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Autore: mattmary15    23/08/2020    0 recensioni
Sono passati anni dagli eventi di Cuba. Charles ed Erik si sono separati, ma il destino ha in serbo un tiro mancino per loro e a riunirli sarà l'ultima persona a cui pensano. Stavolta saranno alle prese con un nuovo avversario dei mutanti e una potente organizzazione che ne gestisce le risorse e che reclama l'eredità di Sebastian Shaw.
Seguito de 'L'anello mancante' ma può essere letta anche senza conoscere il contenuto del prequel.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Erik Lehnsherr/Magneto, Nuovo personaggio, Raven Darkholme/Mystica
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'eredità di Shaw'
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Capitolo V
Fermare Raven
 

Se c’era una cosa che Hank odiava, era dover menare le mani. Quindi quando dovette, di fatto, abbattere due soldati della milizia privata di Trask che avevano tentato di importunare Lucy, non fu affatto felice. Il suo umore peggiorò quando ebbe la sensazione che la donna li avesse provocati per allontanarli dalla porta del suo capo e che tutto facesse parte del piano. Lui aveva accettato di disturbare il dispositivo cerca mutanti non di fare del male a qualcuno. Eppure, se si trattava di aiutare, Hank non si tirava mai indietro. Per cui abbatté i due soldati della milizia privata di Trask e si mise al lavoro.

Era agitato perché avrebbe rivisto Raven e sapeva che i suoi sentimenti per lei erano immutati. In cuor suo sperava di poter chiarire con lei la faccenda del siero ma si sentiva un ipocrita ad affrontare quell’argomento dal momento che lo aveva persino perfezionato e iniettato a Charles.

Accese il trasmettitore e chiamò Charles.

“Mi senti?”

“Forte e chiaro.” Udì dall’altro capo del ricevitore.

Charles era insieme a Tessa ed Erik. Erano entrati dall’ingresso del personale di servizio e avevano raggiunto il piano su cui si trovava la stanza di Hang Son Wu. Charles sondò con la sua mente l’intero piano e trovò Raven. Tessa non si era sbagliata. Aveva realmente assunto le sembianze del generale vietnamita.

“Hank,” lo avvertì il professore, “abbiamo trovato Raven. Devi mettere fuori servizio il dispositivo di Trask prima che lei entri nel suo raggio di azione.”

“Consideralo fatto.” Rispose lo scienziato. Lucy lo lasciò nella sua camera e si diresse verso quella del suo capo. Bussò e lo avvertì che doveva scendere per la presentazione. I suoi ospiti erano arrivati.

Trask era un uomo brillante ma dal fisico esile e cagionevole di salute. Lasciò la sua stanza abbottonandosi la giacca e seguendo Lucy. La ragazza pensò che non sospettasse nulla di quello che stava per accadere. Era sicurò di sé quando fece un cenno a Stryker ed entrò nella stanza in cui avrebbe tenuto la presentazione. Lucy lo vide accendere il suo dispositivo e pregò che Hank avesse fatto il suo lavoro a dovere. 

Preparò gli aperitivi e dispose le cartelline con la presentazione sul tavolo. Mano a mano che gli ospiti arrivavano, li faceva accomodare ai loro posti. Trask stringeva mani ed elargiva sorrisi cordiali.

Mancavano solo due ospiti e l’ora della presentazione era passata da cinque minuti. Lucy fece sedere l’uno dei due ritardatari proprio mentre Stryker si offrì di andare a chiamare l’altro.

La ragazza vide il militare lasciare la stanza e si augurò che Tessa e i suoi amici avessero già trovato Raven.

 

Quando il generale Hang Won Su sentì bussare alla porta, non aveva idea di chi si sarebbe trovato di fronte. 

La figura di Charles Xavier sembrava più esile di come la ricordava ma la profondità del suo sguardo non era diminuita per nulla. L’uomo indietreggiò di un passo. 

