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Autore: Redferne    20/08/2020    6 recensioni
Tra Nick e Judy sta accadendo qualcosa di totalmente nuovo ed inaspettato.
E mentre Nick cerca di comprendere i suoi veri sentimenti nei confronti della sua collega ed amica, fa una promessa a lei e a sé stesso: proteggerla, a qualunque costo.
Ma fare il poliziotto a Zootropolis sta diventando sempre piu' pericoloso...
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Capitan Bogo, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 76

 

 

 

 

REBORN!! - IN THE NAME OF HER

 

(RINASCI IN SUO NOME)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Stava accadendo.

Stava accadendo di nuovo. Anzi...

Era appena accaduto di nuovo.

Proprio come in occasione del primo sogno.

Del primo viaggio.

Quello nella savana. Alla rupe dei Re.

Per voler essere precisi al battesimo dell'appena nato.

Del nuovo arrivato.

Del principino, ed un giorno futuro sovrano.

Forse.

Se ci arriva, a sedere sul trono.

E non solo in senso puramente simbolico, vista la compromettente bassezza. Sia di statura che di morale.

La cerimonia. Con tanto di sacerdote ed officiante appartenente ad una razza nuova e mai vista prima. Tanto stramba quanto sconosciuta.

E della parata di mammiferi nudisti e con ritrovata postura a quattro zampe giusto per l'occasione, messi a gran raduno e concilio davanti alla rupe stessa.

Era appena accaduto. Di nuovo.

Quello che era successo quando lo sciamano aveva mostrato il piccolo a quelli che, a detta e ad opinione di tutti, almeno lì...dovevano essere e rappresentare i legittimi quanto naturali gentori.

E se lo sosteneva la moltitudine...allora doveva essere vero.

Doveva essere senz'altro così.

Del resto...lo dicevano anche nella tanto decantata epoca classica, no?

E a quei tempi...la sapevano di sicuro lunga.

Molto, molto, moto ma molto lunga. Parecchio.

Non a caso...quasi tutti i loro detti sono sopravvissuti e si sono tramandati sino ai oggi, sino ai tempi odierni.

E com'é che faceva, quel benedetto proverbio?

Ah, si.

 

Vox populi...VOX DEI.

 

E perciò...Carotina e lui dovevano senz'altro essere rispettivamente la mamma ed il papà di quel frugoletto, almeno secondo i canoni della famiglia tradizionale.

Che, sia ben chiaro...l'importante é crescere un figlio in modo e maniera sana, responsabile, indipendente ed autonoma.

Con passione e con giudizio. Col cuore e col cervello.

Volergli bene. E volersi bene.

Quello conta, e basta.

Nient'altro.

E pazienza se in alcune famiglie...certe volte non ci si capisce più niente.

In quella visione, all'interno della visione che aveva avuto...spettava a loro due accudirlo, allevarlo ed educarlo.

Spettava a loro due farlo. Anche se dietro e dentro a quelle fasce...vi era celato nientepopodimeno che quell'adorabile quanto insopportabile canaglia e carogna in miniatura del buon vecchio Finnick.

Proprio lui, gente.

In carne, ossa, sangue e VELENO.

E pelliccia color della sabbia. E le immancabili orecchie formato parabolico.

E pessimo quanto litigioso carattere, non va né bisogna mai dimenticarlo.

Era accaduto di nuovo quel che era successo nel momento in cui il saggio aveva levato il panno che lo copriva.

Dal caldo del giorno, dal freddo della notte ma soprattutto...alla VISTA DEL MONDO.

Non lo avesse mai fatto. O magari, chissà...

Magari era stato inevitabile. Magari era inevitabile.

Inevitabile di per sé. Era così che doveva finire, e basta.

Anche stavolta. Ancora una volta.

Di nuovo quel bianco accecante ed abbacinante, che aumentava gradatamente ma inesorabilmente la propria intensità fino al punto di diventare e divenire insostenibile. Ed insopportabile.

Ma che poi, una volta raggiunto quello che doveva costituire almeno per lui il limite massimo di bagliore e di fulgore iniziava, allo stesso modo e con le medesime modalità con cui aveva cominciato, a perdere progressivamente di potenza e ad affievolirsi sempre di più, per poi diventare quasi impercettibile. Ed infine...

Ed infine sparire.

Sparire del tutto.

Quella volta, da cui tutto sommato non era e non doveva essere passato poi così tanto di quel tempo...quella volta le cose erano andate proprio così. Ed anche stavolta...

Anche questa volta stavano per andare così.

No.

Errata corrige.

Stavano andando così.

No.

Rettifica. Meglio ancora.

Erano già andate così.

Il biancore che gli tormentava le pupille, le iridi e tutto quanto il resto che componeva e formava la coppia di organi preposta alla vista...col continuo passare dei secondi era diminuito fino a svanire.

Fino a scomparire.

Il tutto non doveva essere durato che per pochi, pochissimi attimi.

Giusto una manciata.

Ma attimi che comunque dal suo modesto, modestissimo e del tutto interpretabile, opinabile e discutibile e pure tuttavia valido punto di vista dovevano essergli parsi quanto meno LENTI.

LENTISSIMI.

Era un processo che di sicuro aveva deciso che se la doveva prendere piano ed alquanto comoda in ogni cosa, questo era poco ma sicuro. Ma che pur nella sua pacifica e placida calma mista a flemma...era stato senza alcun dubbio costante.

Costante e preciso.

Doveva aver viaggiato al ritmo cadenzato e perfetto di un Lumen in meno per ogni scatto in più della lancetta più lunga ed insieme striminzita, tra le presenti di rito sul quadrante di un tipico e classico orologio.

Da muro, parete, polso o taschino che fosse.

Quella che di solito non si fermava. Che non si fermava mai.

Quella talmente sottile da sembrare una linea. E che in genere é di colore rosso.

Rossa come certi tipi di legno.

Rossa come il LEGNO ROSSO che lui e Finn avevano talvolta spacciato per materiale edilizio, appunto. O come il manto di certe volpi.

Quelle che magari, invece di vivere nel mezzo della metropoli a suon di truffe e di raggiri decidono di lavorare onestamente.

Magari rimanendosene nei campi all'aria aperta e sotto al sole cocente, spaccandosi e spezzandosi le loro schiene dal pelo fradicio e madido di sudore mediante la fatica ed il duro impegno.

Col risultato che, oltre a poter ottenere ottimi frutti ed abbondanti raccolti, poteva darsi che pure riuscissero ad abbronzarsi, se sceglievano e si mettevano col giusto e corretto profilo.

Così, in tal modo, il loro vello e le loro pelliccie finivano per scurirsi, e cambiare così il proprio colore.

Arrivando, nei casi più arditi ed estremi, a diventare persino brunastro.

Una tonalità che a quel punto finiva col ricordare più alcuni tipi di foglie in procinto di cascare e di cadere in vista della stagione autunnale.

O la fiamma che riscalda le braci e gli ambienti chiusi. Ed i cuori di chi vi risiede all'interno dei suddetti ambienti chiusi, nel corso di una certa stagione.

La stagione successiva a quella precedentemente menzionata, giusto per voler essere precisi.

Una stilla, una scintilla di luce persa, un raggio ultravioletto smarrito per ogni ticchettio che porta e conduce l'autor...cioé l'autrice del suddetto ticchettio da una tacca all'altra fino a farle compiere un intero giro. In modo da far così muovere, al termine di esso, un'altra tra le due sue colleghe che rimanevano. Ed infine a far spostare anche la terza ed ultima, una volta che la seconda aveva provveduto a compiere un'intera circumnavigazione del pannello appositamente numerato ad ore che però, alla bisogna ed ogni qualvolta la situazione lo richiedeva...potevano tramutarsi anche in minuti.

E quindi...quel che prima c'era, adesso non c'era più.

Davvero incredibile a dirsi, eh?

Prima c'era...ora non c'era.

Magia, forse?

Lo era davvero?

Sul serio?

MAGIA?

Magia. Nel caso si voglia e si decida di ricorrere al più classico e navigato dei trucchetti.

Uno stratagemma subdoloe a dir poco di bassa lega ed infimo ordine, ma pur sempre efficace.

Specie se e quando ci fanno delle domande a cui non si sa, non si può oppure non si vuole rispondere.

Ed allora...non si fa altro che rispondere a quella domanda con un'altra domanda.

Possibilmente la stessa. Per poi darsi la risposta praticamente da soli.

Semplice, no? Persino banale, sotto ad un certo aspetto e punto di vista. Eppure...

Eppure ne si esce e ne si viene fuori alla grande. Alla grandissima.

Proprio come insegna il celeberrimo ABC DELLA CONFERENZA STAMPA.

Quello che aveva tentato di insegnare in extremis a Carotina poco prima di una ormai tristemente nota, notissima intervista. Con conseguenze a dir poco nefaste.

Per le prede. Per i predatori. Per le vittime. Per gli arrestati. Per TUTTI.

Per l'intera città. Per tutta quanta Zootropolis.

E persino...per LORO DUE.

Meno male...meno male che poi si era riaggiustato tutto.

E che avevano risistemato tutto.

Era tutto tornato in ordine ed al proprio posto. Ogni cosa come e dove doveva essere e trovarsi.

E loro, Judy e Nick...

Loro due, Judith e Nicholas, o meglio...

Loro due, JUDITH LAVERNE e NICHOLAS PIBERIUS, alla fine...

Alla fine di tutto si erano RITROVATI.

Si. Anche quella, in un certo qual senso...era stata una sorta, una specie di magia.

Magia, dunque?

E sia.

Magia, dunque.

Facciamo che lo sia.

Magia.

Del resto...cosa poteva essere, se non quello?

Come diavolo la si sarebbe potuta chiamare altrimenti, se non così?

Cosa poteva, cosa aveva mai potuto spingere, spronare una volpe maschio ed una femmina di coniglio a collaborare, inizialmente controvoglia e giocoforza, per poi arrivare ad aiutarsi in nome di un'intima, sincera quanto profonda amicizia basata sull'assoluto rispetto e sulla comune e reciproca stima? E superando le rispettive diffidenze?

Cosa mai li aveva potuto condurre a conoscersi, a volerne sapere vicendevolmente di più e di meglio sui propri e rispettivi conti, a fidarsi ciecamente e reciprocamente ed a gettarsi l'una tra le braccia dell'altro e vice – versa per proteggersi, difendersi o anche solo per cercare sostegno, conforto e consolazione nei momenti duri e difficili?

E tutto ciò...ben sapendo ed essendo entrambi ben consci di trovarli e che li avrebbero trovati?

Cosa mai li aveva potuti portare a decidere di compiere tutto questo? E per di più tradendo la loro stessa natura ed i loro istinti? Due cose che erano e si trovavano dentro di loro da molto ma molto tempo addietro e prima di loro, prima addirittura che loro nascessero e che prendessero a vivere?

Cosa mai era riuscito, aveva potuto sconfiggere ed avere la meglio su cose ormai assai profonde, navigate, collaudate e radicate sin dalla notte e dall'inizio dei tempi e delle cose? Sin dall'inizio di TUTTO?

Su cose vecchie di secoli? Di millenni?

Cosa?

Ve lo si dice subito. Che nessuno tema.

L' AM...

MAGIA. Ecco cosa.

Magia, per l'appunto.

Magia. Punto.

E chissà...forse, se almeno un piccolo quanto miserrimo ed insignificante pizzico di quell'antica magia che sembrava tenerli legati e che dava, aveva sempre dato l'impressione di averli tenuti legati da sempre c'era ancora...

Se quella roba c'era ancora poteva darsi che una buona dose di fortuna, unita al fatto che forse la cara vecchia MADAMA SORTE avesse ancora per una volta deciso di dar loro una zampa e di gettargli sopra un ulteriore sgaurdo benevolo e compassionevole...

Se c'erano tutte queste condizioni, allora...allora forse poteva, sarebbe potuto davvero succedere.

Sarebbe potuta veramente accadere. Si sarebbe verificata.

La magia.

Sempre a patto che vi fossero, ovviamente.

Le condizioni.

Dipende tutto quanto dalle condizioni, gente.

Bisogna capirlo e ficcarselo bene in testa, sappiatelo.

Una volta per tutte.

Si dice che senza le adatte e necessarie condizioni socio – politiche non sia possibile fare e dare vita ad una rivoluzione.

Tutt'al più verrà fuori una rivolta, e basta.

Un tumulto, o al massimo una sommossa. Che verranno presto e prontamente sedate, soffocate ed abbattute.

Proprio come l'aveva interpretata, erroneamente tra l'altro...l'ultima testa coronata che, almeno a quanto narravano sia i libri che i testi che le cronache di tipo prettamente e puramente storico, si era ritrovato suo malgrado a dover rivestire gli sciagurati panni di colui che se l'era dovuta sorbire e subire.

Sulla sua testa. In TUTTI QUANTI I SENSI, tra l'altro. Non soltanto quello puramente metaforico.

Non solo per modo di dire, insomma.

E purtroppo per lui, verrebbe da aggiungere. Per la testa coronata in questione.

E quindi...se allora é vero che senza le determinate quanto necessarie condizioni sia storiche che sociali la rivoluzione sociale non può partire...allora vien da pensare e ritenere un'altra bella cosa.

Vien da pensare e ritenere, come naturale ed ovvia conseguenza di ciò che si é appena detto...che senza le determinate condizioni magiche l'incantesimo non può avvenire.

Nossignore. Senza i suddetti requisiti fondamentali...l'incantesimo semplicemente non si attiva.

Non può attivarsi.

Non si può riuscire ad utilizzare, catalizzare, concentrare e scaricare un incantesimo così potente.

Potente perché nasce da un'energia che parte allo stato grezzo.

Allo stadio più puro, più rozzo e più greggio che si possa immaginare.

Ma che appena la si inizia a lavorare e a coltivare...col tempo diventa raffinatissima.

Come la terra, che a trattarla con costanza ed impegno dà sempre buoni frutti ed abbondanti raccolti. O rigogliosi fiori.

A patto di una cosa in cambio, però.

E cioé che bisogna scavare, saper scavare ed ever soprattutto voglia di scavare fino in fondo.

