Film > X-men (film)
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Autore: mattmary15    08/09/2020    0 recensioni
Sono passati anni dagli eventi di Cuba. Charles ed Erik si sono separati, ma il destino ha in serbo un tiro mancino per loro e a riunirli sarà l'ultima persona a cui pensano. Stavolta saranno alle prese con un nuovo avversario dei mutanti e una potente organizzazione che ne gestisce le risorse e che reclama l'eredità di Sebastian Shaw.
Seguito de 'L'anello mancante' ma può essere letta anche senza conoscere il contenuto del prequel.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Erik Lehnsherr/Magneto, Nuovo personaggio, Raven Darkholme/Mystica
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'eredità di Shaw'
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Capitolo V-2
Nodo cruciale

 

Tessa rientrò in casa cercando di non fare rumore. Gli altri dovevano essere tutti addormentati in un sonno profondo dopo la giornata impegnativa appena trascorsa.

Scoprì che non era così quando raggiunse la cucina. La sua intenzione era di prepararsi un tea ma la teiera faceva già bella mostra di sé sul tavolo. 

Charles ne stava bevendo una tazza mentre leggeva un libro.

“Non dormi?” Gli chiese versandosi un tazza del liquido bollente. Charles posò il libro avendo cura di segnare la pagina a cui era arrivato e rispose.

“In realtà non ho chiuso occhio. Credevo di essere stanco ma, non appena ho poggiato la testa sul cuscino, i miei occhi si sono spalancati. Non ho sonno.”

“Stai bene?” Chiese lei sorseggiando la bevanda ambrata.

“Inaspettatamente, sì. Erano mesi che non mi sentivo così bene. Credo sia merito tuo.” Tessa quasi sputò il suo tea.

“Mi stai dicendo che io ho ancora i postumi della sbornia e tu ti senti fresco come un fiorellino?” A Charles sfuggì una risata.

“Non mi definirei in quel modo ma direi che sia abbastanza probabile che le due cose siano connesse.”

“In che modo? Illuminami.”

“Quando sono entrato nella tua testa, ho dovuto cercare in fretta qualcosa che potesse aiutarmi a salvarvi. Ammetto di aver scommesso tutto sulla tua somiglianza con Lena.” Tessa abbassò lo sguardo sul bordo di porcellana della tazza e ci passò un dito sopra seguendone la linea.

“Lo scudo.”

“Non sapevi di averlo?” Tessa scosse la testa. “Beh, funziona come lo scudo di Lena ma il tuo è gravitazionale. Un po’ come il potere di Erik ma, come dire, al contrario. Lui usa il magnetismo. Tu puoi usare la gravità. Ovviamente dipende dalla telecinesi.”

“Sembra che tu capisca il mio potere meglio di me.” 

“Per questo mi chiamano ‘professore’.” 

“Non perché sei laureato in genetica?” 

“Non solo in genetica se è per quello. Ad ogni modo, ho visto la tua mente. E’ davvero come un database di informazioni rigidamente diviso come un archivio. Prima che Shaw morisse, avevo alzato una serie di barriere, in qualche modo avevo diviso la mia mente in aree compartimentate. Credo che vedere il modo in cui organizzi i tuoi dati, abbia riattivato in qualche modo la mia capacità di separare i miei pensieri dalle voci.”

“Lieta di esserti stata utile, professore.”

“Vorrei ricambiare il favore.”

“Lo hai già fatto.”

“Non mi ci sono neppure avvicinato.” Tessa piegò la testa di lato con fare interrogativo. “Lascia che provi.”

“A fare cosa?”

“A capire qual è il dolore che ti porti dentro e che ti impedisce di essere te stessa.” Tessa lasciò andare la tazza e istintivamente si tirò indietro. Charles sollevò entrambe le mani. “Era solo una proposta. Non lo farò. Non farò mai niente contro la tua volontà. Questo te l’ho già promesso.” Lei lo guardò ed ebbe quasi la sensazione di averlo ferito. 

