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Autore: Heven Elphas    17/08/2009    3 recensioni
Sai, avevo scommesso tutto nel mio comportamento, sperando di uscire dall’istituto.
Avevo un piano preciso, in cui avevo calcolato che se facevo ciò che gli altri si aspettavano da me, allora mi avrebbero considerato guarito.
Poi, alla fine, è andata in questo squallido modo. Anche se dopo tutto non è che mi dispiaccia così tanto…
E tu puoi anche guardarmi e giocare con i tuoi meravigliosi capelli, tanto so che pure a te va bene così.
Dovresti aver appreso quello che, in qualche maniera, ha mandato a puttane tutto ciò che avevo programmato.
Sì, stupido egoista, lo hai capito bene anche tu.
E dai, non disturbarti nemmeno a beffarti del sottoscritto.
-Sei uno sciocco…
…ti sei innamorato di me.-
Ti amo…
Davie, un ragazzino di quindici anni sofferente di un disturbo schizoide di personalità, viene mandato in un istituto psichiatrico travestito da normale liceo. Ed è qui che incontra Emil, il gothic-boy che come un gas nocivo entrerà nella sua vita...
Perchè l'Amore vero, forse ha posto dove la Ragione non alberga...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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An INSANE and SICK Romance

 

An INSANE and SICK Romance

 

 

 

 

 

SECOND CHAPTER - YOU CALL PURGATORY SOMETHING MUCH MORE

                                                 SIMILAR TO A  PSICOPATHS’ ROOM

              

 

Qualcuno -William Scott credo- ha detto che Amore e Ragione non possono restare nella stessa stanza d’albergo.

Nel momento in cui uno vi arriva, l’altro se ne va a cercar posto altrove…

Allora mi chiedo se questo sia il posto dove l’Amore puro possa esistere pienamente per tutta l’eternità, senza mai dover sloggiare.

Perché la Ragione qui non ha posto, no?

Ed è inutile che continui a ridacchiare in quel modo tanto impertinente, perché lo sai meglio di me che è così.

Odio quando davanti a tutti loro affermi il contrario di ciò che credi veramente, solo per non abbattere l’immagine che ti sei costruito.

Odio il falso te stesso che tanto mi disprezza…

Dovresti dirlo qui, quel che mi hai sussurrato l’altra sera. Perché non lo ripeti ad alta voce e dai loro mostra del tuo vero Io?

“Il fatto è che siamo tutti matti… La differrenza è che noi ancora riusciamo ad amare chi possiede una pazzia diversa dalla nostra. Quindi se sei folle…”

Se lo dicessi ora, forse dimostreresti di non essere come tutti gli altri, sai?

Forza, dillo adesso…

                             “…amami.

                                                      Ti amo…

                                                                           Ti amo…

                                                                                                 Ti amo…

                                                                                                                      Ti amo…

 

* * *

 

 

Resto in silenzio al seguito del gothic-boy che mi guida attaverso il cortile interno, mentre tutti si voltano a guardarci insistentemente. Dei ragazzi vestiti con la divisa del CapGrass ci si piazzano accanto, iniziando a fare domande sul mio conto.

Io mi limito ad osservarli vagamente spaventato, mentre loro ridacchiano manco avessero davanti qualche persona famosa. Ma d’altronde sono il nuovo arrivato qua dentro ed è risaputo che la novità riscuote davvero tanto interesse. Eppure c’è anche gente che rimane tranquilla a fare i suoi comodi sotto il porticato…

 

-Lasciali perdere, loro si divertono così… Tra due giorni non si ricorderanno più della tua presenza qui.-

 

La sua voce mi arriva forte alle orecchie, strascicata come se parlare per lui fosse una seccatura. Giustificare il comportamento altrui è più noioso ed inutile del farlo con il proprio.

Affretto il passo ed entriamo in una struttura meno moderna della scuola, alla cui entrata vie è un arco a sesto acuto con tanto di strombatura degna di una cattedrale europea del XIV secolo. Il ragazzo dark svolta in una scala stretta e poco illuminata, abbassando la testa per passare da una porta un po’ troppo bassa rispetto agli standard, lasciandomi per un attimo sbigottito dall’ambiente astruso.

Però superata la soglia l’illuminazione si fa decente e il vano delle scale si allarga, permettendomi così di mettermi a fianco del mio accompagnatore, che ancora se ne resta in ingobbito e nascosto dai suoi lunghi capelli castani.

A guardarlo da vicino mi accorgo pure del trucco bianco che porta sul viso, manco fosse un pagliaccio o uno di quei cantanti malati che fanno metal. Sarà che io ho sempre pensato che fossero dei buffoni…

Poi ecco che lui si volta e mi lancia un’occhiata scocciata, prima di aprire una porta ed entrarci. M’immobilizzo un secondo a deglutire per poi seguirlo, ritrovandomi in una stanza con tre letti -di cui uno a castello- su uno dei quali ci sta seduto un ragazzo un po’ sovrappeso con una maglia nera di qualche gruppo illeggibile.

