5. What is eternal?
James si risvegliò
verso le cinque del mattino e un membro dell’équipe presente si prodigò subito
a chiamare suo fratello, il quale lo raggiunse tre quarti d’ora dopo. Albus era
stato rincuorato dall’aver ricevuto quella notizia e si era precipitato al San
Mungo per potersi accertare delle condizioni del fratello. Lo trovò sveglio e
anche piuttosto arzillo dato che sembrava provarci con uno dei guaritori.
- Jamie, piantala di
fare il latin lover, - lo schernì
Albus, che se ne stava poggiato contro lo stipite della porta. L’altro Potter
sorrise e si strinse nelle spalle, - va bene, papà, - lo prese in giro. Albus e
il collega si salutarono con un cenno e i due fratelli rimasero soli nell’arco
di pochi minuti.
Il più giovane si
avvicinò all’altro e si sedette ai piedi del suo letto; era stanco, e non
perché fosse stato ridestato nel bel mezzo del sonno, ma perché si sentiva
ancora provato dalla lite con Scorpius.
Tuttavia, cercò di
mostrarsi tranquillo e portò una mano sulle sue gambe, accarezzandogliele al di
sopra della coperta bianca. Fu un gesto tenero e premuroso che il fratello
apprezzò con un sorriso dolce.
- Come ti senti? –
- Sto meglio, - lo
rincuorò James. – Tu come stai? –
- Mi sono preoccupato
molto, pensavo che saresti morto. –
- Mi dispiace, - si
scusò il più grande, abbozzando l’ennesimo sorriso.
- L’importante è che
ora tu ti sia ripreso… -
Albus avrebbe voluto
chiedergli molte cose ma non sapeva da quale iniziare, e neanche di come fare
senza creargli un disagio. – Non sapevo di essere la tua persona in caso
d’emergenza. –
- Speravo di non
dovermi mai svegliare qui, - ridacchiò James, - ma sei l’unico di cui io possa
fidarmi. –
- Perché? Voglio
dire… mi fa piacere, cioè… non mi crea fastidio esserlo, sono solo curioso di
sapere perché io. –
- Non ho intenzione
di includere i tuoi genitori nella mia vita, Ted è lontano, Lily è troppo
piccola… e tu sei l’unico abbastanza sensibile e perspicace da prendere una
decisione. Dopotutto sei un guaritore! –
- Sono solo quello
che avanza, - sbuffò Albus, - non avevi scelta, è stato praticamente un obbligo!
–
L’altro rise piano e
non si oppose a quell’illazione: non era stato costretto, lui si fidava di suo
fratello quasi più di quanto non lo facesse di se
stesso e questo Albus lo sapeva.
- Non voglio che tu
pensi che io sia un miserabile. –
James parlò senza
filtri né addolcire la pillola. Lui era fatto così, del resto, diretto e senza
troppi peli sulla lingua.
- Non lo penso, -
chiarì subito Albus, - sono solo preoccupato per te. Lo sai che so benissimo
cosa succede con quella roba… –
- Non pensavo fosse
così pesante. In genere, per rilassarmi, uso della roba presa in farmacia ma… -
- Non devi
giustificarti con me, - sorrise Albus; suo fratello sembrava essere sincero e
lui non aveva motivo di non credergli. Anzi, la gentilezza di suo fratello lo
fece sentire in colpa tanto che si fece tanta forza per non farsi sfuggire un “ma ho paura di aver fatto un casino, Jamie”.
- So di non doverlo
fare, ma volevo solo lo sapessi. Quando Vince me l’ha passata pensavo fosse
quella della farmacia e invece… -
- Vince? Il tuo
chitarrista? –
- Un cliché, vero? –
- Beh, sì… non sapevo
che vi vedeste in quel senso. –
- Noi non “ci vediamo”, è successo in Bulgaria e,
ehm, sai, lo show, l’adrenalina… -
- James, ti sei
portato Vince a letto?! È il tuo migliore amico! –
- Tecnicamente non
eravamo a letto, era un muro del backstage. –
- James!!! –
- Beh, scusa, ma io
non sono accasato come te e ogni tanto mi diverto con chi capita e… -
- …e tu oggi ti fai
anche un test contro le malattie sessualmente trasmissibili. –
- Oh, Al, andiamo,
sei petulante! –
- Merlino, ma perché
non impari a tenertelo nei pantaloni? –
- Perché il mio pene
ama la libertà ed è provato che fare sesso migliora l’umore. –
- Sei esagerato.
