andata contro il volere del Santuario e pagherò quanto dovuto, ma non mi pentirò di quanto ho fatto: le persone che amo vengono prima di questi decreti! Non esiste, per me, mettere il genere umano davanti a Camus, o Michela, o Stevin, né a nessun altra delle persone che amo, questo ormai l’ho capito, come ho compreso che i miei ideali sono inconciliabili con quelli del Grande Tempio. Pazienza… devo comunque diventare forte.

Mi reco giù a passi leggeri per non svegliare le mie amiche e Hyo… ah, vero, il Cigno non c’è, l’argomento è tabù. Ad ogni modo, quando arrivo all’ultimo scalino, mi rendo conto di star tremando per l’agitazione, un po’ come le mattinate prima di andare a scuola, quando ci aspettavano verifiche difficili e avevamo paura di non aver studiato bene. Riesco comunque a varcare la porta della cucina senza tentennamenti, sicura di trovarci Camus, ma lui non c’è, la stanza è avvolta dalle ombre del silenzio e dalla pallida, pallidissima, luce, che giunge da fuori. Questa deve essere la prima volta in assoluto che mio fratello non è in piedi prima di me, la consapevolezza mi frastorna.

Accendo quindi la luce, cercando sempre di far meno rumore possibile, dirigendomi verso la credenza e aprendo lo sportello per cercare dei biscotti e valutare quale bevanda bere. Dopo un breve raffronto caffè/tè nero speziato alla vaniglia, vince quest’ultimo, ne prendo quindi una bustina, apprestandomi a prepararlo con l’aggiunta di un goccio di latte, che non mi dispiace mai.

Ultimata la procedura, mi siedo quindi sul tavolo, concedendomi un momento di rilassamento mentre quasi affogo (tanta è la mia ansia!) la prima macina nella bevanda bollente. Esteriormente sembro una perfetta scultura di ghiaccio, ma dentro di me sono tutta un tremito, le mie mani ne sono la testimonianza. Sono pronta ad affrontare il verdetto ma tremo come un uccellino, non so se definirmi patetica o cos’altro.

In verità, non so neanche perché mangio, ho lo stomaco chiuso, esattamente, per l’appunto, come quando avevo una verifica da fare e… se ci penso adesso, alle mie preoccupazioni di allora, mi viene da ridere. Ci angustiavamo tanto, per un compito di Matematica, o di Diritto, tanto da farcene una ragione di vita; quanto sudore, all’epoca, e quante lacrime per un 5 in una disciplina, ma ci sono cose assai più importanti, questioni da cui dipende la vita e la morte dei propri affetti, o addirittura delle persone del mondo. Le genti di Valbrevenna, per esempio, bloccate nel tempo, un giorno si erano alzate come sempre, dedite alle proprie incombenze, prima di essere inghiottite dall’immobilità. Anche loro avevano delle preoccupazioni, una vita, degli affetti, delle speranze…

Rabbrividisco, al pensare alla precarietà dell’esistenza e, per non soffermarmici oltre, butto un occhio fuori dalla finestra, tornando a sorseggiare il tè che, in un momento simile, mi sembra tanto semplice quanto indispensabile. Stare qui, ad assaporarlo, perché mi è concesso, perché sono viva, mi da sicurezza, placando così il mio tremore.

Passo qualche minuto a contemplare il fiacco incedere del giorno sulla notte, sbuffando impercettibilmente. Come è lento ad ingranare il sole, nei mesi di ottobre, novembre, dicembre e gennaio… dovrei governare il ghiaccio e quindi amare questo periodo dell’anno, eppure riesce a mettermi soltanto una gran tristezza, malgrado sia ben conscia che ci sia del bello anche in questo.

Il lento cigolare della porta, sposta il mio interesse dalla finestra all’entrata nella cucina, laddove un Camus piuttosto arruffato fa capolino nella stanza.

B-bonjour, ma petite...” bofonchia, discretamente intontito, sbadigliando educatamente con una mano alla bocca, mentre con l’altra, con gesto fin troppo naturale, si gratta appena sopra l’ombelico.

Inavvertitamente ridacchio nello scorgermelo così, in una manifestazione più che umana. Molto bene, pare che non sia soltanto il sole ad essere lento ad ingranare in questo periodo, ma anche qualcun altro, altrimenti non mi avrebbe parlato in francese e non mi avrebbe mostrato così naturalmente la pancia, se fosse stato totalmente in sé. Continuo a guardarlo intenerita, seguendolo con lo sguardo mentre si trascina ai fornelli, la canottiera scomposta e i capelli che vanno per gli affari loro, dandomi l’idea di una cascata indomabile.

“Hai lottato contro il cuscino stanotte, Camus? Chi ha vinto?” gli chiedo, ilare, totalmente rasserenata.

Lui ci impiega un po’ a rispondermi, il tempo di preparare, con movenze ancora un po’ impacciate, la caffettiera e metterla sui fornelli. Poi si volta verso di me, sfregandosi l’occhio sinistro.

“Non ho dormito fino alle cinque, stanotte, quando la sveglia è suonata due ore dopo, avrei voluto congelarla e lanciarla contro la parete!” mi rivela, tornando a parlare in italiano, ma non è ancora in lui, tali confessioni non le farebbe mai, se completamente sveglio.

“Eri… così preoccupato per me? Per la decisione di Shion?”

Lui non risponde subito, di nuovo, aspetta che il caffè venga su tutto, prima di metterlo in una tazza e aggiungerci un cucchiaio di zucchero e un filo di latte. A mio fratello piace bello nero il caffè, possibilmente arabico, con qualche fragranza in più, dice a me che sono una ghiottona, ma lui è più che una buona forchetta, o cucchiaio, in questo caso. Prende posto al mio fianco, ancora un poco frastornato nel girare il liquido. Poi sospira, tenendo la tazza tra le mani.

“Sono sempre preoccupato per te… sei mia sorella!” mi risponde finalmente, chiudendo gli occhi e cominciando ad assaporare a sua volta la bevanda.

Non diciamo niente per un po’, persi nelle rispettive cogitazioni, io, finito il mio tè, porto la tazza nel lavandino, pulendola con un pizzico d’urgenza e con movimenti a scatti, riponendola poi insieme alle altre. Nell’atto di sciacquarmi le mani, non guardo più mio fratello, il quale comunque, dopo il caffè, presumo si sia completamente svegliato. E’ lui stesso a rompere improvvisamente il silenzio poco dopo, meravigliandomi.

“Marta, non avere paura, qualunque punizione abbia scelto Shion, ci sono io con te, dovrà passare sul mio corpo, prima di affidarti qualcosa che ti possa mettere in pericolo!” mi dice, schietto, seppur in tono morbido.

Prendo un profondo respiro, voltandomi nella sua direzione e sforzandomi di sorridergli. Sentire le proprie emozioni come proprie, la trovo tutt’ora una cosa dolcissima ma anche di indescrivibile impaccio, soprattutto quando vorresti nascondere determinate cose, come la paura, per apparire forte, e invece sei cristallina come l’acqua.

Camus inaspettatamente ricambia il sorriso e si alza in piedi, avvicinandosi a me.

“Non ho avuto bisogno di usare il nostro potere per capire le tue emozioni, stai… tremando!” mi fa notare, indicandomi le mani, che effettivamente non stanno ferme.

“Però ora mi hai letto nella mente!” rispondo, fintamente offesa.

“In questo caso, sì!”

“Ecco, appunto! - ridacchio, cercando di essere il più distesa possibile, prima di tornare seria – E’ che prima, Cam, pensavo a quanto fossimo stupide, io e le altre, ad arrabattarci per problemi, per così dire, futili, come la scuola e altro, quando voi, invece, fin da piccolissimi, rischiavate la vita… ecco, mi manca quel periodo della mia vita, in cui, il problema esistenziale maggiore, era se Paolo, o Luigi, potessero rendere veramente felice Michela, o anche… beh, un 5 in matematica, non sono mai andata troppo forte in quella materia!” ammetto, sapendo invece di avere davanti un secchione in tutte le categorie.

Camus non fiata, mi scruta con occhi profondi, passandomi poi una mano tra i capelli e alzandomi dolcemente il viso, le sue dita sotto il mio mento.

“E lo rivorresti indietro? - mi chiede, un poco, esitante – Vorresti… tornare a quel periodo della tua vita?”

