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Autore: laisaxrem    26/08/2020    0 recensioni
[KakaSaku] Sono passati due mesi dalla fine della guerra e si avvicina il primo natale di pace tra le Nazioni ninja.
Gai decide di dare una festa, e non una festa qualunque ma un Ugly Christmas Sweater Party.
Genere: Commedia, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Kakashi, Hatake, Naruto, Uzumaki, Sakura, Haruno, Sasuke, Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke, Sai/Ino, Shikamaru/Temari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'This Is Us'
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Capitolo 7: Mind if I Move in Closer?

Notes:

DATA: Giovedì 25 Dicembre - anno 7
TITOLO: Baby it’s Cold Outside - Idina Menzel ft. Michael Bublé
Fictober 2019 – Day 15: “That’s what I’m talking about!”

Relationships: Hatake Kakashi/Haruno Sakura, Uzumaki Naruto/Uchiha Sasuke, Nara Shikamaru/Temari, Akimichi Chōji/Karui, Sai/Yamanaka Ino, Aburame Shino/Hyūga Hinata, Sarutobi Konohamaru/Kazamatsuri Moegi
Characters: Haruno Sakura, Hatake Kakashi, Yamato | Tenzō, Maito Gai, Uzumaki Naruto, Yamanaka Ino, Nara Shikamaru, Uzuki Yugao, Uchiha Sasuke, Yūhi Kurenai, Sarutobi Mirai, Rock Lee, Tenten, Inuzuka Kiba, Aburame Shino, Hyūga Hinata, Temari, Akimichi Chōji, Karui, Sai, Tsunade, Shizune, Shiranui Genma, Sarutobi Konohamaru, Ise Udon, Kazamatsuri Moegi, Akamaru
Additional Tags: Ugly Christmas Sweater Party, Rokudaime Hatake Kakashi

(See the end of the chapter for more notes.)

Chapter Text

Sakura era arrivata in ritardo alla festa di Natale quell’anno, cosa abbastanza riprovevole essendo la padrona di casa… se non fosse stato che il motivo del ritardo era che era stata chiamata d’urgenza ad occuparsi di tre squadre ANBU gravemente ferite. Non che potesse dirlo ai suoi ospiti, ma tant’è.

Appena varcata la soglia Kakashi e Tenzō, che ovviamente erano al corrente della situazione, le avevano lanciato un’occhiata significativa e lei aveva usato i discreti gesti in codice delle squadre speciali per dar loro il bilancio: un solo decesso, tre ancora in pericolo di vita per i quali si poteva solo attendere, gli altri si sarebbero ripresi presto.

In teoria Sakura aveva appeso la maschera al chiodo quasi due anni e mezzo prima… bè, tecnicamente non aveva mai davvero fatto parte degli ANBU, vi era entrata solo per una manciata di missioni quando c’era carenza di iryō-nin, ma alla fine si era ritrovata a rimanerne parte ufficiosamente per addestrare nuovi ninja alle arti mediche ed era finita col diventare il capo della sezione di iryō-nin delle squadre speciali. Sapeva che la cosa non andava giù a molti ANBU e detto sinceramente anche lei avrebbe preferito togliersi di dosso quella responsabilità, ma Sakura aveva fatto un giuramento a sé stessa e alla sua shishō, quando aveva iniziato l’addestramento ormai più di dieci anni prima, e non era intenzionata ad infrangerlo. Perciò continuava il suo lavoro, lasciando agire il più possibile gli altri shinobi ed intervenendo solo quando era strettamente necessario. E quella sera rientrava appieno nella definizione di emergenza.

Ed era arrivata proprio nel momento sbagliato.

Sakura aveva infatti passato quasi tutta la giornata utilizzando al massimo il suo chakra: al mattino aveva fatto qualche ora di lezione all’Accademia ai bambini diventati genin ad aprile insegnando loro la base degli iryō ninjutsu (una ragazzina in particolare aveva talento nel controllo del chakra ma era anche stata molto impegnativa da gestire) e nel pomeriggio si era occupata dei suoi pazienti e di un paio di operazioni. Insomma, era stremata. Non aveva dovuto usare il Byakugō, vero, ma era comunque stanca.

Si sentiva in colpa di non essere con i suoi amici a ridere e scherzare, di non star intrattenendo i suoi ospiti come si deve? Sì, certo, e se avesse voluto avrebbe potuto tranquillamente alzarsi e andare a chiacchierare con Naruto e gli altri (non era così stanca, dopotutto). Ma poter stare seduta sul divano, un braccio di Kakashi attorno alle spalle ed un piatto colmo di biscotti in grembo, era decisamente molto più piacevole.