Trovati un hobby, anzi no, trovati un fidanzato e falla finita con tutta questa
promiscuità! –
- Beh, la persona che
amo mi ha dimenticato come si fa coi fiori appassiti tra le pagine di un
vecchio libro, quindi per adesso mi godo la mia libertà! –
James mise su un
sorriso sornione e suo fratello sbuffò sonoramente a quella risposta.
– Quindi Vince usa
questa roba… dovremmo avvisarlo prima che, sai, arrivi anche lui qui in lotta
tra la vita e la morte. –
- Sì, gli scriverò un
gufo. –
- Sì e dirgli di
smetterla. –
- Ma saranno cavoli
suoi, oh. –
- Lo so ma io salvo
le vite umane, ricordi? –
Questa volta fu James
a sbuffare e si accasciò contro lo schienale del letto. Sembrò vagare con lo
sguardo, con l’aria titubante; voleva chiedergli qualcosa ma percepiva uno
strano sentimento nel comportamento del fratello. Gli aveva fatto la ramanzina
che si aspettava ma con troppa poca enfasi per essere considerato normale.
- Albus. Scorpius non
lo sa, vero? –
Il più piccolo lo
guardò di sottecchi e assunse un’aria colpevole; si morse nuovamente il labbro
e avvertì un grosso peso sullo stomaco.
- È complicato. Ne
vogliamo parlare dopo? Magari ci prendiamo un caffè e… -
- Albus, -
l’interruppe James, - ne voglio parlare ora. Cosa c’è di complicato? Lo sa o
no? –
- Gli ho detto che
eri finito qui e perché. –
- Quindi lo sa. –
- Lo sa. –
♪♪♪♪♪♪♪
Quando Scorpius aveva
raccolto le energie necessarie per alzarsi dal letto erano ormai le otto
passate. Avrebbe voluto prendersi un giorno di pausa e impacchettare tutto con
calma, ma sapeva che non era il modo giusto per reagire ad un cambiamento del
genere. Durante la notte aveva sperato ogni minuto che Albus lo cercasse per
dirgli che aveva cambiato idea, che le cose sarebbero tornate come prima e che
si era trattato solo di un raptus ma le sue speranze erano state vane, dato che
erano stati solo i suoi pensieri ad avergli tenuto compagnia durante la notte.
Così, quando la sveglia segnò le otto e un quarto, decise che quello era il
momento in cui doveva necessariamente alzarsi. Si rimise in piedi
svogliatamente e recuperò dall’armadio una vecchia valigia di pelle nera, la
stessa che utilizzava nei suoi viaggi di lavoro; all’apparenza era piccola ma
l’aveva modificata con un incantesimo di estensione irriconoscibile e sapeva di
poterci ficcare dentro l’intero Magizoo se ne avesse
avuta occasione.
Il ragazzo rimase
imbambolato nel guardare il bagaglio aperto sul letto. Dove sarebbe andato ora?
Fece mente locale e rimuginò sul fatto che ora doveva trovarsi una nuova casa.
Albus non gli aveva dato un ultimatum, però non gli andava di restare lì più
del dovuto. Non ce la faceva al pensiero di dover sopportare la situazione
ipotetica in cui si sarebbero incrociati in cucina senza salutarsi, senza
chiedersi “come stai?”, senza fare gossip, senza raccontarsi le loro giornate… gli
occhi iniziarono a pizzicargli e quindi se li strofinò.
Non poteva
abbandonarsi ai sentimentalismi, doveva lavarsi, mettere le sue cose in valigia
e andare a lavoro. Magari avrebbe potuto chiedere
ospitalità a qualche amico… Sì, per qualche notte poteva andare, avrebbe
chiesto a… a chi?