Io nego con la testa, scostandomi dal suo tocco leggero per regalargliene uno più ampio, aperto, un abbraccio.

“Tornare ad un’epoca in cui non sapevo di avere un fratello maggiore meraviglioso come te? No! Però… mi manca tanto, Cam! - lo tranquillizzo, prendendo un profondo respiro, quasi strofinando il viso nell’incavo della sua spella – E’ comunque questo il periodo più felice della mia vita...” gli confido subito dopo, avvertendolo sussultare.

Non devi avere un simile timore, fratellino, non baratterei nulla per te, ti ho scelto, e continuerò a sceglierti, ogni giorno.

“Lo è anche per me… il periodo più felice della mia vita, c-con voi!” mi rivela, iniziando ad accarezzarmi la testa. Non mi stancherei mai del suo tocco, mai, da quanto è prezioso e insostituibile. Ho ritrovato mio fratello, nessuno ha il diritto, ora, di privarmi del tempo che trascorro con lui!

“Sono al tuo fianco, lo sai… qualunque cosa accada!” mi rassicura ulteriormente, avvertendomi palpitante.

“Lo so… ed io al tuo!” asserisco, socchiudendo gli occhi, totalmente a mio agio. Sorridiamo.

Mi ci potrei tranquillamente perdere qua dentro, ma una voce proveniente dal corridoio, ricorda a me e a Camus che ci sono urgenze che non possiamo mettere da parte. Sospiriamo entrambi, staccandoci a malincuore l’uno dall’altra, uscendo dalla cucina e recandoci in direzione della fonte sonora.

“Milo e… Sonia!” li saluto, stupita, mentre la mia amica si fionda tra le mie braccia. Scocco un’occhiata a mio fratello, capendo, dalla sua espressione che sta provando le mie stesse emozioni. Faccio per chiedere spiegazioni, ma è la mia amica a prendere la parola.

“Marta! Passo la punizione con te, qualsiasi essa sarà!”

“Co-cosa?!”

Sono ancora più incredula di prima, mentre Milo, tutto ordinato, pettinato e con l’armatura d’oro (tutto il contrario della tenuta di mio fratello!) ci raggiunge.

“Puoi spiegarci, Milo?” disquisisce subito Camus, inarcando un sopracciglio.

“Però! Bella acconciatura! Hai fatto a botte con il cuscino?!” risponde lo Scorpione, rubandomi la battuta e sogghignando in direzione dell’amico.

“Ti ho fatto una domanda...”

Chiaro. Secco. Perentorio.

“E’ stata una scelta di Sonia, io non gliela appoggio, ma… è irremovibile!”

A questo punto lo sguardo di Camus si sposta dalla sua figura a quella della ragazza. Nel procedimento i suoi occhi si addolciscono, pur rimanendo piuttosto severi.

“E’ una mia scelta, infatti… Marta sarà punita perché non le è stata affidata la missione, ma ha voluto seguirti comunque perché era preoccupata per te, Camus, io ho fatto uguale, quindi è giusto che prenda anche io le mie responsabilità!”

“N-no, Sonia!”

“Ha ragione Camus! - intervengo io, stringendole la mano e fissando il mio sguardo nel suo – Non c’è alcuna ragione per cui tu subisca la mia stessa punizione! E’ vero, abbiamo reagito similmente, ma tu sei partita con loro, con il permesso del tuo maestro, io invece ho contravvenuto alle regole, andando a trovare anche Stefano!”

“No, Marta, io sono come te, hai pienamente ragione! Neanche io combatto per questa Atena, ma per le persone a cui voglio bene, per questo è giusto che spartisca insieme a te la punizione, è una mia libera scelta!” afferma, decisa, gli occhi luminosi.

“Vedi?”

E’ Milo ad aver preso la parola, mentre avverto mio fratello cominciare a scaldarsi per questa questione, dimostrando così anche tutto l’affetto che prova per Sonia.

“Tu non farai nulla di tutto questo! Sarà già abbastanza dura togliere fuori d’impiccio Marta, ci manca giusto che anche tu...”

“Non puoi impedirmelo, Camus, non sono tua allieva!”

“Posso, invece, con tutte le mie forze, anche se non sei mia allieva, oppure pensi che, solo perché ora ho discepole mie, femmine, il bene che ti ho sempre voluto, fin dal primo giorno che ti ho vista, passi in secondo piano?!”

Cala il sipario, facendo sbigottire tutti. Sonia si ritrova ad arrossire, inaspettatamente a corto di parole, Milo guarda il suo migliore amico, per poi passare a me, la bocca semi-aperta, sibilando un: “Ma lo ha detto veramente? Lo hai sentito anche tu?! Sogno o son desto?!”; io mi limito a ridacchiare, mentre Camus, accorgendosi di essersi esposto troppo, arrossisce visibilmente, non sapendo comunque come ricomporsi. Alla fine sospira, discostando lo sguardo altrove, capendo di avere contro un altro muro.

“Perché voi ‘piccole’ dovete essere sempre così testarde?! Siete sotto la nostra protezione e… ciò che facciamo… è per il vostro bene, perché non lo capite?” si chiede poi, riferendosi sia a me che a lei.

“Perché… non siamo più così tanto piccole come invece appariamo ai vostri occhi, e… per noi è lo stesso, il senso di protezione non è univoco ma bilaterale, o pensi che solo tu debba proteggere gli altri, mentre gli altri non possono voler proteggere te, Camus?!” risponde, semplicemente Sonia, fiondandosi tra le sue braccia e arrossendo a sua volta, desiderosa di dimostrare, anche da parte sua, il profondo attaccamento verso di lui.

“Sei cocciuta! Lo sei sempre stata, da piccola, ma non pensavo che questo tuo lato potesse ulteriormente peggiorare!”

“Mi conosci, sai di chi sono sorella!”

Camus non dice più niente, le sue labbra tremano appena, il timore è nei suoi occhi, mentre, con gesto impacciato, sfiora la guancia di Sonia.

“Io subirò la stessa punizione di Marta, è la mia decisione!” ribadisce ancora una volta lei, sempre più certa delle sue convinzioni.

“Loro, i tuoi fratelli… sono d’accordo?” chiede quindi Camus, sospirando.

“Capiranno...”

Cala nuovamente il silenzio, sembra davvero impossibile far cambiare idea a Sonia, è come se tutti ne fossimo consapevoli ma non volessimo comunque darci per vinti. Alla fine è Milo a decidere di rompere il silenzio, malgrado sia il più emotivamente coinvolto nella decisione dell’allieva.

“Beh, Camus… almeno possiamo dire che sono parecchio affiatate tra loro, no?” la butta sul ridere, incrociando le dita dietro alla testa e regalandoci un sorriso squisito, che però ottiene come risposta solo un grugnito di mio fratello.

“Vado ad indossare l’armatura!” dice solo, tornando negli appartamenti privati senza darci altre spiegazioni.

Sonia abbassa lo sguardo, un poco dispiaciuta dalla sua reazione, ricercando poi sostegno spirituale in me.

“Se si sacrifica lui va bene, è la norma, se lo fanno gli altri si incazza… tuo fratello, Marta, è straordinariamente irritante, a volte!”

Faccio per rispondere, ma un suono interrompe i miei propositi.

“Fiuuuuuu… - fischietta intanto Milo, recuperando la solita allegria – E’ diventato più espansivo sia a parole che a gesti, ma il suo bel caratterino lo ha mantenuto, eh?!”

Ridacchiamo tra noi, cercando di scacciare via la tensione.

Nessuno di noi dice più niente, dopo questo scambio di battute, né la mia amica, né lo Scorpione né tanto meno mio fratello Camus che, appena tornato con le sacre vestigia dell’Acquario, pur senza l’elmo che è ancora a riparare, fila davanti a noi con passi pesanti e veloci, tanta è l’agitazione che cova nel suo animo. Siamo quindi costretti a seguirlo, affrettando l’andatura, il suo malumore è percettibile, nessuno di noi ha il coraggio di fiatare.

Raggiungiamo quindi velocemente il tredicesimo tempio, dove Shion, in piedi davanti al sagrato ci aspetta, scoccandoci un’occhiata sorpresa quando nota da chi siamo accompagnati mio fratello ed io.

“Sonia e… Milo? - chiede, inclinando la testa di lato – Non mi aspettavo anche la vostra presenza!”

