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Autore: Lacus Clyne    19/08/2020    4 recensioni
Una notte d'inverno. La città che non dorme mai.
Un'ombra oscura al di là della strada, qualcosa di rosso. Rosso il sangue della piccola Daisy.
Kate Hastings si ritrova suo malgrado testimone di un efferato omicidio.
E la sua vita cambia per sempre, nel momento in cui la sua strada incrocia quella di Alexander Graham, detective capo del V Dipartimento, che ha giurato di catturare il Mago a qualunque costo.
Fino a che punto l'essere umano può spingersi per ottenere ciò che vuole? Dove ha inizio il male?
Per Kate, una sola consapevolezza: "Quella notte maledetta in cui la mia vita cambiò per sempre, compresi finalmente cosa fare di essa. Per la piccola Daisy. Per chi resta. Per sopravvivere al dolore."
Attenzione: Dark Circus è una storia originale pubblicata esclusivamente su EFP. Qualunque sottrazione e ripubblicazione su piattaforme differenti (compresi siti a pagamento) NON è mai stata autorizzata dall'autrice medesima e si considera illegale e passibile di denuncia presso autorità competenti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Buon pomeriggio!! Prima parte del settimo capitolo! Come sempre, al termine, aggiungerò qualche nota! Grazie per le letture e un grazie di cuore alla mia dolcissima Evee che è ufficialmente la mia detective preferita!! <3

 

 

 

 

 

 

VII ◊

 

 

 

 

 

 

Avevo conosciuto Trevor durante un concerto di Katy Perry. Non era un grande appassionato di musica pop, dato che preferiva il rock, ma aveva accettato di accompagnare sua sorella minore, Hannah, che aveva due anni meno di me e che, come la sottoscritta, aveva proprio bisogno di trascorrere una serata diversa per staccare dallo studio. In seguito, Hannah e io avevamo avuto modo di scherzare sul fatto che Trevor, durante l’esibizione di Hot’n cold, avesse passato il tempo a fissarmi al punto che mi ero convinta che si trattasse di un maniaco. Del canto mio, inizialmente avevo cercato di evitare il suo sguardo, ma era durata poco, dato che, ogni tanto, causa insistenza della mia lungimirante Lucy, mi ero ritrovata a incrociarlo più di una volta. L’unica differenza era che quegli occhi di smeraldo prima e un timido gesto di saluto dopo non nascondevano affatto secondi e poco raccomandabili fini, ma un genuino interesse che, nell’arco di meno di due mesi, si era evoluto nel nostro primo bacio e nell’inizio della nostra storia.

Amavo Trevor ed ero ricambiata. Eravamo felici e, nonostante i nostri diverbi e le nostre differenze, avevamo trovato un equilibrio, che stavamo rinforzando un passo dopo l’altro, sebbene fossi consapevole che il futuro fosse imprevedibile e potesse assumere forme inconsuete.

Ma questo era accaduto prima che qualcuno decidesse per noi.

Una volta, gli avevo urlato contro di andare al diavolo. Lui mi aveva risposto che se avessi scelto la carriera in Polizia, sarei stata io ad andarci per prima. Avevamo litigato, ci eravamo feriti, ma poi, dopo, avevamo fatto pace. E lui si era fidato di me. L’aveva fatto sempre, anche quel giorno maledetto.

Ricordavo solo per dettagli come andò dopo che mi ripresi dallo svenimento. Era un po’ come quando il Mago aveva assassinato senza pietà Daisy Ross, ma la differenza era che prima di quel momento, non avevo idea di chi fosse quella bambina, mentre Trevor era il mio fidanzato, la persona con cui stavo da oltre due anni e mezzo e a cui ero legata personalmente. Ricordavo i vicini di casa che, sconvolti e in lacrime, parlavano con il detective Graham e col detective Wheeler. Ricordavo l’agente Jones, che con fare paterno mi aveva messo addosso una coperta pesante e mi aveva offerto del caffè caldo che avevo rifiutato. Ricordavo l’incessante via vai della Scientifica che procedeva come da manuale nelle rilevazioni. Selina, gli occhi ambrati cerchiati da occhiaie scure per non aver potuto riposare, era in prima linea con Alexis. Mi aveva abbracciato, quando era arrivata assieme al dottor Howell e aveva controllato come stessi. Alla fine, i miei colleghi non mi avevano lasciato da sola. Non lo fecero nemmeno Jace e Lucy. Quando la mia migliore amica entrò, correndo, urlando il mio nome, fu come se mi fossi risvegliata dal torpore. Ignorai le fitte alle caviglie, dato che portavo ancora i tacchi, e mi alzai di colpo, abbracciandola forte. Lucy fece lo stesso, affondando le mani nei miei capelli, ancora acconciati.

– Lucy, perché?! – fu la sola cosa che riuscii a urlare, con la voce soffocata dalle lacrime.

– Dio, Kate… non lo so! Non lo so, ma non è giusto! – esclamò, stringendomi forte a sé.

Passammo strette insieme non so quanto tempo. Lucy ebbe pazienza, nonostante il dolore che anche lei stava provando. Avevano sempre passato il tempo a battibeccare quei due, ma si volevano bene. Jace, asciugando le lacrime, aveva raggiunto i detective. Non osai voltarmi a guardare la sua reazione quando vide il corpo senza vita di Trevor, ma, più avanti, ebbi modo di comprendere che la sua morte aveva avuto un devastante impatto anche su di lui.

La parte più difficile fu quando la fredda bara d’acciaio passò davanti a noi. Fu Selina a chiedermi il permesso di portarlo in Dipartimento, annunciandomi che avrebbe eseguito personalmente l’esame autoptico. D’improvviso, l’idea di Trevor che giaceva inerte sul tavolo di metallo fu insopportabile. Servirono sia la comprensione di Lucy che la professionalità del dottor Howell a riportarmi alla ragione, dato che non potevamo fare diversamente.

– Ti prometto che avrò cura di lui, Kate. – mi rassicurò Selina, stringendomi le mani.

Ero così debole che non riuscii nemmeno a ricambiare la stretta e potei solo annuire in silenzio.

Quando gli agenti portarono via la bara, scoppiai in un pianto dirotto. Trevor non c’era più e non avrebbe più potuto far ritorno in quella casa. Nella sua casa. E cos’avrei detto alla sua famiglia? Ad Hannah, che amava suo fratello oltre ogni modo?

– Hastings. – la voce del detective Graham.

Sollevai lo sguardo, incontrando il suo, vigile nonostante l’evidente stanchezza.

– Lo so… devo avvertire i genitori di Trevor… devo fare mente locale… io posso f--

Mi interruppero le sue mani sulle mie.

– Non devi fare niente del genere. Devi riposare. Da questo momento ci pensiamo noi. –

Sgranai gli occhi. – M-Ma… io… –

La sua presa si fece più forte. – Tu niente. Sei sotto shock e al momento non puoi esserci d’aiuto in alcun modo. –

Scossi la testa. – Non può farmi questo! Non può tagliarmi fuori così! Detective Graham, la prego! La prego! Non può… per favore… – la mia voce si spense, soffocata dai singhiozzi.

