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Autore: KiaraMad    19/08/2020    1 recensioni
Sollevare i sassi e gettarli in acqua, lontano da sé, non sarebbe stato sfiancante neanche per Jun Misugi.
Forse solo la vecchiaia avrebbe portato delle noie.
La fatica, però, Yayoi cominciò a sentirla prima del previsto.
E non fu una piccola fatica la sua: non fu affatto una piccola fatica.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jun Misugi/Julian Ross, Yayoi Aoba/Amy
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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I. Mondo di sofferenza

Circa diciotto anni e cinque mesi*

 

La lezione stava volgendo al termine. A breve sarebbe finita anche quella giornata scolastica. 

Yayoi non contava i secondi in attesa di correre fuori dalla classe: non l'aveva mai fatto e, francamente, la scuola riusciva – anche se solo per poco tempo, perché facilmente si deconcentrava – a sollevarla da quel senso di angoscia che da qualche mese le era diventato più che fraterno. 

Cercava di reprimere comportamenti che potessero attirare l'attenzione su di lei quando le persone potevano vederla. Smetteva di battere il piede a terra quando si accorgeva che la sua ansia tentava di smascherare le sue debolezze con quel calpestio insistente che non aveva mai fatto parte di lei. Si impediva di portarsi le dita alla bocca per mangiarsi le unghie, anche se spesso non ci riusciva granché. Si sedeva alla mensa con tutti gli altri, anche se alla fine non mangiava molto, anzi, spesso saltava proprio il pranzo perché la sera prima non aveva avuto voglia di prepararsi niente per il giorno dopo. E per la stessa ragione, a volte saltava anche la cena. Quando le chiedevano perché non avesse più appetito, lei divagava, diceva che aveva fatto una colazione troppo abbondante o che aveva dei problemi di stomaco. Poteva dire qualsiasi cosa: loro le avrebbero creduto, perché si sapeva che lei non fosse solita mentire neanche “all'avversario”. 

Tuttavia, se Jun fosse stato in classe con lei quell'anno, l'avrebbe solo rimproverata. Forse l'avrebbe anche costretta a mangiare, se fosse stato lì. 

Ormai si vedevano soltanto durante gli allenamenti del pomeriggio. 

E più i giorni passavano, più Yayoi avvertiva crescere dentro di sé uno strano senso di repulsione ogni volta che metteva piede in campo: una dura ripugnanza verso le scelte che aveva compiuto in quegli anni, tanto che una parte di sé avrebbe voluto abbandonare definitivamente il club. I ragazzi della squadra, poi, avevano cominciato da qualche tempo a ispezionarla da capo a piedi ogni benedetto pomeriggio...

«Aoba-san, questo pomeriggio hai il permesso di saltare l'allenamento. Non preoccuparti, parlerò io con i ragazzi.»

Yayoi si inchinò, in segno di ringraziamento. Pensò che forse quella sera sarebbe riuscita a trovare la buona volontà di prepararsi la cena e forse persino il pranzo. Poi si incamminò verso l'uscita. Indugiò solo un attimo, in corridoio, quando udì le voci dei compagni nelle spogliatoio.

«Yayoi-chan è cambiata...»

«Sì, è proprio smagrita.»

«Ma è sempre la più bella.»

«Se ti sentisse Misugi...»

«Ma se lui è il primo a sostenerlo!»

«Che è bella o che è cambiata?»

Proseguì lungo il varco. All'uscita, intravide la sua macchina e l'autista che stava appena chiudendo la portiera. Ma il suo cuore si acquietò quando notò che Jun le dava le spalle, intento a firmare qualche autografo a delle studentesse della scuola. Allora fu lesta ad attraversare la strada.

 

Mondo di sofferenza:

eppure i ciliegi

sono in fiore.

[Kobayashi Issa]

 

Jun Misugi sapeva cosa si provasse quando il cuore smetteva di battere. 

Era troppo complesso da spiegare. Non era un pugno nel petto, una stretta incrudelita: era qualcosa di più. Di molto di più. Di più del dolore, del soffocamento, del passo calzante della morte: di più. Ma non sapeva definirlo, quel di più. Eppure sentiva di star provando una sensazione simile, anche se di natura molto diversa, in quel momento, in panchina, al fianco del coach.

«Misugi, tu sai se Aoba-san abbia dei problemi in questo periodo?»

L'insegnante fissava i ragazzi allenarsi.

«Non ne so molto, in realtà. Ultimamente evita un po' tutti...»

Soprattutto me avrebbe voluto dire, ma sapeva che dopo se ne sarebbe pentito.

«In questi mesi è dimagrita molto... troppo. In quanto coach e docente, è mio dovere assicurarmi che tutti i componenti del club stiano bene.»

Jun lo anticipò: «Lei sta bene in squadra, ne sono sicuro. Probabilmente è un periodo particolare... ma passerà.»

Passerà.

Lo sperava, almeno.

«So che voi due siete molto amici... se ha bisogno di un qualche sostegno, falle sapere che può contare su questo club, va bene?»

Jun annuì. Avrebbe voluto alzarsi da quella panchina, ma forse, per la prima volta, non per giocare.

 

eppure i ciliegi

sono in fiore?

 

Yayoi entrò, cercando di non fare rumore. La stanza era piccola e le pareti bianche accoglievano il sole del meriggio dalla finestra. Si avvicinò al letto, il quale occupava gran parte dello spazio. Si accertò che la fronte della zia non fosse troppo calda. Indugiò un po' e poi le accarezzò una guancia.

«Ciao zia, oggi sono venuta prima...»

Si sedette sullo sgabello, al lato del letto. Inspirò profondamente.

