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Autore: Tenar80    20/08/2020    1 recensioni
2032
Victor e Yuuri gestiscono un'accademia di pattinaggio in Giappone.
Otabek e Yurio si sono da poco accasati in Inghilterra.
La vita scorre, non sempre sui binari che erano stati progettati.
Questa storia conclude la serie "Stagioni".
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Stagioni'
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Ciao a tutti/e,

tantissimo tempo fa avevo promesso che il mio viaggio nel mondo di Yuri on Ice si sarebbe concluso nel 2032. Poi c’è stata una pandemia globale, con tanto di un paio di apocalissi in formato di asteroidi che ci hanno sfiorato e il mio tempo libero è evaporato tutto d’un colpo. Per tutto questo periodo Victori, Yuri, Yurio, Otabek e tutti gli altri hanno continuato a vivere nel mio salotto mentale, ben sistemati sul divano leopardato scelto da Yurio e si sono ripresentati puntuali all’inizio delle vacanze. 

Questa è la storia che conclude il mio viaggio con loro, era progettata da tantissimo tempo, l’extra conclusivo è stato scritto per il Natale del 2018! Per chi ha avuto la pazienza di leggere fin qui, spero che questo sia un buon finale. Racconta di cose che mi stanno molto a cuore e spero, come sempre, di non urtare la sensibilità di nessuno. Si parla, ancora un po’, di abbandoni e di famiglie che vanno a costruirsi non proprio o non sempre com’erano state progettate o come stanno nel dizionario alla voce «famiglia», ma non per questo sono meno vere.

Per chi fosse giunto per caso in questi lidi, credo che la storia sia comunque comprensibile. Siamo nel 2032, quindi ere geologiche dopo la serie, ma Victor e Yuuri stanno insieme in Giappone e Otabek e Yurio stanno insieme in Inghilterra, il che mi sembra già un buon risultato. Certo, se volete sapere perché Otabek fa un lavoro che non ha nulla a che fare col pattinaggio, perché Victor ha un nipote o quando si sia infortunato Yuuri, temo vi tocchi leggere tutte le storie della serie «Stagioni».

Come sempre, questa storia non esisterebbe senza Elina e Thalia, numi tutelari dei miei pattinini e supporto indispensabile per me che li scrivo. 

 



 

 

IMPREVISTI

La vita è quella cosa che ti succede

mentre sei impegnato a fare altri progetti.

J. Lennon

 

Maggio 2032

 

Hasetsu

 

    Con cautela, Victor richiuse il cancelletto di casa dietro i cani. 

    Liza andò subito a sedersi sul prato, nella sua posizione preferita, vicino alla panca di pietra sotto la magnolia. A quattordici anni era un delitto che dovesse essere già così vecchia. Doveva essere stato un dio crudele quello che aveva stabilito il limite della vita dei cani. Doveva chiedere a Yuuri, i giapponesi avevano divinità o semidivinità per qualsiasi cosa, forse anche per l’età dei cani. Ark, del tutto tutto ignaro della fatica della sua compagna, preso dall’irruenza dei suoi tre anni, invece guardava Victor con i suoi occhi bicolori nella speranza di un secondo giro. Qualche volta capitava.

    – Oggi no – gli sussurrò il padrone, in russo.

    Ark, per tutta risposta ansimò, perplesso.

    Era un cane improbabile. Più alto di Liza sulle sue magrissime zampe, aveva il pelo corto, bianco e nero, un po’ a chiazze e un po’ a puntini, gli occhi di colore diverso, uno ghiaccio e uno marrone e la lingua di un rosso abbagliante sempre fuori dalla bocca di almeno dieci centimetri. Victor era stato convinto per anni che in Giappone non ci fossero randagi. Lo aveva pensato fino a che Ark, allora cucciolo, magrissimo e con una visibile escoriazione sulla coda, aveva iniziato a seguirlo sul retro di un palaghiaccio in Hokkaido. Victor aveva provato a lasciarlo con una mezza carezza entrando nella struttura e cinque ore dopo, alla fine della masterclass, lo aveva ritrovato all’uscita, semicongelato. Non lo aveva adottato, era stato messo con le spalle al muro.

