-Lei aveva ragione sa signorina?-
Gli incontri serali fra il capitano Graham e Candy erano diventati un appuntamento fisso fra i due giovani, e quella sera si ritrovarono seduti davanti al fuoco morente, dopo che i Cherokee erano andati a dormire.
-A che proposito capitano?-
-L’altra sera stava per dirmi qualcosa, poi si è interrotta. Comunque glie lo dico io: anch’io sto scappando dal mio mondo signorina, proprio come lei.-
-Ha problemi con la giustizia del suo paese capitano?-
-Non esattamente. Al di là di qualche rissa giovanile e di qualche sbronza serale non ho commesso reati, non tali da costringermi a scappare oltre oceano almeno.-
-E allora da cosa fugge?-
-Da me stesso, dal mio nome.-
-Dal… suo nome?-
-Il mio vero nome è Terence Grandchester, duca di Grandchester per l’appunto.-
Candy fischiettò.
-Duca? Addirittura?-
-Già, e anche erede al trono di sua Maestà Britannica.-
Al che la ragazza proruppe in una risata cristallina.
-Andiamo, mi prende in giro capitano?-
-Sono molto indietro nella linea di successione al trono, perché io possa aspirarvi dovrebbe morire non solo la regina Vittoria, ma anche una dozzina di potenziali teste coronate, compreso il mio vecchio! In altre parole non sarò mai re… per mia fortuna!-
-Ma… cosa ci fa allora un duca inglese con la divisa delle giacche blu?-
-Glie l’ho detto signorina: fuggo dal mio nome, da un ruolo e da un mondo che non mi appartengono. Io non sono fatto per le buone maniere, il bel mondo, le insulse regole della dannatissima corte inglese! Invano il mio vecchio ha cercato di inculcarmi quelle regole a forza di nerbate sulla schiena, finché dieci anni fa ne ebbi abbastanza e scappai di casa.
Riuscii a imbarcarmi come mozzo su una nave diretta verso il nuovo mondo, e lasciai per sempre il mio paese.
Arrivato a destinazione scesi dalla nave e mi guardai intorno. Capii che nelle città dell’est avrei potuto ambire solo a una vita da schiavo nelle fabbriche o nei negozi dei borghesi di città. Così mi arruolai nell’esercito.
Piano piano scalai i gradi della carriera militare fino a diventare capitano.-
-È diventato capitano partendo dai ranghi dei soldati semplici?-
-Già, un’impresa dura, ma ce l’ho fatta. Me li sono guadagnati i miei gradi, combattendo contro gli indiani, e commettendo atti discutibili… come questo…-
-Lei è un soldato, obbedisce agli ordini, ma sa anche porsi domande e scrupoli. Non è proprio il comportamento di un arrivista deciso a tutto pur di fare carriera…-
-La ringrazio, lei sta con gli indiani, dovrebbe odiarmi, ma io non sento odio nelle sue parole.-
-Non la odio affatto capitano. Posso sinceramente odiare il suo ridicolo tenentino Legan: non ha idea di quello che mi ha fatto passare quando lavoravo per la sua stramaledetta famiglia, ma lei non mi ha fatto niente, anzi sembra portare rispetto alla mia gente.-
-Noi bianchi avremmo tanto da imparare dai Cherokee, e non solo da loro.-
Nascosto dietro un albero il tenente Legan aveva sentito tutto e si sentì bruciare dall’odio.
E così quella smorfiosa Cherokee bianca lo chiamava ridicolo tenentino? E così quello spocchioso capitano era un sudicio inglese che partito da zero gli si era ritrovato sopra nella gerarchia militare mentre lui, figlio di un’importante famiglia di Boston era solo tenente?
Decise che dovevano pagarla… tutti e due!