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Autore: Aqua Keta    19/08/2020    6 recensioni
Forse il destino è già scritto ma con ostinazione e coraggio lo si può cambiare e tornare a vita nuova. Esiste un tempo per soffrire ma esiste anche un tempo per la ricompensa della gioia
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Suvvia Augustin, smettila di camminare nervosamente avanti e indietro per la stanza. Credi forse di dare una risposta ai mille interrogativi che ora ti frullano nella testa?”- Madame si levò dalla poltrona facendo forza sul bastone.
Il Generale le si accostò per aiutarla.
“Ce la faccio, non preoccuparti. E per cortesia, stai affumicando l’intero salotto!”
“Perdonami. Non riesco proprio a capacitarmi delle parole di Mornay”- riponendo la pipa sul tavolino.
“Non comprendo il tuo stupore”- facendo qualche passo.
“Per cortesia.  Dubbiosa pure tu?”- allibito per l’atteggiamento della consorte.
“Non ti ho mai nascosto il disgusto provato per quell’uomo”.
“Emilie!”- incredulo rimase a bocca aperta –“Il Generale Bouillè ha fatto molto per la carriera di nostra figlia!”
“Con il suo tornaconto”- scostate le tende rimase ad osservare Vincent intento a dare ordini ai suoi uomini.
Fissò a lungo la moglie.
Sempre in disparte, senza mai contraddire le sue decisioni, aveva cresciuto amorevolmente e con tanta dedizione le sue figlie.  E per lei,  per Oscar, l’ultima, una vera predilezione. Gli aveva permesso in silenzio di crescerla come un ragazzo. Una famiglia così importante, di un generale non poteva non avere un figlio maschio, ne valeva del proprio onore. Quanto, quanto aveva sofferto per quella stupida decisone. E nonostante tutto aveva accettato quella scelta infelice. Si, infelice condizionando la vita di ogni singolo componente della famiglia e soprattutto di loro due, madre e figlia. Mornay si era permesso di dargli “dell’asino”. Già, forse aveva ragione.
Annuì accennando ad un sorriso. Le prese una mano.
Madame si volse.
“Lo credi veramente possibile di un gesto così vile?”
Quegli occhi così dolci di moglie e madre incrociarono i suoi.
 

Scese le scale, si ritrovò lungo un corridoio come le aveva indicato Renèe.
Uditi dei passi, tese l’orecchio.
“Madame …”- un uomo incrociandola accennò ad un saluto chinando la testa.
“Dove conduce il portone alle vostre spalle?”- pur conoscendo la risposta grazie alla domestica.
“Al giardino interno … gradite vederlo?”
Non aspettava altro –“Grazie”.
Di fronte a lei uno splendido angolo che in primavera e nelle soleggiate giornate estive doveva essere di un  verde meraviglioso, con tanto di aiuole sicuramente fiorite ed un paio di fontane al momento non  funzionanti.  Attorno mura alte ed imponenti sorvegliate di continuo lasciavano a malapena di intravvedere le cime imbiancate dei monti circostanti.
“Permettete,  sta ancora nevicando e fa molto freddo, non credo sia consigliabile passeggiare all’esterno”.
“Potreste prestarmi il vostro mantello? Vorrei prendere una boccata d’aria”- doveva uscire e guardarsi bene attorno.
L’uomo le porse l’indumento.
Sollevò il cappuccio a coprirsi oltre la fronte.
Un passo.  Lo stivale affondò frusciando nello strato di neve. Sollevò lo sguardo. Una danza di mille cristalli come farfalle volteggiare in un silenzio ovattato posandosi sul suo volto.
Lasciò correre gli occhi lungo il perimetro della cinta muraria visibile. Doveva esserci un altro spazio aperto, non poteva esistere solo quel fazzoletto di giardino. Riportò l’attenzione sulle pareti concentrandosi in un punto preciso. Un volto conduceva al magazzino delle provviste.  Renèe le aveva raccontato di un  paio di carretti provenienti dal paese più vicino che ogni dieci giorni venivano con nuove scorte. Le porte del locale e quelle di un’uscita-entrata secondaria sarebbero rimaste aperte per circa mezz’ora per permettere lo scarico della merce ed il carico dei vuoti. Ogni dieci giorni.  La prossima occasione il fine settimana. Perfetto.  Bouillè sarebbe partito l’indomani.  Avrebbe avuto tre giorni per organizzare il tutto.