Fin nel fondo del fango più putrido, alle volte. E forse...

Forse, una volta tanto...si otterrà qualcosa di più splendente di un diamante.

Qualcosa che ha una brillantezza ed una lucentezza che gli sono entrambe di pari misura, se non addirittura maggiori.

A cementarlo ed a renderlo così splendente ci penseranno poi l'armonia, la stima, la comprensione. Ma anche il desiderioe la passione contano.

E queste cose tutte insieme...fanno e compongono un unico elemento.

Uno ed uno soltanto. Da sempre.

L' AM...

La magia, si diceva.

Ma come fare?

E' molto semplice, in realtà. Il difficile é solo pensare che in fin dei conti possa essere così semplice.

Si tratta solo...della FEDE.

La fede.

Bisogna aver fede.

Questa volta sia i ragionamenti che l'intelletto, per quanto funzionali, allenati ed utilissimi...non servono. E non possono portare né portarci da nessuna parte.

Bisogna credere, gente. E crederci.

E non basta solo riuscire a crederci, in qualche o in un certo qual modo.

Bisogna volerci credere.

 

IO – VOGLIO – CREDERCI.

 

Si deve partire da questa premessa.

Dal presupposto di volerci credere indipendentemente dalla situazione o in qualunque situazione ci si debba o ci si verrà mai a trovare.

Ad ogni costo. E a qualunque prezzo.

Anche quando tutti ci danno addosso o tutto é contro.

Contro di noi

Bisogna crederci.

Nicholas Piberius Wilde e Judith Laverne Hopps.

Due spiriti affini.

Due anime che si sono incontrate.

Due cuori che battevano e che avevano ormai preso a battere all'unisono.

Come se insieme fossero uno. Avvinti dal filo rosso del destino.

Un filo che niente e nessuno potrà mai sbrogliare, disfare oppure sciogliere.

Bisogna crederci

Bisogna credere.

E adesso che quel candore simile a due lame di puro alabastro che sentiva poggiare sul bianco dei suoi occhi, nonostante che li tenesse entrambi occultati, protetti e ben riparati dalle palpebre tenute chiuse e serrate al massimo stava finalmente...

No, anzi...era già svanito, come si era già detto in precedenza.

Adesso che aveva levato le tende ed il disturbo, ed anche questa volta non solo in senso puramente metaforico ma anche fisico, soprattutto fisico...

Adesso si era giunti alla fatidica resa dei conti.

Già. Doveva proprio essere arrivato.

Era proprio arrivato il momento di fare i conti, a quanto sembrava.

Adesso che qualcuno aveva finalmente preso la solenne decisione di spegnere e disattivare la coppia di laser che qualcun altro, se non addirittura quello stesso qualcuno in questione che li aveva appena smorzati, aveva tenuto fino ad un istante prima piantati dritti dritti contro le sue orbite...

Puntati senza sosta e con l'indicatore della potenza al massimo del regime e della regolazione, si poteva aggiungere. E senza alcun timore di venire contraddetti o smentiti, a tal riguardo.

Adesso che qualcuno, anche se Nick non sapeva chi fosse, e nemmeno in quale modo avrebbe potuto ringraziarlo...

Adesso che qualcuno aveva deciso finalmente di liberarlo e di sollevarlo da quel supplizio...come nel più classico dei fenomeni naturali e fisici, alla luce avevano fatto seguito le tenebre.

IL BUIO...

E' perfettamente normale. Dopo un qualsiasi eccesso di qualcosa o di una tal cosa...deve per forza susseguirsi un altro eccesso. Ed in genere...

In genere si tratta dell'elemento corrispondente e contrario.

Per compensare, in qualche modo. Per ritrovare un nuovo oppure rinnovato assestamento ed equilibrio, dopo che essi sono stati così bruscamente turbati.

Come detto, quindi...alla luce seguì il buio. Con buona pace e rassegnazione di chi, tra i vari fanatici e seguaci del cosiddetto creazionismo...potrebbe avere o averne qualcosa da ridire, in tal merito.

E non avrebbe nemmeno tutti quanti i torti, a dirla tutta.

Anche senza tirare in ballo i tomi o le scritture sacre...

Anche senza rivolgersi direttamente a loro...pure secondo la scienza studiata ed applicata in principio sia la Terra che l'universo e tutto quanto e tutto quant'altro era immerso nelle tenebre.

Le tenebre più fitte.

Tutto questo prima del famoso oppure famigerato BIG – BANG, o fenomeno similare.

Prima di qualunque genere di intervento di stampo superiore o divino.

Prima di qualunque cosa o di qualunque altra cosa avrebbe potuto essere o che sarebbe potuta accadere.

Prima della fatidica e decisiva accensione della famosa lampadina. Prima che appizzassero i riflettori.

Qui avvenne...no. Si perdoni l'ennesimo strafalcione e refuso.

Qui era avvenuto proprio l'esatto contrario. Ma tant'era...

E poi, in fin dei conti...prima che tutto quanto cominciasse ed iniziasse a brillare, non aveva avuto anche lui la sua bella dose di buio mentre giaceva, navigava e vegetava nella più assoluta immobilità ed incoscienza?

Beh, riguardo all'immobilità...non che fosse stata proprio come dirlo.

Non era stata poi così assoluta e totale, invero.

Con tutta quanta la probabilità chi lo stava ospitando ed accudendo doveva aver provveduto anche a smuoverlo e a spostarlo, di tanto in tanto e di volta in volta.

Anche se non stava stazionando e nemmeno avrebbe stazionato, su dove si stava trovando in quel momento, così tanto o abbastanza da fargli affrontare o metterlo davanti ad eventuali e futuri problemi inerenti alle tanto famigerate piaghe da decubito.

Quella é una faccenda che riguarda altre persone ben più sfortunate.

Tipo i LUNGODEGENTI, tanto per intendersi.

Gente immobilizzata a letto da settimane, mesi, perfino anni senza mai poter avere la possibilità di muoversi o di deambulare.

Neanche di poter effettuare quelle specie di MICRO – MOSSE che, secondo l'indubbiamente auterevole ma mica tanto alle volte modesto parere degli esperti del sonno, o almeno presunti tali...contribuiscono a mantenere il tono muscolare anche nelle situazioni di inattività più estreme.

Almeno quel minimo. Onde evitare che le fibre rosse, sia scure che chiare, si possano malauguratamente atrofizzare.

Gente affetta e perseguitata da paralisi ed infermità di vario tipo e genere.

Di ogni tipo e genere conosciuti.

Gente paraplegica. O addirittura tetra – plegica.

O gente che si trova in rianimazione perenne.

Oppure in COMA.

Magari del tipo vigile, dove sentono e percepiscono tutto.

Ogni cosa. Anche se non possono vedere, non possono parlare e nemmeno udire. Ma solo ricevere dei segnali, mediante il tatto. O il contatto.

Quello, oppure nel caso si verifichi la peggiore tra le ipotesi possibili...non rimane che quello profondo.

Quello che pare eterno. Senza alcuna né la benché minima possibilità di ritorno o di risveglio.

Proprio come...come potrebbe essere quello di...di...

In ogni caso, e nel suo caso...qualcuno aveva sempre provveduto a riposizionarlo opportunamente in corretta posizione supina ogni volta che, in preda a qualche sogno oppure del più completo delirio se non addirittura entrambi in contemporanea, persino...aveva preso ad agitarsi o a dimenarsi uscendo dai binari.

Ma più probabilmente dal materasso. A giudicare dal morbido su cui aveva compiuto tutti quei balzi, pur rimanendosene bello disteso.

Se n'era accorto, mentre era nella fase di dormiveglia più o meno forzato.

Si era accorto anche di quello, oltre che delle premure ricevute dal suo misterioso ed ignoto quanto sconosciuto infermiere, nonché angelo custode.

Anche se, riflettendoci su...sperava tanto che si trattasse di UN'INFERMIERA.

Potendo decidere...meglio quella, sicuramente.

Molto ma molto ma molto meglio l'infermiera.

Mille ed ancora altre mille e mille volte.

Lo aveva risistemato in continuazione, senza sosta. Con una comprensione ed una compassione che dovevano risultare e che dovevano essere presenti in dosi ed in quantità pressoché infinite, in quella persona.

Oltre che, naturalmente, ad una considerevole dose di pazienza e sopportazione.

Anche se la volpe, nel flusso di pensieri alquanto sconclusionati in cui stava vagando la parte puramente e prettamente razionale del suo cervello, visto che quella primitiva ed istintiva stava provvedendo ad architettarli e crearli, i pensieri in questione, insieme ad un quantitativo di visioni ed allucinazioni formato maxi e gigante.

Almeno quanto erano i JUMBO – POPS che rimediavano dal rinomato franchise di gelaterie per pachidermi, quando erano nel pieno dell'attivita e del loro business di rivenditori di ghiaccioli...

Però...nel mezzo di quel mucchio di fesserie patentate una domanda intelligente c'era, almeno.

E cioé quella inerente al fatto che ignorasse bellamente il motivo per cui la sua misteriosa badante, visto che ormai aveva stabilito a priori che si doveva trattare di una femmina...insistesse così tanto per tenerlo a tutti i costi sdraiato sul dorso.

Una motivazione ci doveva essere per forza.

Ne era certo.

Ne era più che convinto, a volerla dir tutta. Anche se, almeno al momento, non capiva quale fosse o di che cosa si trattasse.

Chissà...forse lo avrebbe capito meglio una volta che gli occhi gli si fossero finalmente riaperti.

Ancora non ci riusciva. Ma dentro di sé...

Dentro di sé sapeva, capiva e sentiva che non doveva mancare poi molto.

Mancava davvero poco.

Pochissimo.

Doveva solo tener duro ancora per un attimo.

Resistere. Ancora per qualche istante. Per una manciata di minuti al massimo.

E comunque...era bello pensare che non una ma ben due persone lo stavano accudendo con tutte loro stesse. E se ne stavano prendendo cura, fornendogli tutto il ristoro, il sostegno ed il soccorso di cui necessitava e di cui aveva ed aveva avuto bisogno.

E di cui continuava ad aver bisogno.

Carotina dal di dentro.

E NON – SI – SA – ANCORA CHI dal di fuori.

Quest'ultima, sempre ammesso che si trattasse di una lei...per il suo corpo.

E l'altra, nonché ben più importante...per qualcosa di altrettanto determinante e primario.

A Judy...a Judy era spettato qualcosa di molto più prezioso.

Sacro, sotto certi aspetti.

A Judy era toccato prendersi cura, portare soccorso e conforto al suo spirito.

Alla sua anima.

Ma tornando al discorso precedente e lasciato momentaneamente in sospeso...

Prima, in principio...era il buio.

Il caos. E poi...

E poi arrivò la luce.

E con essa...l'ordine.

Ed in mezzo a queste due cose...un bel po' ma davvero un bel po' di contrattempi e di grattacapi vari.

Che ancora non era finita e non si aveva finito, a momenti.

O forse i veri macelli ed i guazzabugli erano arrivati dopo, vai tu a sapere.

Al momento...non si ricordava poi mica tanto bene, com'era e come stava la storia.

In fin dei conti...non é che fosse questa gran cima nemmeno lì.

Non é che se la cavasse così tanto bene nemmeno a dottrina.

Capirai. Già faceva peggio che schifo a scuola, cavandosela sempre per il rotto della cuffia ed impegnandosi ed impiegando le energie nello studio giusto il minimo indispensabile per rimanersene a galla. Augurandosi che a nessuno venisse in mente di mettersi a fare l'onda, visto che a detta sua non si trattava di pura, semplice e comune acqua.

Non che fosse questa gran novità, alla fin della fiera.

Era risaputo, dopotutto.

Le volpi come lui erano da sempre abituate a sguazzare, a stare in superficie e a surfare sulle onde ed i cavalloni di una sostanza altrettanto liquida ma ben più densa e viscosa. Ma soprattutto molto più putrida e maleodorante.

E spesso molti dei suoi simili finivano con l'andarci a fondo, dentro a tutto quel sozzume e putridume. Per poi affogarvici dentro.

Ai più fortunati...nel più roseo e benevolo dei casi gli capitava o si ritrovavano costretti ad ingerirne ed ingoiarne intere boccate di quel liquame, mentre vi annaspavano giusto prima di annegare.

E comunque, se non gli era mai importato questo gran che di sfruttare ed approfittare del suo diritto all'istruzione...figurarsi quanto ci doveva tenere al catechismo.

Anche se una volta, per giustificare il fatto di non aver letto la pagina del Vangelo che gli era stata assegnata dalla suora ausiliaria che organizzava il corso a cui partecipava o, meglio, NON PARTECIPAVA...aveva detto che aveva già fin troppi compiti, nel pomeriggio.

Ma ricapitolando. E per l'ultima volta, giurin giuretto...

Prima buio. Poi luce. Poi ancora buio. E quindi ancora luce. Ed infine di nuovo buio.

Ma il buio, per uno come lui...

Il buio per una volpe, e per un predatore in generale...non dura mai troppo a lungo.

Non può mai durare più di tanto.

I suoi occhi iper – sensibili e le sue pupille iper – sviluppate non ci mettono che pochi, pochissimi secondi ad adattarsi ed abituarsi all'oscurità.

Ed anche questa volta...non andò certo diversamente.

Ci volle davvero un nulla. Un niente.

L'equivalente di un soffio. O di uno starnuto.

Di un battito di palpebre, delle ciglia o del cuore. O l'equivalente del bere un bicchiere d'acqua.

Proprio vero, dunque.

Quando dicono che le tenebre...non possono durare per sempre.

Un po' come il piovere, tanto per voler citare e tirare in ballo un film parecchio famoso.

Anche se gran parte della sua fama, che ancora oggi perdura, la deve senza dubbio alcuno alla trovata pubblicitaria per cui si é contraddistinto e scolpito a fuoco nell'immaginario collettivo. Per il semplice quanto tragico fatto di essere risultata totalmente inaspettata quanto involontaria.

Dunque...NON PUO' PIOVERE PER SEMPRE.

Anche se questa volta se l'era vista davvero brutta.

Ma brutta brutta.