“Prima che la situazione diventi equivoca, sarà meglio precisare i fatti, professore. Quando mi sarò ripresa, se avremo scongiurato il futuro visto da Lena, ognuno di noi andrà per la sua strada.”

“Intendi tornare all’Hellfire?”

“Non c’è altro posto per me al mondo.” Charles si alzò e raggiunse la finestra.

“Questo non è vero e lo sai.”

“Invece è vero e lo sai.” Charles si voltò di scatto, la voce e l’espressione del viso alterate.

“Sono stufo di sentire sempre le stesse cose. Siete tutti maledettamente convinti di non avere scelta!”

“Tutti?” 

“Tu, Erik, Raven, Hank, persino Lena.”

“Non si tratta di non avere scelta ma di avere già fatto una scelta.” Charles raggiunse il tavolo e vi poggiò entrambe le mani.

“Una scelta. Una. Là fuori è pieno di gente che ha scelto di fare una cosa e poi ne ha fatta un’altra ma voi no. Voi siete quelli determinati, quelli che non sbagliano mai, che sanno già come andrà a finire, vero?”

“E se fosse così?” Charles sollevò le mani ridendo.

“Ah! Io posso controllare le persone, Tessa. Cosa accadrebbe se decidessi di avere sempre ragione? Se mi convincessi che non ci fosse altra scelta che convincere il genere umano che deve vivere alle mie regole?” Tessa si alzò.

“Saresti Dio.” Lo disse piano ma con convinzione.

“Non voglio essere Dio. Voglio essere un uomo. Voglio sapere che posso commettere errori. E’ una cosa tanto orribile?”

“Essere umani?” Chiese Tessa. 

“Sbagliarsi.”

“Forse, non lo so. Escludo gli errori dai miei schemi mentali.”

“Restare con me, sarebbe un errore?” Tessa sentì la testa tornare a dolere. 

“Da certi punti di vista.”

“Ma da altri no.”

“Tu non ti arrendi mai?”

“Quando mi hai conosciuto, mi hai biasimato per essermi arreso. E comunque, in genere, no.”

Il silenzio che cadde nella stanza si sommò all’oscurità che era seguita al tramonto. Tessa si sentiva sfinita e non aveva voglia di continuare quella conversazione. La sua mente era ancora troppo fragile per anche solo provare ad intuire come sarebbe andata a finire e il suo cuore cominciava ad abituarsi al calore che quelle persone avevano portato nella sua vita al punto che l’idea di portare a termine il suo piano originale cominciava ad apparirle impraticabile.

Quando sentì la mano di Charles sulla sua, sollevò uno sguardo carico d’astio. Gli occhi blu del professore la privarono di ogni capacità di fare resistenza e non perché avesse usato il suo potere. Soltanto perché erano carichi di speranza.

Aveva imparato a riconoscerla. Fin da piccola non ne aveva mai avuta in abbondanza. 

Quelle poche briciole che le aveva donato sua madre si erano consumate presto, avvizzite dall’ambizione e dalla frenesia paterna. 

Nella sua infanzia, la speranza era diventata la mano affettuosa di sua sorella che le regalava parte delle sue emozioni. Anche quel germoglio era appassito presto. 

Crescendo, la speranza aveva preso la forma di un colore, il rosso della pelle di Azazel, l’unico in grado di attraversare le spesse pareti della sua prigione. Lo faceva per portarle da mangiare ma era gentile con lei. 

Il tempo le aveva portato via anche lui. Le aveva dato le lucciole però. L’unica luce nella sua oscurità. Loro le avevano mostrato la via d’uscita per evadere dalle grinfie di Shaw.

E ora gli occhi di Charles.

“Non sei sola.” Fu troppo. Fu come se quelle fossero le uniche tre parole in grado di scardinare l’ultimo cassetto chiuso a chiave nella sua mente. Pianse. In silenzio. 

Lui non aggiunse altro. Non le asciugò il viso, non la confortò, come se sapesse che aveva bisogno solo di piangere.