“E’… è perché...” comincia interdetto lo Scorpione, inginocchiandosi in segno di rispetto, lo stesso facciamo anche noi. Sonia, senza ulteriori, giri di parole, va al punto.

Spiega al Grande Sacerdote la sua decisione, il fatto che sia ingiusto punire solo me, rimarcando che lei è completamente d’accordo con me e pertanto seguiterà le mie sorti, qualunque esse siano. Il Nobile Shion si posa le dita sotto il mento, sembra un po’ scettico, ma la mia amica è davvero irreprensibile e determinata, pertanto, dopo aver sospirato appena, annuisce con gesto del capo.

“E sia, Sonia! Non ho ragioni per punire anche te, tuttavia il compito che affiderò a Marta è della massima cura, di sicuro non le dispiacerà avere un po’ di aiuto...” acconsente infine, cominciando a passeggiare intorno a noi, come se fosse inquieto.

Si prende ancora un po’ di tempo prima di rivelarmi la sua decisione, il tempo necessario per permettere a me, inginocchiata a terra e con il capo chino, di scrutare Camus. I capelli, senza l’ausilio dell’elmo, gli ricadono in avanti, oscurando parzialmente i suoi occhi, proiettati verso il pavimento. Qualcosa di grosso si muove in lui, desideroso di difendermi, ma aspetta in trepidante attesa il decreto, sebbene non riesca a nascondere totalmente l’ansia.

“Marta! - mi richiama infine Shion, facendomi sussultare e accelerare il cuore, mi permetto di sollevare la testa, in attesa che prosegua – Immagino che tu sappia che ogni istituzione esistente sia in possesso di propri archivi allo scopo di preservare la memoria, mantenere i conti, e molto altro...”

La prende molto larga, mentre i suoi occhi rosato/lilla si imprimono nei miei. Riesco appena ad annuire e a biascicare un: “Certo, Signore...”, prima di essere colpita nel profondo da una consapevolezza. Arrossisco un poco, sforzandomi di continuare a guardarlo. Sta parlando in tono tranquillo, eppure avverto con chiarezza il fatto che lui sia proprio su ‘un altro piano’, rispetto a me, e questo mi stordisce, così come la cognizione che lui, forse più del mio stesso padre biologico, è la figura che più si avvicina al mio concetto di papà.

“Bene. L’archivio del Santuario, è contenuto nell’orologio della meridiana, lì vi è tutto il materiale inerente alle scorse Guerre Sacre, almeno fino al XII/XIII secolo, quando gli scribi del Tempio presero usanza di ordinare e catalogare costantemente tutto. Il materiale anteriore a questo, è comunque presente e stipato in cassettoni, sebbene con evidenti lacune, cronologie sfasate e via dicendo… più si va indietro più il materiale è sempre più irreperibile, o danneggiato… anche il supporto scrittorio muta, passando dai tomi, ai plichi, alle pergamene in pelle, al lino...”

Lo ascolto con attenzione, grata del ripasso di archivistica che mi sta elargendo, in attesa di capire la natura della mia punizione, anche se comincio ad avere qualche idea in proposito.

“Si sa a che epoca risale l’ultima documentazione?” chiedo, incuriosita, cambiando ginocchio di appoggio perché il destro mi comincia a far male.

“Le tecnologie del Grande Tempio sono sempre state molto più avanzate rispetto al resto del mondo, per cui possiamo vantare documentazione, seppure parecchio frammentata, inerente alla Prima Sacra Guerra contro Hades, quindi in piena età della Grecia classica!”

Sia Sonia che io sussultiamo, carpite da quell’ultima rivelazione, guardandoci frastornate per una manciata di secondi. Shion sembra a suo agio a parlarci di questo, come se non vedesse l’ora di condividere con qualcuno questa specialità unica del Santuario di cui è a capo. Come non capirlo?

Materiale scrittorio fino alla Grecia Classica, è molto più di quanto si possa umanamente immaginare, visto che, nelle Chiese, le prime ad occuparsi della documentazione, si arriva giusto fino all’XI secolo, sebbene frammentario e denso di lacune che dipendevano dal clero medesimo. Solo dal Concilio di Trento, e quindi dalla seconda metà del XVI secolo, possiamo contare su documentazione più stabile e non a ‘macchia di leopardo’.

“Marta… e Sonia, a questo punto! - mi richiama ancora una volta Shion, sorridendo nel riconoscere un’espressione estasiata dietro alla mia apparente compostezza – desidero il vostro aiuto per organizzare, catalogare e ordinare la documentazione anteriore al XIII secolo d. C. che è in larga parte sconosciuta e densa di lacune, in modo da darci un senso logico e da renderla fruibile a tutti. Non si sa mai, che, anche in vista di questa emergenza, possa uscire qualche dato importante che non avevamo preso in considerazione!” stabilisce Shion, alzando un braccio nella nostra direzione.

La bocca di Sonia si spalanca in un ‘o’ muto, i suoi occhi si illuminano, mentre il suo corpo viene percosso da un fremito improvviso, di gioia. Io, invece rimango corrucciata a fissare il marmo. C’è qualcosa che non mi torna…

“Ovviamente non sarete sole, sarete aiutate dalla miglior archivista che il Santuario abbia mai avuto!” esclama ancora il buon vecchio Shion, in tono solenne.

Stavolta anche il corpo di Milo sussulta, frenetico, e lo guardo di mio fratello Camus si assottiglia, ancora basso, la piega delle sue labbra muta.

Ma… dov’è l’inghippo in tutto questo?

“Myrto, in quanto archivista, vi seguirà passo passo, farete riferimento a lei e… tu, Marta, non la conosci ancora, ma sono più che sicuro che ti troverai bene in sua presenza. E’ una donna gentile sui trent’anni, è grazie alla sua meticolosa opera, se l’archivio ha avuto nuovo lustro. - continua a narrare, sorridendo tra sé e sé – Resta da catalogare la parte più difficile, quella anteriore al XIII secolo, per questo anche il vostro aiuto sarà prezioso, ragazze!”

In questo momento la mia espressione rassomiglia paurosamente a quella di Camus, anche se non comprendo le ragioni di questo suo stato. Tutto il contrario di Sonia, che invece, trillante, salta su in piedi, gli occhi spalancanti.

“Grandioso! Quando iniziamo?”

“Oggi pomeriggio stesso sarete accompagnate a… uh? Marta? Pensavo reagissi come Sonia, non certo mettendo su il broncio! E’ da quando ti sei fermata con me a parlare di Dégel, quel giorno di luglio, che ho compreso nitidamente il tuo forte attaccamento alla storia e alla documentazione, pensavo quindi che...”

“Infatti è così, Nobile Shion, sono molto felice di questo progetto in cui mi volete coinvolgere...” mi affretto a dire, alzando a mia volta lo sguardo pieno, nonostante il sorriso un po’ tremolante.

“Ma…?”

“E’ solo questo?”

“Solo? Cosa intendi?”

“La punizione… è solo questa?” gli chiedo, schietta. In tutta onestà, mi sembra fin troppo morbida, sono pur sempre andata contro le leggi del Tempio e mi dicono semplicemente di riordinare un archivio che, ok, per molti sarebbe considerato noioso, ma da me no, e Shion questo lo sa bene. Cos’altro c’è?

Shion sorride di sbieco, massaggiandosi la fronte e socchiudendo gli occhi, prima di riaprirli, tossicchiare un po’ e recuperare tutta la solennità che possiede.

“No, effettivamente, per quanto concerne te, non è la sola condizionale...”

Eccolo qui! Era troppo bello per essere vero!

Shion si raschia la gola, prima di procedere a parole, rivelando anche l’altra faccia della medaglia.

“Marta… sei andata contro le leggi del Santuario per desiderio di protezione verso tuo fratello, me lo confermi?”

“Sì, signore...”

“E lo rifaresti, se ne avessi occasione?”

Scocco una breve occhiata a Camus, il quale mi guarda, negando con la testa, come a darmi un’avvisaglia. Mi dispiace, fratellino, non posso mentire, lo sai anche tu, anche se cerchi di proteggermi.

“Sempre!”

“E’ lodevole, dal punto di vista umano, ma io rappresento le leggi di questa istituzione, immagino tu lo sappia… non posso quindi far finta di nulla!”

“Ne sono consapevole!”