Diventarono due quando nel suo arco visivo entrò anche Erik. 

“Dobbiamo andare via da questo posto.” Il generale ascoltò le parole di Charles ma non diede segno di averle comprese. Per un attimo pensò persino di fingere di averlo riconosciuto. Poi sorrise.

“Non ci penso neppure. Ho un appuntamento. Non vorrete farmi fare tardi.”

“Raven,” disse stavolta in modo esplicito Charles, “Non c’è tempo. Dobbiamo andar via. Trask possiede un dispositivo in grado di rilevare la presenza dei mutanti. Per ora Hank sta disturbando il segnale ma non potrà farlo a lungo. Dobbiamo andarcene prima che si rendano conto che siamo qui.” Raven riprese le sue sembianze e quasi ringhiò.

“Non sono mai stata tanto vicina a quel bastardo. Non lo lascerò scappare anche stavolta.”

“Non è lui a dover scappare. Sarai tu quella costretta a farlo e non ci riuscirai. Ti catturerà e ti farà del male.”

“Devo correre il rischio. Devo fermarlo o non ne resterà nessuno di noi, Charles.”

“Se non fermi questa cosa qui e adesso, Raven, sarà davvero così ma per colpa nostra. Tu sai cos’è il progetto Sentinella?” Raven annuì.

“Sì, vuole creare un esercito meccanico che dia la caccia ad ogni mutante sulla faccia della Terra.”

“Esatto,” replicò Charles, “ma se oggi Trask ti cattura, tu sarai ciò che trasformerà ogni pezzo di quell’esercito meccanico in un’arma definitiva contro i mutanti. In cinquant’anni il progetto spazzerà via non solo coloro che possiedono già una mutazione, ma anche tutti coloro che portano il gene in forma latente. Sarà la fine del genere umano.” 

Nel sentire quelle parole, Raven ebbe un sussulto. Qualcosa, in lei, vacillò. Fu solo un attimo.

“No, se io non fallisco oggi. Trask non merita la tua compassione, Charles. Perché in fondo è di questo che stiamo parlando. Tu non vuoi che io lo uccida. Forse avevi ragione tu su Shaw, ma oggi no. Oggi hai torto.” Charles strinse i pugni.

“Non avevo ragione su Shaw, ma ho ragione oggi. Devi fidarti di me. Posso mostrartelo.” Disse avvicinando le dita della mano destra alla tempia. Raven estrasse una pistola dalla cintura che aveva indosso e la puntò contro Charles.

“Non entrare nella mia testa!” Gridò ma l’arma le si scompose tra le mani. D’istinto guardò Erik. L’uomo, con un’espressione severa sul viso, parlò per la prima volta.

“Non penserai che ti lasci fare mentre punti un’arma su di lui.” Raven sorrise con malignità.

“Hai l’esclusiva?” Erik allungò le labbra in un ghigno.

“Se avessimo tempo di rivangare il passato, ci sarebbero altre cose che mi piacerebbe ricordare.” Raven riprese le sembianze del generale Won Su e si rivolse di nuovo a Charles.

“Non mi hai fermato a Cuba quando ti ho detto che volevo andare con lui, non mi fermerai adesso. Il cammino che ho intrapreso mi ha portata esattamente qui.”

“Anche se perdi la via, Raven, la via non è persa per sempre.”

“Queste sono le belle frasi ad effetto che ti piace usare ma non fanno per me.” Stava per prepararsi ad affrontare Charles ed Erik quando una voce che lei conosceva ma di cui non ricordava l’appartenenza, li mise tutti in guardia.

“Arriva Stryker, dobbiamo muoverci.” 

“Lasciatemi andare!” Gridò Raven.

“Charles, fermala!” Esclamò Erik.

“Non osare entrare nella mia testa!” Si difese lei.