Il bestione che lo aveva ridotto a così gran mal partito gli aveva fatto davvero vedere di tutto. E non solo le stelle.

Intere costellazioni, pianeti e galassie. E persino intere nebulose ed universi.

Non può piovere per sempre.

Certo. Ma nel mezzo della tempesta che lo aveva travolto in pieno, beccandolo dritto dritto tra capo e collo...

Mentre si trovava proprio nel centro dell'occhio del ciclone, tra i flutti gli sembrava di aver visto pure...pure UN' ARCA.

E quel barcone non gli aveva fatto presagire proprio nulla di buono.

A maggior ragione se si voleva considerare il fatto che avrebbe potuto giurare su una milionata circa di bibbie fresche fresche di stampa e consegna di aver potuto scorgere, radunati sull'immenso pontile nonostante l'acquazzone battente...UNA COPPIA DI MAMMIFERI PER OGNI SPECIE ESISTENTE.

Uh – oh.

Brutto segno, gente mia. Un gran brutto segno.

Ma davvero bruttissimo.

E gli pareva di aver visto, a differenza di tutti gli altri che erano presenti in numero pari, divisibile unicamente per sé stesso, maggiore di uno e minore di tre...

Si. Aveva visto...gli pareva di aver visto UNA SOLA VOLPE.

UNA SOLTANTO.

Chissà se era una femmina. Perché, in tal caso...allora il maschio doveva essere LUI.

Doveva trattarsi senz'altro di lui. E guarda caso...se n'era rimasto a terra.

O forse, là sopra...invece di una volpe, ad aspettarlo vi era una CONIGLIETTA.

O magari, almeno per quella volta...gli Dei, il fato o chi per essi avevano deciso e si dovevano essere divertiti a rimescolare le carte, almeno per quell'occasione.

Forse a quella femmina di volpe...sarebbe spettato un CONIGLIO MASCHIO.

Così. Giusto per RIEQUILIBRARE LE PARTI. Anche se ciò avrebbe potuto voler dire...

Anche se tutto ciò poteva significare che vi era la concreta possibilità che Carotina...fosse rimasta ANCH' ESSA A TERRA.

A fargli compagnia. E a condividerne la sorte.

La medesima, triste sorte.

Ma non tutto era perduto. Non ancora.

Avrebbe trovato il modo di cavarsela.

Lui avrebbe senz'altro trovato il modo di uscirne fuori. E di portare in salvo anche lei.

Del resto...mai sottovalutare l'innato istinto di sopravvivenza tipico della sua razza.

Non bisogna mai prenderlo sottozampa.

MAI.

Loro...i rossi predoni, i malandrini dal manto del color della fiamma posseggono una forza di volontà e della disperazione assolutamente unici. E fuori dalla norma.

Quando sembrano sul punto di essere spacciati...giusto un attimo prima di diventarlo per davvero riescono sempre a salvarsi in corner. E a togliersi da quel dannato, dannatissimo angolino giusto un attimo prima della fine.

Lo fanno e lo sanno da sempre. Fa parte di loro. Ce l'hanno nel sangue.

Lo fanno e lo sanno sin dai tempi antichi. Sin dal principio. Avevano, possedevano questa dote, questo dono da quando non dovevano nemmeno essere un'idea nella mente di Dio.

No. Nella mente di Dio no. Ma forse, secondo alcuni...

Secondo alcuni forse in quella del DIAVOLO...in quella del diavolo si.

Lo erano.

Del resto, il colore del loro pelo da sempre destava parecchi sospetti. E non lasciava molto spazio all'immaginazione. E nemmeno a dubbi, dibattiti e controversie di sorta.

Anche questa volta l'oscurita che lo racchiudeva, adesso che sentiva di essere sul punto di risvegliarsi se già non lo aveva fatto...decise di cedere il passo.

Si era decisa, finalmente.

La cappa funerea che fino a quel momento gli aveva ostruito in pieno la visuale disparve.

Il nero si tramutò in rosso.

Il rosso spento, però anche ed insieme vivo del suo sangue che scorreva all'interno dei capillari annidati tra e dentro lo strato interno della pelle delle sue palpebre.

Inframmezzato da una selva ed una moltitudine di figure lenticolari, allungate, vermiformi e serpentiformi impegnate in un perenne quanto incessante movimento.

I germi ed i microbi che erano riusciti a penetrare oltre le sue ciglia, per poi depositarsi sulla superficie della sclera dei suoi occhi, nonostante li avesse fino a quel momento tenuti ben chiusi.

E nonostante stesse continuando imperterrito a farlo.

Ed in quel mentre...

 

Svegliati.

 

Di nuovo.

Rieccola.

Quella voce a cui ormai si era abituato, che lo volesse oppure no.

E che aveva imparato a riconoscere e ad apprezzare. Anche se era da poco che aveva iniziato a parlare.

Almeno da quanto aveva iniziato lui ad ascoltarla.

Senza contare che la voce in questione poteva avere tutte le intenzioni di questo mondo ed ogni intenzione possbile, tranne che...

Tranne quelle di lodare. Oppure di elogiare.

No. Nient'affatto. Ma proprio per niente.

Piuttosto era lì per spingere. Per spronare.

Per mettere in riga e sull'attenti.

In realtà Nick...non era da poco, che aveva preso ad ascoltarla.

L'ascoltava da quando lei aveva cominciato a discorrere.

Da quando aveva cominciato a discorrere con lui. Anche se con termini ed epiteti tutt'altro che gentili, almeno all'inizio.

E da lì, da quel momento in poi...aveva continuato a darle retta, senza mai mancare di tenere da conto la sua opinione in merito.

Su qualunque cosa o argomento. Specie quelli inerenti al loro lavoro ed alla premiata professione di sbirro piedipiatti.

O forse era meglio dire ZAMPE – PIATTE.

Da allora...non aveva più smesso.

Per tutto il tempo in cui lei...per tutto il tempo in cui Carotina gli era rimasto al suo fianco.

Ed anche dopo, quando per cause di forza maggiore la sua partner....

Anche dopo. Quando non aveva potuto più esserci.

Ma non era detto che non ci sarebbe stata mai più, però.

La sua assenza non voleva dire né significava certo questo.

E nel frattempo, intanto che la aspettava ed attendeva impaziente e trepido il suo ritorno, lui...

Lui avrebbe potuto...anzi, DOVEVA...

 

Svegliati, Nick.

SVEGLIATI, ho detto.

 

Peerò.

Ma tu guarda. Ma tu guarda un po'.

E dire che le aveva da poco concesso di nuovo il permesso.

Appena appena.

Quanto...quanto tempo era passato?

Non avevano finito di discorrere che da una manciata di secondi, o giù di lì.

O almeno così é ciò che gli era sembrato.

Difficile rendersi conto del tempo che trascorre, quando ci si trova nella dimensione onirica.

Senza contare che il mondo della psiche e quello reale se pur inevitabilmente interconnessi...sono di fatto e sostanzialmente due universi, due sistemi totalmente indipendenti e separati.

Alle volte, un periodo che sembra scorrere e passare in realtà...non é trascorso né passato affatto. Ma...

Ma é trascorso e passato soltanto nella propria mente.

Dentro al proprio cervello.

Proprio come quando un momento felice e piacevole si brucia nel giro di un attimo.

Oppure un momento noioso, sgradevole ed incredibilmente pesante ci può impiegare una vita intera, prima di esaurirsi.

Sembra strano a metterla così, ma...é la legge della RELATIVITA' spiegata in modo spiccio.

 

Svegliati, Nick.

Svegliati.

SVEGLIATI.

 

Ach.

Di nuovo.

 

SVEGLIATI!!

 

In ogni caso...certo che Carotina non aveva perso neanche un minuto.

Ma nemmeno un singolo istante.

Non era poi molto che le aveva detto di si.

Quel fatidico, triplice si con cui l'aveva di fatto autorizzata.

Con cui aveva deciso di farle ri – ottenere il controllo.

Con cui le aveva appena ed ancora una volta concesso il timone del comando. Riconsegnandolo di fatto alle sue minute, ma abili e capaci manine.

Le aveva appena affidato...anzi, ri – affidato le redini e le chiavi della sua vita.

Ed era mica poco, accidenti. Considerando quanto ci voleva, ad un comune mortale, per riuscire nell'impresa di conquistarsi la sua fiducia.

Era pronto, più che pronto, a ricominciare da capo. E lei...

Lei lo aveva preso prontamente in parola. E quindi...

Quindi aveva dato di nuovo il via al quotidiano TRAN – TRAN.

Non aveva fatto niente di più, niente di meno di quello che aveva sempre fatto.

L'addestramento...l'addestramento era dunque ricominciato.

Era ripartito.

No. Non era così.

In realtà...in realtà non era mai terminato.

Non si era mai interrotto. Non lo aveva mai sospeso.

 

Svegliati!!

 

A volerla dir tutta non aveva bisogno di tutte queste continue esortazioni, da parte della sua partner.

Era già sveglio.

Lo era da un bel pò. Lo era già da un bel pezzo, sveglio.

Doveva solo accettarlo.

Prenderne atto. E...

E decidersi.

Darsi una mossa.

 

Coraggio, Nick!!

Apri gli occhi!!

MUOVITI!!

 

Meglio...meglio assecondarla.

Meglio darle retta.

Li spalancò.

Di colpo. Anche se sapeva benissimo, in cuor suo, che non fosse affatto la cosa più saggia da fare.

In genere non é raccomandabile aprire le palpebre di scatto ed in maniera così repentina.

Specie se si é reduci da un periodo piuttosto prolungato di chiusura ed astinenza forzata dalla luce.

Ma Judy...la SUA Judy non era certo il tipino da voler ripetere le cose per due volte di seguito.

Ogni sua parola era ordine ed insieme legge. E non ammetteva e non aveva mai ammesso obiezioni o contraddizioni di sorta. E perciò...

Perciò non mancò di esaudirla anche questa volta.

Ormai per Nick era una questione di abitudine. Di puro istinto.

Gli veniva naturale.

Si guardò e prese ad osservarsi tutt'intorno, lentamente e con estrema calma.

Era buio. Ma a queste conclusioni ci era arrivato benissimo da solo, ancora prima di rendersene conto e di toccare con zampa, anzi...

Con le sue stesse palle degli occhi, il nero delle sue pupille ed il verde delle proprie iridi.

Ancora prima di dischiudere le palpebre, obbedendo alle ripetute quanto ferme esortazioni da parte...da parte di chi ben sapeva.

E da parte di chi lo si può bene intuire, per chiunque conosca anche solo di un pizzico una certa volpe rossa che di nome, sia per gli amici (pochi, soprattutto se fidati) che per i nemici (molti, che di quelli non ne mancavano praticamente mai)...faceva, aveva sempre fatto e sempre farà NICK WILDE.

Nicholas Piberius Wilde, per i precisini estremi.

O soltanto NICK, per chi riusciva ad entrarci giusto un zinzino in confidenza molto stretta e di intimo stampo.

In ogni caso...riverisco. Son qua, per servirvi. Molto piacere.

E piacere mio.

Doveva essere ancora notte fonda, senza alcun dubbio.

Garantito. E come già accennato in precedenza, non aveva avutto affatto il bisogno e la necessità di alzare le ciglia.

E a tal proposito...proprio come accaduto qualche frazione di secondo prima, con le barriere naturali poste a difesa del senso della vista...nel giro di una manciata di attimi il suo sguardo non ci mise pressoché niente, a ripetere il processo che aveva attuato con la coppia di membrane oculari citate in precedenza.

Un processo che costituiva la facoltà principale di quelli come lui.

Dei predatori. Dei canidi. Delle volpi. Ed anche questo era già noto.

Più che noto, ad essere sinceri. Ma é sempre meglio ed opportuno rinfrescare la memoria, su certi concetti.

Esattamente come era avvenuto poco prima e col dentro del duo di cartilagini che si era appena finito di nominare...da quella sorta di nebbia nera, confusa ed indistinta che gli si era parata davanti all'inizio cominciò immediatamente ad emergere qualcosa.

Si. Qualcosa ribolliva e si stava agitando. Ma forse, più probabilmente...

Forse stava comparendo e basta, tutto qui.

Bordi, contorni e linee che ben presto, anzi praticamente da subito diventarono e si tramutarono negli oggetti tra i più vari e disparati. Ma comunque...pur sempre riconoscibilissimi.

Una cassettiera. Con un ampio specchio circolare incastonato dentro ad una cornice della medesima forma. Il tutto in legno color marrone e nocciola bello liscio e lucido, nel pieno rispetto dei gusti e dei canoni estetici di chi, di norma, predilige l'arredamento e la mobilia in pieno stile definito classico.

Un battista. Un paio di comodini. Ed un grosso armadio a muro piazzato davanti a lui, e grosso almeno quanto tutta la parete. E presumibilmente pieno zeppo di vestiti fin quasi sul punto di scoppiare. Almeno a giudicare quel che lasciavano trasparire le ante rimaste semi – aperte.

Anche se non riteneva, e di ciò era talmente sicuro e certo da poter mettere una zampa sul fuoco...che il proprietario o meglio, la proprietaria di quell'armadio e di quella mobilia, di cui aveva già potuto intuirne l'identità...

Non era poi stato così tanto difficile, visto che la memoria era ancora piuttosto confusa ma non così tanto ed abbastanza da ingannarlo.

La proprietaria di tutta quella roba era la stessa che si doveva, anzi che si era presa cura di lui.

Ed era ben strano che possedesse tutti quei capi, visto che non gli aveva mai dato l'impressione di amare molto i vestiti in generale.

Nel migliore e meno contemplato dei casi e delle ipotesi...doveva avere in ogni caso l'armadio ben fornito. Ma alla fine della fiera e come tutte le persone che non prestano poi molta o tutta questa grande attenzione al look o all'aspetto, come minimo si doveva essere limitata a mettere su sempre le solite due o tre cose.

Ed in genere quelle che ad occhio e croce e lì su due zampe le dovevano risultare più comode, senza alcun dubbio.

Del resto era sempre così che l'aveva vista, da quando si erano conosciuti.

Comodini. Armadi. Cassettiere. Le tipiche componenti di una camera da letto.