“Molto bene, allora dichiaro che, proprio per questa cagione, tu e Camus rimaniate separati e divisi per un periodo lungo non meno di quaranta giorni a partire da domani. Durante questo lasso di tempo, in cui tu lavorerai dentro all’archivio, non vi sarà possibile vedervi in nessun modo, ma, se vorrete, potrete sentirvi con mezzi consoni alla sfera quotidiana, ovvero tramite cellulari, lettere, e cose così...”

Rimango a boccheggiare per un paio di secondi, del tutto incapace di proferire anche la più piccola parola, le mie labbra fremono.

“COSA?!?”

Non sono stata io a sbraitare, ma mio fratello, che è scattato in piedi e, del tutto dimentico del proprio ruolo subordinato alla carica di Pontefice, fissa Shion con astio malcelato. Di nuovo. Come prima della missione in Valbrevenna.

Il Grande Sacerdote sospira, come se si fosse già preparato ad una reazione simile. Un solo attimo di incertezza, prima di voltarsi verso di lui e guardarlo austero, con un pizzico di severità. La sua sola espressione, fa abbassare lo sguardo a mio fratello, che pur rimanendo in piedi, si ritrova vittima della manifestazione del cosmo di Shion, che proprio ora ha cominciato a lampeggiare, rammentandogli del suo ruolo

“Non accetto alcuna rimostranza da te, Camus! - asserisce, caparbio, prima di voltarsi verso la mia direzione – Marta… tu hai qualcosa da obiettare?”

Stringo i pugni con foga, fissando il mio sguardo dolente su una colonna, il mio corpo è tutto un fremito di… di non lo so neanche io, forse dovrei provare rabbia, ribellarmi, ma non sento il bisogno di farlo, riconoscendo in Shion comunque una certa autorità, davvero come se fosse mio padre.

“I-io a-avevo detto che avrei accettato qualsivoglia punizione...” riesco infine a balbettare, buttando fuori aria. La sola idea di separarmi nuovamente da mio fratello mi fa star male, ma non rimangio ciò che ho detto, per cui… avanti!

“Ti stai dimostrando molto matura, Marta… - si complimenta Shion, sorridendo appena – Camus, questa è la scelta di tua sorella, intendi calpestarla?” gli domanda poi, di nuovo serio in volto.

Mio fratello non ribatte nulla, lo continua a fissare con astio, i denti stretti, livido, ma non aggiunge nient’altro, conscio di non potersi opporre. Lo fa Milo al suo posto, da vero amico.

“Nobile Shion, capisco che Marta debba essere punita, ma… occorre separarli di nuovo, dopo che sono stati lontani per 17 anni?” gli fa notare pacatamente lo Scorpione, fermo nella voce come nei propositi.

“E’ solo temporaneo, Milo… Marta deve capire che ci sono cose molto più grandi in ballo che non il bene che vuole a suo fratello, che pur sacro, non può in alcun modo prescindere...”

“Non succederà, Grande Sacerdote! - intervengo io, caparbia, recuperando due toni della voce e destando l’interesse di tutti – Accetto la punizione senza oppormi, ma non cambio idea, ormai ho scelto la strada che mi compete, diventare forte, sì, ma non per difendere sciocchi ideali aleatori, non per una umanità che, in larga parte, fosse per me, si potrebbe anche estinguere...”

“MARTA!!!”

Mi richiamano mio fratello e gli altri. Ho esagerato con le parole, ok, ma il succo del mio pensiero è questo, a che pro addolcire la pillola?! Sospiro, lasciandomi scivolare addosso le occhiate indigeste.

“… ma per le persone a me care, per le meraviglie di questo mondo, per i pochi virtuosi oppressi… per questo io combatto e, in cima a tutto, per mio fratello, che desidero proteggere con tutte le mie forze. Non cambierò idea!”

“Tu… tu sei folle! Dici cose così, in presenza del Grande Sacerdote, sprezzante delle conseguenze! - esclama Camus, circondando il mio corpo minuto in un impeto, trattenendomi poi contro il suo petto, a sua volta incurante di essere in presenza di Shion – Cosa devo fare, con te?! N-non so p-più...”

Percepisco che è molto agitato, pertanto ricambio la stretta, allungando una mano e passandola tra i suoi capelli per tranquillizzarlo. Non sono solita esternare così tanto in mezzo ad altre persone, ma che importa, in fondo? Dovremo stare separati per più di un mese, perché trattenermi adesso?!

“V-va tutto bene, Cam, sono qui...” gli sussurro, a bassissima voce. Lo sento palpitare, di nuovo, come uno scricciolo, in una manifestazione che percepisco solo io, perché vicina a lui. Lui affonda il viso tra i miei ciuffi, facendomi percepire il suo respiro.

“P-prima il mio Hyo-Hyoga che se ne è andato… o-ora tu...” riesce infine a farfugliare, stringendomi con maggior forza a sé.

Effettivamente momento peggiore non poteva scegliere Shion, anche se comprendo le ragioni. Camus fa di tutto per non dimostrarsi fragile, né per far vedere che ci patisce, ma la verità è che ogni più piccolo urto alla sua anima già paurosamente incrinata dai numerosi fatti precedenti, non fa che ulcerare ancora di più lo squarcio che è già ampiamente in lui.

Percepisco i passi di Shion sul marmo, tanto da sporgermi al di là delle spalle di mio fratello per guardarlo negli occhi. Le sue palpebre sono abbassate, come se la decisione gli costasse a sua volta un po’, mentre sia Sonia che Milo guardano abbattuti nella nostra direzione.

“Ho già informato Myrto della questione, oggi per le cinque si farà trovare al Pireo e porterà le due ragazze sull’isola di Milos, che sarà la vostra base per questo periodo di tempo, ovviamente potrete accompagnare le ragazze al porto per salutarle a dovere, anche se Sonia non ha alcuna restrizione, a differenza di Marta. Milo, Camus, ragazze... è tutto!” afferma, voltandosi di scatto, la mia vista si perde nello svolazzio della sua lunga veste. Gli sono grata… per i miei peccati, almeno per questa istituzione avrebbe potuto essere persino più impietoso, ma non lo è stato. Davvero me la sono vista brutta a dichiarare una cosa simile, ma… è il frutto dei miei pensieri di questi ultimi mesi, sarei ipocrita se non lo ammettessi.

“Camus, quaranta giorni passano in fretta, vedrai, questa esperienza mi aiuterà a crescere!” provo a rassicurarlo, ulteriormente, accarezzandolo.

“Ha ragione, amico… - lo conforta a sua volta Milo, posandogli una mano sulla spalla – Non condivido la scelta di Shion, ma devi ammettere che avrebbe potuto essere assai peggiore!”

“Ah, Marta! - è lo stesso Grande Sacerdote a fermare il suo moto e chiamarmi, imprimendo nuovamente le sue iridi nelle mie. Ricambio quell’occhiata con attenzione – Stante le ultime informazioni che ci hai fornito, libererò al più presto il tuo amico Stefano. Non so ancora cosa farne, ma non ha più senso che sconti una pena di cui lui stesso è vittima. Voglio che tu lo sappia: quando ritornerai, lui sarà libero, potrete tornare a parlare!” mi avverte, con un mezzo sorrido e un cenno di assenso, prima di riprendere il suo moto.

I miei occhi si illuminano, sprizzanti per la nuova, bella, notizia che le mie orecchie hanno ricevuto e il mio cervello ha catalogato, producendo così un largo sorriso.

“Grazie, Nobile Shion!” mormoro, sollevata nello spirito.

 

 

* * *

 

 

25 ottobre 2011, tardo pomeriggio

 

 

“Hai preso il cellulare?”

“Sì”

“I cambi d’abito, la giacca, la coperta in più?”

“Camus, governo il ghiaccio come te, non credo che avrò così tanto freddo, siamo in Grecia! Ad ogni modo, sì, i cambi sono nello zaino...”

“Lo spazzolino? Il dentifricio?”

Alzo gli occhi al cielo, prendendo un profondo respiro. Tutto il viaggio dall’undicesima casa al centro di Atene, l ho passato con mio fratello e le sue mille e una domande se avessi DAVVERO preso tutto. Ora siamo sul bus, diretti al Pireo, Milo e Sonia ci hanno preceduti, mi chiedo se anche lo Scorpione sia così apprensivo come lui, e ancora non siamo arrivate alle raccomandazioni, eh!

“Sì, Camus, sì!” gli rispondo per la milionesima volta.