Ripercorse con lo sguardo le mura controllando quanti uomini si susseguissero durante la guardia ed il tempo intercorso tra un cambio e l’altro.
“Madame … rientrate “- la voce dell’uomo la richiamò.
Oscar gli porse il mantello –“Vi ringrazio”.
Si addentrò in alcune stanze poste al piano terra cercando di imprimere nella memoria quante persone vi circolassero e da quante fossero sorvegliate.  Poi  ripercorse  il tutto al contrario calcolando i tempi fino a fare ritorno nella sua stanza.
Richiuse la porta. Un brivido di freddo le attraversò la schiena. Afferrò la coperta di lana ripiegata ai piedi del letto e vi si avvolse.
Nuovamente quella straordinaria sensazione di mille farfalle accompagnata da una sorte di formicolio.
Renèe fece il suo ingresso –“Vi ho portato del the caldo qualche biscotto. Dovete mangiare un po’ più spesso o non riuscirete a stare in piedi. Quel frugoletto deve crescere. Possibile che non abbiate mai fame? Siete così magra!”
“Cattive abitudini dei soldati”- sorrise addentando uno di quei dolcetti appena sfornati.
“Dovete avergli dato una bella strizzata. Non si è ancora mosso dalla sua stanza. Ho dovuto portargli la colazione. Avreste dovuto vederlo, a gambe aperte appoggiato alla testiera del letto”
“Mi auguro di non aver esagerato. Ho assoluto bisogno che si metta in viaggio quanto prima”- perplessa.
“Siete sicura?”
“E quando altrimenti? “
“Fuori imperversa una vera bufera di neve. Non riuscireste a percorrere nemmeno una parte della strada fino al primo paese. Non siete sicuramente nelle condizioni per poterlo fare”
“Renèe, io devo andarmene. Non intendo trascorrere un solo giorno di più in questo luogo”.
“Non farà ritorno prima di Natale … anzi …”
“Questo non cambia nulla”
“L’inverno è alle porte. In questo luogo non c’è veramente da scherzare. Trovarsi la fuori or ora significherebbe morire assiderata”
“Cercate forse di dissuadermi?”- irritata.
“Non  ci penso assolutamente. Splendesse un bel sole primaverile …”
“Non intendete darmi più il vostro prezioso aiuto?”- riponendo la tazza sul tavolino.
“Che dite! A me preoccupa quella maledetta ombra e mi sta soprattutto a cuore la vostra salute. Non potete assolutamente permettervi di perdere questo figlio”
Uno sguardo. All’improvviso ebbe come l’impressione di avere di fronte a sé Nanny.  
“I miei bambini” nel tempo si era trasformato ne “i miei ragazzi”. Dio, quanto le mancava! Se fosse mai riuscita a tornare  casa come avrebbe potuto dirle che suo nipote, il suo Andrè non c’era più?
Le sarebbe piaciuto che Renèe scappasse con lei.
 

Barcollò.
Portò una mano dietro la testa dove il dolore andava diramandosi velocemente .
L’equilibrio precario.
Osservò il palmo della mano sporco di sangue.
Gli occhi riversarsi all’indietro, le gambe cedere.
Ricadde di peso in mezzo alla neve. Il volto su di un lato. Gli occhi sbarrati.
Qualcuno scese per un attimo dalla carrozza –“Maledizione!”.
Il candore attorno a lei macchiarsi di rosso accanto al capo.
“Ehi, voi”-
Colto da terrore, risalì velocemente –“Vai, vai!”- gridò.
“Dove andate, vigliacco!!”- Yvy si inginocchiò su Diane –“Coraggio, ora cerchiamo aiuto”-
Non si azzardò a sollevarla. Rimase scioccata vedendo quel manto bianco diventare scarlatto.
Jerome prese a rincorrere la carrozza –“Fermati maledetto!”
Gerard accanto alla sorella –“La conosci?”