“Raven, per favore, ascoltami!” Provò di nuovo Charles ma Erik fu più veloce. Usò il suo potere per  piegare il metallo della testiera del letto e stringerlo intorno al busto di Mystica. La donna provò a divincolarsi poi, in un estremo tentativo di reagire, assunse le sembianze di Lena.  

Erik si perse per un attimo e il metallo intorno al corpo di Raven sembrò sciogliersi. 

Fu in quel momento che Tessa entrò nella stanza e chiuse la porta. 

Erik si girò nella direzione da cui proveniva il rumore e la vide. Tornò in sé proprio mentre anche Raven, sorpresa di vedere un’altra Lena nella stanza, riacquisiva le sue sembianze originali.

“Lena! Tu sei viva?” Fu Charles a rispondere.

“Lei è sua sorella. Ha visto il tuo futuro, Raven.” Cadde il silenzio mentre bussarono alla porta. La voce di Stryker arrivò forte e chiara dal corridoio.

“Generale Won Su, va tutto bene? La stiamo aspettando già da un po’.”

Erik fece un cenno a Charles per chiedergli di intervenire. Charles si portò due dita alla tempia e parlò a Raven.

‘Per favore, non tradirci. Ci farai uccidere tutti. Sappi che siamo pronti a morire piuttosto che a lasciare qualcuno di noi nelle mani di Trask.’ Dopodiché si concentrò sulla porta. Sapeva che Stryker stava per aprirla. 

Quando il soldato lo fece, la stanza era vuota. Così almeno gli apparve. 

In realtà Tessa, Erik, Charles e Raven erano immobili mentre William Stryker dava un’occhiata alla camera e poi si voltava chiudendo la porta dietro di sé.

“Adesso lasciatemi andare.” Disse di nuovo Raven.

“No.” Fu Tessa a rispondere. “Tu hai tutte le ragioni del mondo a voler vedere Trask morto ma se è la salvezza dei mutanti quella che vuoi, oggi devi rinunciare.”

“E dovrei fidarmi di te? Non mi stava neanche simpatica tua sorella! Tu mi piaci ancora meno.”

“Abbiamo chiacchierato abbastanza,” fece Erik, “non hai scelta Raven. Non so che impressione ti abbia dato Charles, ma questa non è mai stata una negoziazione.” Tirò fuori un rotolo di nastro adesivo e ne strappò un pezzo che usò per impedire a Raven di parlare ancora.

“Erik,” provò Charles, “è proprio necessario?”

“Sei ancora in tempo a condizionarla, se vuoi.” Charles scosse la testa in segno di diniego.

“Allora è necessario.  E adesso andiamocene.”

Tessa aprì la porta e guardò il corridoio. Era deserto. Fece un cenno agli altri dando loro ad intendere che potevano uscire. Erik mosse una mano e il metallo stretto intorno al corpo di Raven si mosse portandola con sé. 

Il gruppo raggiunse la scala di servizio che dava sul retro e che conduceva ad un cortile in cui doveva essere il furgoncino della lavanderia che avrebbero usato per allontanarsi. 

Quando svoltarono l’ultima rampa di scale, il rumore di una porta al piano superiore si aprì e richiuse e la voce di Stryker gli intimò di fermarsi.

“Andate via!” Gridò Tessa. “Qui ci penso io.” Fu la sola ad udire la voce di Charles.

“Non rimanere indietro, vieni via con noi.” Tessa gli lasciò leggere la sua mente.

“Avevo previsto la reazione di Stryker, conosco l’esito di questo scontro. Va’ senza temere. Vi raggiungerò presto.”

Charles esitò sulle scale. Le diede un’ultima occhiata prima di seguire Erik fuori dall’edificio.

Tessa rimase ferma fino a che Stryker non la raggiunse sul pianerottolo.

“Signorina Shaw, è un piacere rivederla!” Esclamò il militare.

“Non è il mio nome. E il piacere è tutto tuo, Stryker.”

“Il signor Pierce sa che sei qui?” Chiese l’uomo gettando via la sua maschera e dimostrando di conoscere bene l’organizzazione dell’Hellfire.