Lui si acquieta per un po’, guardando fuori dalla finestra, con la consueta espressione malinconica che lo contraddistingue. Sembriamo due ragazzi quasi comuni, in mezzo a quest’autobus pieno di gente, io, più in bassa di lui, con i pantaloni e una felpa nera, la faccia ancora da ragazzina; lui, più alto, dagli strambi capelli lunghi color cobalto, i jeans blu e una maglia a maniche corte color lilla. Non lo avrei mai detto, ma gli dona il lilla, senza contare che lui tende ad indossare maglie piuttosto, ehm, corte, che quindi, quando alza le braccia per appendersi agli appositi sostegni, scoprono una leggerissima striscia di pelle dell’addome e del fondo schiena.

Lui non se ne è accorto, ma sta facendo strage di cuori, su questo mezzo di trasporto, non solo per il fisico tonico e ben delineato, o l’altezza, ma anche e soprattutto per quei suoi particolari capelli lunghi, che gli ricadono ora disordinati, ora ordinati, e che scendono giù come una cascata, e anche… beh, per il quantitativo di pelle che mostra, che, anche se esiguo, fa partire le fantasie. Due ragazze sedute poco distanti non fanno che fissarlo, per poi squadrare me, valutando se io possa essere la fidanzata o qualcosa d’altro, ma non sono certo le sole, non c’è occhio femminile che non si soffermi su di lui per almeno una serie di secondi, solo che queste sono proprio plateali, sghignazzano qualcosa tra loro, che per fortuna non riesco ad udire, ma a giudicare dalla direzione del loro sguardo e dal sorrisetto deve essere qualcosa di piuttosto malizioso. Ma tu guarda!

Un po’ mi da fastidio, devo ammetterlo… queste lo guardano come se lo volessero sciupare, carpire, spogliare con gli occhi, chissà cosa vanno a pensare le due gallinelle, mentre si mordono il labbro inferiore con intensità crescente, forse di buttarlo su un letto e fagli cose. Mi stizzo ancora di più alla sola idea.

Dobbiamo recarci al Pireo per incontrarci con questa Myrto, una vecchia conoscenza di Milo e Sonia, a quanto ho capito. Non sembra particolarmente aggradare le simpatie di mio fratello invece, naturalmente lui non mi ha detto niente, ma cambia espressione quando si parla di lei, e ho udito qualche commento di Milo a proposito di ‘fare il bravo’, ‘portare pazienza’ e via dicendo. Chissà che rapporto c’è tra loro, non ho il coraggio di indagare, per il momento.

Una frenata più brusca delle precedenti, tanto da farmi sbilanciare e rischiare di finire per terra, sancisce il nostro quasi arrivo al porto: è la prossima, capisco. Camus mi sorregge, impedendomi di cadere, alzo lo sguardo, sorridendogli teneramente, ma nel farlo noto che le due gallinelle di prima, continuano a sghignazzare tra di loro, una mano davanti alla bocca e gli occhi rapaci, un po’ troppo per i miei gusti.

“Pare anche sia un tipo protettivo e premuroso...” dice una, facendosi aria con le mani, neanche avesse le caldane.

“No, Ada, quel tipo è davvero scopabile, persino su un letto fatto di chiodi… saranno tutti così i greci?! La nostra permanenza qui, parte nei migliore dei modi!”

“Quei suoi addominali bassi che si intravedono, così delineati... lo sbatterei da qualche parte e glieli solcherei ad uno ad uno. Dio mio che… figo!”

“Pff, sei sempre la solita, tu! Chissà il torace com’è, non vorresti… scoprirlo, nel vero senso della parola?! Sembra così tonico, così tornito, così...”

E BASTA!!!

Le fulmino con lo sguardo senza parlare, secca, diretta. Loro mi notano, si rizzano, come un bambino sorpreso a mettere le mani nella marmellata, in attesa di una sgridata, ma non dico nulla, non ancora, bastano i miei occhi. Attendo.

“Occhio… quella mi sa che è la fidanzata!”

“Quella piccoletta, Ada?! Ma figurati, cosa ha da spartire con un tipo così?!”

DEI, SALVATEMI!

Il bus si ferma di nuovo, le porte si aprono, io quasi mi fiondo giù, non prima di girarmi nuovamente verso di loro, regalare una nuova occhiata gelida e austera e dire finalmente quello che mi passa per la testa da quando le ho viste.

“Ma una doccia fredda, voi due, no?!?” esclamo, mentre loro sussultano appena, arrossendo a dismisura.

“Con chi… con chi stai parlando?” mi domanda Camus, confuso, cercando di indovinare la direzione del mio sguardo.

“Niente, lascia perdere!”

E scendo giù, non voltandomi più.

Stupefacente la tua ingenuità in questo settore, fratellino, quelle ti guardavano allupate, come se non avessero mai visto un essere maschile prima di te, e tu neanche te ne sei accorto, perso nei meandri della tua mente o delle tue malinconie. Incredibile!

Senza sapere bene dove andare, ancora infastidita, mi guardo intorno, indecisa sulla direzione da prendere, ma Camus mi afferra per un polso, spingendomi a voltarmi per guardarlo negli occhi. Sembra un po’ in difficoltà, esita, guardandosi intorno, ammicca, totalmente impacciato.

“Devi dirmi ancora qualcosa?”

“Marta… - tossicchia a disagio, sempre guardandosi intorno, furtivo – E’ un problema per te, se ti saluto bene qui? Certo, poi ti accompagno al porto ma… i saluti… ehm, estesi... possiamo farli qui?”

Lo guardo stranita, inarcando un sopracciglio, un poco scettica. La richiesta, soprattutto proveniente da lui, è piuttosto strana.

“Qui… alla fermata del bus? In mezzo alla gente?” chiedo conferma, in tono interrogativo. Lui annuisce laconico, fissando la sua espressione per terra, poco prima alzare il capo e scrutarmi con occhi profondi. Eccole che arrivano, le raccomandazioni, le avverto già nell’aria.

“Marta… promettimi che, se succederà qualcosa, non esiterai a chiamarmi… hai il mio numero, vero?”

Gli sorrido intenerita, è così impacciato nell’esprimersi, eppure ci prova con tutte le sui forze. Annuisco, accarezzandogli il braccio.

“Certo, fratellino!”

“Ricordati di lavare i vestiti, di cambiarti ogni giorno e...”

“Camus! Camus! Camus! - ridacchio, fermando il suo sproloquio e facendogli un occhiolino – Ho vissuto 17 anni senza di te, mio malgrado, ti assicuro che non è la prima volta che mi allontano da casa!”

“Già, 17 anni...” sospira, lo sguardo di nuovo dolente.

Dei, tutte le sue attenzioni mi imbarazzano, anche se mi fanno piacere. In fondo, sarò su un’altra isola, non molto lontana da Atene, mica dall’altra parte del mondo! Entrambi non sappiamo più cosa dire, io picchietto la punta del piede per terra, le braccia incrociate lungo la schiena, lui freme un poco, passandosi una mano tra i capelli, come fa di consueto quando è a disagio. Dopo una serie di secondi che mi sembrano interminabili, finalmente la situazione si sblocca.

“Vieni qui...” bisbiglia infine, non è una esortazione, ma una affermazione, perché mentre parla, infatti, allunga le braccia nella mia direzione e, con dolcezza, mi trae verso di sé, come a me piace tanto. Vengo avvolta e stretta al suo petto, sorrido, mentre sento l’imbarazzo scivolare via, rapido.

“La prima volta che mi hai abbracciato, sulla spiaggia, eravamo entrambi impacciati, ricordi? Eppure, è bastato davvero poco per farci sentire bene e… sto bene anche adesso, piccola mia… davvero bene!” mi dice, emozionato, socchiudendo gli occhi e affondando il viso tra i miei capelli, proprio come allora.

“Anche io sto bene, ed è merito tuo, Cam… non mi stancherei mai delle tue… coccole!”

Lui annuisce, rimanendo fermo nella posizione di prima, una mano dietro alla mia schiena e l’altra tra i capelli. Vorrei pensare che non c’è fretta, che possiamo stare così per molto, moltissimo, tempo, fino a quando non ci stuferemo entrambi, ma sono già le cinque e mi devo imbarcare con Sonia.

“E’’ così strano…” farfuglia ad un certo punto lui, giocherellando con uno dei miei ciuffi, distratto dalla loro consistenza, come se li percepisse per la prima volta, e forse è proprio così. Rimango in attesa che prosegua.