Gli occhi lucidi –“E’ Diane, la sorella di Alain!”
“Cosa?”- scioccato.
“Rimani qui accanto a lei”-
“Dove vai?”
“Vado a cercare Alain. Se non ricordo male abita non molto distante da qui”
“Che facciamo con lei?”
“Non muovetela. Di a Jerome di andare a chiamare un dottore”
Il fratello annuì.
Yvy  osservò la giovane riversa a terra. Il respiro corto.
Doveva fare in fretta.
La corsa veloce nonostante  la strada non fosse nelle condizioni migliori per farlo. Il cuore in gola.
Girato l’angolo, ecco.
Due colpi decisi alla porta –“Alain apri!”
 

“Mi par di capire che non siate nemmeno in grado di tener testa ad una donna!”- camminando di fronte alla scrivania.
“Andate all’inferno! “- cercando di sedersi il più comodo possibile. Allentò i pantaloni infilando una mano all’interno. Il viso contratto in una smorfia tra dolore e fastidio.
“Ma guardatevi”- un accenno di risata.
“Tacete. Ultimamente mi state procurando solo noie e problemi”
“Forse i vostri piani non stanno andando in porto? Mi pare che ogni obiettivo sia stato raggiunto”.
“Avete un bel coraggio …”
“Solo perché quella donna questa mattina vi ha dato delle grane?”
“Pregate Dio o chi volete che un erede sia già in porto nonostante una sola notte o giuro che vi strapperò i denti uno ad uno e ve li conficcherò in gola!”
Tra le pieghe del mantello s’intravvide il luccichio di una lama.
“Le vostre minacce non mi fanno un baffo. Comincio sinceramente ad essere stanco ed alquanto infastidito dei vostri errori. Vedete di sorvegliare bene mia moglie durante la mia assenza”- lo ammonì.
“Se solo mi permetteste di rimanere anche durante la notte potrei gestire al meglio la situazione”
Scoppiò in una risata –“E cosa pensate che possa fare? Fuggire forse? Da questa fortezza e con il tempo che imperversa in questo periodo dell’anno?”
“Siete un povero illuso”
“Basta!”- sbottò -“Farete come ho stabilito. Solo di giorno. La vostra presenza la notte non farebbe che metterle ansia ed innervosirla. Desidero che riposi serenamente”
“Vi siete trasformato in un agnellino? La vostra non è di certo una scelta saggia”.
“Così ho deciso” – seccato – “Ed ora toglietevi dai piedi. Ho ben altri pensieri al momento che dare ascolto al vostro farneticare!”- massaggiandosi il cavallo dei pantaloni.
“Dovreste cogliere l’ultima occasione prima di mettervi in viaggio. Possibile che uno imponente come voi non sia capace di …”
“Vi siete forse ammattito? Se tentassi a rimettere piede in questo momento in quella stanza metterei solo a repentaglio la mia mascolinità. Ci vorrebbe solo che in un tentativo di farla nuovamente mia possa evirarmi con un solo colpo ben assestato- Oh no, grazie, proprio non ci tengo”
“Pusillanime!”
Bouillè avvampò dalla rabbia –“Voi non avete nulla di umano. Siete una dannata creatura!!”
Si avvicinò al Generale minaccioso –“Badate, potrei trascinarvi nel baratro in men che non si dica!”
Balzò in piedi –“Pensateci bene nel caso vi sovvenisse la tentazione di farlo, succhiabudelle che non siete altro. Io vi pago profumatamente ad ogni respiro che fate. Non lo scordate!!!”
Indietreggiò – “Se non vi date da fare con quella donna tutto ciò sarà valso a ben poco”
 

“Chi diavolo …”- Alain rimase sbalordito –“Yvy che ci fai qui?”
“Presto ….Diane ha avuto un incidente!”
Andrè scattò sulla sedia facendola cadere a terra.
“Cosa stai dicendo?”- scuotendola per le braccia.
“Vieni di corsa. E’ qua vicino”
I tre si precipitarono in strada.
I cuori battere all’impazzata. L’ara gelida a graffiare le gole.
Un paio di vie. Poi girato un angolo …
Gerard chino sul corpo della giovane.