– Alexander ha ragione, dottoressa Hastings. – disse a sorpresa il detective Wheeler. – Se te lo diciamo, è per esperienza personale, purtroppo. –

Mi morsi le labbra, comprendendo cosa volesse dire. Il detective Graham gli rivolse un’occhiata, poi richiamò la mia attenzione.

– Ascolta… quando ti sarai riposata, ne riparleremo. Per ora, mi sento più tranquillo sapendoti al sicuro con la signorina Garner e con Jace. Daniel e Alexis vi accompagneranno a casa e rimarranno con voi per qualunque cosa. In mattinata, col favore di una maggior lucidità mentale, affronteremo tutto questo. Per il momento, ti chiedo solo di aver pazienza e di fare come ti dico, va bene? Troveremo chiunque vi abbia fatto questo, ma ora, ho bisogno di sapere che farai come ti chiedo. –

Annuii, incapace di oppormi oltre.

Fu così che pochi minuti più tardi, mentre quell'eterna notte di Boston cominciava a schiarire, lasciai l’appartamento di Trevor, tornando a casa con una scorta d’eccezione. Quando Lucy e Alexis mi accompagnarono nella mia stanza, in cui giacevano qua e là alcuni vestiti di Trevor e i nostri ricordi, la mia migliore amica si offrì di dormire con me, come facevamo ogni tanto (in genere causa rottura di relazioni per quanto la riguardasse e causa litigi con Trevor da parte mia) e fu solo quando mi strinse a sé che riuscii, più che stanchezza che per altro, a prendere sonno.

Dormii senza sognare per tanto tempo, tanto che al mio risveglio, era già mezzogiorno passato. Balzai a sedere confusa, sulle prime, ma la realtà non si fece attendere a colpirmi con la forza di un uragano emotivo non appena il mio sguardo si posò sulla felpa Adidas blu che Trevor aveva lasciato da me solo pochi giorni prima. Lucy e Alexis corsero nella mia stanza, attirate dalle mie urla.

– Kate… – sussurrò Lucy, con i begli occhi cervoni bordati di lacrime, raggiungendomi e sedendosi accanto a me.

Alexis fece lo stesso, non appena notò la causa del mio dolore. Del canto mio, non riuscivo più a smettere di singhiozzare. Il ricordo di Trevor senza vita e il suo profumo ancora presente mi mandavano in confusione. Una parte di me desiderava ardentemente che si trattasse di un incubo, ma l’altra, sempre più razionale ad ogni minuto che passava, prendeva coscienza della verità.

– Mi dispiace tanto, Kate… – disse la mia collega, mentre Lucy mi accarezzava dolcemente i capelli.

– C-Ci sono novità? – farfugliai.

– Il detective Graham mi ha chiesto di avvisarlo non appena ti fossi svegliata. Per il resto, ci ha detto che hanno già provveduto a contattare i familiari di Trevor. –

Pensai con orrore ai suoi genitori e ad Hannah. E io ero rimasta a poltrire, al posto di star loro accanto. Feci per alzarmi, ma Lucy mi trattenne.

– Lucy, che diavolo fai? Non ce la faccio a stare qui! Il mio posto è in Dipartimento, con Trevor… non voglio che Hannah e gli altri affrontino tutto questo da soli… io ho il dovere di essere con loro! – spiegai, scostandomi dalla sua presa.

– Lo so! Lo so, ma… hai sentito il detective Graham, no? Ha detto che devi riposare ora… Kate, hai vissuto un inferno questa notte… e se dovessi incontrare la famiglia di Trevor in questo stato, come pensi che potresti essere loro d’aiuto? E poi… – la sua voce si fece più debole, mentre io alzai finalmente lo sguardo incrociando il suo.

– … poi? –

Lucy era a disagio. Non era tipo da tenersi dentro le cose, ma a volte, tendeva a temporeggiare su ciò che riguardava le situazioni problematiche.

– Lucy? –

– Credo che voglia dirti che potrebbero addossarti delle colpe che non hai, Kate… – intervenne Alexis.

Una fitta al cuore e strinsi forte le coperte. – C-Colpe? –

– Kate, ricordi il messaggio sul muro? –

Una morsa ferrea alla bocca dello stomaco mi riportò velocemente alla memoria la scritta insanguinata sul muro del salotto di Trevor. Vuoi sposarmi?

– Era per te… –

Per me. Un maledetto pazzo aveva assassinato Trevor per propormi di sposarlo. Non era possibile. Doveva esserci della malata ironia in quel messaggio, ma non c’era ragione di giustificare in tal senso quella scritta. Scossi la testa, poi guardai Lucy.

– Tu conosci Hannah… lei ha bisogno di me, ora… e anch’io ho bisogno di lei… è la sola cosa che mi rimane di Trevor… non posso rimanere qui ad aspettare ancora… – dissi, poi mi rivolsi ad Alexis. – Per favore, Alexis… tu sai che significa perdere una persona amata, per cui ti chiedo di aiutarmi. E poi, se rimanessi qui, tra i ricordi e il profumo di Trevor, rischierei di impazzire… –

Entrambe si guardarono, ma anche se mi avessero detto di no, non avrei permesso loro di fermarmi. Alla fine, convennero con me e mi lasciarono fare.

Nel tempo che impiegai a rendermi presentabile, Alexis avvisò il detective Graham, che ci attendeva in Dipartimento. Jace e Jones ci avevano già precedute, non prima che il secondo avesse lasciato per me un paio di brioches farcite da mangiare. Non avevo fame, sebbene non mangiassi decentemente dal pomeriggio prima, ma sia Alexis che Lucy furono irremovibili e mi minacciarono di non farmi uscire di casa se non avessi toccato cibo. Senza poterci far nulla, trangugiai una brioche, prima di lasciare casa, dirette verso la nostra destinazione.

Quando varcai la soglia del Dipartimento, tutto sembrava muoversi come al solito, salvo che per l’aria pesante che si respirava. In realtà, probabilmente si trattava di una mia percezione, ma vedere Jace chino sul pc nella sua postazione, talmente concentrato da non essersi nemmeno accorto della presenza di Lucy, fino a che la stessa non gli si era avvicinata, mi aveva immediatamente fatto ripensare alle volte in cui Trevor si buttava a capofitto nel lavoro e distoglierlo era impossibile se non con un abbraccio a sorpresa o con un piatto fumante davanti ai suoi occhi. Dovetti fare uno sforzo enorme per non mettermi di nuovo a piangere e fu grazie all’agente Jones che riuscii a farmi forza. Quest’ultimo, infatti, dopo un veloce scambio con Alexis, mi accompagnò direttamente al piano inferiore, dove mi attendeva il detective Graham.

Pensai che dovesse esser passato da casa per cambiarsi, ma a giudicare dalle occhiaie non doveva aver riposato granché. Mi sentii tremendamente in colpa, al pensiero che io, invece, avessi potuto farlo. Era appoggiato con la schiena al muro, proprio accanto alla porta della stanza di Selina. Nel vederci, il suo sguardo stanco si ravvivò un po’.

– Sei pronta? – mi domandò.

Strinsi le labbra, annuendo. La mia prima bugia.