Scorpius sbuffò e si
sedette sul letto accanto al bagaglio ancora vuoto. Si rese conto, solo in quel
momento, di non avere molti amici; durante gli anni scolastici era stato
escluso, o anche semplicemente ignorato, dalla maggior parte dei compagni di
classe. Sapeva che si sarebbe dovuto portare sulle spalle il peso dell’essere
un Malfoy, ma quel nome iniziava a stargli stretto, soprattutto ora che si
rendeva conto che i suoi amici erano solo Albus… e James, probabilmente. Era,
però, troppo arrabbiato con quest’ultimo per chiedergli ospitalità. Langley
poteva essere un’alternativa, ma faticava a sopportarlo durante anche solo
durante gli orari d’ufficio…
Poteva tornare al
Manor per qualche tempo ma solo l’idea di doversi rintanare nella sua vecchia
cameretta lo faceva sentire un fallito, per cui bocciò subito l’ipotesi.
Infastidito al pensiero di sentirsi un vagabondo, iniziò a buttare tutto in
valigia senza seguire un ordine o una logica; ci infilò i vestiti, le scarpe,
la biancheria, i calderoni e qualche vecchio libro. Controllò di non aver dimenticato
nulla e fece per chiudere la valigia quando di sottecchi notò una foto
incollata sull’anta dell’armadio: era una vecchia immagine di lui e Albus
l’anno dei M.A.G.O.
La staccò con un
gesto secco e rimase a guardarla per dei secondi prima di stringersela al petto
con forza: gli sembrò quasi di abbracciare il suo amico. Erano passate poche ore
dall’ultima volta che si erano visti e già gli mancava, come avrebbe fatto a
sopravvivere con la consapevolezza che non avrebbero più condiviso nulla? Uno
strano senso di vuoto gli riempì il cuore; perché non aveva voluto ascoltarlo?
Forse aveva sbagliato le tempistiche, avrebbe dovuto certamente attendere che
la preoccupazione di Albus fosse svanita, eppure ora un dettaglio tanto infimo
era stato così potente da distruggere un’amicizia tanto potente. Com’era
possibile?
Scorpius provò a
convincersi che, evidentemente, il legame tra loro due non era poi così solido
se un dettaglio insignificante come una stupida divergenza d’opinioni li aveva
separati. Prese la valigia e la foto, quest’ultima con l’intento di cestinarla,
e uscì dalla stanza. Quando arrivò nel soggiorno rifletté sul fatto che Albus
non era passato di lì: i cocci delle due tazze erano ancora sul pavimento. Il ragazzo
si accovacciò e guardò quei pezzi di ceramica per dei secondi; fu proprio
accanto ad essi che lasciò la foto, prima di alzarsi e raggiungere la porta.
Diede un ultimo
sguardo alla casa e, quasi vi fossero degli ologrammi dinnanzi ai suoi occhi,
ripercorse tutti i momenti vissuti tra quelle mura. Lui e Albus che giocavano a
scacchi, il fumo di una pozione andata a male, l’ultimo gossip su quel modello
decisamente poco dotato… gli sembrò quasi di ascoltare il suono delle loro risa
spensierate. Aprì la porta e uscì senza ulteriori indugi: erano ormai le nove
passate e lui era in ritardo.
♪♪♪♪♪♪♪
Scorpius era stato
silenzioso tutta la mattinata e Langley iniziò a preoccuparsi quando, nel tardo
pomeriggio, si rese conto che il suo collega aveva pronunciato circa sette
parole durante la giornata. Non che normalmente fosse un tipo particolarmente
loquace, ma due ore prima erano rientrati da una missione e Malfoy non aveva
proferito parola; si era limitato solamente a scuotere la testa o ad annuire
per esprimere dissenso o accordo e, questo, non era da lui. Una volta rientrati
in ufficio si erano subito tolti il mantello e Scorpius aveva iniziato a
compilare il verbale.
- Scorpius ti va del
caffè? –
- No, grazie. –
Langley osservò il
ragazzo che, nonostante gli avesse risposto, non aveva sollevato lo sguardo
dalla pergamena. Avrebbe voluto chiedergli perché era di pessimo umore ma il
cipiglio sulla fronte corrugata l’aveva fatto desistere e aveva deciso di farsi
i fatti suoi. Si strinse nelle spalle e aprì la porta con l’intento di uscire.
- Buongiorno signor
Potter! – esclamò Langley vedendo il Capo del Dipartimento Auror proprio in
procinto dell’atto di bussare.