Rimasero così a lungo. Al buio e in silenzio. Solo la mano di Charles su quella di Tessa. Trovarono conforto uno nel silenzio dell’altra. Persino le loro menti sembrarono rifiutarsi di percepire qualsiasi cosa che non fosse l’unico punto di contatto tra i loro corpi.

Fu Tessa a parlare per prima.

“Ho un debito con l’Hellfire. Devo saldarlo.”

“Abbiamo un debito. Ci hanno aiutato sia a liberare Erik che a fermare Raven.”

“No, professore, io ho un debito. Tu sei libero da ogni vincolo. Non ho mai preso impegni per tuo conto.”

“Questo non significa che io non possa aiutarti a saldarlo.”

“Non puoi farlo, professore. Non potresti mai aiutarmi a dare loro quello che gli ho promesso.”

“Mettimi alla prova.”

“Ho promesso che gli avrei consegnato Magneto.”

Charles non si mosse e, nel buio, lei non vide lo sconforto che gli aveva riempito gli occhi. Si sforzò di continuare ad adoperare quel tono di voce tranquillo e conciliante.

“Che se ne farebbero mai? Sanno quanto è potente? A malapena il Pentagono è riuscito a contenerlo. Non sono neanche sicuro che avrebbero potuto fermarlo se avesse voluto fuggire.”

“Hanno una macchina. Quella in cui mio padre aveva rinchiuso me. Consente di canalizzare una specifica capacità di qualsiasi mutante in un congegno che può essere poi utilizzato da un altro individuo.”

“Ruberebbero il suo potere?”

“Esatto.” Quella sola parola ebbe il potere di gelare Charles. Ritirò la mano interrompendo il contatto tra loro. A Tessa sembrò di sprofondare ancora di più nell’oscurità e di annegarvi dentro senza avere più alcun appiglio.

“Questo non è possibile. Non c’è alternativa?”

“C’era, ma l’ho esclusa. E questa cosa non è negoziabile.”

“Tessa,” provò a dire Charles ma la donna si alzò nel buio.

“Non è un tuo problema.”

“Tessa!” Stavolta Charles si alzò di scatto spostando la sua sedia all’indietro. La luce si accese all’improvviso. La donna pensò che fosse stato Charles a farlo ma la mano di Erik era ancora ferma sull’interruttore.

“Com’è che hai detto? Un passo avanti e due indietro?” La voce del tedesco era fredda e tagliente. Charles si mosse istintivamente e si portò tra lui e Tessa.

“Erik, per favore, stiamo solo parlando.”

“Forse tu stai parlando, Charles. Lei sta muovendo le fila di questa cosa fin dal principio e non farmi dire che te l’avevo detto. Quando? Quando la tua incrollabile fede negli altri si esaurirà? Saremo tutti morti e sepolti per allora.”

“Erik, va’ fuori di qui. Ci penso io.” Lo sguardo di Erik continuava ad essere puntato su Tessa.

“Davvero? E come pensi di fare? Userai finalmente i tuoi poteri per annientare la sua volontà? O le farai esplodere il cervello? In questo caso non vorrei perdermi lo spettacolo.”

“Erik!” Charles urlò, i tratti del viso definitivamente alienati dalla rabbia e dalla frustrazione.

“O vuoi aiutarla a rinchiudermi in un’altra prigione?” Anche Erik urlò. “Se non ti rifiutassi di usare i tuoi poteri, lo sapresti.”

“Saprei cosa, dannazione?”

“Quello che ti rifiuti di vedere con gli occhi. Sei tu, tu l’alternativa. Deve consegnare uno di noi a questa organizzazione. Un’organizzazione che tu conosci, a quanto pare! Dimmi, mi consideri lo scemo del villaggio, Charles? E tu, Tessa, ora verrai a dirmi che hai scelto di consegnare me perché sono il cattivo? O perché sono una minaccia in futuro? O perché lui te lo vorresti scopare?”