Alain si accostò con delicatezza quasi inusuale alla sorella – “Diane …”- le sussurrò scostandole una ciocca di capelli dalla guancia attraversata da un rigolo di sangue.
Il respiro a tratti. Gli occhi spalancati. Lo sguardo fisso.
Il volto pallido, quasi cianotico.
“Diane …”- chiamò nuovamente.
Jerome dopo aver rincorso per un breve tratto la carrozza ritornò sul posto con un farmacista.
L’uomo diede un’occhiata veloce –“ L’urto è stato troppo violento. Il dolore che sta provando in questo momento dev’essere terribile.”
“Andrè!”
“Si”
“Vai a cercare Pierre al giornale”
“Subito”
Si chinò accanto la sorella a posare quasi la faccia al suolo –“Diane …”
Silenzio.
Poi –“ …Alain … “- un rauco filo di voce.
“Sono qui”
Un respiro –“ … si … ti sento …”
“Diane, riesci a vedermi ?”-
“ … Alain … ho freddo …”
Poggiò un ginocchio a terra e si volse verso Yvy –“Trovami un medico, ti supplico!”
Annuì infilandosi velocemente fra le vie sferzate da vento e neve.
Tolse la giacca distendendogliela sulla schiena –“Ora arriva un dottore Diane. Resisti, ti prego”
Un nuovo respiro a fatica –“… ho tanto freddo”
Le prese una mano. Dio! Quant’era gelida!
Tentò di riscaldarla tra le sue sperando che un medico giungesse quanto prima.
Finalmente arrivò Pierre.
“Diane!”- gridò gettandosi quasi su di lei.
“No!”- lo bloccò Alain –“Non la toccare. Dobbiamo  attendere il medico”
Incredulo a quelle parole –“Tu sei pazzo! Non vedi che sta morendo?”
Lo fissò –“Non la toccare!!”
Quando finalmente Yvy fece ritorno con un dottore ad Alain parve che fosse trascorsa un’eternità.
Si chinò sulla ragazza. Scostò leggermente i capelli dietro la testa, poi li risistemò.
Volse lo sguardo verso Alain scuotendo il capo.
Strinse forte i pugni affondandone uno nella neve con violenza inaudita. L’impatto con il suolo gli provocò un dolore incredibile diramandosi per tutto il braccio.
“La porti via di qui. Non le resta molto. La porti a casa!”- gli suggerì l’uomo.
Alain delicatamente le mise una mano dietro il capo, la fece girare su di un fianco e piano piano la raccolse tra le braccia stringendola a sé.
Pierre inorridito e sconvolto lo affiancò in silenzio per tutto il tragitto fino a casa.
Yvy in un fiume di lacrime appoggiata al petto di Andrè, un braccio sulle spalle.
Un bacio poi un altro sulla fronte della sorella, il passo lento – “Diane non mi lasciare”- le sussurrò.
 

“Che intenzioni avete?”- Augustin sotto il porticato richiamò l’attenzione di Vincent.
“Vado a Parigi”- lo freddò –“Che vi piaccia o meno, che siate convinto o no del coinvolgimento di Bouillè , non ho alcuna intenzione di starmene con le mani in mano”
Sopraggiunse Emilie.
“Mi domando quanto vi importi in questo momento la sorte di vostra figlia!”
Il Generale si avventò su di lui afferrandolo per il collo della camicia –“Siete un impertinente. Non vi permetto di mettere in dubbio la preoccupazione soprattutto l’amore che nutro per Oscar …e suo marito!”
“Smettetela!!”- Madame s’intromise.
“Cosa vi ha promesso Bouillè in cambio della vostra devozione?”
La donna alzata una mano lo schiaffeggiò  - “Non vi permetto in alcun modo di mettere in dubbio l’integrità morale, la devozione  e l’amore verso la propria famiglia di mio marito”- furiosa.
Mornay si passò il palmo sulla guancia.
Gli occhi fissi in quelli di lei. Quanto orgoglio, forza, coraggio in quella donna.