E poi non è che gli altri li stessero lasciando in pace. Ciclicamente, come se si fossero accordati tra loro, piccoli gruppetti si avvicinavano loro e li trascinavano in una qualche conversazione, o condividevano qualche ricordo, o raccontavano qualche novità (Ino aveva provato a punzecchiarli sulla linea del allora-quando-vi-sposate-mancate-solo-voi ma loro non avevano abboccato all’esca).

In quel momento si trovavano in un momento di pausa tra due ondate e Sakura stava giocando distrattamente con le dita di Kakashi, percorrendo delicatamente le piccole cicatrici lasciate dal Chidori, prima, e dal Shiden, poi.

«Mi dispiace, Sakura», disse ad un tratto l’uomo, la voce leggera, quasi un sussurro.

«Mmm? Per cosa?»

«Per la carenza di privacy nel nostro rapporto», spiegò Kakashi mentre intrecciava le dita alle sue. «ANBU che entrano in casa senza avvertire a qualunque ora, Shikamaru che viene a bussare alla porta di giorno e di notte, ed ora anche la stupida festa di Gai… Mi dispiace. E non ti ringrazio mai abbastanza per la pazienza».

Sakura si mosse appena, quel tanto che le serviva per guardare negli occhi il suo fidanzato (oh, com’era strano e meraviglioso pensarci).

Era vero, non era semplice vivere con l’Hokage. Kakashi passava quasi tutta la giornata al palazzo anche se, da quando erano andati a vivere insieme, Sakura l’aveva convinto a mantenere orari d’ufficio umani, non come i primi anni dopo la guerra, in cui usciva di casa alle sette del mattino e spesso vi ritornava solo dopo la mezzanotte. Ora erano giunti al comune accordo di passare le serate insieme. Di solito semplicemente cenavano e poi si accoccolavano sul divano a leggere o guardare qualche film (quasi mai film romantici, perché Kakashi si commuoveva e odiava che lei lo vedesse con gli occhi lucidi anche se lei continuava a dirgli che era una cosa tremendamente carina). Kakashi aveva persino iniziato a prendere un giorno libero a settimana, di solito in concomitanza con quello di Sakura dall’ospedale, così che potessero passare qualche ora insieme.

Era difficile, ma ce la facevano.

Era frustrante ritrovarsi improvvisamente Tenzō in camera da letto mentre lei si stava rivestendo dopo la doccia? Ovviamente. Ed era frustrante sentir bussare Shikamaru alla porta d’ingresso in piena notte mentre loro facevano sesso in cucina e Kakashi era così deliziosamente legato e pronto? Decisamente. Ma Kakashi era l’Hokage e Sakura ammirava la sua dedizione al lavoro (un lavoro che non aveva mai voluto ma che, per amore di Konoha, voleva a tutti i costi svolgere al meglio). Perciò mai e poi mai gli avrebbe fatto pesare le interruzioni e i disagi nel loro rapporto. Punzecchiarlo sull’argomento? Certamente. Pregare intensamente che nessun’altro ANBU la vedesse nuda? Lo faceva ogni giorno. Sperare che Shikamaru dimenticasse di averli sentiti in un momento così intimo? Indubbiamente.

Perciò sorrise e voltò la testa per baciargli lievemente la spalla.

«Lo faccio solo perché sei bravo a letto», lo punzecchiò.

«Oh, davvero? Pensavo fosse perché sei innamorata pazza di me e non puoi fare a meno della mia spumeggiante personalità».

Stava per ribattere che no, era solo per il sesso, quando le tornarono alla mente le voci che aveva sentito poche ore prima mentre lasciava la stanza di uno degli ANBU feriti per andare a controllarne un altro.

Facile diventare l’iryō-nin capo degli ANBU quando si va a letto con l’Hokage”. “E non è nemmeno negli ANBU. Dev’essere proprio una scopata strepitosa”. “Pensi che se la facesse anche con Tsunade-sama?” “Probabile. Forse è una specie di prostituta che si passano gli Hokage”. “Questo spiegherebbe molte coseEro solo una matricola quando Kakashi-sama si è ritirato, ma ricordo che era ligio al dovere e non si faceva mai coinvolgere. Mi sono offerta su un piatto d’argento e mi ha rifiutata. Cosa ci trovi in quella puttanella non ne ho idea”.

«Sakura?» La voce di Kakashi la riscosse. «Non dirmelo, c’è ancora qualcuno che dice che stai con me per i vantaggi politici?»