Senza tralasciare, naturalmente ed ovviamente...il letto, appunto. Visto che era proprio lì sopra, che si stava trovando.

La sua camera ed il suo letto.

Quello di Laureen. Che gli doveva aver ceduto.

Fece per muoversi, ma qualcosa lo bloccò.

Nel momento stesso in cui ci aveva provato aveva sentito una sorta di impedimento scorrergli e scendergli lungo tutto il lato ed il fianco destri, per poi concentrarsi all'altezza del petto.

Di sicuro non si trattava di infarto, altrimenti sia la sensazione di ostacolo che la fitta che lo aveva seguito e che l'aveva quasi paralizzato, mentre aveva cercato di muoversi ed issarsi, avrebbero dovuto verificarsi per lo meno sul fianco perfettamente e diametralmente opposto.

In genere tutto quello che riguarda il cuore, gli atri ed i ventricoli, le coronarie, l'aorta o tutt'al più il pericardio riguardavano la parte sinistra.

A meno che uno non abbia e possegga la cara vecchia pompa e tutto quel che vi é insieme correlato situati e posizionati sulla parte e sul versante perfettamente speculari e contrari, magari in seguito a qualche strano e singolare tipo di malformazione o difetto congenito quanto unico e raro.

E poi, anche se davvero si fosse trattato di quello...un colpo apoplettico, un'aritmia, una fibrillazione, uno scompenso e vi si metta pure un soffio o un'angina di solito pigliano e si portano dietro il braccio a cui viene associata la zona del petto che ne vien colpita.

Quindi...nulla da o di cui temere, almeno da quel verso e quel punto di vista.

Ma valeva comunque la pena di vederci chiaro, giusto per restare e rimanere a tema ed in tema.

Buttò un occhio. Ma abbassando entrambi, in realtà. E poté sincerarsi e rendersi conto praticamente da solo di cosa non andava. E di che cosa si trattasse per la precisione, ciò che non andava.

E di colpo, fu e gli fu tutto chiaro e bello limpido.

CRISTALLINO.

Un braccio. Il suo braccio. Quello destro, per la precisione e proprio come immaginava ed aveva appena immaginato.

E all'improvviso capì e comprese anche il motivo per tutti quegli spostamenti e riposizionamenti continui ed incessanti che aveva subito mentre dormiva e riposava. E che aveva chiaramente percepito e sentito ricevere, mentre era preda del sonno e scivolava addentrandosi nei suoi oscuri, silenziosi quanto profondi reami ed abissi.

Un sonno da cui non era affatto garantito che potesse venirne fuori. E senza mancare di sottolineare il fatto che fosse riuscito ad uscirne a prezzo di una grandissima, inenarrabile fatica.

Fatica. E tenacia. E sforzi.

Ma anche una volontà incrollabile ed ostinata.

Almeno nella stessa misura della disperazione che lo aveva attanagliato. E che continuava senza sosta a germirlo.

A lacerarlo.

A soffocarlo.

Forza di volontà ferrea e disperazione totalmente priva di speranza.

Due sentimenti, due forze che da sempre, da tempi immmori sono in perenne ed accesa contrapposizione e competizione

Che da sempre si fanno la guerra. Ma che se riescono, quella volta su di un milione e forse più, a trovare e a stipulare un inaspettato accordo, un'insperata quanto provvidenziale intesa...possono generare e dare vita ad una grande energia.

Meglio. Possono arrivare a creare una grande energia da un'ancor più grande sinergia.

Soprattutto se hanno la fortuna di venire adeguatamente e a dovere coadiuvate da un piiiiccolo, piccolissimo aiutino...

Ok. Tanto valeva essere sinceri. Sinceri sino in fondo.

Almeno di quello, almeno del famoso e tanto decantato aiutino...almeno di quello se c'era uno da dover ringraziare, e di tutto cuore, visto che era più che sano...ebbene, quel qualcuno non poteva che essere il buon FINNICK.

E ammettiamolo pure, via.

Beh...non proprio.

Non del tutto. Mai del tutto.

Ma almeno su quello...sotto quell'aspetto il buon vecchio Finn aveva indubbiamente fatto la sua parte.

Quel che era giusto era giusto. Bisogna saper riconoscere i meriti, quando occorre. E quando ci sono.

Ma su tutto quanto il resto...su tutto il resto era indiscutibilmente merito SUO.

Suo non del vecchio Finn, ma di...insomma, ci si é capiti su di chi sta parlando, no?

Vero?

Anche questa volta, anche in quest'ennesima occasione l'apporto ed il contributo di una certa personcina si erano rivelati pressoché fondamentali

Determinanti, a voler dir poco.

Se non fosse stato per Carotina...se non era per lei, e se fosse dipeso soltanto da lui, a quest'ora solo il cielo avrebbe saputo e potuto ricevere adeguate informazioni sulla fine che un giorno avrebbe potuto fare, da solo E che avrebbe sicuramente fatto.

E che non sarebbe stata certo buona.

E naenche troppo benevola, c'era da temere.

Piuttosto...

Tornando e volendo tornare alle cose serie, e cioé al braccio infortunato...

Il dottor Cooke, dopo una rapida e piuttosto frettolosa ma nonostante tutto attenta e lo stesso accurata analisi realizzata e dovuta solo ed unicamente alla sua vasta esperienza, aveva enunciato una diagnosi dall'esito alquanto positivo, tutto sommato.

Una vera ed autentica manna dal cielo, visto quello che e quanto aveva dovuto passare.

Una vera BOTTA DI FONDO, avrebbe detto il suo maestro e mentore. Di quelle che ti devono confezionare le brache coi TENDONI DA CIRCO, dal tanto che ce l'hai e che te lo ritrovi grosso.

Il doc aveva stilato un immediato referto. Ed il referto in questione aveva stabilito che...non era rotto.

Non vi era nulla di rotto, per fortuna. Nel braccio come nel resto del corpo.

Ma rimanendo al primo soggetto...il buon dottore era giunto alla conclusione che si trattasse solo di una vasta ed estesa contusione.

Una gran brutta ma brutta botta, per volerla far breve e mettendosi a parlare come si mangia.

Il suo arto era alquanto malridotto. Ma era ancora integro, nonostante la violenta strapazzata e ripassata a cui un certo tizio lo aveva sottoposto.

Aveva cercato di piallarglielo in ogni modo, quel tanghero. Ma aveva fallito. E sia lui che il suo braccio...l'avevano scampata.

Bella, ma l'avevano comunque scampata. Anche se di poco.

Almeno quel discorso gli era riuscito di udirlo, tra uno svenimento e l'altro. Con parziale e momentanea perdita della conoscenza come infame ed infausto corollario, per giunta.

Avrebbe dovuto restare e prestarsi ad un assoluto regime di riposo, onde potersi ristabilire e rimettere per bene ed in sesto.

Il braccio, eh. Non di certo lui.

O meglio...si, anche lui. Anche lui avrebbe fatto meglio a starsene tranquillo, almeno per un po'.

Anche lui. Ma soprattutto...

Soprattutto il braccio.

Quest'ultimo rappresentava e costituiva la priorità, adesso come adesso.

L'assoluta priorità.

Gli serviva. E ben presto, anche.

Gli sarebbe senz'altro servito ben presto.

Molto presto.

E fuori uno, dunque.

Ecco che almeno uno degli arcani veniva in tal modo svelato.

Ed ecco quindi spiegato il motivo per cui adesso il suo braccio destro se ne stava tutto bello fasciato e piegato ad angolo più o meno retto, dopo essere stato avvicinato ed assicurato al torace in corrispondenza delle costole. Con cui condivedeva il medesimo versante tramite un lungo laccio fatto passare sotto di esso per un capo ed attorno al collo con l'altro.

Ma in tal modo si spiegava benissimo anche il perché e pure il per come di tutti quei continui spostamenti e rivoltamenti.

Doveva rimanersene per forza a pancia all'insù. Per tutto il tempo.

Per tutto il tempo che sarebbe stato necessario.

Se mentre dormiva...se durante quella fase così delicata si fosse inavvertitamente girato oppure avesse malauguratamente ruotato su sé stesso oppure di fianco...sarebbe stato un vero macello.

Un autentico disastro, senza se e senza ma.

Se si fosse messo prono, oppure sul fianco errato e sbagliato...avrebbe finito col schiacciarlo.

Ed avrebbe davvero rischiato di poterne compromettere il processo di guarigione.

Parzialmente, di sicuro. E forse persino interamente.

E quello...almeno su quello non poteva assolutamente passarci sopra. E nemmeno far finta di nulla.

Non avrebbe potuto permetterselo. E nemmeno concederselo.

Neanche un misero sbrego o graffietto.

Quel braccio...quel braccio costituiva la sua arma migliore.

Doveva tenerlo e tenerselo da conto. In ogni modo e maniera che gli fossero possibili.

Gli serviva. E ben presto, anche.

Ben presto ne avrebbe avuto bisogno.

Un GRAN bisogno.

Gli sarebbe senz'altro servito presto.

Molto ma molto ma molto presto.

Il braccio...

Certe volte, nelle situazioni particolarmente tese e drammatiche...non esistono mai le mezze misure.

Mai, proprio.

Ci si finisce per concentrare sulle fesserie e sulle iniezie di poco conto.

Ci si finisce per concentrare sull'ovvio. Col risultato che spesso si tralascia quel che é ancora più ovvio.

E scontato.

Il suo braccio. Avrebbe dovuto capirlo.

Avrebbe dovuto capirlo subito.

Il braccio fasciato ed immobilizzato era ciò che di norma utilizzavano quelli che in un certo film venivano definiti gli architetti e i realizzatori di sogni pre – cositutiti ed artificiali.

Sogni con cui era possibile manipolare ed alterare la psiche e l'inconscio di colui che erano chiamati a plagiare.

Della vittima di turno, insomma.

In genere pedine del complesso quanto stratificato mondo dello spionaggio industriale.

Per ottenere importanti e determinanti informazioni di mercato, oppure per soggiogarlo ed obbligarlo quindi a fare ciò che loro volevano.

Che in genere era quello che voleva e desiderava il mandante.

Il loro occasionale datore di lavoro.

Un film senza dubbio interessante ed inquietante il giusto. Con un incipit davvero insolito.

E che anche se non era proprio il massimo dell'originalità...se non altro era narrato con perizia, mestiere e sviluppato bene.

Anche se un po' criptico, specie nel finale.

Tutti gli ingredienti giusti per un futuro successo cinematografico, dunque.

Un puro BLOCKBUSTER.

Già. Peccato che lui, in sala, si era addormentato.

Proprio così. Aveva finito con l'addormentarsi. E per ben due volte.

Pazienza. E oh, che lo si raccomandi...

Nei salotti buoni, nel caso ci si trovasse alle prese con dei finti intelletuali fanatici sfegatati della settima arte...é davvero consigliabile, si é pregati di dir loro che quel film é piaciuto, per carità.

Sul serio, vi prego.

Dite, dite loro che vi é PIACIUTO.

Si risparmiano un sacco ed una sporta di tempo ed energie. E si evitano inopportune scenate, litigi e fastidiose discussioni.

Comunque...ognuno dei super – esperti che componevano quel rinomato team di hacker onirici, o che dir si voglia, ed in genere tutti quelli che osavano cimentarsi con quell'impiego...erano al corrente di una cosa.

E cioé che mettersi a pastrugnare e pasticciare coi prodotti e le realizzazioni del lato e dell'emisfero destro del cervello, e guarda caso lo stesso del suo braccio attualmente malandato...

Insomma, con quelle robe lì non c'era affatto da scherzare.

Ma proprio per niente.

Poteva essere molto, molto pericoloso.

Vi era il grosso e concreto rischio, una volta dentro ad essi...di non uscirne mai più.

Proprio quel che stava per accadere e che era quasi accaduto anche a lui, poco fa.

Per evitare ciò, in genere quegli specialisti ricorrevano ad un piccolo trucco.

Ad un TOTEM.

Ad un artefatto. Ad un oggetto che li avrebbe potuti tenere ancorati alla realtà. E a renderli capaci di distinguerla dal sogno.

Una cosa, un punto stabile e fermo a cui avrebbero potuto aggrapparsi mani e piedi e credere ciecamente. In mezzo o nel mezzo di qualunque genere di situazione o di contesto si sarebbero potuti cacciare o venire a trovare.

In genere si trattava di un oggetto piccolo e semplice, facile da trasportare ma soprattutto da nascondere e tenere con sé.

Un oggetto che poteva essere un dado da gioco. Una fiche da tavolo verde. Un pezzo, una pedina del giuoco degli scacchi o della dama. Oppure...una TROTTOLA.

Ecco. Il suo braccio fasciato ed immobilizzato era, avrebbe dovuto costituire la sua trottola.

La sua trottola che non smetteva mai di girare e di roteare vorticosamente su sé stessa.

Se se ne fosse accorto subito, e se gli avesse prestato giusto quel minimo di attenzione necessaria...l'avrebbe senz'altro capito e compreso all'istante che qualcosa non filava.

Che non stesse filando per il verso giusto.

Se n'era reso conto, intanto che era ancora sdraiato sul tavolo del salotto, che la lontra gli stava mettendo le bende per poi sistemarglielo a tracolla, a mò di borsello..

Di quello che in genere usano gli operai per spostarsi dal capo ad un altro di una città.

Che in genere gli impiegati prediligono e preferiscono rivolgersi alla classica ventiquattr'ore di rito e di usanza.

Sarebbe bastato quel piccolo, insignificante eppure determinante particolare.

Eppure...gli era clamorosamente sfuggito.

Il braccio.

Dapprima mentre si trovava nella landa arida e desertica. Poi nella foresta umida, piovosa e nebbiosa. Ed infine...

Ed infine nel grembo di Carotina. Intanto che era impegnato nel colloquio a tu per tu con la testa gigante.

Sempre appartenente alla medesima, tra l'altro.

In tutte e tre le occasioni il braccio che ora giaceva immobilizzato...

In tutte e quante le tre precedenti occasioni il braccio era perfettamente sano, mobile e libero.

Ma soprattutto non dolente.

Sarebbe bastato quello.