– Va’ pure, Daniel. Per il resto, procedete come preventivato. –

L’agente Jones si congedò da noi, dopo che l’ebbi ringraziato per le brioche che ci aveva portato per colazione e per l’aiuto che mi aveva dato la notte prima. Sebbene fosse più giovane del mio papà, non potevo fare a meno di pensare che in qualche modo, lo fosse un po’, almeno per noi ragazzi.

– Sii forte, dottoressa. Non sei sola. – mi disse, poi mi dette una pacca affettuosa sulla spalla e andò via.

Il detective Graham attese pazientemente, poi entrò nel laboratorio. Lo seguii sentendo il cuore più pesante a ogni passo. Non mi ero mai resa conto, fino a quel momento, di cosa provassero i familiari delle vittime che erano chiamate per il riconoscimento. Angoscia e dolore che superavano ogni immaginazione, le stesse che, in misura ancor maggiore doveva aver provato lui, quando Selina dovette procedere all’esame autoptico sul corpicino di Lily. Le stesse che dovevano aver provato anche Hannah e i genitori di Trevor, che non avevo visto al mio arrivo. Feci per domandargli qualcosa in proposito, ma mi interruppi non appena entrammo nella sala autopsie.

Fredda e asettica, metallo, neon e piastrelle blu scuro. Nulla che potesse richiamare in alcun modo la vita. Come faceva Selina, così viva, a lavorare là dentro? Anche se il suo appellativo l’aiutava a separare la vita privata dal lavoro, per me era difficile anche solo immaginare di riuscire a trascorrere più di un’ora in quel posto, figuriamoci il lavorarci.

Graham si fermò davanti alle celle frigorifere, poi sospirò e aprì. Il mio cuore pesantissimo prese a battere come se volesse uscirmi dal petto nel vedere il corpo esanime di Trevor nel pallore della morte. Non tirò fuori tutta la lettiga, ma si fermò solo a mezzo busto. Selina aveva provveduto a ricomporlo. Le linee di sutura che partivano dallo stomaco e scendevano in verticale tenevano nuovamente richiuso il suo ventre orribilmente mutilato. Anche la sua mano sinistra era stata riattaccata al braccio, da ciò che potevo intravedere. E il volto… Dio mio, quel volto che solo qualche ora prima era innaturalmente deformato in una maschera di puro terrore, sembrava riposare sereno, finalmente. Istintivamente, sollevai la mano per accarezzarlo, ma mi fermai, ricordandomi della presenza del detective Graham.

– P-Posso farlo? – domandai, riconoscendo la mia stessa voce estranea nelle mie orecchie.

– Selina ha già ultimato il lavoro. Prenditi tutto il tempo di cui hai bisogno, Hastings. Ti aspetto di là. – mi disse.

Lo ringraziai per quelle parole e per quel momento di privacy. Ne avevo bisogno, visto che non credevo che sarei riuscita a resistere a lungo cercando di farmi forte.

Quando fu uscito, accarezzai la guancia fredda e inerte di Trevor. Quante volte, durante le nostre notti insieme, mi ero ritrovata ad accarezzarlo? Adoravo in particolare quando aveva quella barbetta di un giorno, che dava al suo viso una ruvidità più matura. Sfiorai le labbra senza colore, chiuse per sempre. Non avrei più sentito la sua voce. D’improvviso quel pensiero mi spaventò. Trevor era lì, davanti a me, immerso in un sonno da cui non si sarebbe mai più svegliato. E io ero imprigionata in un incubo senza fine. Qualcuno l’aveva strappato alla vita nel modo peggiore. L’aveva strappato a me. E la cosa peggiore era che aveva ritenuto divertente farlo attraverso un gesto che avrebbe dovuto rappresentare un momento di grande gioia. Mi chinai a baciare la sua fronte e ad accarezzare ancora una volta la sua guancia, resa umida dalle mie lacrime bollenti.

– Trevor… scusa… ti prego, perdonami… – sussurrai, crollando sulle ginocchia.

Non so dire quanto tempo passai a piangere davanti a lui. I miei singhiozzi erano amplificati, in quella stanza fredda, ma erano l’unico segnale di vita là dentro. Me ne resi conto solo quando, dopo un tempo interminabile, non ebbi alcuna risposta. Per quanto mi disperassi, Trevor non sarebbe tornato. Sarebbe rimasto lì, fino a che la sua famiglia non avesse deciso di portarlo con sé per dargli degna sepoltura. E allora, non avrei più potuto rivederlo. Un improvviso barlume di rabbia prese a farsi strada nel mio cuore martoriato. La persona… no, il mostro senza pietà che me lo aveva tolto doveva pagare per ciò che aveva fatto. Strinsi forte i pugni, trovando in quel pensiero la forza per rialzarmi. Quel che promisi a Trevor, nel silenzio dell’ultimo momento che avrei potuto trascorrere da sola assieme a lui, fu che non avrei avuto pace fino a che non avessi scoperto e catturato il suo assassino. E non si trattava di una promessa vana, come tante fatte solo per rassicurare i nostri interlocutori, ma di un giuramento, solenne tanto quanto quella scritta sul muro. Mi feci forte di quel pensiero, ricacciando indietro le lacrime e il dolore. Dovevo essere forte anche per Trevor ora, in nome dell’amore che ci aveva legati.

– Ti amo… – sussurrai, prima di congedarmi da lui, riaffidandolo all’abbraccio del gelo che ne preservava il corpo.

Quando tornai nell’ufficio di Selina, Graham era seduto alla sua scrivania e leggeva un report. Non commentò, ma di sicuro, aveva sentito il mio sfogo. Mi sedetti di fronte a lui.

– È il risultato dell’autopsia, vero? –

Graham assentì. – Selina voleva dartelo di persona, ma ho insistito affinché andasse a riposare. –

Annuii. – Mi dispiace tanto… a causa di quel che è successo, non avete potuto dormire… ed è anche domenica... –

Era strano pensare a come, ma soltanto poche ore prima, tutto fosse diverso. Anche il detective Graham, causa della mia confusione, sembrava all’improvviso tornato ad essere quello di sempre. Ma chissà, forse ero io quella che era cambiata, dopo aver visto la morte portarmi via in quel modo Trevor.

– Non preoccuparti di questo. Ciò che conta ora è capire come stanno le cose. –

– La ascolto. –

Graham rigirò il fascicolo tra le mani, ma non me lo dette. – Prima che tu faccia qualunque scenata, è necessario che tu sappia che data la natura personale del caso, Marcus ha ritenuto opportuno affidare le indagini a un altro Dipartimento, Hastings. –

Inarcai un sopracciglio. – Prego? –

– Hai capito bene. Te ne parlo perché tu sia pronta ad affrontare la situazione. –

– No. No! Non se ne parla, detective Graham! Si tratta di Trevor! Non posso lasciare che sia qualcun altro ad occuparsi di questo caso! Dobbiamo essere noi… insomma, mi rendo conto che ci sia di mezzo anch’io, ma non posso lasc--

Il suo sguardo si fece di colpo tagliente. – Sei tu, Kate. Sei tu l’obiettivo del Mago. E non lascerò che ti esponga a questo. – disse, la voce avvelenata dalla rabbia e dal timore.