- Buongiorno a te,
Langley! –
- Stavo andando a
prendere un caffè… ne gradisce una tazza? –
- Sì, grazie, ne
avrei proprio bisogno. Uno forte, doppio! Anzi, no… triplo! –
- Perfetto, -
ridacchiò il ragazzo, - allora vado e torno. A tra poco! –
Harry entrò appena
l’altro superò la soglia e si diresse verso Scorpius, completamente ignaro di
quanto accaduto con James ed Albus.
- Com’è andata in
missione, figliolo? –
- Un buco nell’acqua,
- sbuffò il ragazzo. Aveva cercato di evitare Harry tutto il tempo ma ora, a
trovarselo seduto davanti alla scrivania, non aveva altra scelta che
rispondergli.
- Non hai nessuna
pista? –
- Beh… io… - Malfoy
si morse un labbro. Non aveva una vera e propria pista ma sapeva di James ed
era certo che quest’ultimo avrebbe potuto dare una svolta alla causa, però… C’era
Albus e, se avesse detto tutto al signor Potter, lui non gliel’avrebbe mai
perdonato. La sola idea di parlarne al capo aveva mandato Albus su tutte le
furie, dirglielo per davvero non gli sarebbe solo costato il posto in cui
abitare ma la solitudine e, forse, la vita.
- Scorpius? – lo
chiamò Harry, risvegliandolo da quella trance.
- Signor Potter… cosa
succede a chi è stato vittima di quelle droghe? –
- In che senso? Molti
sono tristemente morti e… -
- E quelli che non lo
sono? Il San Mungo ha inviato dei report, no? Con i loro nomi e dati… -
- Sì! Il Wizengamot
ha provveduto ad interrogarli ma nessun mago corrisponde alle descrizioni
rilasciate. Probabilmente si parla di un Metamorfomago,
o di qualcuno molto bravo in Trasfigurazione… -
- E… -
- Cosa vuoi sapere,
ragazzo? – Harry si sentiva confuso dato che gli sembrava di essere stato
chiaro.
- Legalmente… cosa
accade a chi fa utilizzo di queste sostanze? –
- Niente. La nostra
legge non punisce chi diventa dipendente da queste droghe ma chi si rifiuta di
rilasciare dichiarazioni, chi le vende o chi le produce. –
Malfoy sembrò tirare
un respiro di sollievo: seppure gli avesse fatto il nome di James quest’ultimo
non avrebbe rischiato la galera.
- Signor Potter… ho,
ehm, vede… un amico che forse potrebbe darmi una mano. –
- Oh, bene. Come si
chiama? Possiamo farlo venire qui e… -
- No, no, non
possiamo. Questo mio amico non deve sapere di star aiutando gli Auror, è un
tipo molto… ehm… ansioso! Se gli dicessi del pericolo e tutte queste cose qui
lo dovrei portare al San Mungo per placare il suo attacco di panico. –
- Beh ma… -
- Dico solo che forse
potrei avere una pista, signor Potter. Senza rischi e senza costi. –
- È una persona
affidabile? –
Scorpius non seppe
cosa rispondere al proprio capo in prima istanza. Lo guardò battendo gli occhi;
James era una persona degna di fiducia? Di certo non aveva spifferato a nessuno
della cotta segreta per Albus, né degli ultimi problemini con l’alcool, ma
questo bastava a renderlo una persona attendibile?
- Lo sono io, signor
Potter. –
Harry sorrise,
compiaciuto da quella risposta. – Sei un bravo Auror, Scorpius. Spero tu riesca
a trovare i colpevoli prima possibile, ho una caterva di altri casi da
affidarti! –
- Eccomi qui, -
esordì Langley nel rientrare in stanza; aveva un piccolo vassoio di carta con
su poggiate due bicchieri monouso.
- Caffè! – Scorpius
sembrò essere sollevato, tant’è che balzò dalla sedia e andò ad afferrare il
bicchiere più lungo, facendo subito un sorso.
- Hey,
quello era il mio chai latte! –
Il tono lamentoso di
Langley fece sorridere il capo che andò a prendere l’altro bicchiere, quello
più basso, per gustarsi il suo espresso triplo.
- Me ne serviva solo
un sorso, - rise Scorpius restituendogli il bicchiere. Langley sembrò essere
sconfortato e andò a sistemarsi alla sua postazione.