“Perdonate”- senza mai abbassare lo sguardo – “Non volevo mancarvi di rispetto. Sapete bene che non ho peli sulla lingua. Ma al momento non mi date alcun motivo di pensare il contrario”- allontanandosi.
“Dove andate?!”
“Fra mezz’ora mi metterò in viaggio con alcuni uomini. Voi fate come vi pare!!”
Il Generale si volse verso la consorte.
“Vai! Se veramente è stato Bouillè quell’uomo dev’essere punito!”- gli disse.
 

Il vento cessò.
I fiocchi di neve lenti  nella loro discesa.
Oscar con la testa infilata nell’armadio a rovistare tra l’abbigliamento –“Dovrò prendere lo stretto necessario per stare al caldo e permettermi di cambiarmi alla prima tappa. Senza un cavallo sarà tutto più complicato”.
Il suo pensiero andò a Cesar -“Mio vecchio e fedele amico, ci vorresti proprio tu. Chissà quando potremo cavalcare nuovamente assieme”
Un sussulto nel ventre ed ancora quella incredibile sensazione di farfalle –“Ce la faremo, vedrai”- abbassando lo sguardo e passando una mano sul grembo.
Carica, si! Si sentiva piena di energia . A differenza dei mesi precedenti durante i quali stanchezza e debolezza erano state perennemente presenti, ora si sentiva rinata. Il senso di nausea l’aveva quasi del tutto abbandonata.
“Oscar, devo dire che mi sorprendi. Fino ieri ogni occasione era buona per  dormire, oggi spaccheresti il mondo”- disse tra sé –“Avrai proprio bisogno di tutta questa forza e grinta”
Nel frattempo Bouillè fuori dalla camera, di fronte alla porta, indeciso se entrare o meno.
“Se fossi in voi coglierei l’ultima occasione prima di partire per Parigi. Siete un pusillanime!”- le parole di quell’uomo non fecero che alimentare la sua rabbia.
Certo era stata la sua prima notte di nozze. Lui ne aveva colto la purezza, il candore. Poteva quell’unica volta dare nei prossimi mesi il frutto tanto bramato della sua vendetta? Quale certezza poteva avere ? Doveva averla , si, ancora. A tutti i costi.
Strofinò una mano sul cavallo dei pantaloni -“La vostra irruenza non fa che stuzzicarmi terribilmente” – percepì l’eccitazione oltre la tela.
Fece per aprire quando si palesò Renèe – “Che vuoi?”- stizzito.
“Perdonate … c’è quella signorina … la solita che viene per voi …”- imbarazzata.
“Quella non è una signorina. E’ semplicemente una puttana che viene un paio di volte a settimana”.
“Si, signore”
“Mandala via, non è il momento. Ora devo occuparmi di mia moglie”
La donna insistette –“Ho riferito che siete impegnato, ma non vuol proprio sentir ragioni”
Montò su tutte le furie –“Vattene! Ci penso io!!!”
Con passo pesante raggiunse lo studio dove si svolgevano solitamente quegli squallidi incontri.
Entrando trovò la giovane seduta sulla poltrona.
“Sparisci! Non voglio più vederti. Non mettere più piede nel mio castello!”
Con sguardo malizioso sollevò l’abito e divaricando le gambe ne pose una a destra ed una a sinistra sui braccioli mettendo ben in evidenza la mancanza di biancheria intima al di sotto.
Bouillè aguzzò la vista.
Vide la mano di lei scendere sul ventre scoperto accarezzandosi ripetutamente.
Si avvicinò eccitatissimo. Con un gesto brusco le scostò il braccio – “Lascia fare a me”- affondando il viso fra le sue gambe beandosi di quel paradiso e di ogni gemito della giovane.
“Non avevate detto di andarmene?”
“Taci!”- prendendo respiro.
Quando ne fu sazio, in piedi di fronte a lei slacciò i pantaloni –“Fammi sedere!”
Balzò giù dalla poltrona mentre il  Generale vi ricadde con tutto il suo peso –“Datti da fare e vedi di fare un buon lavoro!”- afferrandola per i capelli.
“Vi ho forse mai deluso?”- inginocchiandosi.
“Riempiti la bocca di altro invece di troppe chiacchiere”
 

Adagiò Diane sul letto.