Come se avessi ricevuto una coltellata, mi protesi istintivamente in avanti, portando la mano al cuore. Il respiro mi si era mozzato e per qualche secondo mi sentii morire.

– I-Il… Mago? Ha detto… n-no… no… non ci credo… no… –

Il volto di Graham mi apparve sfocato, al sol ricordo di quell’oscura figura che ci aveva sfidati personalmente, arrivando persino a ferire lui, senza contare l’assassinio di due bambine innocenti in quegli anni. Una di loro era stata la ragione per cui avevo intrapreso quella carriera, dopotutto. E ora, questa rivelazione…

– Dev’esserci un’altra spiegazione… un rivale di Trevor… un… non so, forse… e se fosse stato Richard Kenner? La sua ultima vendetta… no? Non è plausibile? –

Graham mi allungò il report, che presi tremando. C’erano le generalità di Trevor, i suoi dati biometrici, poi il referto autoptico che rivelava, con mio infinito orrore, che era stata l’emorragia da eviscerazione a causarne la morte, sopraggiunta nell’arco di interminabili minuti. Quanto aveva sofferto? La mano sinistra era stata amputata peri-mortem. C’erano tracce di Rohypnol nel suo sangue, in concentrazione sufficiente e paralizzarlo al punto tale da impedirgli di urlare, dopo averlo colpito dietro la nuca per stordirlo, probabilmente. Ciò che mi colpì fu anche la compatibilità dell’arma del delitto con il noto coltello impugnato da una mano mancina, ulteriore motivo per cui, date le affinità con i casi precedenti, esisteva una consistente percentuale di probabilità che l’assassino potesse essere il Mago. Il problema, il solito, era che quel mostro sapeva il fatto suo e non aveva lasciato alcun tipo di impronta, ma soltanto la sua firma e quel messaggio sul muro.

Ma perché Trevor? Perché tra tutti, accanirsi in un modo così crudele contro un ragazzo innocente?

– Perché? –

Il detective Graham fece per dire qualcosa, ma si fermò prima di dire ciò che realmente avesse in mente. – Lo scopriremo, Hastings. –

Mi limitai ad annuire, incontrando il suo sguardo. Sebbene il caso non fosse di nostra competenza, ormai, sentivo che non ne saremmo stati esclusi.

– Chi si occuperà delle indagini? –

Ebbi conferma alle mie sensazioni quando mi disse che sarebbe stato il III Dipartimento a farlo. Il detective Wheeler, per quanto potesse non andarmi a genio, aveva la giusta dose di distacco, ma al tempo stesso, non ci avrebbe mai tagliati fuori. Almeno, non completamente.

Quando mi rialzai, Graham fece lo stesso, raggiungendomi. Era stanco e pallido, ma i suoi occhi erano ancora concentrati.

– Detective Graham… –

Batté appena le lunghe ciglia scure. Soltanto poche ore prima, la sua vicinanza mi aveva aiutato a calmare i nervi dopo quanto accaduto al Four Seasons Hotel prima e a lasciare andar via la Scientifica con il corpo di Trevor poi… mi chiesi se sei anni prima, qualcuno si fosse preso la briga di far qualcosa del genere con lui, mentre pochi metri più in là, la sua bambina giaceva al freddo, senza vita. Non sapevo se fosse più la prima o la seconda ragione a guidarmi, ma mossi qualche passo in avanti e appoggiai la fronte contro il suo petto. Non avevo bisogno di esser consolata, ma solo di un contatto. Di ritrovare, per qualche istante, il senso della vita, in mezzo alla morte.

Lo sentii sussultare al mio gesto inaspettato, ma durò solo un attimo. Le sue braccia si sollevarono appena, incerte, ma solo una salì fino a sentire la sua mano sulla nuca. Il suo cuore scandiva battiti regolari e il suo profumo, che tanto mi aveva inebriato ore prima, era meno intenso, ma piacevole. Rimanemmo così per un po’, senza dire nulla. Quando mi scostai, ritrasse la mano. Alzai lo sguardo ed era lì, a guardarmi con pazienza. Feci un cenno di scuse con la testa e lasciammo la stanza per tornare al piano superiore, dove, ad attenderci, trovai i miei colleghi con Lucy, la famiglia di Trevor e il detective Wheeler.

Forte della promessa che avevo fatto a Trevor, cercai di non piangere alla vista dei suoi famigliari, già abbastanza affranti. Nello sguardo della madre Allie avevo sempre visto tanto di Trevor. Era sostenuta dal marito James e stretta alla figlia. Hannah. La dolce Hannah che amava tantissimo il suo fratellone. Da quel momento, sarebbe stata sola. Quando mi vide, sgranò i suoi occhi verdi cerchiati da occhiaie violacee e scoppiò a piangere.

– Kate! – esclamò.

Mi morsi le labbra nell’incontrare i loro sguardi distrutti.

– Hannah… signori Lynch… – sussurrai, con la voce che mi uscì esitante.

Hannah affidò la madre all’abbraccio del padre, poi corse ad abbracciarmi.

La strinsi forte, lei che era una specie di sorella acquisita. Bionda come Trevor, sebbene più scura, era sempre stata la nostra mascotte. Avevamo quasi la stessa età, ma complice un fisico minuto, sembrava più piccola. Eppure, in quel momento, sembrava invecchiata. Il suo pianto irrefrenabile aveva contribuito a far calare un drammatico silenzio, intervallato dai singhiozzi della signora Allie.

– Mi dispiace, Hannah… mi dispiace tanto… – fu tutto ciò che riuscii a dire.

Non ci sono mai parole giuste quando muore qualcuno che si ama. C’è vicinanza, silenziosa reverenza al massimo, ma per quanto si cerchi di trovare il modo giusto, nessuna parola può essere forte abbastanza da scalfire il guscio di dolore all’interno del quale ci siamo rifugiati. Non sapevo cosa il detective Wheeler avesse detto loro, ma per giunta, il pensiero che Trevor fosse stato vittima del gioco perverso che il Mago, a quanto pareva, aveva deciso di attuare con me, mi fece sentire tremendamente in colpa.

Più tardi, dopo esserci congedati con la promessa di trovare e assicurare alla giustizia l’assassino di Trevor e di organizzare assieme le esequie, potei finalmente parlare con il detective Wheeler nel privato dell’ufficio.

– Hai riposato? – mi domandò, mentre prendeva posto alla scrivania del capo. Era strano vederlo lì, ma ricordai che in passato, entrambi avevano condiviso il posto. Il detective Graham, invece, si sedette sul divanetto di pelle, di fronte a me.

– Abbastanza. Sono pronta a cercare di capire perché il Mago abbia… abbia assassinato il mio fidanzato. – risposi, con la voce che mi uscì più tremolante di quanto volessi.

Wheeler affilò lo sguardo. – In tutto questo, Alexander si è forse scordato di dirti che formalmente siete fuori dalle indagini? –

Il detective Graham fece spallucce, mentre io inarcai le sopracciglia.