- Ora il mio turno è
finito. Ho redatto il verbale, Langley, controlla che sia stato inserito tutto,
altrimenti sentiti libero di correggere. Capo, - si rivolse poi ad Harry con un
cenno della testa, per salutarlo con riverenza, - a domani! -
♪♪♪♪♪♪♪
Erano ormai due notti
che Scorpius alloggiava al buon vecchio “Paiolo Magico”. La gentilissima Hanna
Abbott, nuova proprietaria della locanda, gli aveva offerto un prezzo speciale
e quindi aveva deciso di pernottare lì per due settimane, il tempo necessario
per cercare un nuovo appartamento. Trovare un nuovo monolocale non era stato
facile, almeno fino a quel momento. Aveva visitato due case che dall’annuncio
sembravano interessanti ma quando era arrivato in loco si era trovato di fronte
due vecchie catapecchie. Con il solo stipendio da matricola Auror non poteva
permettersi di ristrutturarlo e non avrebbe chiesto l’aiuto del padre per
nessun motivo al mondo, quindi si era visto costretto a rinunciare all’idea e a
rifugiarsi nel pub. Quel posto restava sempre carino e accogliente nonostante
le modifiche fatte nel cambio gestione e continuava ad essere il punto di
ritrovo più gettonato per i maghi di passaggio nella capitale inglese.
Scorpius, mentre
assaporava la cena, sorrise nel notare una coppia di maghi anziani scambiarsi
un bacio e decise di terminare la porzione di zuppa di piselli. Era veramente
disgustosa e scialba, quasi quanto lo era lui. Perché due vecchi bacucchi
potevano amoreggiare e chiacchierare e un giovane di bell’aspetto come lui era
solo come un cane e mangiava una zuppa venuta male? Lasciò cadere il cucchiaio
e distolse lo sguardo, notando solo in un secondo momento un volantino
incollato su una delle pareti alle sue spalle. Si alzò in piedi per avvicinarsi
e restò stupito da quello che lesse: “Sevendust – ore
21:00 – live on Friday”.
Il ragazzo batté gli
occhi un paio di volte e sorrise tra sé e sé: aveva un modo per avvicinarsi a
James senza destare sospetti e non doveva fare altro che rimanere lì anche la
sera successiva; non che avesse da fare, dato che il suo unico amico aveva
smesso di parlargli. Sorrise, però, compiaciuto da quell’opportunità e tornò a
sedersi al tavolo; sebbene avesse finito di mangiare quell’orrenda zuppa era
troppo presto per risalire in camera e mettersi a letto.
- Tutto bene,
ragazzo? –
- Uhm? Uh, sì, grazie
signora Abbott. –
- Ti piaceva la
zuppa? –
- Era, ehm,
particolare. –
- Sul serio? Io la
trovavo insipida. Avevo già rimproverato il cuoco! –
Il giovane trattenne
una risata; per educazione non si era lamentato del piatto che gli era stato
messo davanti ma non poté fare altro che concordare con la donna che glielo
aveva servito.
- Signora Abbott… se
non sono rompiscatole, volevo chiederle dello show di domani sera. –
- Dimmi pure,
ragazzo. Se è per il costo del biglietto io… -
- No, no, sono ben
felice di pagare il biglietto. Volevo solo chiederle di scrivermi un messaggio
quando James sarà qui. Sa, è mio amico, vorrei fargli una sorpresa. –
- Certo, tesoro, lo
farò volentieri. –
- Perfetto. Posso
comprare già adesso il biglietto? –
- Sicuro! Vieni alla
cassa con me, ti darò tutte le informazioni necessarie sulla serata di domani!
-
♪♪♪♪♪♪♪
♪ Note a margine:
Ogni capitolo di questa storia è ispirato a una canzone che generalmente
cito nelle note. Sto seriamente pensando di crearci una playlist per ascoltarle
a ripetizione, dato che sono tra le mie preferite in assoluto!
Un grazie particolare (e anche tanti abbracci a distanza) va alla mia
beta/fratella Pally93 per aver revisionato il capitolo
(sono sicura di averla corrotta con un pacco da giù :P)!
Per questo capitolo la canzone è “What is eternal” della Tran-Siberian Orchestra, che potete ascoltare qui.
“And here in the night, as
I feel the inferno
I stare in the dark thinking what
is eternal,
the man or the moment, the act or the reason…
These thoughts fill my head as
I contemplate treason.”