Sarebbe bastato prestare attenzione, una maggiore attenzione a quello per capire.

Per capire che era stato tutto un sogno.

Tutto, nient'altro che un sogno. Sin dall'inizio.

Le tre esperienze che aveva avuto non erano state altro che tre sogni, in rapida successione. Uno dietro all'altro.

Sarebbe bastato guardare e ricordarsi del braccio. Di QUEL braccio. Ed invece...

Invece non se n'era accorto.

Non se n'era minimamente accorto.

Tsk. Che stupido.

Che stupido, che era stato.

Non era certo da lui, una mancanza simile.

Ma d'altra parte...era stato inevitabile

Non aveva potuto farci nulla. Pressoché nulla.

Evidentemente...l'averla rivista, così all'improvviso e per così tante volte tutte insieme...doveva averlo sconvolto.

Aver potuto rivedere Car...l'aver potuto rivedere Judy, anche se solo in sogno, doveva averlo scombussolato. E...

 

Nick.

 

Uh – oh.

Carotina era tornata.

E aveva deciso di passare direttamente all'azione.

 

Alzati, Nick.

In piedi.

In piedi, AGENTE.

 

Accidenti.

Altro che tornare.

Carotina non aveva deciso di passare solamente all'alzione, ma di farlo pure in grande stile.

E di giocare direttamente all'attacco.

Squadra a zona, manovra ultra – rapida e velocissima e pressing senza sosta.

A detta sua doveva aver già perso troppo tempo.

Doveva aver già perso fin troppo tempo in ragionamenti ed elucubrazioni astruse quanto inutili, che non avrebbero portato e che non lo avrebbero portato praticamente a nulla.

Perché quando si combatte per la legge, in nome della legge e dell'ordine...non c'é poi tanto da capire quanto da FARE.

Non si parla.

Non si ragiona.

SI AGISCE.

Non servono, non occorrono tanti pensieri o parole.

Non ve n'é bisogno.

Occorrono i fatti.

Quelli, servono. Ora e da sempre.

I FATTI.

 

Alzati, Nick.

In piedi, SOLDATO.

 

Si.

Era tornata la Judy di una volta.

Quella del periodo di addestramento.

Quello privato, tra loro due. Non certo quello dell'accademia in previsione dell'ammissione al corpo di polizia.

Quello era una passeggiata di salute, al confronto.

DISNEYLAND.

Era tornata quella di un tempo. Anzi...

Non era mai cambiata, molto probabilmente.

Era sempre la stessa.

Quella che non ammetteva dubbi, mancanze o distrazioni di sorta.

Quella dell'impegno e della concentrazione massima.

Era sempre, in una sola ed unica parola...LEI.

E quindi...

Quindi Nick, a fronte di una Judy così...lo sapeva già, in cuor suo, quel che c'era da fare.

Sapeva già quel che doveva fare.

Del resto era inutile mettersi a discutere, o a contestare. Non sarebbe valso a nulla.

 

Alzati, Nick.

In piedi.

Hai riposato abbastanza.

I tuoi compagni...i tuoi compagni hano bisogno di te.

Adesso.

Sono persi, senza di te.

 

Ok. Basta così.

Era davvero abbastanza.

Era davvero troppo.

Carotina era davvero implacabile. E di sicuro sapeva come e quando esserlo, in certi frangenti.

E sapeva anche motivare a dovere.

Avrebbe continuato a martellarlo.

A martellarlo senza sosta e senza pietà. Fino a che non si fosse deciso.

Deciso a darle retta e ad obbedirle.

Tanto valeva farlo, dunque.

Tanto valeva seguire le sue direttive. Ed obbedire ai suoi ordini.

E darsi una MOSSA.

Perché Carotina sembrava tanto buona e cara e adorabile, ma...

Ma quando ci si metteva...era peggio di un caporale mischiato con una suocera.

Quando era così...

Quando era così non l'avrebbe retta né sopportata un solo minuto in più.

Un solo minuto di più.

 

E' ora di muoversi, Nick.

Alzati.

E' giunto il momento, finalmente.

E' giunto il momento di fare ritorno.

E' giunto il momento di ridiscendere nell'arena.

E' giunto il momento di rimettere piede in campo.

Di rimettere piede sul CAMPO DI BATTAGLIA.

Lo vuoi, Nick?

Lo vuoi?

LO VUOI PER DAVVERO?

 

Si.

 

E allora dillo.

 

Si.

 

Più forte, Nick.

 

“Si.”

 

Prima lo aveva pensato.

In principio si era limitato a fare quello E poi...

 

“SI.”

 

Lo disse. Lo aveva detto.

E giusto per stare sicuri...lo aveva pure ripetuto.

E dopo quella parola, dopo quelle due semplici quanto banali lettere...

Dopo di esse NULLA FU PIU' COME PRIMA.

Appena subito dopo, nell'attimo successivo a quello esatto in cui le aveva pronunciate, sentì che non poteva rimanersene disteso ancora su quel letto. Neanche per un singolo istante.

Non c'era tempo da perdere.

Non c'era più tempo. E lui...

E lui era rimasto indietro. Aveva un mucchio, un bel mucchio di lavoro in arretrato.

Si mise seduto. Ruotò entrambe le zampe posteriori verso destra e le mise a terra. Spiccando quasi un balzo da quella posizione facendo forza unicamente sulle anche e sui glutei.

Da una postura che non doveva essere e non doveva costituire certo il massimo, per compiere manovre e movimenti di quel genere. Per non dire che era addirittura improbabile.

Doveva uscire. Si sentiva soffocare.

Era come se di colpo avesse preso a mancargli l'aria.

Doveva uscirsene all'aperto.

Doveva raggiungere uno spazio aperto. Il prima che fosse possibile.

E prima che gli fosse possibile.

D'un tratto vide la finestra, bella aperta.

Fu una tentazione a dir poco irresistibile. A cui non si oppose neanche per mezzo secondo.

La raggiunse. Vi poggiò sopra l'unico braccio di cui poteva disporre e, non senza una grande fatica, lo usò per issarsi e sollevarsi sopra.

Tirò su prima una gamba e poi l'altra, mettendosi a calvalcioni e sul ventre. Come se si trovasse su di una lunga, lunghissima asta di quelle impiegate nella disciplina del salto in alto. E come se stesse sperimentando, procedendo a tentoni ed un passo dopo l'altro, quella che all'inizio costituiva la tecnica primigenia e più comunemente impiegata durante le gare e le varie competizioni, prima di venire soppiantata e resa obsoleta da quella adottata in seguito. Ed usata ancora oggi, ai giorni nostri.

Allungò la prima gamba, quella che di fatto era già fuori dall'abitazione, per raggiungere la zolla d'erba del prato sottostante. Ma mentre era impeganto a scavalcare incespicò con la seconda, perse il già precario equilibrio e finì ruzzoloni.

Poco importava. Poco gli importava.

Aveva riguadagnato, riottenuto la libertà.

E dal tanto che non gli pareva e che non gli doveva sembrare vero...pensò bene di festeggiare quel che aveva appena ritrovato in un modo a dir poco impensabile. E quasi inauspicabile, per uno come lui.

Totalmente inaspettato.

E si che gli era venuto naturale.

Quasi quanto l'essersi alzato di scatto dal letto, poco fa.

Eppure era strano. Di solito a farlo erano i suoi parenti prossimi.

Quelli che in biologia, di norma, vengono definiti e denominati i cugini di grado maggiore della sua razza.

In genere lo facevano per segnalare la loro presenza, in quanto fortemente e ferocemente territoriali. O per volerlo marcare, il territorio in questione, sempre per via degli istinti descritti poco fa.

O magari per stabilire quanti, tra i loro simili, si dovessero trovare nei paraggi.

In gergo e tra di loro lo chiamavano FARE LA CONTA.

Spesso a qualcuno scappava di farlo inconsciamente, in maniera del tutto involontaria.

Così. Sempre per puro e semplice istinto. E per via del vecchio retaggio ancestrale.

E quando uno partiva...apriti cielo, gente.

Tutti gli altri gli andavno dietro. A ruota.

Si dava il via ad una vera e propria reazione a catena.

Il famoso quanto famigerato ULULATO DI MASSA.

Ma perché lo facevano, poi?

Oddio. Anche le volpi lo facevano, di volta in volta.

E difatti...lui lo aveva appena fatto.

Aveva ULULATO.

Ma a dirla tutta, per lui e tutti quelli come lui, quel verso che emettevano non era da considerarsi un vero ed autentico ululato.

Non andava affatto considerato tale, dato che si trattava di un suono molto più secco, breve e squillante.

Era più una sorta di latrato. E veniva lanciato solamente nel corso di occasioni, molto, molto particolari.

In UNA, per la precisione.

Come richiamo per le femmine, da parte dei maschi.

E vice - versa.

Come richiamo per il compagno. Oppure la compagna del proprio cuore ma anche dei propri lombi, durante la stagione degli accoppiamenti. E degli amori.

O durante il periodo del calore, quando gli esemplari erano entrambi fertili.

Si faceva capire che si era disponibili.

A ingravidare. E a farsi ingravidare.

Questo nel caso non si potesse contare o usufruire al momento di quel che si dice un PARTNER che risultasse STABILE. Oppure FISSO.

In eventualità opposta e contraria...serviva anche per cercarsi. E trovarsi.

In mezzo al branco, anche se le volpi non disponevano di un senso di appartenenza altrettanto affinato, marcato e sviluppato come poteva essere quello dei lupi.

I tanto precedentemente decantati cugini, di cui si parlava poc'anzi..

Non si riunivano in gruppi numerosi, anche se pure loro tenevano parecchio da conto la famiglia.

Tra il branco, si diceva. Ma più comunemente nel buio della notte o della foresta.

Per trovare e farsi trovare dall'amato. O dall'amata.

Perché le volpi erano in prevalenza monogame. E nemmeno Nick, in quanto volpe...vi faceva eccezione.

I maschi come lui sceglievano una sola ed unica compagna. E ad essa si legavano per tutta quanta la loro vita.

Capitava che si potessero innamorare per una sola volta, nel corso della loro intera esistenza. E che non scegliessero più nessun'altra. Neanche nel caso...

Neanche nel caso che la loro compagna sparisse. Oppure che morisse.

Legati per sempre.

Nella vita come nella morte.

Beh...anche qui, dopotutto, c'entrava una femmina. Senza alcun dubbio.

Eccome, se c'entrava. Anche se...

Anche se non era certo una volpe, in questo caso.

Quindi...si poteva dire ed affermare tranquillamente che un ululato CI STAVA, no?

NO?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quel rumore l'aveva sorpresa alquanto.

In realtà, a differenza di chi lo aveva prodotto...non é che l'avesse svegliata più di tanto.

O che l'avesse strappata da chissà quale genere di sonno profondo.

Alzò il busto dalla posizione sdraiata su di un fianco dove si trovava. Piegando leggermente le ginocchia e mettendosi lievemente rannicchiata su sé stessa onde evitare possibili danni alla parte bassa della schiena, per via di un manovra eseguita in maniera così brusca.

Si alzò di scatto ed in fretta e furia dal divano dove aveva passato gran parte della notte.

Come già evidenziato in precedenza...non é che si fosse poi destata di soprassalto.

Da quando si era ritrovata di fatto ad improvvisare ed a svolgere la mansione di infermiera di emergenza per conto del buon dottor Cooke...ci aveva praticamente fatto il callo, a dormire praticamente con un occhio solo. E a tendere e prestare l'orecchio a qualunque genere di segnale proveniente dagli alloggiamenti dove aveva sistemato i pazienti.

Due, per la precisione. E soprattutto e con particolare riferimento a quelli di tipo sonoro, di segnali.

Mugolii, rantoli, sospiri.

Chiari quanto indiscutibili segnali che qualcosa non filasse e non stesse andando per il verso giusto.

Segnali che qualcosa non andava. Che non stesse andando come doveva andare.

Per niente bene.

L'accordo, il patto, la consegna pattuita con il buon Samuel era di andare subito a controllare, nel qual caso gli potesse giungere a portata di timpano e di padiglione uno o anche più di uno qualunque a scelta tra il manipolo di lamenti variegati ed assortiti prima elencato.

Che non é che potesse rimanersene alzata tutta quanta la notte a fare la spola tra uno e l'altro di quelli che era stata chiamata a sorvegliare ed accudire, visto che l'ultimo periodo era stato piuttosto campale.

Pure per lei.

Senza contare che la mattina sarebbe pure dovuta andare a lavorare. Anche se di clienti non é che ve ne fossero poi molti.

Ma prima di ogni altra cosa ancora doveva provvedere ad aprire l'emporio, visto che alla cara Nancy mai che passasse per una cavolo di volta per la sua testolina di GENETTA di avere il pensiero gentile e premuroso di andare a tirare su la serranda prima di lei, almeno per una volta.

Per una volta tanto...lo avrebbe davvero gradito.

Stando agli ordini del medico...doveva tenerli sotto monitoraggio stretto, anche se a distanza.

E al primo segnale che potesse significare che qualcosa andasse storto...andare subito a controllare, per vedere se fossero sorte delle improvvise complicazioni. E di chiamarlo subito nel caso la prima visita, il riscontro preliminare da parte sua risultasse e presentasse un parere di genere positivo.

E non stava certo a significare che stessero bene, il parere positivo in questione.

Detto in altre e povere parole, alla brutta e alla bisogna...avrebbe dovuto verificare coi fatti e sincerarsi direttamente con le loro condizioni se la risposta alla domanda o meglio, alle domande SI SENTE MALE oppure STANNO MALE risultasse e costituisse in un deciso quanto brutale SI.

Perché, viste le circostanze...era perfettamente inutile girarci in giro. O mettersi a menare il CANIDE per l'aia domandando i classici quesiti.

Quelli che venivano tipicamente utilizzati per mettere a proprio agio il paziente e predisporlo nel corretto stato mentale, prima di sottoporlo alle analisi.

Insomma...che stessero male lo si era visto. Si era visto eccome.

Lo si era visto fin troppo bene e chiaramente. E stando così le cose...

Stando così le cose l'importante, ciò che contava davvero era solo che non stessero poi troppo male.