    – Ho di meglio da fare – gli disse, facendogli l’occhiolino.

    C’era almeno un’ora prima che la giornata li risucchiasse nella sua spirale di impegni. Il tempo per preparare e sistemare la spremuta vicino al bollitore per il caffè, mettere due biscotti a fianco di ogni tazza, darsi una sciacquata veloce e poi infilarsi nudo e ancora un po’ umido nel futon di Yuuri.

    Non avrebbe saputo dire se era una questione di conoscenza approfondita, mancanza di ansia da prestazione o altro, ma il sesso a quarant’anni forse non era frequente com’era stato a venti o a trenta, ma per certi versi era più soddisfacente.

    Per prima cosa avrebbe fatto percepire a Yuuri la presenza del suo corpo. Suo marito odiava svegliarsi di soprassalto, quindi avrebbe atteso almeno un mugugno di assenso, prima di iniziare ad accarezzarlo. Una volta, Victor aveva amato sentirne i muscoli guizzanti sotto pelle, le costole ben distinguibili sotto i polpastrelli. Col tempo Yuuri si era un poco appesantito e con una certa sorpresa Victor aveva scoperto che adorava giocare con le pieghe della pelle sulla pancia del marito. Avrebbe fatto così anche quella mattina, fino a che Yuuri non fosse stato abbastanza sveglio per decidere cosa gli andasse di fare. Avevano entrambi una giornata impegnativa ad aspettarli, non si sarebbero più rivisti fino a sera e Victor aveva tutto l’intenzione di prendere il meglio da quell’ora tutta per loro.

 

*

 

Newcastle.

 

    – Vieni a mangiare con noi? – chiese Shanna. – È tornata Jennifer. 

    Il collega rispose con il suo abituale mezzo sorriso, che lei continuava a trovare il più affascinante dell’ateneo, nonostante l’enorme pietra che ormai ci aveva messo sopra.

    – Davvero? Magari un altro giorno. Oggi devo coprire anche Matematica uno.

    – Nessun problema – lo salutò Shanna con la mano.

 

    Jennifer e Rosemary la aspettavano appena oltre la porta scorrevole dell’atrio dell’università.

    – Ehi, ma allora c’è ancora del tenero tra voi! – commentò Jennifer, a cui il breve scambio non era sfuggito.

    – No, non c’è mai stati del tenero – cercò di tagliar corto Shanna.

    – E comunque ora lui non è più sul mercato. Sposato – si intromise con aria pettegola Rosemary.

    Fu gratificata dallo sgranarsi degli occhi di Jennifer.

    – “Una notte e addio” si è sposato? 

    – Le cose cambiano – mormorò Shanna, acida.

    Jennifer era appena tornata dopo quattro anni di post doc all’Università di Dublino e la prima cosa su cui Rosemary aveva pensato di aggiornarla era lo stato sentimentale dell’uomo per cui aveva preso, all’epoca, una sbandata colossale? Aveva ragione sua madre, doveva farlo quel concorso a Oxford e lasciarsi indietro quel posto pettegolo circondato da pecore. 

    – È stata una cosa un po’ strana, in effetti – iniziò a raccontare Rosmery, mentre con la mano indicava il solito bar a pochi passi dall’ateneo.

    Quello non era cambiato per niente. Senza volerlo Shanna rivide la se stessa di oltre quattro anni prima, imbacuccata nel piumino, sotto la neve, in attesa di svelare alle amiche di essere riuscita a infilarsi nell’ambito letto del professor Altin. Le donne del dipartimento di Matematica dell’università di Newcastle avevano fatto una scommessa su chi ci sarebbe arrivata per prima e Shanna non vedeva l’ora di riscuotere la propria birra e di tacere che in quel letto ci sarebbe tornata volentieri ancora e ancora e non solo per scommessa.