“Potrei farti la stessa domanda ma io, come sai, conosco tutte le risposte. A Pierce non piacerà sapere che hai definitivamente rotto gli indugi e scelto Bolivar Trask.” L’uomo sorrise di scherno.

“Trask paga bene e ritiene che i mutanti siano una risorsa più da morti che da vivi.” Tessa strinse un pugno.

“Non questi mutanti.”

“Vedremo.”

“Fatti sotto ma ricordati che io posso prevedere tutte le tue mosse.” Stryker tirò il primo pugno, Tessa lo schivò e iniziò il combattimento.

 

Erik aveva appena chiuso Raven nel retro del furgone quando si guardò intorno e si rivolse a Charles.

“Dov’è Tessa?”

“E’ rimasta indietro. Stryker ci stava inseguendo.” Charles se ne accorse subito. La vena sul collo che pulsò più forte e la fronte che si corrugò in una frazione di secondo. Sembrò che ogni cellula del corpo di Erik non riuscisse a nascondere l’impazienza che lo aveva colto.

“Torno indietro.” Charles annuì ma l’urgenza di Erik aveva messo in allarme anche lui.

“Erik, aspetta,” disse e il tedesco si fermò sulla porta “se dovesse succedere qualcosa, ricordati cosa abbiamo promesso. Tornate entrambi.” 

“Allora dovrai restare nella mia testa.” Concluse Erik ricordando le parole di Charles con cui gli aveva detto che non l’avrebbe fatto mai più. Charles lo vide sparire dietro l’angolo e raggiunse il posto di guida del furgone dove Hank stava ancora cercando di disturbare il segnale del rilevatore di Trask.

“Hank sta’ pronto a partire in qualsiasi momento.” Gli disse focalizzando la sua mente su Erik.

Lo vide raggiungere il pianerottolo su cui Tessa e Stryker si stavano battendo. Vinceva lei senza alcun dubbio. Nonostante ciò, il soldato sfilò un’arma dalla cintura e, puntandola contro Tessa, sparò.

“Vaffanculo, Sage.” Disse l’uomo convinto di avere chiuso i giochi. Invece il proiettile si fermò a mezz’aria e la pistola gli si accartocciò fra le dita.

“Non ti hanno detto che le donne non si toccano neanche se sono mutanti?” Stryker prese la radiotrasmittente e chiamò i rinforzi. Erik contorse la ringhiera lungo la scala e lo bloccò. “Stai bene?” Chiese rivolgendosi a Tessa.

“Sì, dove sono gli altri? Perché sei tornato?”

“Non sono un po’ troppe domande per essere una che prevede gli eventi?” Disse lui prendendole un polso e tirandola verso l’uscita. Un gruppo di uomini armati comparve a bloccargli la strada. Erik tese una mano verso di loro ma la voce di Charles fu più veloce delle sue intenzioni.

“Non ucciderli, non farlo se non è necessario.” 

Erik usò il metallo delle loro armi per farli sbattere contro le pareti e guadagnare tempo.

“C’è un’altra porta sul tetto. E’ libera.” Magneto prese su per le scale e Tessa gli stette dietro fino a che non raggiunsero il terrazzo. Erik fece scattare il chiavistello e richiuse la porta una volta che furono fuori.

“E ora come scendiamo?” Chiese Tessa. Vide Erik salire sul cornicione e tenderle la mano.

“Stavolta non hai scelta, tesoro.” Disse lui invitandola a seguirlo. Tessa sospirò e l’afferrò salendo sul bordo del parapetto. Istintivamente si strinse ad Erik. L’uomo le passò un braccio intorno alla vita e sfidò la forza di gravità piegandola al suo potere. Tessa si sentì minuscola ed impotente come quando guardava la Torre Eiffel dal basso. Neanche il tempo di registrare quell’emozione che un forte rumore di esplosione catturò la sua attenzione. 