In quanto al divano...ci era abituata.

Non era affatto la prima volta. Aveva già fatto ricorso al grosso sofà in stile impero piazzato nell'ampio soggiorno da tempo ormai immemore.

Da quando aveva deciso di prendere alloggio proprio lì in quella casa, per voler essere precisi.

Nel corso di quest'occasione lo aveva fatto perché la sua camera era ovviamente occupata.

Anche se il pensionante che ne aveva preso possesso e che le avevano piazzato all'interno, tra l'altro sia con l'aiuto che con il benestare di lei stessa in quanto padrona nonché proprietaria della casa...non era affatto un muso sconosciuto.

No, non lo era affatto.

Si era già stabilito dentro alle sue mura, già in un'occasione. E questa era la seconda.

Anche se, riguardo alla precedente...il tutto era avvenuto in maniera molto più pacata e tranquilla. Non certo rocambolesca e tumultuosa come quest'ultima.

Anche se, a ben pensarci...così tanto pacata e tranquilla non lo era stata nemmeno la prima.

Per nulla. Ma proprio per niente. Visto quel che era accaduto nei giorni successivi.

Quando l'ospite, l'affittuario, il nuovo co - inquilino, da che era partito con l'idea di rimettersi in marcia ed in cammino nientemeno che la giornata dopo ed immeditamente successiva...alla fine era stato nominato, per non dire addirittura che si era auto – proclamato da solo e per proprio conto, nientemeno che nuovo sceriffo di Haunted Creek. Al posto di quello vecchio.

Al posto del vecchio Tom Ricketts.

Un passaggio di incarico e di consegne seguito da un'altrettanto improvvisa quanto repentina promozione. Con un conseguente avanzamento, sia di grado che di ruolo, che risultava ancora piuttosto fumoso e nebuloso. E per di più avvenuto in circostanze a dir poco misteriose e oscure.

E, dulcis in fundo...il tutto senza nessun comunicato o documento ufficiali atti a dimostarlo, stabilirlo e dichiararlo nero su bianco.

Ma tant'era...

Quel tale arrivato e venuto praticamente da chissà dove, anche se non era proprio vero visto che sosteneva di giungere da ZOOTROPOLIS...ed anche se non vi erano a riguardo testimoni né fonti che risultassero quantomeno attendibili a sostenerlo, di fatto era diventato il nuovo tutore della legge e dell'ordine, giù in paese.

Così era. Che potesse piacere oppure meno. O anche no.

E alla gente era piaciuto, almeno per il momento. Specie alle femmine, che da quando era qui si stavano letteralmente rifacendo gli occhi.

E che se lo mangiavano pure, sempre con quelli.

LEI COMPRESA, eh. E non si vergognava affatto ad ammetterlo.

Non c'era nulla di male, dopotutto.

In fin dei conti...guardare un bel ragazzo o un baldo giovanotto, quando capitava, era uno dei pochi piaceri e privilegi che le erano rimasti, da quando non aveva più un marito.

Suo marito HARRY.

Che si vogliono forse togliere quelle che sono e rimangono le ultime gioie della vita? Specie ad una povera VEDOVA che già ne poteva contare su ben poche, ormai?

Sulle dita di una zampa, grossomodo.

MONCA, per giunta. Quindi...

Quindi si accontentava di poco.

A passare al dunque e ai fatti, col giovanotto in questione...che ci pensasse pure qualcun'altra.

Glielo avrebbe concesso più che volentieri.

Ci avrebbe senz'altro pensato un'altra. Più giovane. Tipo...

Tipo MAGDALENE, tanto per fare un esempio.

Dunque, tirando le opportune somme...la sua camera era occupata dal ferito più importante.

Quello che in quel momento contava di più. Almeno per lei.

Era l'ideale, la sua stanza.

Era sicuramente il più areato, tra i locali a disposizione. E dentro, tra i mobili che la componevano, c'era un bel letto a due piazze e del tipo matrimoniale.

Anche se non ne aveva più alcun bisogno. E nemmeno le serviva più.

Non le era mai servito, in verità.

Suo marito era già morto quando aveva comperato l'immobile e vi si era trasferita, andando ad abitarci in pianta stabile. Ciò nonostante...

Ciò nonostante aveva acquistato un letto esattamente identico a quello che divideva con Harry, quando era ancora in vita.

Uguale. In tutto e per tutto.

Era come se si fosse infatuata. Come se si fosse innamorata, di quel modello.

Lo amava quasi quanto colui con cui ci aveva passato gran parte delle sue notti. E non certo per dormire, alle volte.

Quasi mai,se ci si tiene a volerlo sapere.

E quasi SEMPRE. Riferendosi ad un altro e forse ben più piacevole modo di impiegare cuscini, materassi, lenzuola, trapunte e coperte.

Forse era stato quello, a spingerla.

Prigioniera del ricordo. Di dolci ricordi che voleva tenere sempre con sé.

Anche adesso che la persona che glieli aveva donati, quei momenti a dir poco indimenticabili...non faceva più parte di questo mondo.

Anche adesso che non la si trovava più tra i vivi ed i viventi.

In ogni caso era davvero confortevole. Morbido ma anche duro, dove occorreva. E spazioso.

Lui...ci si sarebbe trovato sen'altro a meraviglia.

Sarebbe stato comodissimo, garantito.

Fuori uno, dunque.

Meno una stanza.

Proseguendo con l'inventario...una di quelle destinate ai viandianti, ai viaggiatori ed ai clienti di genere occasionale, e cioé la maggior parte di quelli che la chiedevano in affitto...risultava occupata anch'essa.

Da due persone.

Marito e moglie.

Coppia. Coniugi. Consorte e consorte.

Ed infine...ve n'era un'altra, poi. All'appello ne mancava ancora una.

Si. C'era un'altra stanza, lì. sempre a disposizione ed in affitto.

Volendo, avrebbe potuto benissimo usare quella. Ma...

Ma non lo avrebbe mai fatto.

Nemmeno per tutto quanto l'oro di questo mondo. Nemmeno se si fosse trattata dell'ultima possibilità e risorsa di pernottamento possibile e disponibile.

Nemmeno se fosse stata l'ultima stanza da letto presente e rimasta sulla faccia dell'intero pianeta Terra. Perché...

Per un semplice fatto e motivo.

Perché quella era, doveva essere, avrebbe dovuto essere la camera di sua figlia.

La camera destinata a lei.

La camera di Magdalene.

Tra loro erano già in rotta ed ai ferri corti ancora prima che decidesse di acquistare quella casa.

Ciònonostante, le aveva ugualmente offerto di andare a vivere da lei.

Insieme. Sotto lo stesso tetto.

Per tutta risposta sua figlia aveva rifiutato, sdegnata. E la siddetta offerta gliel'aveva letteralemente rigettata in faccia.

Dopo averla masticata e pure sputata, molto probabilmente.

Eppure, ora che ci pensava e che gli sovveniva e tornava, riaffacciandosi alla mente ed increspandosi come tante onde sulla superficie di un mare lievemente agitato...

Ora che si ricordava bene, ripensando a quei primi periodi...persino nei primi tempi non ne aveva voluto sapere, di dormire nella sua camera da letto. Con l'unica differenza che allora...il motivo non era certo perché fosse già piena, la stanza in questione.

Era completamente vuota, allora. Più vuota del vuoto stesso.

E tale era rimasta, almeno in principio.

Non se la sentiva. E dire che se l'era preso pure apposta.

E dire che aveva fatto mettere persino il letto a due piazze. E sempre della stessa marca e modello di quello che aveva accolto lei e suo marito per tanti anni.

Identico, proprio. Anche se non aveva la minima intenzione di farci entrare dentro un altro maschio.

Né lì, né dentro a quel che era rimasto della sua vita.

Ne adesso, né mai.

Anche se di solito si dice che un single che decide di dormire da solo in un letto matrimoniale, in genere...lo fa con l'intento di spronare e di favorire la buona sorte. Sia propria che generica. E per tirarsi il destino dalla propria.

Come se annunciasse a tutti che era pronto, più che pronto a formare una coppia e a farsi una famiglia, alla prima occasione che risultasse disponibile, beneaugurante e promettente.

Ma lei no.

Non lei.

La ferita della e per la recente perdita era ancora troppo fresca, dolorosa e profonda.

Ed inoltre...aveva deciso di chiudere completamente ed ermeticamente il suo cuore ad ogni nuova forma di possibile affetto o di legame coniugale.

Ma questa decisione l'aveva già presa ancora prima.

Quando Harry, rispettivamente suo marito nonché padre di Magdalene...era ancora vivo.

Aveva già deciso. Anche se in maniera del tutto involontaria.

Anche se era del tutto inconsapevole a riguardo, sia di quella decisione che degli avvenimenti futuri che l'avrebbero un giorno portata a prenderla...dentro di lei e nel suo animo aveva già stabilito che Henry era e sarebbe rimasto il primo, l'unico ed il solo compagno.

Per tutta quanta la sua vita.

Era stato il primo, solo ed unico maschio che aveva e che avesse mai amato, nel corso di tutta quanta la sua esistenza. E sarebbe stato il primo, solo ed unico maschio che avrebbe mai amato.

Ora e sempre. Qalunque cosa fosse accaduta e successa.

Comunque sarebbe andata a finire. Anche se si fossero verificate le peggiori, tra le ipotesi contemplate.

E pensare che i daini, allo stesso modo dei cervi ed altri altrettanto stimati appartenenti alla categoria degli ungulati...nei tempi antichi non erano affatto monogami.

Come che so, tipo le volpi, tanto per fare un esempio...

Una tradizione davvero dura, durissima a morire. E che perdurava ancora oggi.

Pare che tra i cervidi la maggiore e più frequente causa di divorzio o di separazione si proprio l'adulterio. E che i tradimenti reciproci siano ancora adesso all'ordine del giorno, persino tra le coppie più navigate ed affiatate.

Ma non tra lei ed Harry. Mai.

E nemmeno...

Già. Chissà...forse nemmeno tra LORO. Anche se...

Lasciò perdere e mise da parte i pensieri oscuri e tristi che, come è noto e risaputo, non portano assolutamente da nessunissima parte.

Come anche quelli moderatamente e cautamente speranzosi ed ottimistici, anche se in misura alquanto e sicuramente più blanda.

Si concentrò sul rumore che aveva appena sentito. Più che altro che capire da dove fosse arrivato.

Di sicuro non dalla stanza dove stava riposando Nahum Pierce.

Vegliato da sua moglie Lottie. Naturalmente tra una prevedibile e scontata sonnecchiata e l'altra.

E allora...

Allora non poteva provenire che dalla stanza matrimoniale.

Dove si trovava Nick.

Non restava che quella.

E non che fosse questa gran novità, dopotutto.

Si era già messo a gemere più e più volte, nel corso della sua forzata ma necessaria convalescenza. Oppure a far rumore, mentre si spostava nel sonno.

Ed ogni volta, puntualmente, Laureen si era alzata ed era andata a buttare un occhio per vedere come stava e sincerarsi delle sue condizioni. Nonchè a risistemarne la posizione, rimettendolo prontamente in posizione supina, e col braccio infortunato ben piegato ed assicurato al costato.

Tutte le volte. Ogni volta.

Ma questa volta...

Questa volta, quest'ultima volta, era stato diverso.

Le sue orecchie si erano drizzate ed avevano puntato immediatamente verso l'alto grazie al suo senso dell'udito ultra – sensibile, affinatissimo ed iper – sviluppato come ogni preda che si rispetti. E lo aveva captato pressoché da subito.

Come sin da subito le aveva fatto rendere conto che qualcosa non andava.

Non andava, non quadrava e non filava.

In realtà...c'era praticamente TUTTO, che non andava. E già da un bel po'.

Da quando le avevano invaso la dimora con un paio di povere vittime di guerra, trasformandogliela in una via di mezzo tra un lazzaretto ed un ospedale da campo.

Ma in questa più recente occasione e circostanza...c'era stato qualcosa di differente.

Di differente dal solito e dal consueto.

Il rumore...non era stato un rumore.

Era stato, si era trattato di un verso. Ma non era stato un lamento.

Non come gli altri che aveva già sentito, ascoltato e recepito in precedenza nel corso di quella lunga, lunghissima nottata.

E far da testimone a ciò...anzi, a far da testimoni c'erano le goccioline di sudore che erano presenti. E che le erano apparse a fior di pelo e di peluria, subito dopo che aveva sentito quel suono.

Si era tratta di una reazione pressoché naturale.

Più che naturale, a volerla dir tutta.

Poiché quel suono, quel verso, risaliva ai tempi antichi.

Ai tempi di quando i mammiferi ancora procedevano e camminavano sulla Terra con tutte e quattro le loro zampe. Ed ancora non erano stati dotati del dono della favella e della parola, e si esprimevano quindi a ruggiti e a grugniti.

Soprattutto i predatori. Perché le prede...facevano meglio a starsene e rimanersene belle zitte ed in silenzio.

Meno si facevano scorgere...meglio era per loro.

Molto, molto, molto meglio per loro. Specie e specialmente se gli ALTRI...erano nelle vicinanze e nei paraggi.

Ecco. Quel suono e quel verso...era proprio il tipico suono e verso che alle prede come lei le terrorizzava e le spaventava a morte, un tempo.

Perché era il suono di una belva sul sentiero di CACCIA. E tutta intenta ed impegnata a percorrerlo in pieno.

Il suono di una belva trascinata e trasportata dalla sete, dalla brama e dalla bramosia di sangue e di carne viva e cruda. E pulsante.

Il suono della fine. Della fine che incombeva. E che era in procinto di ammantare tutto quanto col suo alito gelido. E con le sue nere zampe. Ed i suoi artigli di ghiaccio.

Un ululato.

Quando si udiva quel suono...nei tempi antichi si poteva solo sparire, se si era e si apparteneva alla cerchia delle prede. E pensare a sparire.

Ed il più in fretta possibile, anche.

Stare fermi ed immobili sul posto significava, equivaleva anche quello a sparire, certo.

Ma sparire per sempre, però. Ed in tutto un altro senso.

Quell' ALTRO senso, purtroppo.