– Ufficiosamente, invece, lei ci coinvolgerà, non è così? –

Alzò gli occhi al cielo, poi sbuffò. – Ad andare con lo zoppo si impara a zoppicare. Dovevo immaginare che la cattiva influenza di Alexander ti avrebbe fatto quest’effetto, prima o poi. –

Il mio capo gli rispose prima che fossi io a farlo. – Sbagli, Maximilian. La dottoressa Hastings sa essere molto più subdola di me, quando vuole. –

Sobbalzai a quelle parole. – Ma lei è dalla mia parte o no? –

Uno sguardo divertito nei suoi occhi e capii la ragione per cui aveva parlato in quel modo. Grazie a quello scambio ironico, aveva sviato momentaneamente la tensione.

– Lasciamo perdere. Quanto a te, Alexander… va’ a casa e riposa. Non ti vedevo ridotto così da… insomma, fuori dai piedi per qualche ora. –

Immaginai cosa avesse voluto intendere ma, per quanto mi infastidisse il tono con cui gli si era rivolto, dovevo riconoscere che il detective Wheeler aveva ragione.

– Puoi scordartelo. – rispose Graham.

– Cosa? – la voce seccata del collega, che mai si sarebbe abituato alla sua ostinazione.

Ma stavolta, non potevo rischiare che perdesse la salute a causa mia. Il detective Graham mi era stato vicino in tutto quel tempo. Ora toccava a me essergli d’aiuto.

– Il detective Wheeler ha ragione. Io starò bene… in fondo, si tratta soltanto di qualche ora. Poi potrà tornare ad aiutarci, no? –

La sua espressione si fece seria. C’erano preoccupazione e tensione in lui.

– Non preoccuparti per me. Sono abituato a lunghi turni di lavoro. –

Sospirai. – Non lo metto in dubbio. Ma per il bene di questa indagine e del Dipartimento, io preferirei vederla al massimo delle sue potenzialità… e allo stato attuale, è troppo stanco per valutare a giusto titolo la situazione. –

Graham rimase a fissarmi per qualche istante, incerto, stavolta. Invece, il detective Wheeler tentò di dissimulare il compiacimento.

– Credo di capire cosa volessi dire, Alexander. –

Quest’ultimo, interpellato, si alzò, passando la mano tra i capelli, ora nuovamente disordinati. Era un gesto che faceva spesso.

– Se così stanno le cose… ad ogni modo, non prendere iniziativa senza consultarmi, Maximilian. Questo caso è troppo personale per agire in maniera sconsiderata. Questa volta sappiamo chi proteggere. E ho tutta l’intenzione di catturare quel bastardo tenendo fede a questa promessa. –

Strinsi i pugni comprendendo all’istante a cosa si riferisse. La promessa che aveva fatto a Trevor… e che onorava, sin dal primo momento in cui ci eravamo trovati ad avere a che fare con il Mago.

– Detective Graham… – sussurrai.

– Va bene. – replicò Wheeler.

– Ci vediamo più tardi. – disse il capo, indossando un Woolrich nero e lasciandoci soli.

Quando fu andato via, il detective Wheeler prese il referto stilato da Selina.

– Prima di tutto, Hastings… sentite condoglianze. –

Il tono della sua voce, per quanto formale, era sincero, un po’ come qualche ora prima, al Four Seasons Hotel.

– Grazie… –

– Ascolta… è vero che esiste una certa percentuale di affinità con i casi legati al Mago, ma, francamente, mi viene difficile credere che quella persona abbia potuto cambiare il suo modus operandi e il suo obiettivo in maniera così drastica. Pertanto, vorrei provare a esplorare altre strade, se sei d’accordo. –

Annuii. Sebbene il detective Graham fosse così sicuro di quella pista, dovevo ammettere che una parte di me non riusciva a darsi una spiegazione del tutto convincente.

– Hai mai avuto trascorsi con qualcuno? Un ex, magari? –

Un ex. A parte un paio di flirt al liceo, Trevor era stato il mio primo, vero ragazzo. Con lui, avevo condiviso tutto, persino la mia prima volta. Pertanto, mi sentii di escludere a priori un’eventualità simile.

– No. A dire il vero, ho pensato che potesse essere stata opera di Richard Kenner… –

La sua espressione perplessa era eloquente in proposito, ma subito dopo si fece sospettosa.

– Avevi detto di non conoscerlo, quando te l’abbiamo chiesto. –

– Infatti era così. Almeno, avevo solo letto il fascicolo che lo riguardava. Ma di persona, l’ho conosciuto soltanto ieri mattina. E, a dirla tutta, mi era sembrato un po’ troppo interessato a me… in un modo che non mi piaceva… –

Scacciai con un brivido il ricordo della sua mano sul mio seno, lasciva.

Wheeler incrociò le braccia. – Beh… lui è uno stronzo, ma l’accanimento e il messaggio sul muro portano a ipotizzare un significativo grado di attaccamento, elemento che, a rigor di logica, Richard non possedeva. –

– Perché allora il Mago dovrebbe provare attaccamento per me? In fondo, non mi conosce direttamente… –

Almeno, non sapeva chi fosse Katherine Hastings.

– Mi chiedo se in realtà non lo sappia… per qualche strana ragione, tu, il Mago e Alexander siete collegati ormai… –

Deglutii. – Dunque anche lei nutre lo stesso sospetto, ora… –

– Volevo accertarmene. Dopo il caso di Alicia, non mi stupisco più di nulla. –

Come dargli torto? Una donna uccisa da un redivivo per conto di un insospettabile. Nemmeno se avessimo indagato nei meandri delle sue relazioni personali avremmo potuto immaginare una simile situazione in tempi rapidi.

– Cosa pensa di fare, ora? –

Spostò rapidamente gli occhi sulla scrivania.

– Intanto predisporre un livello di protezione per te. Alexander ha già provveduto a sistemare temporaneamente la situazione. E contestualmente, procedere con un’analisi dei video delle telecamere di sicurezza nel circondario. Ma voglio avvisarti, Hastings. Non è scontato riuscire a trovarlo. Se si tratta davvero del Mago, non sarà facile ottenere risultati in tempi brevi. Le sue abilità di sparizione… beh, le conosci. –

Mi rizzai sul divano, pensando a Trevor, solo pochi metri sotto di noi. – Allora faremo in modo che si mostri. Non permetterò all’assassino di Trevor, di Daisy Ross e di Lily Graham di sparire. Non fino a che non avrà ricevuto la giusta punizione per i suoi crimini. Poi, potrà sparire… ma dalla faccia della Terra. –

La mia voce risuonò gelida e il detective Wheeler rimase a guardarmi, stupito.

– Faremo tutto il possibile… ma né tu né Alexander dovrete agire per vostro conto. Ho già faticato abbastanza per farmi assegnare il caso ed è un rischio mettervi al corrente delle indagini, ma Elizabeth non me l’avrebbe perdonato. Solo, non fatemi pentire di averlo fatto. –

– Elizabeth ha fatto questo? –

– Già… ah, questo… credo ti appartenga. – disse, spostando la conversazione su altro. Si alzò, portando con sé una bustina di plastica che mi cedette. Fui sopraffatta dal turbinio di emozioni che avevo cercato di reprimere fino a quel momento quando vidi, all’interno, il Trilogy che Trevor aveva intenzione di donarmi. Le mie mani tremavano sotto il peso di quell’anello, al ricordo della posizione in cui si trovava. La posai velocemente sul tavolino, sentendo un forte dolore alla bocca dello stomaco.