 

-Hey, Emil… è lui quello nuovo?-

 

Il presumibile Emil annuisce e si sfila il cilindro, gettandolo sulla scrivania un secondo prima di occuparne la sedia girevole, rivolto verso di me. I capelli stirati gli ricadono lungo il collo, accarezzandogli appena le spalle, e lui ci porta in mezzo le dita iniziando a giocarci annoiato.

 

-Allora, che ci dici di te?-

 

Il ragazzo paffuto si alza dal letto e va a mettersi al fianco dell’altro, così che io rimango a guardarli come uno stoccafisso. Sinceramente socializzare non è proprio il mio forte… Ci mettevo giorni prima di rivolgere la parola ad una persona che magari vedevo quotidianamente a scuola. Figuriamoci se mi metto a raccontare la mia vita a due sconosciuti!

Non ho mai sopportato troppo la vicinanza delle altre persone e non capisco questo bisogno che hanno di asfissiarti e di fare amicizia.

Dwight dice che ho una specie di intolleranza sociale. Una fobia dell’amore e delle sue varie forme…

In pratica a suo parere io parto dall’idea che le persone a cui mi affeziono mi abbandoneranno, così evito direttamente di creare dei legami. Non mi ricordo il nome del disturbo che mi ha diagnosticato.

Io direi che mi danno tutti fastidio e basta…

 

-Vorrei sapere quale sia il mio letto…-

 

Sbotto a voce piatta, facendo ridacchiare Emil che girando sulla sedia mi indica con il piede il mio posto. Il letto sopra in quello a castello… Perfetto. Almeno là avrò un po’ di privacy.

Senza farmelo ripetere due volte salgo e mi metto sdraiato sul materasso un po’ troppo morbido per i miei gusti, lasciandomi affondare nell’attesa che qualche assistente venga a chiamarmi per sbattermi a fare qualche corso e qualche seduta.

Sospiro mettendomi in costa ed intravedendo la figura esile del gothic-boy, che giocherella con gli strani legacci sulla sua giacca nera. Il paffutello è voltato verso di me e mi fissa scazzato, prima di andare all’armadio e prendere fuori una merendina al cioccolato.

Emil incrocia il mio sguardo ed indugia un attimo, prima di spogliarsi le scarpe lucide e venire a sdraiarsi nella branda sotto la mia. Sussulto sentendo il letto scricchiolare in modo preoccupante appena lui ci si accomoda, maledicendo chi mi ha rifilato questo stupido posto.

 

-Julian, quelle sozzerie finiranno per ucciderti. Se ogni qualvolta che t’irriti vai ad ingozzarti i quel modo, non uscirai da qui.-

 

Scorgo quello che ho scoperto chiamarsi Julian fare una smorfia adirata, prima di rimettere a posto quella roba. Dev’essere uno di quei tizi che mangiano continuamente per ogni motivo… Certo che questo non è mica un problema da ricovero. I suoi genitori devono essere proprio intolleranti quanto i miei…

Mi piacerebbe vedere quante persone qua dentro abbiano veri e propri disturbi mentali. A mio parere siamo tutte vittime di famiglie intransigenti.

Mi rimetto a pancia in su e guardo il soffitto a volte a crociera, chiedendomi per quanti giorni dovrò osservarli in silenzio nell’attesa di tornare nella mia stanza. Sapevo che sarei finito qui dentro nel giro di pochi mesi dall’inizio dei miei colloqui con Dwight, però non avevo mai pensato a quanto tempo ci avrei passato.

Ora mi rendo conto che forse sarà una bella seccatura… Non c’è cosa peggiore di un’aspettativa che si realizza. Finisci per essere obbligato a guardare in faccia al presente che fino a poco prima era solo ipotetico.

I miei pensieri vengono interrotti quando d’improvviso la porta della stanza si spalanca ed entra un ragazzino mingherlino con la divisa stirata perfettamente ed i capelli biondi pettinati in modo impeccabile. Mi tiro su appena per vederlo meglio e lui sgrana gli occhi neri con totale sconvolgimento, portandosi le mani alla bocca.

 

-Allora è vero che è arrivato! È vero… Credevo mi mentissero! Ma è qui sul serio. Ha già sistemato la sua roba?-

 

Inizia a girare per la stanza in modo preoccupante, andando all’armadio accanto a quello di Julian per spalancarlo e guardarci dentro. Ne cade fuori una camicia nera orlata in pizzo che mi fa notare che tutti i vestiti là dentro devono essere del caro gothic-boy, che mugugna qualcosa riguardo al rimetterla apposto. Ma anche senza la sua pretesa il biondino già si era messo a riordinare tutto quanto.