Il più tremendo. Il più terribile.

Quello che in genere accompagnava la più orribile ed atroce delle sorti.

Finire a far parte e a dare vita all'ennesimo movimento del grande ingranaggio della catena alimentare.

Finire a sciogliersi sulla lingua, tra i denti, nelle fauci e nel palato. E poi precipitare lungo la faringe e l'esofago per poi finire digeriti nello stomaco. E da lì ulteriormente scissi per finire analizzati, immagazzinati e sintetizzati dalle sostanze emesse dagli organi sotto la diretta gestione e direzione del fegato.

Una parte, almeno. Per quel che concerneva e riguardava l'altra...si terminava nell'intestino, dove si finiva assimilati ed assorbiti. Almeno in quel che si poteva risultare utili.

Per tutto il resto...tutto il resto veniva disperso nei reni. E da lì nella vescica. Oppure nel retto, a seconda dei casi. Ed infine...

Beh, non si ritiene sia il caso di spiegarlo. Ci si può arrivare benissimo da soli, persino nelle conclusioni più maleodoranti e sgradevoli dell'intero processo.

Si veniva abbracciati ed accolti in un altro metabolismo.

Nel loro metabolismo. E si contribuiva a fortificarlo e a svilupparlo.

Si contribuiva alla loro vita.

Si diventava parte di loro. E forse si continuava a vivere in loro.

Ma il prezzo da pagare era altissimo.

Si svaniva. Non si era più sé stessi. E non lo si sarebbe stati mai più.

Per sempre.

Quando si udiva quel suono...si poteva solo fuggire. Scappare.

Questo se si era da soli. Ma se si aveva una compagna, oppure dei figli...si correva in direzione di quel suono.

Ci si andava dritti dritti incontro. E ci si sacrificava per il bene e per la salvezza degli altri. Della propria famiglia.

Toccava in genere ai maschi, quell'onore. E quell'onere. Eppure...

Eppure fu proprio quel che fece Laureen.

Gli andò incontro.

Mise le zampe posteriori a terra, e si alzò ed andò in direzione del suono. Anche se...

Anche se aveva paura. Una paura a dir poco dannata.

Stava infrangendo e contravvenendo alla regola principale che contraddistingue qualunque buon HORROR che si rispetti.

Le si sanno, queste regole.

Li si conosce, i comandamenti in questione.

Mai compiere PECCATO, prima di tutto.

Gli psicopatici semi – immortali con specializzazione nel BODY – COUNT in genere hanno già dimostrato e dato prova, in ben più di un'occasione, di detestare particolarmente i giovani che se la spassano e che si divertono troppo in totale allegria. E senza mai pensare alle possibili conseguenze di una condotta tanto sconsiderata da parte loro.

Mai ubriacarsi.

Mai compiere od effettuare abusi di sostanze illecite.

Mai darsi ad atteggiamenti di tipo intimo o libertino.

Mai chiedere “CHI E' ?!”

Oppure “C' E' QUALCUNO?!”

Mai dire “TORNO SUBITO!!”

Queste sono le regole fondamentali. Le basi delle basi.

Se non le si rispetta...si muore.

Equivale ad ammazzasi da soli, con le proprie zampe.

Non si torna più.

Ma quella più importante...

La più importante é e resta una ed una sola. Una soltanto.

Qualunque cosa accada...non andare mai e poi mai in direzione delle grida.

Perché se si va, se ci vai...inizierai ad urlare ben presto a tua volta.

Sarai il prossimo. E nessuno ti sentirà urlare.

Perché se lo farà...diverrà LUI, il prossimo.

Da sempre ce lo dicono, le vittime di quei film, prima di cadere e ritrovarsi trucidati dal killer maniaco di turno. Però...

Però che ne infischiamo. E lo facciamo lo stesso, ugualmente.

Anche se abbiamo paura. Una paura dannata. Ma non ne possiamo fare a meno.

Non riusciamo a rinunciarci. Non riusciamo a lasciar perdere e a far finta di nulla. Perché...

Perché la paura di ciò che é macabro e dell'ignoto ci attrae. Ci affascina. Anche se...

Anche se al contempo ci ripugna.

Quante volte é accaduto? Quante volte accade?

Passiamo in auto e dalle segnalazioni, dai cartelli e dagli addetti che ci fanno cenno di rallentare capiamo che é avvenuto, davanti a noi e poco distante da dove ci si trova, un incidente mortale.

Passiamo a fianco delle macchine sfasciate, in coda assieme agli altri, a passo di mammifero e a velocità di bradipo morto di sonno. E...

E non vorremmo farlo.

Non lo vogliamo fare. Però...

Però lo facciamo.

E' quel che facciamo. A momenti senza nemmeno rendercene conto.

Buttiamo un'occhiata quasi finto - distratta, di sfuggita, in mezzo ai rottami e alle lamiere contorte dallo schianto.

Per vedere...per vedere se ci riesce di scorgere qualche cadavere maciullato, magari. O ridotto a brandelli.

Lo facciamo. Incuranti dei brividi che ci scorrono lungo la colonna vertebrale.

Perché...per il semplice fatto che non vi é piacere più grande della paura.

E non c'é niente che vi si possa paragonare, anche solo lontanamente.

Lo facciamo per capire, perché vogliamo comprendere e renderci conto di fin dove possono giungere i nostri limiti.

Per renderci conto fino a che, fino a quale punto possiamo arrivare.

Per capire fino a che punto può arrivare il massimo della nostra sopportazione, prima di cedere e di crollare.

Laureen era una femmina. Ma non aveva più cuccioli a cui dover badare, ormai.

Aveva avuto ed aveva ancora una figlia, ma ella aveva abbandonato e lasciato il nido, la tana già da parecchio tempo or sono.

Anche se il termine nido risultava alquanto improprio, a riguardo. Ed avrebbe suonato senz'altro meglio se riferito a stirpi e schiatte ormai estinte quali rettili e volatili.

Roba a base di ovipari ed ovovivipari.

SFORNA – UOVA, insomma.

La sua cucciola, la sua unica cucciola l'aveva abbandonata da un bel pezzo. Anche se prima del previsto. Ed anche se avrebbe pagato oro, dato tutto ciò che aveva e tutto quel avrebbe potuto dare, pur di riuscire ad averla e tenerla ancora un poco con sé.

Solo per un altro po'. Specie dopo quello che era accaduto.

Non aveva più un marito. Un compagno. Un maschio.

Ce l'aveva avuto tempo fa. Ma anch'egli aveva lasciato il rifugio. Oltre che questo stesso mondo, s'intende. Ed anche in quel caso...

Anche nel suo specifico caso avrebbe pagato qualunque cifra e fatto qualunque cosa pur di averlo e tenerlo con sé.

Solo per un altro po'.

Come con sua figlia Magdalene. E forse...anche più che per sua figlia Magdalene.

Anche se sapeva benissimo che era impossibile.

Di norma...sarebbe preferibile occuparsi e concentrarsi sui vivi, piuttosto che continuare ad aggrapparsi ai morti.

Anche se questi ultimi fanno indubbiamente comodo.

Molto, molto comodo.

Non protestano. Non contestano. E li si può idealizzare a proprio piacimento, provvedendo a togliere e rimuovere tutti i loro lati negativi. Ed affibbiandogli tutte le qualità e caratteristiche positve che si desidera.

Comprese quelle che non hanno e che non hanno mai avuto.

Coi vivi...coi viventi é tutto molto più complesso, ovvio. Più complicato. Ma...

Ma bisogna sforzarsi. Ci si deve sforzare.

Con loro si può avere un confronto. Anche un conflitto, alle volte.

Ma con loro si può avere di nuovo la splendida quanto sofferta opportunità di potersi mettere i gioco. E di scendere anche a patti.

A compromessi. Dall'una e dall'altra parte.

Ciò é valido per entrambe le sponde. Per entrambi gli schieramenti in causa. In nome del quieto vivere.

In nome del vivere. Poiché bisogna pur tornare e continuare a vivere, prima o poi. In un modo o nell'altro.

Laureen non era più una moglie. Ma era e restava comunque una madre.

Dal giorno stesso in cui lo era diventata, dando alla luce il frutto del maschio che tanto amava.

Dal giorno in cui una femmina si tramuta e diventa una madre...lo sarà per sempre.

Anche se deciderà di smettere di partorire o per qualche motivo non potrà farlo più...avrà sempre dei figli, in un modo o nell'altro.

Avrà figli per ogni giorno che campa, fino al giorno in cui morirà.

E in ognuno di quei giorni...si giocherà e dovrà sempre giocarsi il tutto per tutto.

Ogni santo ed insieme dannatissimo giorno.

Era da sola. Ma...in realtà era come se non fosse da sola, in quel preciso e dato momento.

E Nahum e Lottie Pierce non rientravano certo nel conto.

Non in quel genere di conto, per lo meno.

Aveva di nuovo un maschio in casa, dopo tanti anni. Anche se non poteva certo essere considerato e lei stessa non poteva certo considerarlo come suo potenziale nuovo compagno.

La differenza di età tra loro due era fin troppo marcata ed evidente, perché potessero diventare davvero una coppia.

D'accordo che si sostiene da sempre che le unioni migliori e più durature siano quelle dove la femmina é la più anziana, tra i due. Ma lì...si esagerava alquanto.

Diamine...avrebbe potuto essere sua madre. E sia il termine che il paragone non risultavano affatto fuori luogo, vista la situazione.

Anzi...a dirla tutta non avrebbero potuto essere più azzeccati di così.

Da quando si era stabilitò lì in paese, prima in casa sua e poi nella centrale di polizia...lo aveva sempre considerato come e alla stregua di un vero, proprio ed autentico FIGLIO.

Il figlio maschio che non aveva mai avuto.

Anche se, a differenza del suo marito buonanima...va precisato che non é che gliene fosse mai importato questo gran che.

Non le era mai importato più di tanto.

Non voleva per forza e a tutti i costi un primogenito di cui vantarsi ed essere orgogliosa.

Magdalene le era sempre bastata ed avanzata.

Ma quel che era successo...l'arrivo di Nick nella sua dimora e nella sua vita lo aveva considerato una sorta di risarcimento da parte del destino. Che fino a quel momento le aveva sempre giuocato e riservato una nutrita quanto considerevole ed abbondante dose di colpi bassi, rovesci e mancini.

Sia a lei che alla sua famiglia. O a quel che ne rimaneva, almeno.

Un nuovo figlio acquisito, per compensare la mancanza della sua figlia naturale e legittima.

Emigrata ed eclissata verso altri lidi. A momenti da un giorno all'altro, senza quasi il benché minimo preavviso.

Non che fosse andata poi chissà dove, alla fin della fiera.

Magdalene continuava a vivere lì, anche se a parecchi isolati di distanza. Che, a conti fatti...non che fosse poi questa chissà quale incolmabile separazione.

Solo che...

Solo che dal giorno in cui sua figlia aveva deciso di prendere casa per conto suo ed altrove...

Da quel giorno aveva iniziato a sentirla LONTANA.

Lontanissima.

Lontana miglia. Intere regioni. Stati. Nazioni. Continenti.

Anni luce.

Ormai lo riteneva simile ad un figlio, Nick.

Per di più al momento aveva l'autonomia e l'indipendenza di un cucciolo o poco più, per come era e l'avevano ridotto.

Le aveva fatto piacere, ritrovarselo di nuovo sotto al suo tetto.

Anche se ne avrebbe fatto volentieri a meno di arrivare a simili quanto estreme misure, per riaverlo lì con sé.

Gli aveva proposto più e più volte di ristabilirsi lì, ma lui aveva sempre risposto picche.

Aveva sempre reagito con evidenti segni e cenni di diniego. Per quanto assolutamente garbati e gentili, a differenza di come aveva fatto Magdalene.

E Laureen aveva compreso. Quello lo capiva.

Si era fermato perché aveva, sentiva di avere una missione da compiere. E una volta che l'avrebbe portata a termine..non avrebbe avuto più alcun obbligo o motivo particolare, per rimanersene in quel posto.

Avrebbe voluto tanto che si fermasse un po' di più. Che se ne rimanesse lì il più a lungo che fosse e che gli fosse possibile. Ma...

Ma non c'era affatto il bisogno di conciarlo così a mal partito e a quelle condizioni, per costringerlo ed obbligarlo ad una permanenza forzata ed oltremisura.

Gliel'avrebbe tanto voluta risparmiare. Tanto più che se una certa femmina della sua stessa specie e del suo medesimo sangue si fosse decisa una benedetta volta a giocare le sue carte e le sue grazie...forse il neo – sceriffo avrebbe potuto trovare altri motivi ed altre ragioni per restare lì, ad Haunted Creek.

Era...era strano, certo. Ma non così singolare o anomalo.

Nei tempi antichi non era affatto raro che una femmina si occupasse di un trovatello o di un orfano proveniente da qualche nidiata o cucciolata perduta e smarrita. O magari addirittura finita tragicamente o persino sterminata.

Soprattutto le femmine appartenenti al gruppo degli erbivori e delle prede, specie di grossa taglia, che in genere e di norma erano quelle dotate di carattere ed indole più comprensiva e mansueta.

Pare che arrivassero ad accogliere nel loro grembo e ad allattare persino dei piccoli di predatore, permettendogli di prendere posto accanto ai loro figli. Perché l'amore, l'affetto e l'istinto innato a crescere una vita di una femmina non conoscono né limiti né confini.

Li nutrivano. Nutrivano anch'essi. Perché una madre ha calore e latte da dare a e per qualunque cucciolo.

Anche se quei cuccioli avevano già le prime ZANNE, al posto dei DENTINI.

Anche se possedevano pure i canini oltre che ad incisivi, pre – molari e molari. E con essi gli mordicchiavano ed addentavano le mammelle e i capezzoli, mentre erano tutti intenti a succhiare affamati.

Glieli mordevano fino a fare male. Fino a farli sanguinare. Ma...

Ma non importava.

Forse, in passato...forse era capitato che una daina si prendesse cura di qualche volpacchiotto rimasto da solo. Proprio come stava facendo Laureen.

Non ci vedeva nulla di male, in tutto ciò.