– Hastings? –

– N-Non lo voglio… – farfugliai, in panico.

– È stato repertato, ma essendo un oggetto personale, può essere restituito. Ho pensato che fosse giusto che lo avessi tu, ma se preferisci, posso restituirlo alla famiglia Lynch. –

Sapevo che le sue intenzioni erano buone, ma il pensiero di quell’anello era improvvisamente troppo grande da gestire. Il significato che aveva, una vita insieme, una promessa d’eterno amore, era stato totalmente travisato. In quel momento, era un meme ento della morte di Trevor. Però, restituirlo alla sua famiglia… anche quello mi sembrò improvvisamente un’idea crudele.

– Per favore… lo lasci qui, ancora per un po’… –

Il detective Wheeler annuì, poi lo raccolse e io, riuscii a tranquillizzarmi, almeno un pochino.

– Grazie… – mormorai.

– Figurati. In ogni caso, prenditi qualche giorno. So che Alexander te l’aveva già detto, ma te lo consiglio anch’io. –

Mi morsi le labbra. – Anche questo è un mascherato consiglio di Elizabeth? –

Wheeler trasse un lungo respiro. – No. Si tratta del consiglio di qualcuno che ha visto il proprio migliore amico perdere il lume della ragione per inseguire un fantasma e la donna che amava disperarsi per lui e per la figlia che avevano perso. –

A quelle parole, sentii le lacrime pungermi gli occhi.

– Non sono io a dovertelo dire, ma dovresti sapere più di chiunque che hai bisogno di elaborare il lutto. –

Annuii tra i singhiozzi che cercavo di soffocare, senza più riuscire a dire una parola.

 


Quando rientrai a casa, accompagnata da Jace e da Lucy, più silenziosi che mai, fu dura. Per la prima volta, mi resi conto dell’assenza di Trevor e questo mi rese inquieta. Non riuscivo a esser di compagnia, pur sapendo che anche loro condividevano il mio dolore, per cui mi chiusi in camera chiedendo loro di far finta che non ci fossi. Credevo che ci fosse un limite alla capacità umana di piangere. Ebbene, non c’era… o se c’era, allora non l’avevo ancora raggiunto. Indossai la felpa di Trevor, così calda e avvolgente, come lui, e mi gettai sul letto, stringendo tra le braccia un cuscino. Dopo tanto, mi decisi a prendere il mio smartphone per scrivere a Selina e per chiamare Hannah. C’erano messaggi di cordoglio da parte di conoscenti, altri della stessa Selina che mi chiedeva come stessi, altri ancora di mia madre, che mi chiedeva di chiamarla, preoccupata. Avevo tanto da rispondere, ma non riuscii a farlo, perché mi soffermai sui messaggi di Trevor. Le nostre conversazioni registrate in una memoria virtuale. Piangevo affranta nel riascoltare i suoi messaggi vocali. La sua voce risuonava nella mia stanza, viva, unico ricordo ormai. L’aveva fatto anche il giorno prima e in quei messaggi, potevo percepire una miriade di emozioni.

« So che non puoi sentirlo ora, ma sappi che anche se sono preoccupato, so che riuscirai alla grande. Faccio il tifo per te. Sta’ attenta. »

« Sto per entrare in sala conferenze. Incrocia le dita per me. Ti amo, Kate. »

« Amore mio, ce l’abbiamo fatta! Il mio progetto è stato approvato! Non vedo l’ora di riabbracciarti! »

« Torna presto, Kate… mi manchi. »

Poi i miei messaggi, scritti mentre rientravo, insieme al detective Graham e il suo ultimo, stavolta scritto.

“Sarò qui ad aspettarti.”

Guardai l’ora, notando, con orrore, che era conseguente all’ora presunta della morte di Trevor. Balzai a sedere, mordendo l’unghia del pollice, quando mi resi conto che a scrivere quel messaggio non era stato Trevor, ma il suo assassino.

Sarò qui ad aspettarti…

Sarò qui… ad aspettarti…

Una promessa. Una vile, inquietante promessa.

Mi alzai dal letto e corsi nel soggiorno, dove Lucy e Trevor stavano sistemando tavola per la cena.

– Kate, che succede? – mi chiese Lucy, preoccupata.

Mostrai loro il telefono. – Guardate! Questo è l’ultimo messaggio di Trevor… o meglio, credevo fosse suo, ma non lo è… è stato il suo assassino a mandarlo! Jace, puoi scoprire se in quel range orario le telecamere hanno ripreso qualcuno uscire dal condominio di Trevor? –

Jace sgranò gli occhi nocciola per un istante, ma poi tornò presto all’espressione compunta.

– Jace! Per favore! –

– Ho provato, Kate… ci ho già provato dal primo momento in cui abbiamo raggiunto casa di Trevor… ma non c’erano telecamere. Se ci fossero state banche o degli uffici pubblici, magari, sarei riuscito a reperire qualcosa, ma nulla, nemmeno impronte… mi dispiace tanto… –

Rimasi col telefono in mano a mezz’aria, impotente come non mai, tanto quanto lo erano Jace e Lucy in quel momento.

– Kate… vedrai che lo troverete… ne sono certa… –

Mi morsi il labbro inferiore nel sentire la voce assolutamente incerta di Lucy. Sapevo che voleva darmi coraggio, ma la realtà era che il Mago si era guadagnato quel nome non certo per caso. La sua capacità di scomparire dopo aver compiuto crimini aberranti era la ragione dell’incapacità della polizia di identificarlo.

– Lucy ha ragione, Kate… – disse Jace, raggiungendomi. Poi, inaspettatamente, le sue braccia mi avvolsero. Calore e conforto, quello che il mio nerd scavezzacollo preferito mi stava offrendo. Eppure, anche lui sembrava averne bisogno. Tesi la mano anche a Lucy, che era lì a guardarci con i suoi meravigliosi occhi tristi. E in breve, tutti e tre ci ritrovammo a piangere la morte di una persona a noi cara e troppo presto tolta.

Non so dire quanto tempo trascorremmo così, ma di certo mi fu d’aiuto, tanto più che alla fine riuscii anche a mangiare qualcosa assieme a loro. E infine, una volta congedatici per la notte, mi decisi a chiamare mia madre.

La linea era libera, ma stranamente, a ogni squillo, mi sentivo inquieta. Come avrei potuto spiegare ciò che era accaduto senza che andasse nel panico? Avevamo un buon rapporto, parlavamo tranquillamente, ma la sua propensione all’iperprotezione a volte era troppo anche per me. Eppure, realizzai proprio in quel momento che non mi ero mai resa conto di quanto avessi bisogno di sentire la sua voce.

« Katie! »

Bastò il solo suono del mio nome pronunciato da lei e proruppi in un pianto dirotto.

– Mamma! Oh, mamma!! –

 

***

 

I giorni che seguirono furono senza alcun dubbio i più impegnativi e dolorosi di tutta la mia vita. Sebbene a malincuore, avevo accettato il consiglio del detective Wheeler e avevo preso dei giorni di aspettativa e così, lontana dal Dipartimento, ma supportata da Lucy, avevo potuto aiutare la famiglia Lynch nell’organizzazione delle esequie funebri.