La giacca con un’evidente chiazza di sangue sul petto ed un braccio.
Una smorfia di intensa sofferenza sul volto della sorella – “Alain …”- chiamò.
Piegatosi sulle ginocchia accanto a lei le accarezzò il viso.
“… Alain ..”
“Sono qui”- rispose.
La mano gelida si mosse alla ricerca di quella del fratello piegato su di lei –“Sono qui Diane”
Accostò l’orecchio alla sua bocca.
“Non abbandonarla”- sussurrò. Le labbra sottili a posarsi sulla guancia –“Questo è l’amore di Leah …”
Gli occhi lentamente si chiusero.
 Il capo riverso su un lato.
Il silenzio della camera spezzato dai singhiozzi di Yvy fattasi  piccola sotto il braccio di Andrè. Pierre immobile accanto al letto, incredulo di fronte a quella scena straziante.
Alain.
Il volto trasfigurato dal dolore. Lo sguardo sul corpicino esamine della sorella – “Uscite tutti” – sibilò.
“Scordatelo!”- sbottò Pierre.
“Vi voglio tutti fuori da qui”- grugnì senza staccare gli occhi da Diane.
Una mano sulla spalla di Pierre . “Vieni”-  lo invitò Andrè.
“Non posso … io … Diane … avevamo deciso di sposarci …!”- le lacrime agli occhi.
Lo condusse a fatica al piano sottostante tentando di calmarlo.
Yvy seduta in un angolo.
Diane se n’era andata, in silenzio.
L’impatto violento con quella carrozza aveva deciso in breve le sorti della sua esistenza.
“Maledetto assassino!”- Jerome biascicò insolenze contro quell’uomo fuggito di fronte al drammatico incidente.
“Smettila”- lo zittì la sorella.
“Bastardo di un generale!”
Andrè sgranò gli occhi.
 

Le grosse mani a stringerle i fianchi.
L’ultima spinta e si staccò da lei.
Appagato e svuotato di ogni desiderio riprese posto sulla poltrona allontanando la ragazza.
“Non siete mai sazio”- lo canzonò.
“Hai un culo fantastico e lo sai”- risistemandosi.
“Allora come va con la vostra consorte? Avete consumato? “
“Per chi mi hai preso?!  … e poi non devo certamente rendere conto a te”
Le lanciò alcune monete.
“Allora questa è l’ultima volta”- allacciandosi il corpetto.
L’afferrò per la gonna –“Magari ogni tanto potresti tornare”
La ragazza rise e si mise a cavalcioni di Bouillè e afferrandogli le grosse mani le schiaffò con violenza sui glutei –“Lo potete fare solo con me. Non credo proprio che la vostra bella mogliettina possa concedervi  certe cosettine che vi piacciono tanto …”
“A che servirebbero le donne come te? Ora vattene. Ho molte faccende da sbrigare”- gli diede un paio di monete in più.
“Per queste potrei….”
“Vattene. Ti farò sapere quando sarò di ritorno”
Con un sorrisetto malizioso uscì soddisfatta dallo studio.
Scese velocemente le scale fischiettando.
Renèe l’attese davanti all’uscita di servizio – “Permettete?”
Fissò la donna avvolgendosi nello scialle.
“Prima di andare avrei …”
“Ehi nonnina, non vorrai mica …?”
“Oh santi numi!”- avvampando –“Per cortesia. Per chi mi avete preso?”
La giovane rise – “Che volete?
“Avrei una proposta da farvi”
“L’importante che mi paghiate, per il resto faccio tutto”
La domestica si guardò attorno, poi le fece cenno di seguirla.
 
 
Mornay presso l’entrata della proprietà diede le ultime indicazioni ai suoi lavoranti.
In lontananza intravvide il Generale a cavallo.
Infilò un piede nella staffa – “Che volete ancora?”
“Vengo con voi”- il tono deciso.
“E Madame è d’accordo? Potremmo stare via molto!”
“Nanny e Philip si occuperanno di lei. Qui da voi si sente tranquilla”
“Mi fa piacere. Lo stesso è per voi?”- indirizzando lo sguardo verso di lui.