Nick era il suo piccolo, ora. E quando si sarebbe ripreso...

Quando sarebbe finalemente guarito...chissà, magari si sarebbe messo con la SUA, di piccola.

Aveva trovato un altro figlio. E forse un COMPAGNO per sua figlia, addirittura.

E un altro maschio per la sua famiglia.

Figlio da amare per lei...fidanzato e forse un giorno marito da amare per Magd...

Per MAGGIE.

Si. Lo aveva detto. Ed ora non aveva più paura di dirlo.

Voleva dirlo. Aveva voluto dirlo. Ad ogni costo.

Quale inaspettata quanto meravigliosa quanto insperata coincidenza.

Che cosa bellissima che stava accadendo. Se...

Se solo fosse stato vero.

Se solo si fosse avverato, come sogno...

Ma per i sogni...per i sogni c'era sempre tempo.

C'era sempre tempo, per fare in modo di realizzarli.

Adesso come adesso...si doveva occupare del reale, non dell'illusorio.

Del reale e di problemi ben più reali.

Aveva sentito provenire un suono diverso dal solito, dalla stanza dove si trovava il suo volpacchiotto.

Dalla stanza dove si trovava SUO FIGLIO.

Un suono mai sentito o udito prima.

Non poteva rimanere e rimanersene indisturbata ed indifferente, e far finta di nulla come se niente fosse.

Il suo istinto materno...il suo istinto materno era entrato in azione, a fronte dei gemiti di colui che considerava l'ultimo e più recente esponente della sua alquanto ristretta prole.

Il suo istinto era entrato in azione. In circolo.

Nel suo sangue, nelle sue vene e nei suoi nervi.

Ed ora reclamava, scalciava, palpitava e scalpitava senza sosta.

Reclamava il suo ruolo. Il ruolo legittimo che gli competeva, da sempre. E che da tanto, troppo tempo era finito relegato in un angolo e messo da parte.

Dimenticato.

Ed ora stava facendo e le stava facendo ricordare chi era. E soprattutto cosa doveva fare.

Con rinnovati ardore e vigore. Ed ritrovate lucidità, freddezza, e ferocia.

Si. Ferocia. Perché le femmine di preda e di erbivoro saranno anche paciose, tranquille e mansuete finché si vuole, ma...

Ma che non si provi a toccargli i CUCCIOLI.

Mai.

Diventano delle autentiche BELVE.

Più belve delle stesse belve, il che é tutto dire.

Nessuno oserebbe toccare o frapporsi in mezzo ad una leonessa ed il suo piccolo.

Ma anche una daina sa tramutarsi in leonessa, se viene messa a rischio ed in discussione l'integrità e la perpetuazione della sua stessa specie.

La sopravvivenza della sua stessa famiglia.

Del frutto dei suoi lombi, delle sue cellule e del seme cha ha accolto dentro di sé.

Dentro a sé stessa e nel suo ventre

Doveva indagare.

Doveva intervenire.

Anche se aveva paura. Una paura a di poco dannata.

 

Corri e SCAPPA.

 

E' così che pensa, ragiona, si muove ed agisce una PREDA.

 

Corri e VEDI.

 

E' così che invece pensa, ragiona, si muove ed agisce una MADRE.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, rieccomi qua!!

Come va? Spero bene.

In teoria questo avrebbe dovuto costituire l'ultimo capitolo.

Prima dei saluti estivi, eh. Non temete.

La mia storia andrà avanti ancora per un bel pezzo.

Dicevamo...dopo questo capitolo avrei dovuto prendermi la consueta pausa, ma quest'anno...le cose andranno un po' diversamente.

Del resto...con quello che é accaduto e che sta accadendo quest'anno, i cambiamenti e gli stravolgimenti di programma sono all'ordine del giorno.

Per farla breve...quest'anno NIENTE FERIE, ragazzi.

Purtroppo c'é stato un imprevisto.

Senza voler entrare troppo nel dettaglio...un mio familiare ha avuto dei gravi problemi di salute e lo hanno dovuto portare in ospedale.

Ora é fuori pericolo, ma...diciamo che ha rischiato davvero grosso.

Ne uscirà fuori, però occorrerà tempo. E si trova tuttora in ospedale. Dove dovrà subire un'operazione piuttosto delicata.

Sapete che non vi nascondo nulla, ragazzi. Anche se non si dovrebbe dire...tenete le dita incrociate anche voi, che qualcuna in più non fa mai male.

Avevamo già prenotato, ma avrei dovuto partire con la mia piccola e lasciare mia moglie a casa a gestire la situazione.

Oddio...esistono persone che se ne sarebbero infischiate. Che tanto non era un problema loro e poi, si sa...le vacanze sono sacre.

Io NON SONO DI QUEL TIPO, per fortuna.

C'era una scelta da fare. E credo di aver fatto quella giusta.

Ritengo di essere molto più utile qui.

Se ne riparlerà la prossima estate. Intanto, per quel che riguarda la questione prettamente pecuniaria...sono riuscito a recuperare almeno la somma versata in anticipo, in qualche modo.

Beh...ormai le “vacanze” sono agli sgoccioli. Lunedì prossimo si torna già al lavoro.

Che dire...riposare mi sono riposato lo stesso. E in quanto al divertirsi...idem.

Io e la mia piccola ci stiamo facendo un sacco di giri in bicicletta per una Milano deserta. Che di questi periodi acquista un fascino tutto particolare.

La senti tutta tua, finalmente.

Col fatto che tutti sono partiti...a girare in bici per prati, campagne, parchi e boschetti ti sembra di stare in un episodio di STRANGER THINGS o ne I GOOONIES. O in un romanzo del celeberrimo Re Stephen di Bangor.

Ogni sentiero, ogni stradina può nascondere un'avventura!

Da ragazzino, quando non c'erano i soldi per andare in ferie...ho passato un sacco di anni in città, d'estate. E me la sono sciallata alla grande lo stesso.

In giro tutto il giorno, in sella (Ahy -yo, Silver!!). Si rientrava giusto a pranzo e a cena.

Quest'anno, grazie alla mia piccola...sto rivivendo queste sensazioni, in parte.

Complice l'estate meno torrida che si sia mai vista negli ultimi vent'anni.

E dire che tutti si lamentano del caldo.

Io vi giuro che non capisco.

Forse hanno dimenticato l'estate scorsa.

QUARANTA GRADI da Giugno fino a fine Agosto. Con computer, televisori e console (la mia povera PS3...) che letteralmente fondevano fino afar saltare i circuiti.

Ma la gente dimentica davvero troppo in fretta.

Oggi vedi tutti in giro senza mascherina. Si sono già scordati come si stava tre mesi fa, quando sembrava di essere sprofondati in un incubo dove non si vedeva la minima uscita.

Hanno tutta questa gran voglia di tornarci, secondo voi?

Mi raccomanado, ragazzi...so di avere a che fare con gente INTELLIGENTE e RESPONSABILE.

E come sempre mi ci metto anch'io.

NON FACCIAMO I CRETINI.

Continuate a rispettare le misure di prevenzione, mi raccomando.

E fregatevene se gli altri decidono di non rispettarle.

E' brutto dirlo, ma...hanno deciso di rischiare di MORIRE, forse?

Se é così...AFFARI LORO, ragazzi.

All'inizio il virus dilagava. Ma adesso, che é comunque un minimo sotto controllo...se te lo pigli, mi spiace dirlo...in gran parte E' RESPONSABILITA' TUA.

Sai quel che devi fare. E allora...FALLO, per la miseria.

Tornando al caldo...quest'anno a Milano abbiamo avuto un clima FAVOLOSO.

Vento fresco tutto il giorno. Si é stati da Dio.

Forse perché...é sparito l'inquinamento?

Perché non girano macchine?

Sembra di essere tornati a trent'anni fa, davvero.

Faceva caldo, certo. Ma non certo da impedirti di andare in giro.

E' sempre il solito discorso che ribadisco da qualche mese, ragazzi.

Se noi umani ci diamo una REGOLATA...questo pianeta ci mette DUE SECONDI per tornare VIVIBILE.

Per noi e per tutte le altre specie.

Poi vedi che continuano ad appiccare incendi dolosi. Tipo un tale ripreso dalle telecamere che si ferma sul cilgio di una strada e dà fuco ad un pezzo di boscaglia. E poi riparte, come se nulla fosse.

E che una petroliera si apre in due rovinando un autentico paradiso terrestre, con conseguenze che pagheremo per decenni.

E tutto perché?

Pare che ci fosse una festa a bordo, e che il comandante si sia avvicinato incautamente alla costa perché PRENDEVA MEGLIO IL SEGNALE DEL WI – FI.

Non c'é limite alla stupidità dell'uomo.

Visto che si parla di virus...forse aveva ragione un ambientalista che sosteneva di voler rinascere tale, in una possibile prossima vita. Per STERMINARE IL PIU' POSSIBILE I SUOI SIMILI.

E' un discorso davvero troppo estremo, anche se sarcastico. Con cui, infatti, non mi posso assolutamente trovare d'accordo.

Non ritengo che questo pianeta starebbe meglio senza di noi.

Se ci siamo...ci sarà un motivo.

Non siamo un ERRORE, come molti pensano.

Siamo i custodi. E abbiamo il compito di gestire questo pianeta e di salvaguardarlo. Non di sfruttarlo e basta.

Però, quando vedi queste notizie...pensi che a molti di noi piaccia continuare a stare in mezzo alla MERDA.

Scusatemi. Ma credo di aver reso pienamente l'idea.

Forse, semplicemente...ci sguazziamo dentro talmente da tanto che ormai non riusciamo più a farne a meno.

Dovremo imparare, a farne a meno.

Dobbiamo renderci conto che un altro mondo, miglior di questo...é possibile.

Solo così sopravviveremo.

Ok, basta divagare.

Veniamo al capitolo.

Prima, però...partiamo da una premessa.

In realtà il capitolo é diviso in due parti. E questa ne costituisce la prima, delle due parti in questione.

Il prossimo, nonostante avrà un titolo differente...é di fatto il seguito diretto di questo che state leggendo (o meglio che avete letto, per essere arrivati fino alle note di redazione).

Inizialmente volevo pubblicarlo per intero, ma sarebbero venute fuori almeno una SESSANTINA di pagine e più.

Troppe. Davvero troppe per chiunque.

E' molto probabile che questa prima parte risulterà un po' più statica, visto che il buono ed il più succoso (la polpa, insomma), come ogni buon episodio che si rispetti...me lo sono tenuto per il prossimo.

Anche se qui non é che non succeda nulla.

Nick si é finalmente risvegliato, hai detto niente!!

Ed in tal proposito...visto che col suo risveglio il discorso non é ancora chiuso, per quel riguarda l'eventuale analisi di quanto accade tra questo capitolo ed il prossimo...ho deciso opportunamente di rimandare alla seconda parte.

Voi, invece...sentitevi liberi di analizzare pure.

E...spero vi possa piacere anche questo, naturalmente.

Ma una cosa la voglio dire.

Avete per caso notato qualcosa di...DIFFERENTE, per caso?

Ma certo, che lo avrete notato!

Parlo da solo, ormai. Totalmente irrecuperabile.

Comunque...si diceva che lo stile di uno scrittore é in continua evoluzione.

Ed infatti...da questo episodio in poi ho deciso di darci un taglio, con le parole in MAIUSCOLO.

Mi avevano stufato. Ce n'erano troppe.

Era diventato tutto troppo sensazionalistico, scritto sempre a caratteri cubitali.

Ne ho tenuta giusto qualcuna dove serviva, e basta.

Inoltre...ho come il sospetto che fossero proprio le maiuscole, a continuare a generare errori durante la fase di pubblicazione (e un grazie, come sempre, al collega ed amico Sir Jospeh Conrard per il sempre minuzioso lavoro di editing. Sei un grande).

Magari non era quello. O magari si.

Nel dubbio...vediamo se così va meglio.

Io lo preferisco così. Fatemi sapere che ne pensate.

Passiamo all'angolo della COLONNA SONORA, adesso.

Durante la lettura, vi consiglio due pezzi.

Uno é LAST NIGHT di Chris de Burgh.

BELLISSIMA.

E l'altra...beh, la conoscerete tutti, senza dubbio.

Visto che ancora adesso domina le classifiche, é stata una hit indiscussa di questa primavera ed estate e ha assolutamente sbancato in mezzo mondo.

Anzi...voglio ringraziare l'autore, che probabilmente legge ed é un fan sfegatato della mia fanfic, per aver ideato e fatto questo magnifico pezzo proprio mentre sono alle prese con la mia opera.

Non poteva omaggiarla né farmi miglior regalo di dedicarmi questa canzone.

Ok, sto delirando. Ma come ho sempre detto...NULLA ACCADE MAI PER CASO.

Se quest'anno é uscita questa canzone proprio nel periodo in cui mi stavo cimentando con questo episodio...é perché mi serviva un accompagnamento musicale che risultasse degno.

E questo...é PERFETTO.

Sto parlando di BLINDING LIGHTS di The Weeknd.

Una canzone che é un puro inno agli anni 80.

Veloce adrenalinico, ipercinetico. Che sa di luci al neon, cruscotti ed insegne luminose e luminescenti che brillano nel cuore della notte. E che ti parte e ti colpisce dritto dritto al cuore e al cervello come una botta sparata direttamente per endovena.

Prima di chiudere...passiamo al consueto angolo dei ringraziamenti.

Un grazie di cuore a hera85, Devilangel476, DANYDHALIAe Sir Joseph Conrard per le recensioni all'ultimo capitolo.

Poi a RyodaushitoraIT per le recensioni ai capitoli 61, 62 e 63.

A Plando per le recensioni ai capitoli 73 e 74 (ho letto il tuo ultimo aggiornamento su SOGNI INFRANTI. Te lo recensirò quanto prima!).

Ed infine l'esponente (proprio come me!) della cosiddetta “vecchia guardia” Freez shad per la recensione al capitolo 52.

Bene, credo di aver messo tutti.

Vi auguro (anche se in ritardo) un buon Ferragosto a tutti quanti, e...

 

Alla prossima!!

 

 

 

See ya!!

 

 

 

 

 

 

Roberto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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