    – Se non fossi passata per caso dalla segreteria non avrei mai scoperto che i quindici giorni che si è preso… Ormai sono due anni giusti… Erano licenza matrimoniale.

    Senza smettere di raccontare, Rosmery le guidò a quello che era il loro solito tavolo, addossato alla finestra che dava sul piccolo parco.

    – Niente partecipazioni, inviti, confetti, niente. Se ne torna bello bello dal giro della California in moto senza dire niente sui motivi di quella vacanza, neppure alla sottoscritta che si è smazzata tutta la sua sessione di esami. Però l’anello al dito ce l’ha. Sottile, ma di platino.

    Chissà, si chiese Shanna, non per la prima volta, com’era stato possibile che in un momento imprecisato tra quella notte di gennaio e il maggio di due anni dopo qualcuno di fosse incuneato così nel profondo di quegli occhi scuri.

    – Ma saprete ben com’è questa donna del mistero! – disse Jennifer, dopo che ebbero ordinato.

    – Non dare così per scontato che sia una donna – borbottò Shanna.

    La cosa avrebbe dovuto consolarla. Era evidente che non avrebbe proprio potuto competere con il suo tipo ideale.

    – No! – esclamò Jennifer, sempre più avida di pettegolezzi. – Quindi Fred di Fisica del Materiali ha sempre avuto ragione? Ma non era mussulmano?

    – Evidentemente lui non sa di maiale – commentò Shanna, acida.

    – Bisessuale – confermò Rosemary. – È saltato fuori che era uscito anche col barista dello Skye.

    – Ma lo avete visto? – insistette Jennifer.

    – Forse, di sfuggita – sospirò Rosmary.

    Per la più grande pettegola di Newcastle non avere un identikit del marito misterioso era uno smacco non da poco.

    – Io l’ho visto – ammise Shanna. – Un paio di volte.

    Abbastanza per capire che non c’era partita. Un giorno, dalla finestra del proprio laboratorio, aveva visto arrivare nel parcheggio dei dipendenti una moto verde con su due uomini. Non l’aveva mai vista. L’unico collega che usasse la moto era proprio il kazako, ma la sua era nera. Invece il professor Altin era sceso da posto del passeggero. L’altro si era tolto il casco rosso, aveva scosso un’assurda chioma dorata e aveva sfoderato un’espressione a metà tra un ringhio e un sorriso nel viso da modello. Se Shanna avesse dovuto immaginare l’esatto opposto del quasi militaresco docente di matematica non avrebbe trovato di meglio. Non si erano baciati, si erano limitati a un cenno di saluto con la mano, ma lo sguardo che Altin, di una dolcezza quasi struggente, aveva lanciato a quell’uomo, Shanna non lo aveva visto rivolto a nessun altro, tanto meno a lei.

    – Molto biondo – fu tutta la descrizione che la ricercatrice riuscì a fornire alle amiche.

    – Ci sono delle voci, ovviamente – continuò Rosemary. – Dato che nessuno lo ha mai visto o sentito nominare magari è solo una questione di documenti. Un altro gay o bisex di uno stato bigotto e in culo ai lupi a cui dare in fretta cittadinanza britannica.

    – Con una fede in platino? – obiettò Jennifer.

    – Secondo Mary, invece Altin ha perso la testa per uno che si fa mantenere – intervenne Shanna. 

    Almeno un pettegolezzo cattivo su “una notte e mai più” poteva concederselo, no?

    – Sai, lei sa il russo e una volta lo ha sentito al telefono. Diceva una cosa del tipo «non me ne frega niente se non vuoi lavorare. Trovati un hobby, fai la maglia, fai volontariato, ma se ti trovo ancora a passare la giornata sul divano ti rompo tutte le ossa a calci!».

   
 
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