«Qualcosa del genere», mormorò lei.

Aveva imparato molto tempo prima ad ignorare i commenti della gente, specialmente quando si trattava della loro vita privata. Ma questo non le impediva di sentire una fitta al cuore. Perché aveva riconosciuto quelle voci. Erano persone con cui aveva combattuto e riso e mangiato quando era in missione con gli ANBU. Un paio di loro li considerava anche amici. Eppure… Sì, faceva male, ma non ne avrebbe parlato con Kakashi, non ne valeva la pena. E poi se avesse voluto avrebbe potuto mandare quei quattro in ospedale in mezzo secondo, ma aveva imparato anni prima a scegliere quali battaglie combattere.

«Dimmi chi è».

«Kakashi…»

«Dimmelo, Sakura», ordinò, perentorio.

«Non ho bisogno che tu mi difenda», sibilò lei, a metà tra l’irritata e l’intenerita.

«Lo so benissimo», sorrise Kakashi, il tono rassicurante, pieno d’affetto. «Infatti pensavo di difendere loro da te», aggiunse, chinando il capo per scontrare brevemente la fronte con la sua.

«Quando saranno stanchi di parlare smetteranno».

«Sakura…»

«Davvero, Kakashi, non –»

Ma il suo tentativo di rassicurarlo (e cambiare argomento), venne interrotto dalla comparsa di un ANBU. Yugao.

Tutti si bloccarono immediatamente e Sakura e Kakashi si alzarono abbandonando il loro nido comodo sul divano; persino Mirai, che pure aveva solo sette anni, smise di giocare con Akamaru e si mise sull’attenti, il faccino corrucciato ad imitare gli adulti.

«Hokage-sama, è arrivato un messaggero da Iwa», annunciò Yugao, piegata su un ginocchio.

Kakashi stese la mano e studiò attentamente il rotolo che gli veniva porto. Poi, inaspettatamente, lo tese a Sakura. Lei lo scrutò un momento, incerta, e quando il suo compagno le fece un cenno di assenso si decise a prenderlo e a leggere il contenuto.

E merda.

Lo Tsuchikage era gravemente malato e Iwa chiedeva a Konoha di mandare Sakura in soccorso… ok, non era proprio scritto così, era un rotolo intero di insensatezze e gergo politico, ma quello era il succo.

Kakashi la stava scrutando intensamente, la domanda evidente nello sguardo, e lei non poté fare a meno di annuire. Era ovvio che sarebbe andata a dare una mano. Anche se la faceva incazzare il fatto che quegli idioti avessero mandato un messaggero invece che un falco.

Nel frattempo Shikamaru aveva offerto a Kakashi un foglio ed una penna, e questi stava scribacchiando rapidamente qualcosa mentre il suo assistente leggeva la missiva, la fronte corrucciata.

«Porta questo al messaggero», istruì Yugao, porgendole il foglio.

Lei annuì e scomparve.

Kakashi sospirò, lanciando un’occhiata prima a Shikamaru e poi a Sakura, invitandoli a seguirlo fuori dal salotto.

«Devi partire il prima possibile», disse in tono sommesso quando si trovarono soli nella semioscurità del corridoio del piano di sopra.

«Pensavo a domani, se sei d’accordo», rispose lei. Aveva valutato per un secondo di partire immediatamente insieme al messaggero, ma era troppo stanca, le serviva una notte di riposo per poter essere il più efficiente possibile.

Kakashi annuì.

«Sarà una missione di livello A. Shikamaru…»

«Preparerò le carte», l’interruppe lui, la fronte ancora corrucciata, e Sakura per un attimo pensò di vedere il suo cervello in movimento delineare tutti i possibili scenari. «Ti servirà una squadra. Dobbiamo considerare l’idea che potresti incontrare ostilità sul cammino. Potrebbe trattarsi di un attentato alla vita dello Tsuchikage, e se così fosse potrebbero cercare di ucciderti prima che tu raggiunga Iwa».

Sakura strinse i pugni. Se davvero la malattia di Ōnoki non fosse stata naturale, quello sarebbe stato il quarto attentato alla vita di un Kage nell’arco degli ultimi cinque anni. Il ricordo di Kakashi, il petto squarciato dalla spada, il sangue che macchiava il terreno, le diede una stretta al cuore così forte da farla quasi vacillare.

«Naruto, Tenzō e Sai», propose Sakura, rinchiudendo quei pensieri oscuri in un angolino della sua mente per concentrarsi sul problema corrente.