Nell’udire quelle parole, Tessa reagì. Ogni oggetto nella stanza prese a tremare.

“Avanti, tesoro, vediamo come avevi intenzione di catturarmi!” Erik mosse un mano e tutti i coltelli della dispensa si sollevarono.

“Erik, fermo! Tessa, per favore, non costringetemi.” Pregò il professore ma nessuno dei due contendenti sembrava dare l’dea di volersi fermare.

“Ho scelto te perché sei uno stronzo.”

“Lusingato.” Fece Magneto lanciando i coltelli verso di lei ma avendo cura di non ferire Charles. Tessa li fermò e li fece ricadere a terra.

“Oh! Dovrai impegnarti molto di più per liberarti di me.”

“Tessa, per l’amor di Dio, non provocarlo!” La esortò Charles.

“Credimi, Charles, non ho bisogno di provocazioni. Ho capito fin dal principio che portava guai.” Disse riprendendo il controllo dei coltelli e lanciandoglieli addosso da diverse direzioni. Tessa li deviò tutti. Il più grosso finì infilzato nella sedia che lei aveva sollevato come scudo. Non poté difendersi dai vetri infranti della finestra che invece le ferirono la fronte e una spalla.

“Erik, adesso basta. Nessuno verrà consegnato all’Hellfire.” Provò ancora Charles. “Non costringetemi a bloccarvi!”

La voce di Raven li fece girare tutti nella direzione del salotto.

“Questa la voglio proprio vedere!” Disse divertita incrociando le braccia. Hank la raggiunse un istante dopo.

“Che diavolo succede? Perché combattete?” Erik ne aveva anche per il dottore.

“E tu lo sapevi, Bestia? O hanno fottuto anche te? Scommetto che non ti dicono mai un cazzo di niente.”

“Lascia perdere Hank!” Gridò Tessa lanciandogli contro teiera, tazze e piattini. Raven rise e si portò le mani a coprirsi la bocca quando vide la testa di Erik completamente bagnata dal tea. “Che c’è? Controlli il metallo ma non la porcellana?” Erik perse definitivamente il controllo. Con una mano staccò il lampadario dal soffitto. Tessa pensò che sarebbe caduto addosso a Charles e lo bloccò a mezz’aria. Non si accorse così che, con l’altra mano, Erik aveva mosso con violenza il frigorifero. 

Tessa e il frigo finirono fuori dalla finestra già per metà divelta. 

“No!” Urlò Charles bloccando Erik il tempo sufficiente perché Hank raggiungesse Tessa e le sollevasse il frigorifero da dosso. “Basta, Erik, o rovisterò nella tua testa e non ti piacerà!” 

“Sono calmo.” Gli disse mentalmente e Charles lo lasciò andare.

Hank aiutò Tessa a rimettersi in piedi. La donna si teneva l’addome ma sembrava stare bene nel complesso. Lei rientrò in casa e raggiunse subito la sua stanza. Prese lo zaino e cominciò ad infilarci quelle poche cose che aveva portato con sé.

Charles la raggiunse mentre lei piegava una maglietta.

“Tessa,” provò, “Tessa guardami.” Le mani di lei si muovevano nervosamente stropicciando il tessuto dell’indumento piuttosto che sistemandolo. “Tessa.” Lei lasciò andare la maglia sul letto e lo guardò.

“Che c’è?” Sbottò.

“Mi dispiace. Avrei dovuto fermarlo prima.”

“Sì, avresti dovuto.”

“Lo so.” Lei sospirò. “Sono davvero io l’alternativa?”

“Non chiederlo.”

“Lo sto già facendo. Parlami.” La donna aveva il viso livido in più punti e tutti i capelli in disordine.

“Non sei mai stato l’alternativa, professore.”

“Allora dimmi che Erik si sbaglia.” Tessa riprese la maglietta e la gettò nello zaino rinunciando a piegarla.

“Dovevo scegliere.”

“Hai scelto me.”