“Si. Assolutamente”-
“Se non siete convinto è inutile che veniate. Sarebbe una perdita di tempo per entrambi”
“Ho forse altra scelta?”
“Se non vi interessa ritrovare Oscar è un problema vostro.”
“Posso farvi una domanda?”
Vincent si volse.
“Perché ci tenete così tanto ad andare a fondo a questa storia? Non avete nessun legame con Oscar ed Andrè”
L’uomo tirò le briglie e mosse il cavallo – “Avanti, in marcia!”- rivolgendosi al gruppetto già pronto.
Un ultimo saluto di Augustin alla moglie in lontananza sotto il pergolato  poi si affiancò a Mornay.
L’aria gelida, il cielo grigio. Attorno un’atmosfera quasi ovattata.
“Troveremo neve …”- alzando gli occhi.
“Già!”- standosene sulle sue.
I cavalli al trotto. Non avrebbero potuto percorrere molta strada. Poche le ore di luce rimaste.
“Sono stato sposato tanti anni fa”
Il Generale tese l’orecchio.
“Ci incontrammo ad un’asta. Un amore a prima vista. Mia moglie era una donna bellissima. Dieci giorni dopo ci sposammo. E’ morta con nostro figlio dandolo alla luce” – nessuna emozione.
Augustin  sbiancò. Ecco! Ecco dunque perché quel legame stabilito con Andrè. Forse in lui aveva ritrovato il figlio tanto desiderato.
Tacque.
Un uomo così imponente, posato, apparentemente tranquillo aveva portato con sé quel dolore senza risposarsi, senza rifarsi una nuova vita.
 

Aprì gli occhi all’improvviso.
Diane!
Una terribile sensazione.
Leah  rabbrividì. Portò una mano alla fronte. Scottava.
“No… ci voleva solo la febbre”.
Un profondo senso di debolezza e dolore alle articolazioni.
Mise un nuovo ciocco nel camino. Distese una coperta a terra accanto alle fiamme, un paio di cuscini.
Non se la sentiva di dormire di sopra. Troppo freddo.
Riscaldò nuovamente un po’ di brodo con qualche pezzetto di pane secco.
Avrebbe dovuto attendere di stare bene prima di riuscire a mettersi in viaggio verso il porto.
Raccolse lentamente un cucchiaio dopo l’altro il pane nella ciotola.
Terminato si risistemò coricandosi.
“Alain, potrai mai perdonarmi un giorno? Non ci rivedremo più, ma tu, ti prego, perdonami.”- i sui pensieri accompagnati da un profondo senso di frustrazione e solitudine –“Ho commesso un errore imperdonabile. Ma ti ho amato veramente … con tutto il mio cuore e non solo … e ti amo ancora. Non avrei dovuto”- sollevò l’altra coperta fino al collo –“Ho rovinato tutto”
Avrebbe tanto desiderato essere nel letto con Alain, tra le sue braccia. La sensazione di protezione, sicurezza che le sapeva dare era impagabile. Sentirlo accanto, la mano cercarla, quel suo modo di sfiorarla, di desiderala … l’amore…. Solo lui riusciva a farla sentire veramente una donna. Appagata in ogni senso. E Andrè? Un capriccio? No. Ora, solo ora comprendeva che il suo era solo affetto, un immenso affetto nei suoi confronti. E quel bacio? Una stupidaggine, un’inverosimile sciocchezza … forse trovare una risposta in fondo ai suoi sentimenti. Aveva sbagliato. Non doveva essere quella la maniera per capire.
“Ben ti stà Leah! Ora sei veramente sola”
 

Quella notte non si sarebbe addormentato.
Non aveva toccato un solo sorso di vino, nonostante gliene fosse stato versato. Se n’era ben guardato!
No, quella sera voleva essere lucido, fino in fondo.
Della prima notte di nozze non ricordava nulla, anche se tra le lenzuola i segni evidenti dell’ aver consumato, di averla fatta sua.
Non si era presentata a tavola e questo aveva ulteriormente rincarato la rabbia ed il nervoso. E buona parte della colpa non poteva che essere di quel maledetto –“Schifoso!”- biascicò terminando l’ultimo boccone.