«Mi dispiace tanto, zia, non sono riuscita a convincere la mamma a venirti a trovare... dice che starebbe solo peggio di quanto già non stia... ma non lo so, a me sembra solo che lei ti voglia dimenticare... io però sono qui con te, non temere. Ti sostengo. Verrò tutti i giorni, anche solo per dieci minuti. So che te lo ripeto da mesi, ma ho sempre paura che tu... che tu te ne vada. Così invece... così forse tu mi aspetterai se mantengo la mia promessa ogni giorno.»

Era da qualche mese che Yayoi si metteva lì e parlava. Le raccontava tutto quello che le frullava per la testa. Ed era incredibile come più parlava con la zia, più stava zitta con tutti gli altri. 

«Oggi rimango un po' più a lungo. Il coach mi ha dato il pomeriggio libero. Pensavo che non mi avrebbe mai permesso di saltare l'allenamento dei ragazzi in un periodo come questo. Tra poco c'è il campionato e hanno bisogno di sostegno. Oggi ho sentito le loro voci in corridoio. Dicono che sono cambiata. Che sono dimagrita troppo. Tu, zia, mi trovi magra? Secondo me, si sono convinti che sia così. E comunque non sarebbe poi così negativa la cosa, no? Tu, zia, dicevi sempre che dovevo dimagrire un po'. Comunque, non preoccuparti. Ho molte più energie di quanto si possa pensare. Economia domestica mi piace di meno, ma non importa. Non mi va molto di cucinare... domani vengono a trovarmi i genitori. Vogliono omaggiare lo zio. Mi dispiace davvero, zia... ma credo che quella casa non faccia che ricordarmi... credo che chiederò ai miei genitori di venderla. So che l'avete lasciata a me, ma io sono ancora troppo piccola per riuscire a gestirne una così. Ne vorrei una più piccola. Una stanza tutta per me, sì... vorrei una stanza tutta per me.»

Ma più parlava con la zia, più si sentiva sgonfia: più si sentiva vuota: più si sentiva nulla

All'inizio le pareva quello un senso di leggerezza piacevole. Uscita da quella stanza, da quell'ospedale, e camminando verso casa, tuttavia, quel primo piacere si storpiava in senso di colpa, confusione, paranoia. Arrivata a casa, si gettava sul letto, troppo pesante per reggersi ancora in piedi. Si addormentava e poco dopo si risvegliava, a notte fonda, quando ritrovava quel minimo di volontà per farsi una doccia e studiare un po' alla scrivania. 

Ma quel giorno era diverso dagli altri: aveva avuto il pomeriggio libero ed era già stata dalla zia. Avrebbe avuto tutto il tempo di non buttarsi stancamente sul letto. Quindi arrivò a casa e gettò la cartella sul letto. Si buttò sotto la doccia. Cercò di raccogliere i capelli in un turbante, fallendo. Si specchiò e, appena lavata, si sentì sporca. Rozza. Si sforzò di non interrogarsi troppo: si vestì e si diresse nella sua stanza. Si sedette sulla scrivania e cominciò a fare i compiti per il giorno dopo. Controllò l'ora sul cellulare. Era piuttosto presto. Per la prima volta dopo settimane atroci si sentì capace di fare qualcosa di buono per se stessa. Di utilizzare il tempo come voleva lei.

Dopo qualche ora, il cellulare squillò. 

Rabbrividendo, Yayoi gettò un occhio allo schermo.

«Pronto?»

«Ciao, Yayoi.»

«Jun... come stai? Come è andato l'allenamento?»

Iniziò a camminare per la stanza – su e giù, avanti e indietro, su e giù, avanti e indietro.

«Bene, è andato bene. Il coach ci ha detto che hai avuto un impegno...»

«Sì, mi dispiace.»

«Io... io avrei bisogno di parlarti, Yayoi. Non a scuola, però.»

«Ti ascolto anche adesso. Se hai tempo, insomma... ti ascolto.»

Ansiosa, cominciò a sfregare le unghie della mano su una coscia – su e giù, avanti e indietro, su e giù, avanti e indietro – non preoccupandosi minimamente di graffiarsi.

«In verità... preferirei vederti. Se sei libera domani, dopo l'allenamento...»

«Domani vengono i miei genitori, mi dispiace.»

«Ah, capisco... sei ancora impegnata?»

«Non ho molta voglia di uscire... mi dovrei asciugare i capelli.»

«Capisco...»

«Credo di aver bisogno di dormire, Jun... perdonami, ma non sono proprio in vena.»

«Per favore, non riattaccare, Yayoi...»

Per favore, non riattaccare.

Yayoi allontanò per un attimo il cellulare dal volto, inspirando con profondità.

«Jun... continua ad allenarti, adesso che finalmente puoi farlo. Hai sofferto così tanto... non smetterò mai di sostenerti: tu sei proprio il più forte...»

Tu sei il più forte di tutti.

Ma su quel forte la voce le si era un po' spezzata.

«Yayoi...»

«Adesso però dovrei davvero dormire. Sono molto stanca. A domani.»

Non aspettò neanche il suo saluto: ripose il cellulare sulla scrivania e si sdraiò sul letto. 

Spense la luce.

No, neanche quella sera aveva trovato la buona volontà di cucinare.

 

Note d'autrice

*Questa storia non segue esattamente le vicende e la cronologia del manga (ciò vale anche per i capitoli a seguire) e forse i personaggi non si confanno molto alle caratterizzazioni originali. Per questo si è preferito inserire l'avviso di OOC.

 

La poesia qui presente è tratta da Haiku. Il fiore della poesia giapponese da Basho all'Ottocento, a cura di Elena Dal Pra ed edito da Mondadori.

  
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