Teoricamente Tenzō era una delle guardie del corpo di Kakashi ma Sakura sapeva che l’uomo veniva assegnato anche ad altre missioni, se ve n’era la necessità (e la sua mokuton poteva tornare utile non solo in battaglia ma anche ne caso in cui a Sakura fossero servite erbe che ad Iwa non fossero state disponibili). Sai, sebbene non facesse più parte degli ANBU, aveva comunque ricevuto quel tipo di addestramento che poteva tornare utile in quel genere di missione. E Naruto… bè, era Naruto. Coi suoi poteri da jinchūriki era un’arma micidiale. Inoltre gli avrebbe fatto bene interagire con i ninja degli altri Villaggi ed in particolare con lo Tsuchikage, visto il suo immutato desiderio di diventare Hokage. E poi tutti loro avevano già fatto squadra in passato e insieme funzionavano bene.

Kakashi annuì e Sakura sapeva che aveva fatto lo stesso ragionamento.

«E aggiungerei anche Genma», disse lui.

Sakura stava per protestare che non era il caso di privarlo di ben due delle sue guardie del corpo migliori, quando s’inserì una voce.

«Posso venire io». Sasuke, appoggiato all’angolo di muro che dava sulle scale, li osservava cauto, e Sakura non poté fare a meno di aggrottare la fronte sia per l’offerta sia per il fatto che l’uomo li aveva seguiti. «Posso usare il rinnegan e trasportarci direttamente lì. Eviteremmo eventuali imboscate».

«È un’offerta gentile, Sasuke», iniziò Kakashi, la voce cauta. «Ma mi domando perché».

«Naruto», rispose semplicemente l’Uchiha, abbandonando il muro per avvicinarsi a loro lentamente. «Io non riesco a sentire Konoha come casa, e forse non ci riuscirò mai. Ma Naruto ama ogni singolo granello di polvere di questo posto».

«E?» incitò Sakura. Aveva intuito dove voleva andare a parare, ma voleva sentirlo con le sue orecchie.

Sasuke le lanciò un’occhiata strana ma cedette.

«E ho deciso di fare ciò che posso per proteggere ciò che ama».

«Cazzo, Sasuke, se avessi saputo che far sesso ti avrebbe reso così umano ti avrei fatto trovare Naruto nudo e legato al letto tanti anni fa».

«Sakura-chaaan!» intervenne la voce di Naruto dalla loro camera da letto e un istante dopo l’uomo spuntò dalla doppia porta, le guance già rosse per il sake ora di una tinta più scura a causa dell’aria fredda di dicembre (Sakura annotò mentalmente di migliorare il sigillo alla finestra). «Sii gentile. Sta facendo del suo meglio».

«C’è bisogno che rivediate il concetto di “conversazione privata”, voi due», li rimproverò Kakashi con un sospiro. «Naruto, cos’hai sentito?»

«Solo che forse qualcuno sta cercando di uccidere lo Tsuchikage-ojisan e che dobbiamo partire per Iwa domani».

Kakashi annuì e poi sospirò di nuovo spostando lo sguardo da Naruto a Sasuke e Sakura seppe, senza bisogno di parole, che aveva accettato l’offerta del giovane Uchiha.

«Finita la festa fermatevi un momento, voglio discutere con voi della missione. Shikamaru, conto su di te per informare Tenzō e Sai. E adesso torniamo di sotto; penso che un po’ di sake non ci farebbe male». Poi l’espressione seria sul suo volto lasciò il posto ad un sorriso e Sakura seppe che ciò che stava per dire non sarebbe piaciuto a qualcuno di loro. «E Naruto… se dovessi mai entrare di nuovo in camera nostra passando dalla finestra e senza permesso promulgherò una legge che impedisca a qualunque locale di darti del ramen. Specialmente Ichiraku. Intesi?»

Sakura trattenne una risata al repentino pallore del suo amico che s’affrettò a giurare che mai e poi mai avrebbe rifatto una cosa del genere, dettabayo! Poi tutti e cinque tornarono al piano di sotto e le voci e le risate dei loro amici le riscaldarono il cuore. Stava per seguire Shikamaru e gli altri nel salotto quando si accorse che Kakashi si era bloccato ai piedi delle scale, perciò tornò da lui e gli sfiorò la guancia.

«Tutto ok?»

«Non riusciamo mai a stare in pace, mai», sospirò lui, gli occhi grigi velati di tristezza e di qualcos’altro che Sakura non riuscì ad identificare. E la cosa la preoccupò.