La porta del terrazzo era saltata in aria e un manipolo di soldati, con Stryker a capo, puntava delle armi contro di loro.

Si accorse subito che appartenevano al prototipo speciale anti Magneto e gridò.

“Erik, voltati, adesso!” Il tedesco però non si mosse. La strinse appena più forte. Gli spari andarono quasi tutti a vuoto. Uno colpì Erik alla schiena. L’uomo perse il controllo ed entrambi presero a precipitare nel vuoto. Da quell’altezza, l’impatto sarebbe stato fatale ad entrambi. Quando percepì la voce di Charles, si chiese se fosse troppo tardi per dirgli le cose che non aveva avuto il coraggio di rivelargli a Washington.

“Tessa, perdonami.”

Lei non capì. Sentì solo il suo corpo fermarsi a mezz’aria e sostenere quello di Erik. La sua mente sembrava essere stata liberata dalle sue stesse membra e non avere alcun genere di limite o confine. Vedeva se stessa compiere azioni delle quali non riteneva di essere capace.

La cosa migliore di tutte era uno strabiliante senso di libertà. Una cosa simile non l’aveva mai provata prima. Si sentiva, allo stesso tempo, leggera ed invincibile.

Levitò con grazia fino a che la punta dei suoi piedi non toccò il suolo e poi, come se quella forza l’avesse abbandonata all’improvviso, ricadde all’indietro.

Le braccia di Charles la sostennero mentre la sua mente si sforzava di non lasciarla troppo rapidamente.

“Tessa, respira. Respira.” 

Fu allora, mentre tornava padrona della sua mente prima e del suo corpo subito dopo, che comprese cos’era accaduto. La consapevolezza fu dolorosa. Mentre la mente di Charles lasciava il controllo della sua, Tessa sentì la testa dolere in un modo che non aveva mai provato prima. Quando il dolore si attenuò, arrivarono le vertigini e la nausea. Un conato di vomito la costrinse a rialzarsi e finì sulle ginocchia a sputare persino l’anima. 

Erik era anche lui dolorante ma aveva ripreso i sensi. La guardava in modo indecifrabile. 

Le mani di Charles l’aiutarono ad alzarsi.

“Andiamo, in qualche modo, ce l’abbiamo fatta.” 

Salirono sul furgone e si allontanarono in fretta.

Raven si rivolse a Charles.

“Che è successo?”

“Stryker aveva delle armi anti Magneto.”

“Dovrei essere onorato del fatto che hanno dato il mio nome ad un’arma?” Chiese il tedesco soffocando il dolore alla schiena.

“Questo spiega perché lui è ferito. Cos’è successo a lei?” Raven non li vedeva da anni e Charles ed Erik non le sembravano più le persone che aveva conosciuto. Charles spostò una ciocca di capelli dalla fronte madida di sudore di Tessa che rimaneva abbandonata con la testa sulle sue gambe.

“Ho preso il controllo della sua mente e ho usato le sue capacità.” Disse senza smettere di guardare la donna che sembrava ancora soffrire.

“E questo l’ha ridotta in quello stato?” Chiese Raven sorpresa.

“Purtroppo sì. Diciamo che ho perso il tocco dopo Cuba.” Raven si girò a guardare Erik.

“Sì, è colpa mia anche questo. Vuoi infierire anche tu? Accomodati.”

“Charles, non lo sapevo,” disse lei “sei stato male?”

“Hank si è preso cura di me.” Rispose Charles guardando l’amico sorridere nello specchietto retrovisore.

“Tu lo sapevi?” Chiese in malo modo ad Erik.

“Non lo sapeva nessuno. Avevo deciso di chiudermi in casa a bere e dimenticare.” Intervenne Charles.

“Potevi chiedere aiuto.” Si giustificò lei.

“A chi? A te che te ne andavi in giro a compiere la tua missione? O a lui che era rinchiuso in prigione?”