“Signore … nemmeno un sorso di vino?”- Renèe gli propose una fetta di dolce.
“No, stasera no. E nemmeno il dolce. Porta via tutto”
Obbedì in silenzio.
“Mia moglie ha cenato nella sua stanza?”
“Aveva una terribile emicrania”
“Bugiarda”- rimuginò alzandosi.
Il passo pesante sul pavimento di legno.
“Vi ritirate ?”- azzardò.
“Sarò da Madame stanotte. Nessuno si azzardi a disturbarci”
La donna sgranò gli occhi. –“Signore … forse…”
Si volse lanciandole un’occhiata da gelarla –“Forse cosa?”
“Nulla. Scusate”- abbassando gli occhi.  Non poteva impedirglielo. Lui era il padrone. Oscar era sua moglie. Aveva tutti i diritti di trascorrere la notte con lei. Lei non poteva dire nulla.
“Venite domattina a svegliarmi nella mia stanza”
“Prego?”
“Dovrò partire alle 6. Venite per tempo a chiamarmi”
“Quindi non vi troverò da Madame?”
“No. A tempo debito riposerò nel mio letto”- allontanandosi.
Sistemò la cintura dei pantaloni prima di salire le scale –“ Mia cara, questa notte godrò a pieno di voi. Lucido, perfettamente lucido. Voglio non dimenticare del tempo che mi accingo a trascorrere con voi. Avrò impressa nella mente ogni cosa. Il vostro corpo muoversi sotto il mio, i vostri gemiti.”- eccitato –“Chissà che col tempo non riesca anche a convincervi di altro …”- ripensando alla conversazione avuta con la prostituta nel pomeriggio.
La stanza immersa nel buio.
Bouillè richiuse piano la porta.
Attese qualche istante affinchè la vista si adattasse all’oscurità.
Ripose la giacca sullo schienale della poltrona, sfilò la camicia, abbandonò gli stivali accanto al tavolino e slacciò i pantaloni.
Lisciò la pancia prominente. La cena preparata da Renèe era stata deliziosa ed impeccabile come sempre.
Allungò una mano afferrando la sua mascolinità tesa all’inverosimile. Un movimento lento, ritmico avvicinandosi al letto.
Non c’era maniera migliore per concludere la serata.
Lei era li.
Ne percepì il profumo, buono, delicato.
Il respiro lieve.
Che fosse pronta o no, lui lo era. Anche troppo.
Stampò la mano libera sulla bocca di lei –“Mia dolce consorte, non mi avete deliziato della vostra compagnia a cena. Mi auguro sinceramente fosse per via di un’emicrania come informato dalla domestica” – il buio tale da faticare a distinguerne nitidamente il volto. – “Il vostro profumo mi inebria ogni qualvolta metto piede nella vostra camera da letto e durante il giorno ne distinguo facilmente la scia che lasciate lungo i corridoi”.
Tentò di sciogliersi da quella presa afferrandolo per un polso.
Si trovò l’uomo su di lei con tutta la sua imponente figura –“Come vostro consorte vorrei trascorrere quest’ultima notte con voi, vi desidero, ora! E’ nel mio diritto! E questa volta non mi priverete di godere di voi nella completa lucidità”
La forza di quell’uomo era inimmaginabile - “ Il tempo è poco. Farò in fretta mia dolce Oscar … farò in fretta”.
Sollevata la camicia da notte riuscì a liberarla della biancheria intima nonostante cerasse di impedirglielo.
Ogni tentativo fu vano.
Quasi stremata non potè che cedere. Basta lottare.
Non oppose più resistenza.
“Mhh …”- biaciandola lungo il collo.
Poi stringendole i seni –“ Non rammentavo fossero così pieni … ho fatto bene a cena a non toccare un solo goccio di vino”- sfiorandoli con la punta della lingua – “Porterò con me a Parigi il ricordo di questa notte, mia cara consorte. Suvvia .. mi basta poco … veramente poco” – sussurrandole all’orecchio –“Direi che quando volete sapete comportarvi da mogliettina obbediente”- sentendola oramai bendisposta a collaborare - "E ora fate la brava …”
   
 
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