“Ho scelto Lena. Lei non mi avrebbe mai perdonata se ti avessi messo in pericolo dopo che lei ha sacrificato la sua vita per salvarti.” Charles infilò le mani in tasca e guardò il pavimento.

“Allora cosa farai adesso?”

“Torno a New York.”

“All’Hellfire?” 

“Sì.”

“E cosa intendi fare?” Tessa allargò le braccia per quanto il dolore all’addome potesse consentirglielo.

“Quello che devo.”

“E Erik?”

“Se quella specie di,” provò a dire senza trovare la definizione giusta, “se lui!” Esclamò. Charles la interruppe.

“Troglodita.”

“Eh?”

“Troglodita è la parola che stai cercando.” Precisò proprio mentre Erik compariva sulla porta incapace di farsi da parte quando sentì che parlavano di lui.

“Se quella specie di troglodita ci avesse permesso di continuare la nostra conversazione, avrei potuto dirti che non avevo intenzione di consegnarlo all’Hellfire.” Erik ghignò.

“Come no!”

“Non più almeno.” Fece lei guardando lo zaino.

“Quindi?” La interrogò Charles.

“Quindi niente, professore. L’Hellfire è casa mia. Mi prenderò una ramanzina per aver fallito e riprenderò il mio posto nella gerarchia. Ripartirò da qualche gradino più in basso ma sono la figlia di Shaw, non mi succederà un bel niente.” Il telepate era perplesso. Erik s’intromise ancora.

“Se qualcuno di voi due mi dicesse cosa cazzo è l’Hellfire forse potrei dare un contributo.”

“Hai già lanciato il frigorifero, Erik. Come contributo va oltre le mie aspettative. Vuoi aspettare un attimo fuori o devo bloccarti di nuovo?” Erik si voltò e uscì.

“Wow, professore! Questa sì che è determinazione.”

“Resta. Non abbiamo ancora finito. Non abbiamo ancora la certezza di aver scongiurato il futuro visto da Lena.” Tessa chiuse lo zaino e infilò il giubbino di pelle.

“Ti ho già detto che non posso usare le mie capacità al momento. Non perdere di vista Raven per un po’, ok?”

“Resta.” Disse prendendole una mano.

“Professore, tu non volevi lasciare Westchester. Lo hai fatto perché dovevi. Adesso sono io che devo andare.” Tessa sfilò la mano da quella di Charles e prese lo zaino. Arrivò alla porta ma lui la trattenne.

“L’ho fatto per te. Ho lasciato Westchester per aiutarti. Ora me lo rendi inutile.” Lei non si voltò.

“A Washington ti ho detto che ti ho cercato per diversi motivi ma che non ero pronta a condividerli. Non lo sono neanche adesso. Scusami.”

Tessa lasciò la stanza. Passò davanti ad Erik ma non gli rivolse la parola. Fu lui a farlo.

“Non mi scuserò per averlo fatto. Ti avevo avvertita.” Lei si fermò e si voltò. Sorrise.

“Non mi aspettavo niente di meno da te.”

“Te l’aspettavi?” Lei annuì.

“E sai cos’altro mi aspetto?”

“Cosa?”

“Che proteggi Charles.”

“Da te?”

“Anche. Finora hai fatto un ottimo lavoro.” Disse toccandosi l’addome.

“Cos’è Hellfire?”

“L’inferno.”

“E cos’altro?”

“Un’organizzazione politica ed economica che controlla mezzo mondo e vuole impossessarsi dell’altra metà.”

“E tu ne fai parte?”

“Sì.”

“Chi comanda?”

“Donald Pierce.”

“Non dimenticherò questo nome.”

“Dimenticalo invece. Dimentica Hellfire. E’ una piaga. Una maledetta piaga che infetta ogni cosa che tocca. Non sbagliavi su di me. Col tempo lo capirà anche il professore. Dimentica.”

Erik la guardò andare via da sotto al portico.

“Non dimenticherò. Non potrei nemmeno se lo volessi.” E si accese un’altra sigaretta.

  
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