Queste ebbero luogo in un tiepido pomeriggio al riparo dalla pioggia. Per volontà della signora Allie, Trevor sarebbe stato sepolto a Central Burying Ground, vicino al nonno materno a cui era sempre stato molto affezionato. Io ero accanto ad Hannah, che aveva ormai esaurito le lacrime a furia di piangere per l’amato fratello. Assieme a noi, c’erano i miei genitori, dei colleghi di lavoro di Trevor, i nostri amici e i miei colleghi, oltre che altri membri della sua famiglia. Tutti concordi nel ricordarlo per la persona straordinaria che era. Ma la verità era che solo pochi di loro sapevano quanto sapesse essere testardo e dolce realmente. Nessuno poi, sapeva che Trevor aveva la strana abitudine di schioccare le dita dei piedi ogni volta che si metteva sotto le coperte o che, quando facevamo la doccia insieme (e non eravamo impegnati in altre attività), seguiva un preciso schema nel lavarsi… d’improvviso, la realizzazione che non avrei più avuto a che fare con quelle peculiarità mi sembrò terribile. Strinsi più forte le mani di Hannah, che mi guardò. Ci fu una silenziosa comprensione, mentre il prete impartiva l’ultima benedizione e affidava all’addetto il compito di calare la bara in acciaio nella fossa. Trattenni un singhiozzo, ma non le lacrime che continuavano a scendere copiose, velando tutta la scena, come a voler schermare un dolore troppo grande. Poi fu il turno delle rose che ognuno aveva con sé. L’ultima volta che le avevo ricevute, era stato dopo aver discusso per via del mio lavoro. Solo che a prenderle era stata Lucy. La mia migliore amica, ora stretta al suo Jace. I nostri amici più cari. Furono i primi a porgergli l’ultimo saluto, anche loro distrutti dal dolore. Poi, a seconda dell’ordine, tutti i presenti lasciarono le rose che avevano in mano sulla bara. Quando toccò a me, mi resi conto di non riuscire a lasciar andare quel fiore. Per quanto difficile, continuavo ad associarlo a un ricordo felice. E in quel momento, desideravo trattenerlo con me, così come avrei voluto trattenere Trevor. Ignorai lo sguardo degli astanti su di me, continuando a fissare la bara poco più sotto.

– Tesoro… – la voce di mia madre, addolorata e gentile, ora vicino a me.

Scossi la testa, affranta.

– Kate. – il mio nome pronunciato da un’altra voce, più profonda e comprensiva, di cui ormai conoscevo bene l’effetto. Mi voltai appena. Il detective Graham, che era rimasto in silenzio fino a quel momento, si avvicinò a me e mi prese la mano libera, passandomi qualcosa che avevo, in quei giorni, rimosso. Sgranai gli occhi nel vedere l’anello di fidanzamento che Trevor aveva comprato per me e che avevo chiesto di conservare nella scrivania del capo. Lo guardai sconvolta, poi rialzai lo sguardo fino ad incontrare il suo, dolorosamente consapevole di ciò che stavo provando in quel momento. Non disse nulla, ma un leggero cenno mi fece capire che era ciò di cui avevo bisogno. Si allontanò appena, senza abbandonarmi. Ricacciai a fatica indietro un moto di pianto e guardai l’anello, poi mi chinai e lo baciai.

– Addio, Trevor… amore mio… – sussurrai, prima di posarlo sulla bara, tra tante rose. Solo allora percepii un insolito senso di tranquillità. Un ricordo che doveva essere felice, ma che non lo era stato, eppure importante. Importante come quell’anello che in poco tempo scomparve sotto una pioggia di terra compatta. Una promessa diversa, ma ugualmente forte e preziosa come il diamante.

Lo troverò, Trevor… a qualunque costo.

 

La sera stessa, dopo aver trascorso la commemorazione tutti assieme, salutai la famiglia Lynch. Prima di me, sia il detective Graham che il detective Wheeler avevano preso congedo avendo cura di rassicurarli sul fatto che le indagini sarebbero andate avanti fino a che non avessimo preso il colpevole e che avrebbero fatto in modo di onorare la memoria di Trevor. Da parte dei Lynch ci fu un’incredibile compostezza, tratto condiviso dal figlio. E quando fu il mio turno, sia la signora Allie sia Hannah mi strinsero in un forte e sentito abbraccio. Alla fine, le paure di Lucy e di Alexis non avevano trovato fondamento e questo mi rese un po’ meno ansiosa.

– Per Trevor eri tutto, Katherine… – disse il signor Lynch, quando lo abbracciai.

– Anche lui lo era per me… e come hanno detto i miei colleghi, non lasceremo che il suo assassino agisca impunito… glielo devo e così sarà. – risposi, notando un fremito d’agitazione nei miei genitori vicino a me.

La signora Allie intervenne, con i begli occhi stanchi, ma ancora vigili. – Promettici solo che starai attenta… sono sicura che Trevor avrebbe voluto così. Non lasciare che la sua morte sia stata… – si interruppe, senza riuscire a soffocare i singhiozzi.

Annuii e la abbracciai forte. – Mai… mai, glielo prometto… –

Quando si fu calmata, fu il turno di Hannah, che mi prese le mani. – Saremmo state sorelle, Kate… –

Il mio cuore mancò un battito, ma poi ricambiai la stretta e portai le sue mani alle labbra.

– Lo saremo ugualmente, Hannah… –

I suoi occhioni verdi si gonfiarono delle lacrime che non aveva versato poche ore prima.

– Ti voglio bene! –

– Anch’io, sempre! –

E con quel rinnovato legame, ci separammo.

Quello che non sapevo, una volta raggiunta l’auto dei miei, era che il detective Graham era rimasto ad attenderci. Fu una sorpresa, così come lo fu il vederlo in confidenza con la mia famiglia.

– L’abbiamo fatta attendere. – disse mio padre, agitando le mani in segno di scuse.

– Non c’è problema. Certe situazioni hanno bisogno di tempo. – rispose, poi si rivolse a me.

– Sei stata coraggiosa, Hastings. –

Arrossii appena. Mettermi in imbarazzo persino davanti ai miei genitori… – Piuttosto… perché è rimasto qui? –

Non rispose, ma guardò i miei.

– Kate, il detective Graham ritiene che sia meglio se per qualche tempo venissi a stare un po’ a casa… è la ragione per cui siamo venuti di persona, a parte che per vicinanza alla famiglia di Trevor, naturalmente… – mi spiegò la mamma.

Avvampai. – Siete impazziti? E lei da quando in qua cospira alle mie spalle?! –

Graham non si scompose, ma i miei genitori furono alquanto contrariati dal sentirmi rivolgere così al mio capo.

– Katherine! – la voce contrariata di papà, che sentivo davvero di rado.

Che stronzo, aveva capito che l’unico modo per farmi allontanare era chiedere l’aiuto della mia famiglia, soprattutto perché non mi sarei opposta a mio padre in sua presenza.

– Posso parlarle un attimo in privato? – domandai.