 

-Dai Martin… Datti una calmata! Non gli hanno ancora portato le valige.-

 

Il paffutello va a fermarlo, chiudendo l’anta e rischiando di schiacciargli dentro la mano ancora intenta a sistemare. Martin si volta a guardarmi con espressione impaurita, gli occhi che sporgono come se fosse preso da un’attacco di panico.

Mi ricorda un topo. Ecco a cosa sembra! Un topo impaurito che non sa più cosa fare con il formaggio che ha accumulato…

 

-Se proprio ti diverti te le fa sistemare, nevvero Davy-boy?-

 

Emil si alza e appoggia il viso proprio davanti al mio, scoccandomi un sorriso sbieco e svagato che colgo con totale diffidenza. Mi siedo appoggiandomi al muro e resto muto ad osservare i tre miei compagni di stanza, che si aspettano che io apra la bocca per dire qualcosa d’intelligente.

Julian sembra accigliato, ma allo stesso tempo curioso di sapere se questa volta rispondo.

Sospiro, spostandomi indietro le ciocche rosse che mi venivano negli occhi.

 

-Non voglio dare del disturbo, quindi mi darò da fare da solo con le mie cose.-

 

Il gothic-boy si lascia andare ad una risatina, prima di battere la mano sulla spalla del topolino, che sembra riprendere controllo su se stesso. Li ascolto mentre si scambiano qualche parola non molto interessante, quando poi due altre figure appaiono nella stanza con le mie valige su un carrello.

Scendo dal letto con un balzo, raggiungendo il tipo che accanto a Dwight ha portato qui i miei effetti personali. Il dottore mi guarda per qualche istante, prima di sorridermi in quel suo modo strano.

 

-Spero che i compagni di stanza che ti ho scelto ti stiano simpatici. Di solito usiamo far convivere persone che tra di loro possano compensarsi e risultare teraupetici. Vedrai che pian piano ti abituerai a loro e riuscirai a metter da parte i tuoi problemi, Hill. Ah… Per quanto riguarda i corsi, domattina nel mio studio ci metteremo d’accordo.-

 

L’osservo un secondo, sentendomi di nuovo aperto come un libro… Così –sì, forse per scappare- afferro i borsoni e li porto davanti all’armadio di Emil, che è quello con la metà lasciata vuota per il sottoscritto.

Lui mi si avvicina e leva una sua strana giacca dal mio spazio, lasciandomi poi la possibilità di mettere tutto apposto senza disturbo. Anche se per un attimo Martin viene a controllare come sistemo le cose, forse sospettoso che non ne sia poi perfettamente in grado. Per mia fortuna Julian gli consiglia di mettersi a studiare e lui subito squittisce di essersi scordato del compito di matematica che c’è tra tre giorni, così corre alla scrivania.

Tiro un respiro di sollievo, prima di estrarre dalla borsa il mio portatile e metterlo sul comodino libero, ponendo così fine alla mia sistemazione nel nuovo alloggio.

Quando mi volto verso il mio letto, il gothic-boy ci è seduto sopra e dondola le lunghe gambe a ritmo della musichetta che sta intonando. Alzo un sopracciglio vagamente allibito e lui con un movimento esagerato delle braccia mi indica la stanza, allargando le labbra in un nuovo angosciante sorriso.

 

-Benvenuto al Purgatorio, Davy-boy…-

 

 

 

 

 

 

 

 

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Hello everybody!!!

Son tornata con il secondo capitolo di questa storia di pazzi!!

 

Diciamo che è una specie di introduzione sui compagni di stanza di Davie, ognuno con un disturbo diverso.

Come dice il protagonista nessuno è molto grave, sennò avrebbero mandato tutti in una clinica seria. Diciamo che sono disturbi della personalità accettabili, che portavano comunque i ragazzi ad essere isolati in altre scuole. U__U

CapGrass è prorpio un’istituto in cui i ragazzi possono essere seguiti da psicologi per tutto il tempo, mentre continuano i loro corsi scolastici normalmente. Così da non perdere tempo…

E poi per loro fortuna non devono sopportare l’intolleranza degli altri ‘ ragazzi normali’ presenti in una scuola ordinaria!!!

 

Okay, dopo aver spiegato questo…

‘‘Davy-boy’ è un gioco di parole con il nome del protagonista e ‘day-boy’ che sarebbe ‘alunno esterno’. Insomma una presa in giro per il nuovo arrivato. ^__^

 

Per quanto riguarda Emil, Martin e Julian pian piano si imparerà a conoscerli. Finora sembrano tutti semplici schizzati. XD

 

Vabbè, ora vi saluto e spero di ricevere qualche altro commentino!!! Per sapere se la storia un po’ è gradita o se è meglio piantarla qui sul nascere!!!

Ciao ciao a tutti…

 

Grazie a chi mi ha messo nelle seguite e nei preferiti! <3

 

 

XOXO

 

Miky

 

 

   
 
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