“Io sarei venuta.” Charles si sforzò di sorriderle con dolcezza.

“Lo so.”

“E lei?”

“Lei è comparsa dal nulla. In qualche modo mi ha ridato qualcosa per cui lottare.”

“Perché è identica a Lena?” Charles tornò a mostrare quella durezza che Raven credeva di non poter mai vedere sul viso dell’uomo che per anni era stato suo fratello.

“Perché ha i suoi ricordi. Perché Lena ha visto il futuro prima di morire e ha visto il progetto Sentinella distruggere l’umanità. A cominciare da oggi. Per questo era importante farti ragionare.”

Raven non aggiunse altro. L’idea che quella donna con la faccia di Lena potesse conoscere il loro futuro non la convinceva del tutto. Inoltre, il rancore accumulato negli anni contro le persone che avevano letteralmente fatto a pezzi la sua famiglia non poteva sciogliersi come neve al sole. 

A tutto ciò si aggiungeva la tensione di dover stare sotto lo stesso tetto con Erik e Charles. Non poteva nascondere il fatto che fosse ancora sentimentalmente legata ad entrambi ma, allo stesso tempo, si era sentita tradita da tutti e due e il fatto che l’avessero cercata ora solo per via di una donna identica a Lena, non migliorava il suo umore. 

Infine c’era Hank. Lui le aveva sorriso e l’aveva liberata dalle corde di metallo create da Erik ma c’era ancora tensione tra loro. 

Inutile, stupida, pensava Raven, eppure c’era. 

‘Mutante e fiera’ gli aveva detto. Aveva fatto di quel motto la sua vita e le era costato tutto. Doveva rinnegarlo ora per tornare ad essere l’amica che Hank avrebbe voluto rimanesse al suo fianco?

Decise che rinchiudersi in un riflessivo silenzio era la cosa migliore.

Tessa, di contro, aprì gli occhi. La testa le doleva ancora. Gli occhi blu di Charles furono tutto ciò che vide all’inizio. Poi le sue labbra rosse che sorridevano.

“Mi dispiace molto, Tessa. Non so cos’altro avrei potuto fare per impedirvi di cadere.”

“Avresti potuto usare il suo cervello, ad esempio.” Tentò di dire lei indicando Erik, ma la voce le uscì incerta.

“Era privo di sensi. Ti prometto che non lo farò mai più.”

“Non importa. In queste condizioni non posso usare le mie capacità. Se non le recupero non potrò sapere con certezza l’esito della missione.”

“Cosa ti serve?” Chiese Charles.

“Riposo, credo, e paracetamolo.” Tessa si sforzò di sorridere e Charles fece altrettanto.

“Allora andiamo nel posto giusto.” Esclamò Hank mentre guidava.

Tessa chiuse gli occhi. Aveva finto di non sentire la mano di Charles posata sulla sua fronte e lo sguardo di Erik fisso su di lei. Per la prima volta da quando aveva conosciuto quelle persone, aveva mentito. Lo aveva fatto perché, anche se non poteva ancora vedere gli effetti delle loro azioni di quel giorno a Parigi, sapeva che qualcosa era già cambiato per loro.

Per questo aveva preso tempo, l’unica cosa che Tessa Shaw non aveva.

 

Giverny era una piccolissima cittadina poco distante da Parigi.

Hank aveva affittato una casa in campagna. Un’abitazione di un piano solo con decine di ettari di terreno attorno. Sufficientemente lontano da occhi indiscreti ma vicino a sufficienza per reperire farmaci e generi alimentari.

Tessa e Raven dovettero dividere una camera. L’altra fu occupata da Hank e Charles poiché Erik mise in chiaro che avrebbe preso il divano in salotto.

Tessa aveva dormito per tre ore dopo aver ingerito l’antidolorifico e si alzò completamente sudata. Tolse il maglioncino che aveva addosso e si infilò una giacca pesante. Sfilò una sigaretta dal pacchetto che aveva sempre con sé e uscì.