Ero abbastanza alterata, ma proprio in virtù del rispetto che credevo ci fosse tra noi, avevo ancora la decenza di non affrontare certi discorsi davanti ad altre persone, soprattutto se si trattava di famigliari.

Graham assentì. – Ve la mando tra poco. Per qualunque cosa, sono a vostra disposizione. Signora Hastings, signor Hastings. – fece un cenno di saluto e poi si allontanò verso la sua auto.

– Kate, per favore, è importante. – disse la mamma.

Guardai di sottecchi entrambi, poi raggiunsi il detective Graham.

– Questa non me la doveva fare. Davvero, non capisco perché! Ho fatto come mi aveva detto, non ho preso iniziative e ora, tutto d’un tratto, mi taglia fuori così senza nemmeno interpellarmi! Credevo di contare un po’ di più per lei, lo sa? –

Ebbi la soddisfazione di vedere un fremito improvviso tra le sue sopracciglia, poi sospirò.

– Due settimane. Ti chiedo di prendere due settimane di tempo. –

– Due settimane… e certo, lei crede di poter trovare il Mago in due settimane? Mi scusi, ma se non ci è riuscito in tutti questi anni, come pensa di--

– Piantala di fare la ragazzina viziata! – ordinò, tagliando corto.

Sobbalzai a quell’appellativo, scossa come se avessi battuto contro una parete di roccia.

– C-Come? –

– Non sei così indispensabile come credi, Hastings. Se poi pensi di esserlo, sei libera di cambiare Dipartimento in ogni momento o di scegliere un’altra carriera. Dopotutto, sei brava a capire le esigenze degli altri, no? – sibilò.

Chi era quell’uomo che avevo davanti, così improvvisamente freddo e distaccato? Non poteva essere Alexander Graham, lo stesso che aveva promesso a Trevor di proteggermi e così aveva fatto, sempre. Lo osservai, stretto nel suo completo nero, le mani in tasca, glaciale e imperturbabile. Mi morsi le labbra, cercando di reprimere il moto di impotenza. In fin dei conti, non aveva tutti i torti, ma il fatto che proprio lui mi parlasse in quel modo, mi faceva sentire ancora peggio.

– Dice sul serio? Non mi vuole qui? – balbettai, con la voce impastata e la testa che tamburellava a ritmo del mio cuore.

I suoi occhi blu notte, implacabilmente resi ancor più scuri dalla poca luce, mi dettero la risposta.

Scossi la testa e feci un passo indietro. Lui non si scompose. – Se è così, allora non ha senso continuare questa conversazione… ma sappia solo che troverò comunque il modo di rintracciare il Mago, con o senza di lei. –

Le sue labbra si mossero appena, ma non un filo di voce uscì da esse. Sorrisi amaramente, poi feci un cenno con la testa.

– Bene. Arrivederci, detective Graham. – sentenziai, prima di girare i tacchi e raggiungere la Cadillac Sedan in cui mi attendevano i miei genitori. Furono passi pesanti, perché una parte di me era delusa e arrabbiata, ma un’altra sperava ardentemente che lui mi fermasse e mi dicesse che stava bluffando. Purtroppo, la realizzazione fu dura, proprio quando vidi la sua Veloster metallizzata sfrecciare e allontanarsi lontano da noi.

 

Fu così che, dopo un obbligatorio passaggio a casa con tanto di sfogo da parte mia e di ascolto preoccupato da parte di Lucy e Jace, tornai a Shrewsbury, la mia città natale, assieme ai miei genitori. Non riuscii a spiccicare parola durante il viaggio, dal momento che mi sentivo già abbastanza tradita dai miei e così, sprofondata nella musica per il tempo necessario, finii col chiudermi nei miei pensieri. Naturalmente, la maggior parte di essi riguardava Trevor, ma c’era anche la parte che mi dava grattacapi, ovvero il comportamento del detective Graham. Continuavo a non capire perché si fosse preso la briga di liquidarmi in quel modo, tanto più che anche Jace era rimasto alquanto turbato da quella decisione. Oltretutto, considerando le occhiate che sia mia madre che mio padre continuavano a lanciarmi dagli specchietti, immaginai che chiedere loro di illuminarmi sarebbe stato un dar loro campo libero alle dissertazioni sulla necessità di essere protetta. Il Mago era stato chiaro nelle sue intenzioni, ma proprio in virtù di ciò che mi era stato sempre insegnato, ovvero onorare la giustizia, non riuscivo a capire il perché dovessi essere allontanata dal solo posto che mi avrebbe consentito di agire legalmente. A meno che il detective Graham non ritenesse che in quel modo avrei potuto concentrarmi maggiormente sul caso lontana da ricordi troppo vividi e dolorosi. Ma in quel caso, perché non dirmelo? Certo, non potevo non riconoscere che in fin dei conti le sue parole avevano un fondo di verità. Mi ero comportata da ragazzina, quello era sicuro, ma in quel momento, pensavo davvero che avesse esagerato. Ciononostante, non avevo intenzione di tornare sui miei passi. Non lo facevo per orgoglio, ma volevo che si rendesse conto di quanto ci fossi dentro anch’io. Per questo, mi ripromisi che avrei comunque fatto di tutto per trovare l’assassino di Trevor.

Una volta a casa, ormai in piena notte, chiesi ai miei di poter rimandare qualunque discussione al giorno seguente. Ero esausta e l’aria di casa, così confortevole e rassicurante, aveva fatto il resto. Tuttavia, prima di prendere congedo, li rassicurai sul mio stato di salute e li baciai entrambi. In casa mia vigeva una regola sin da quand’ero bambina: mai andare a dormire con un cruccio o col magone. Pertanto, tornata su suolo genitoriale, ripresi quella vecchia, ma in fondo saggia, abitudine. Quando salii nella mia stanza, ordinatissima (segno tangibile che non ci mettevo piede da un po’) e piena di pupazzi, mi gettai sul letto e raccolsi tra le mie braccia Oz, il mio vecchissimo e un po’ rovinato peluche a forma di scimmia che risaliva alla mia prima infanzia. Non impazzivo per le scimmie, a dirla tutta, ma lui aveva qualcosa di speciale, perché mi era stato regalato durante uno spettacolo circense sul Mago di Oz, quand'ero piccola. Pensandoci, forse era stata l’unica cosa positiva, dato che non avevo bei ricordi legati ad esso. Sospirai e lo abbracciai forte e il mio pensiero straziante, poco prima di essere sopraffatta dal sonno fu per Trevor, solo, al freddo, irrimediabilmente lontano.

 

 

 

 


*************************************

Ok, mi sono resa conto che il capitolo è piuttosto lungo così e spero che non risulti troppo pesante. Per me, emotivamente lo è stato, perché non mi ero resa conto, nello scrivere, di cosa significasse dover trattare un dolore così forte come quello che sta provando Kate. Ho voluto appositamente soffermarmi su di esso, sul tempo e su quanto abbia avuto bisogno di aver accanto la sua famiglia e i suoi amici, ma anche su quanto sia stata terrorizzata. Il Mago è ricomparso nella sua vita e le ha brutalmente strappato la persona che amava, avanzando un monito. Cosa accadrà? Grazie a chi ha avuto il coraggio di leggere finora, intanto!!  Alla prossima!!

  
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