“Per 17 lunghi anni non ho saputo nulla di te, ero… spezzato e, mi mancavi, mi sei sempre mancata, piccola mia... – mi confessa, continuando ad accarezzarmi la schiena, con gesti semplici ma costanti – Ma ci avevo fatto l’abitudine, infine, avevo imparato a convivere con il vuoto che mi si era creato intorno, a raccapezzarlo, con tutto me stesso… e sono riuscito ad andare avanti. Pensavo, una volta ritrovatati, che mi fossi ormai avvezzato ad una tua eventuale lontananza… sei grande, Marta, per quanto io voglia desiderare trascorrere il mio tempo con te, mi rendo conto che, presto, spiccherai il volo..”

Sussulto a quell’ultima frase, ripensando ai ricordi che Shion mi ha mostrato, tremo appena, strofinandomi contro di lui.

“Come la gabbianella...” biascico, emozionata.

Lui si immobilizza per un secondo, poco prima di stringermi a sé con più forza.

“Lo… ricordi? Rammenti che te la leggevo quando eri in fasce? No, non è possibile, eri troppo piccola...”

“E’ il mio libro preferito… il paragone mi è venuto immediato” mi affretto a correggermi, sembrando il più naturale possibile. Lui si limita ad annuire, di nuovo.

“Come la gabbianella, sì… - acconsente, prima di proseguire – Ad ogni modo, pensavo che sarei stato pronto, invece… invece mi rendo conto che così non è. Sono solo quaranta giorni, mi hai detto, eppure è come se sentissi già adesso che saranno molto più difficili dei 17 anni passati. Sono… ridicolo, vero?”

“Affatto! - nego con la testa, chiudendo a mia volta gli occhi, rilassata – Sei un essere speciale, Camus, e… ti voglio bene!”

“Oh, Marta...”

La sua stretta aumenta ulteriormente d’intensità, ma non dice nient’altro.

In verità, è più che normale questo suo stato, anche io sento che è così, prima di tutto per tutto quello che abbiamo vissuto nel passato, poi per cosa sappiamo essere stati, sempre nel passato, e ancora, perché un conto è perdersi di vista e pensare di non rivedersi mai più, ci si rassegna, alla lunga, per vivere; altro conto invece ritrovarsi ed essere costretti ad essere di nuovo separati, anche se per un tempo limitato.

Continuerei volentieri con la lista nella mia testa, continuerei ancora più volentieri ad abbracciarlo, ben conscia che non mi stancherei mai del suo tocco, del suo profumo frizzante e del calore che emana il suo corpo, ma fuori dalle mie palpebre così rilassate, avverto con distinzione un flash improvviso, piuttosto abbagliante, ma non seguito dal rumore che mi sarei aspettata, ovvero un tuono. Contraggo le palpebre prima di aprirle del tutto, ma ancora prima di compiere completamente l’azione avverto una voce femminile acuta e vibrante in avvicinamento. Il corpo di mio fratello sussulta, teso.

“Questa, poi!!! Non potevo proprio perdermela! Ti ho aspettato al varco, mio caro, perché sapevo che non avresti mai mostrato la tua reale essenza davanti a me, ma… TADAN! Ti ho fregato, munendomi di QUESTA e scattando la foto incriminata!”

Non ho il tempo di razionalizzare bene quanto dice la nuova venuta, sopraggiunta con l’intensità di un tornando, né di inquadrarla, che mio fratello si scansa bruscamente da me, lasciandomi lì, su due piedi, il viso rosso peperone, un’espressione indecifrabile, mentre il mio sguardo smarrito naviga da lui alla figura femminile che è appena sopraggiunta.

“My-Myrto!” la chiama, in un sussurro strozzato, neanche fosse la peggior calamità del mondo.

Ah quindi è lei… è lei l’adepta all’archivio del Santuario!

“Troppo tardi, caro mio! La vedi questa? Vi ho fatto una foto, a te e alla tua dolce sorellina, è troppo tardi, ti ricatterò con questa, ihi!” prosegue, andando ad un palmo dal muso di mio fratello e sventolandogli da sotto il naso una Reflex ultimo modello.

Ma cos…? Perché questo?!

“Quanti anni hai, 15?! Queste bambinate potevi risparmiartele!” esclama Camus, paurosamente indignato, cercando di strappargli di mano la macchina fotografica, ma non riuscendoci. Lei infatti abbassa il braccio e balza indietro, facendogli una pernacchia, che mi allibisce ancora di più.

“E perdere l’occasione di vederti con quell’espressione beata mentre abbracciavi la tua dolce sorellina?! GIAMMAI! Non ti ho mai visto così, aspettavo questo momento da anni, il momento in cui le mie predizioni si sarebbero rivelate veritiere, anche se… - mi scocca una breve occhiata, la prima, io mi trovo ad arrossire e abbassare lo sguardo davanti ai suoi occhi scuri e profondi – Pensavo, infine, ti saresti innamorato, la persona speciale, sai, no? Tu hai scelto che sia tua sorella, è… insolito… ma il succo non cambia!” dice, regalandogli un sorriso dolce e inquietante al tempo stesso.

Mio fratello freme come se lo avesse morso un serpente, quasi sibila, soffia, come le oche quando qualcuno invade il suo territorio, ma non aggiunge nient’altro.

Io continuo a mostrare un sorriso di circostanza, non sapendo di che cappero stiano trattando e sentendomi al centro dell’attenzione, anche se discutono tra loro. Per fortuna l’arrivo di Milo e Sonia, in corsa, mi fa sentire meno accessoria.

“Camus!” lo chiama il suo migliore amico, ricevendo in regalo l’occhiata furente di mio fratello.

“Ottimo lavoro, Milo, davvero, e bel comportamento da amico!”

“I-io… non ho potuto farci n-niente! Sai che quando Myrto si mette in testa le cose non cambia idea, è Scorpione come me, dovresti esserci abituato!”

“Vi siete appostati dietro il muro per spiare i saluti tra me e Marta?! - continua Camus, offeso a morte, furente in volto – Milo, hai quasi 22 anni, e tu, Myrto, vai per i 30, non siete dei marmocchi, che diavolo vi salta in mente? Ora esigo quella foto, subito, era… un momento privato tra me e Marta!”

“Subito lo dici a tua sorella e, ops, non in senso letterale, cara, scusami! - ribatte la donna di nome Myrto, regalandomi una seconda occhiata, che mi mette più a disagio della prima – Dicevo, subito non esiste, la Reflex è mia, fotografo ciò che voglio e voi due eravate soggetti interessanti, così dolci avvolti nell’abbraccio reciproco, così… naturali! E ho vinto la scommessa, Camus!”

“Avere una macchina fotografica non ti autorizza a ritrarre due soggetti inconsapevoli, dammela, e avrò clemenza, non ghiacciandotela, diversamente...”

“Ohoho, ma come siamo permalosi, ti brucia essere stato beccato in un momento simile, eh! Ora capisci le mie parole di anni fa? Capisci cosa voglia dire avere una persona speciale nella tua vita, persino per te, che ti sei ostinato a mascherare i sentimenti in una landa desolata di ghiaccio eterno, ebbene, hai fallito, senza sé né ma! Questo ti brucia, vero?!”

“Sei la solita… irritante… sputasentenze!”

Continuo a fissarli sempre più sconcertata, guardando da un lato all’altro a seconda di chi prende la parola, la bocca semi-aperta, l’espressione perplessa. Ad un certo punto, Sonia si avvicina a me, mi da una leggera gomitata nelle costole, prima di sorridermi.

“Stai tranquilla, fanno sempre così, come cane e gatto, tra poco si calmeranno!”

“Li… li conosci così tanto bene, Sonia?”

“Altroché, ci sono cresciuta insieme!” mi dice, gli occhi persi nelle nebbie dei ricordi, un velo di malinconia.

Ad un certo punto, è Milo ad intervenire per raffreddare i bollori, prendendo per le spalle Myrto in un atteggiamento assai confidenziale e mormorando parole di scusa a Camus, il quale sbuffa sonoramente, perennemente offeso. Alla fine della giostra, viene concordato che la foto se la terrà Myrto, con l’obbligo però di non farla vedere a nessuno e di tenersela bella stretta, previo congelamento subitaneo. La situazione sembra così calmarsi, facendo tirare anche a me un sospiro di sollievo.