Non si aspettava di trovarsi in un posto così bello.

Il sole stava tramontando e irradiava i campi di una luce arancione calda per gli occhi e per il cuore.

I campi sembravano ricoperti d’oro. Scese i due scalini che separavano il portico dalla strada e fece qualche passo verso il prato.

Si rese conto di non avere l’accendino, solo quando si portò la sigaretta alle labbra.

“Accendila con la mia.” Erik era arrivato al suo fianco senza che lei se ne accorgesse, rapita com’era da quello spettacolo. Lei prese la sigaretta, l’avvicinò alla sua e poi gliela rese.

“Grazie.”

“Sono io che dovrei ringraziarti.”

“Devi ringraziare Charles, non me.”

“Può darsi, ma è stato il tuo potere a salvarci.”

“Non sapevo neppure di poterlo fare.” Disse lei inspirando ed espirando.

“Charles sa tirare fuori il meglio dalle persone.”

“E chi tirerà fuori il meglio da lui?” Chiese lei sorridendo ed Erik la imitò.

“Vuoi provarci tu? Io credo di avere avuto la mia occasione e di averla sprecata.” Disse lui.

“Oh, avanti! Ti darà sempre un’altra occasione. E un’altra e poi un’altra e un’altra ancora. Non ne avrà mai abbastanza di te.”

“Sul serio?” Tessa annuì stringendosi nel giaccone. Cominciava a sentire freddo. “Perché ne sei tanto sicura?”

“Perché tu gli vuoi bene e non permetteresti mai a nessuno di ferirlo. Non è per questo che mi controlli a vista?” Erik finì la sua sigaretta ma la tenne tra le dita. Non la gettò per terra.

“Possibile. O forse non mi sei più così odiosa.” Disse piegando appena la testa di lato senza smettere di guardare l’orizzonte che era diventato una linea scura tra il cielo rosa e il campo tornato di un verde scuro.

“Ti ho avvertito sul tetto. Potevi girarti e reagire.”

“Percepisco il metallo anche a grandi distanze.”

“Che vuol dire?”

“Che quei soldati non ne avevano. Non avrei potuto fermarli neppure se avessi voluto.”

“Per questo non ti sei voltato?” Chiese lei facendo un passo e dando le spalle ai campi. Lo guardò negli occhi.

“Se mi fossi voltato, il proiettile lo avesti preso tu.”

“Quindi sono io che devo ringraziare?”

“No. Avevo promesso a Charles che ti avrei protetta.” Tessa sorrise.

“Grazie lo stesso.” Erik percepì una punta d’imbarazzo e voltò la testa di lato cambiando subito argomento.

“Quindi non sapevi di poter volare?”

“No. E penso che Charles abbia scoperchiato il vaso di Pandora.”

“Sarebbe a dire?”

“Mi sento diversa. Come se i miei occhi potessero vedere meglio e più lontano.”

“Ti fa ancora male la testa?” Tessa annuì.

“Non troppo.” 

Un soffio di vento agitò gli steli d’erba nei campi e scompigliò i capelli di Tessa. La donna rabbrividì.

“Dovresti rientrare.” Lei fece per tornare verso casa ma esitò.

“Ora so perché piacevi a mia sorella,” disse piano, “anche se la vita ti ha tolto molto, non ti ha tolto l’umanità. Reciti bene la parte dello stronzo. Lei però sentiva le tue emozioni. A lei non potevi mentire.”

“Te l’ho già detto una volta, io non mento mai. E non mi piacciono le menzogne.”

“Un passo avanti e due indietro. Tipico di te. Buonanotte Erik.”

Tessa si allontanò mentre Erik stringeva forte il mozzicone di sigaretta nel pugno. Se l’unica maniera di difendere se stesso e Charles era tenere quella donna a distanza, avrebbe impiegato ogni risorsa per riuscirci.

  
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