...Almeno per pochi istanti, perché, subito dopo l’attenzione generale si posa su di me e mi ritrovo ben presto ad abbassare nuovamente lo sguardo, sentendomi esposta.

“E così tu sei la famosa Marta, eh? Milo mi ha parlato molto di te, ero ansiosa di conoscerti, sono contenta che il Nobile Shion abbia affidato a te e Sonia questo incarico!” mi saluta cordialmente, diventando improvvisamente composta e seria come non l’avevo ancora vista.

“E-ecco, sì, p-piacere mio...” balbetto, congiungendo le mani in grembo e trovando improvvisamente interessanti i miei piedi.

“Su, non fare così la timida, piccolina, non c’è bisogno di utilizzare un tono così formale, con me”

“Sc-scusi...”

“E dammi pure del tu, il ‘lei’ mi fa sentire vecchia!”

Annuisco timidamente, permettendomi di osservarla più a lungo. E’ una donna nel pieno della sua forza e del suo fascino, come un fiore sbocciato da un po’ e che tuttavia è nel pieno del vigore. Non è molto più alta di me, eppure ben più formosa, dai chiari tratti mediterranei che rendono la sua pelle del color dell’ambra. E’ davvero bella, piacente, sicura di sé, un po’ mi mette in soggezione, mi fa sentire piccola, a suo confronto.

La vedo avvicinarsi, un po’ troppo, per essere un’estranea, ma sembra di gran lunga più propensa di me al contatto fisico, infatti, poco dopo, avverto le sue mani sulle mie guance, come se il primo passo verso la conoscenza reciproca dovesse passare per forza per il tocco, facendo però irrigidire me, che non sono avvezza.

“Quanti anni hai, piccolina? Sei così adorabile, hai degli occhi stupendi, sai?” mi chiede, con naturalezza.

Ora capisco, deve essere abituata con i bambini e, vedendo me piccola, è attirata dalle mie guance un poco arrossate.

“Ha 17 anni e...” risponde mio fratello per me, intuendo il mio disagio. Myrto strabuzza gli occhi.

“Serio?! Sembra molto più piccola!”

“… e non le piace essere toccata così, su due piedi, quindi, gentilmente, smetti di spupazzarla, non tutti apprezzano il contatto fisico, questo dovresti averlo imparato nei tuoi 30 anni di vita!” continua secco Camus, come se non fosse mai stato interrotto.

Myrto continua a vezzeggiarmi le guance, per niente convinta dalle parole di Camus. A me, tutto sommato, non mi dispiace, ma… lo trovo un po’ prematuro, ora…

“Sciocchezze! Lei non è come te, le piacciono le coccole, si vede e… - si oppone, tornando a concentrarsi su di me – Sei così carina; più carina di tuo fratello, questo è sicuro!”

“Gr-gracie...” farfuglio, arrossendo ancora, non sapendo cos’altro dire.

“Te l’approvo, Camus! E’ ancora un po’ troppo timida per avere già 17 anni, ma penso proprio andremo d’accordo!”

“E lei che non andrà d’accordo con te, se continuerai a tartassarla con le tue stupide moine… santo cielo, lasciala stare, ha la pelle sensibile, le farai venire uno sfogo sulle guance!”

“Oh? Gelosetto? Vuoi avere l’esclusiva su tua sorella, essere l’unico a poterla coccolare?!”

A questo punto mio fratello arrossisce di nuovo, dandole la schiena e sbuffando.

“N-no, certo che no!”

“A me sembra proprio di sì e… ah, Marta, devo trovarti un soprannome, mi piacciono i vezzeggiativi e percepisco già una certa affinità con te, non sei come quello scorbutico di tuo fratello! Ci penserò un po’ su, nel caso, per te, sarebbe un problema?”

“E-eh? Oh, n-no...” balbetto, sempre più imbarazzata da quelle attenzioni non richieste.

“Sei fidanzata?”

“N-no...”

Dopo Dègel, ben sapendo ciò che sono… non so neanche se sarà mai più possibile provare un sentimento amoroso per qualcuno, in tutta onestà…

“Bene, quando lo sarai, perché sei una bella figliola, fai in modo che tuo fratello non ficchi il naso nei tuoi affari, mi sembra sin troppo protettivo!”

“Ehm… o-ok!”

“MYRTO!”

La vedo sghignazzare al rimprovero a voce alta di mio fratello, allontanandosi bruscamente da me, per poi farmi un occhiolino e tornare nuovamente seria. Sembra una tipa molto poco prevedibile, di primo acchito, non è antipatica, ma mi dovrò abituare alla sua esuberanza che mi ricorda un poco Michela.

Michela… Francesca… Stevin! Il pensiero di dovermi allontanare anche da loro mi rattrista non poco, ma tento di scacciarlo in fretta e furia.

“Il battello è già pronto, seguitemi!” ci avvisa Myrto, facendoci strada, noi la seguiamo passo per passo, un poco corrucciati nei nostri pensieri. Mi ritrovo ben presto a sospirare, affranta. Avevo detto che avrei accettato qualsiasi punizione, sono solo quaranta giorni, in fondo, ma so che saranno durissimi. Nello stesso momento, avverto la mano di Camus sulla mia spalla, mi da forza e mi incoraggia, ed io non posso fare a meno di sorridere.

Giunti davanti all’imbarcazione, è tempo di saluti, Milo quasi si apprende al corpicino di Sonia, ad un passo dalle lacrime, neanche fosse un addio. Probabilmente neanche lui è abituato a rimanere separato dalla sua giovane allieva. A nulla valgono le rassicurazioni della mia amica, del tipo: “Milo, non vado mica in guerra!”, o anche “Sarò con Myrto, sulla tua isola, non è un addio!”, lo Scorpione sembra del tutto intenzionato a non separarsi da lei, anche se dovrà farlo. Al solito, non fanno parte del segno le giuste misure, viva gli eccessi, in questo non è cambiato nulla, rispetto a Cardia.

Ridacchio nel guardarli, chiedendomi per la milionesima volta se ci sarà mai del tenero tra loro. Milo l’ha vista crescere, Sonia non sembra interessata all’argomento, sembra una situazione senza sbocco, eppure… starebbero così bene, insieme… o, almeno, credo!

“Marta… hai detto che 40 giorni passano in fretta...” dice nel frattempo Camus, più per autoconvincimento che non per altro. Annuisco, fiondandomi trepidante tra le sue braccia, in un ultimo abbraccio. Contrariamente a prima, essendo in mezzo a Milo e, soprattutto Myrto, mio fratello sembra bloccarsi per pochi secondi, prima di ricambiare timidamente il gesto e accarezzarmi i capelli.

“Camus, ti...”

“...Ti voglio bene, piccola mia!”

Mi sussurra all’orecchio, mozzandomi le parole e il fiato per lo stupore, lo fisso incredula, scorgendo del rossore sulle sue guance.

“Oh, Camus… me lo dici così poche volte!” mormoro, il cuore che accelera in un fremito, sorridendo raggiante mentre socchiudo gli occhi e appoggio il mio orecchio contro il suo torace.

“Lo dico poche volte, è vero, ma… è ciò che sento e… e ciò che senti anche tu, vero? - mi chiede retoricamente, posandomi una mano sul petto e sorridendomi con dolcezza – Marta, alcune cose si percepiscono con il cuore, più che con le parole, lo sai, non occorre che te lo ripeta. Sei… insostituibile per me, il mio bene più prezioso!”

Annuisco con vigore, alzandomi sulle punte per dargli un leggero bacio sulla guancia: concordo con lui, ma l’esperienza nel passato mi ha insegnato che non è mai troppo rivelare i propri sentimenti alle persone che ci stanno intorno. Arriverà un tempo in cui, volenti o nolenti, saremo separati per sempre e avremo rimpianti, troppi, per questo motivo, fino ad allora, lo ripeterò quante volte lo percepirò nel mio cuore, senza più vergognarmi.

“Ehi, mi dispiace interrompere i vostri saluti ma qui io sarei in partenza!” ci avvisa Myrto, già salita sulla vecchia imbarcazione, pronta a salpare.

Raggiungeremo Milos tramite traghetto sul fare della sera, un’esperienza che mi manca, non posso proprio perdermela!

Mi stacco dolcemente da Camus, sorridendogli teneramente, lui si permette, ancora una volta, ti accarezzarmi i capelli per poi scendere sulla guancia, prima di fare due passi indietro.

Vedo Sonia salire, un poco traballante sul mezzo, ricevendo una carezza di incoraggiamento da Myrto, prima di rifugiarsi sotto coperta, quasi avesse paura.

Io faccio per saltare a mia volta, ma Milo, ancora bisognoso di coccole, attira la mia attenzione, facendomi quasi sbilanciare, in avanti, poco prima di acciuffarmi e cingermi a sua volta in un abbraccio, che io ricambio tempestivamente.

“Andrà tutto bene, Myrto è… una grande donna!” mi incoraggia, guardando prima me e poi lei, quando succede, un ampio e largo sorriso gli solca la faccia, un qualcosa che giurerei di non avere mai visto, così come il suo sguardo, così luminoso.

Aspetta, ma vuoi vedere che…?

“La conosco da molto tempo, è esuberante ma puoi fidarti ciecamente di lei!” mi spiega, scrollando il viso come a voler nascondere il colorito che ha assunto il suo viso.

Ohoho, Milo che arrossisce? Questa mi è nuova! Qui gatta ci cova, o meglio, ci ha… covato!

“Milo, baderai tu a mio fratello, in questo periodo?” chiedo, cambiando discorso, perché ho gli elementi sufficienti per capire ma non ho il tempo per approfondire il discorso.

“Certo, piccola, è sempre stato il mio dovere, con chi credi di avere a che fare?!” commenta, ridacchiando a sua volta, dandomi una leggera pacca per spingermi in direzione della barca.

Ma ho ancora una cosa da aggiungere, sottovoce.

“Milo… stagli vicino in questo periodo, ne ha bisogno, soprattutto ora che Hyoga se ne è andato...”

“Lo riporteremo a casa, piccola, non temere, in un modo o nell’altro, nel mentre, conta pure su di me, baderò a quello scapestrato di tuo fratello, non lo lascerò solo!”

Gli sorrido, ci siamo capiti, poi salgo sull’imbarcazione, saltellando, prima di voltarmi verso di loro e salutarli con enfasi.

“E tu prenditi cura di Sonia, mi raccomando!” mi chiede ancora Milo, ricambiando il saluto, poco prima che il motore venga azionato e che l’imbarcazione inizi a muoversi.

 

 

* * *

 

 

Siamo sul far della sera, il sole, complice le corte giornate, si è già eclissato sotto l’orizzonte, tingendo il cielo di rosso porpora e, nelle alture celesti, di blu tendente al violaceo. Meraviglioso e affascinante al tempo stesso.

Non c’è che il mare intorno a noi, l’imbarcazione ondeggia a ritmo delle onde e l’arietta fresca mi solletica i capelli, che ormai stanno raggiungendo una lunghezza considerevole, dato che non son stati più tagliati.

Pace e calma, solo questo avverto intorno a me, oltre ad una trepidante attesa che mi fa emozionare. Sensazioni strane si susseguono dentro di me, dalla beatitudine, ad un poco di smarrimento, al senso di irrequietezza tipica di chi sente di dovere e volere fare qualcosa. Con la mente ancora gremita dell’abbraccio di mio fratello, mi chiedo tacitamente cosa stiano facendo lui e le mie amiche, probabilmente saranno impegnati a preparare la cena, ora che quella casa sarà un po’ più silenziosa del consueto, vista l’assenza mia e del Cigno.

Chissà Hyoga dove sarà… e Milo? Mangerà all’undicesimo tempio, ora che non ha più Sonia, o, forse, si sarà recato da Aiolia e Aiolos?

Mi immagino tutte le ipotesi possibili e… sorrido tra me e me.

Mi sono così cari, tutti loro… li amo e mi sento amata a mia volta, come mai era successo prima, perché il fatto di essere compagni, oltre che amici, compagni in un percorso che ci vede rischiare la vita più di altri e sostenerci a vicenda, rende i legami ancora più forti e intensi.

Sento la mancanza di casa, della mia vita, ma, ancora di più, mi sento parte di qualcosa di molto più grande, che mi fa battere il cuore all’impazzata.

“Oh? Hai deciso di avere un passaggio fino a Milos, eh? E’ proprio vero che i corvidi sono tra gli uccelli più intelligenti!”

Sento la voce acuta di Myrto rivolgersi a qualcuno, Sonia non può essere, perché è sotto coperta dall’inizio del viaggio, forse patisce il mal di mare, e non ci sono che io qua sopra, oltre a lei.

Al seguito della voce della donna, avverto uno sbattere di ali frenetico, poco dopo, una macchia nera, non tanto grande, si posa a poca distanza da me, che sono seduta sulla poppa, fissandomi con occhi dorati e profondi.

Capisco in un istante…

“Rhad… Mantus!”

Ancora quello stupido appellativo, cra? Comunque, sì, sono io… pensavo fosse il momento propizio per…

“Iniziare l’addestramento con te, sì! - finisco per lui, sorridendo soddisfatta, poco prima di voltarmi in direzione dell’Atene da cui sono partita – Lo è… eccome se lo è!” fremo, determinata come non mai.

Mi auguro che la tua forza sia pari alla tua grinta, ragazzina, dovrai faticare parecchio con me, non sono morbido come il tuo maestro ufficiale!

Mi avvisa, prima di avvinarsi saltellando e guardare nella mia stessa direzione, pulendosi poi le piume metodicamente per uno schizzo d’acqua lo ha raggiunto.

“Non hai di che temere! Il futuro mi è oscuro, ma so benissimo cosa fare ora, in questo attimo presente!” lo rassicuro, stringendo i pugni con determinazione.

Diventerò più potente, costi quel che costi, vedrai, Camus, quando tornerò sarò ancora più forte di così, la strada è ancora lunga e tortuosa, ma riuscirò ben presto a lottare al tuo fianco e a proteggerti, come…

Respiro profondamente, inspirando a pieni polmoni, prima di buttare fuori l’aria.

…Come lo voleva Isaac!

 

 

 

 

Angolo di MaikoxMilo

 

E anche questo capitolo, il penultimo della parte introduttiva, è completato, spero che vi sia piaciuto.

Da qui la storia si divide per una prima volta (nel corso della Melodia della neve accadrà anche in altre circostanze, perché è veramente lunga), Marta e Sonia da una parte, almeno per 40 giorni, e Francesca, Michela (e Stevin) dall’altra. Questa storia rimarrà incentrata dal punto di vista di Marta alla prima persona, ma visto che questo metterebbe da parte le altre due sue amiche, nonché una marea di questioni che non può essere dipanata con il suo solo POV, ho progettato una prima storia parallela a questa narrata in terza persona, che partirà proprio da questo punto e si chiamerà con qualcosa di simile a “I 5 pilastri” (titolo in aggiornamento). Non so ancora quanti capitoli avrà, al momento è ultimato solo il primo, che pubblicherò più avanti. Va da sé quindi che avremo i punti di vista, anche se narrati in terza persona, delle altre, di Hyoga, dello stesso Camus e, insomma, di tutti coloro che rimarranno al Santuario.

Come vi avevo accennato per i due capitoli precedenti, anche questo ha dei parallelismi con il prossimo della Sonia’s side story (L’anatema della rovina - parte terza) anche questo capitolo già ultimato e in fase di correzione, e che vedrà la luce spero presto, quindi, alla fine sono tre i capitoli paralleli, non più due (mannaggia la mia prolissità XD), non ve li starò a dire, si capiranno dalle lettura medesima.

Come questa storia si interseca con quella di Sonia, anche quest’ultima si interseca con questa, ne dimostra l’apparizione di Myrto (prima di adesso solo nominata nel prologo), personaggio appartenente alla “Sonia’s side story” e vecchia (neanche tanto) fiamma di Milo… il suo arrivo è spumeggiante, così come la personalità della donna che qui compirà presto 30 anni, adoro vederla battibeccare con Camus, mi fa morire dal ridere.

Dovrei avervi detto tutto. Al solito saluto e ringrazio tutti quelli che mi seguono , sono molto soddisfatta di come sta venendo il tutto, più avanti le cose si complicheranno sempre maggiormente. Non so quanto impiegherò a completare questa storia (parecchio, mi sa) ma ho ben delineata la strada davanti a me, spero di percorrerla insieme a voi.

Alla prossima! :)

 

  
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