Forse aveva sottovalutato la questione. Forse la mancanza di privacy era un problema per Kakashi più di quanto lo fosse per lei. Non è che non capisse, davvero, capiva perfettamente. Ma… Oh, ma certo. Che sciocca era stata. Dopotutto Kakashi era sempre stato un tipo molto riservato, persino coi propri amici, persino con Gai. Prima di diventare Hokage, prima di essere assegnato come sensei del Team 7, Kakashi passava la maggior parte del suo tempo in missione e, nelle pause tra l’una e l’altra, raramente stava con gli amici, Sakura lo sapeva.

Merda. Aveva bisogno di rimanere sola con lui per un po’, soprattutto vista l’imminente missione.

«Ok, vieni con me», disse Sakura, afferrandolo per una mano e trascinandolo dietro di sé lungo il corridoio, allontanandosi dal chiasso.

Arrivati allo sgabuzzino vi spinse dentro l’uomo senza troppe cerimonie e poi chiuse la porta dietro di sé.

«Ecco qua, Hoka-»

Le parole vennero inghiottite dalle labbra di Kakashi e Sakura si sciolse immediatamente nel bacio, aggrappandosi alla lana del maglione, lasciandosi avvolgere dalle braccia e dal profumo del suo uomo.

All’improvviso Sakura si trovò a sbattere contro qualcosa di metallico (il fatto che non si fosse accorta che Kakashi l’aveva fatta spostare le diede solo una piccola punta di fastidio, concentrata com’era ad esplorargli la bocca) e con rapidità Kakashi si staccò da lei e la issò senza sforzo sulla lavatrice, allargandole le ginocchia abbastanza da potersi incastrare tra di esse per poi riprendere il bacio da dove l’aveva interrotto. Sakura si aggrappò a lui, intrecciando le dita tra i suoi capelli e tirando appena, ricevendo come ricompensa un gemito. Si separarono quando i loro polmoni urlarono per la carenza di aria e Kakashi le appoggiò il volto nell’incavo del collo, solleticandole la pelle col respiro caldo.

«Hai chiuso a chiave?» chiese lui, la voce un po’ roca attutita dal contatto con la sua pelle.

«Non verrà a cercarci nessuno», lo rassicurò Sakura. «E adesso baciami».

Lui non se lo fece ripetere, e mentre le loro labbra erano impegnate a divorarsi, Kakashi le infilò una mano sotto al maglione fino a trovare la pelle nuda e Sakura gemette quando lo sentì risalire lentamente, in piccoli cerchi, fino a raggiungere il bordo del reggiseno sportivo che aveva indossato tutto il giorno e che ora voleva disperatamente togliere. Come se le avesse letto nel pensiero, Kakashi afferrò il bordo della maglia e gliela sfilò rapidamente dalla testa, gettandola sul pavimento ai suoi piedi; un secondo più tardi il reggiseno fece la stessa fine e finalmente quelle dita ruvide andarono a sfiorarle la pelle sensibile fra i seni.

«Kakashi…» gemette Sakura, a metà tra la richiesta e la protesta.

Non fece in tempo a decidere cosa dire o fare perché la porta dello stanzino si aprì inondandoli di luce e rumore. Immediatamente Sakura allungò le mani e risollevò la maschera del suo uomo, ignorando il fatto che lei aveva il petto coperto solo dal corpo di Kakashi. Priorità.

Sulla soglia c’erano Sai e Tenzō. Il primo li guardava incuriosito e sembrava che stesse studiando la scena per memorizzare qualcosa. Il capitano ANBU invece aveva occhi e bocca spalancati e il volto si stava arrossando in fretta.

«Potrei farvi giustiziare per questo, lo sapete?» commentò leggero Kakashi, la fronte appoggiata alla sua spalla in modo da coprirla ai loro sguardi, gli occhi grigi che fissavano i due intrusi lanciando lampi.

«Kakashi-senpai. Io… Noi…» balbettò Tenzō, le guance già di un bel color porpora (e Sakura cercò di non pensare al fatto che era già la seconda volta che l’uomo la vedeva mezza nuda). «Gai ci ha mandato a cercarvi. Vuole fare la foto ricordo tutti insieme».

«Digli che arriviamo subito. E adesso fuori di qui».

Tenzō chinò brevemente il capo e si voltò immediatamente, pronto a chiudere la porta dello stanzino. Ma Sai era ancora lì sull’uscio che li squadrava attentamente, una mano sul mento, pensieroso. Sakura conosceva fin troppo bene quell’espressione e sapeva che qualunque cosa stesse per uscire dalla bocca del suo amico sarebbe stata fonte di perpetuo imbarazzo.

«Kakashi-taichō, cosa stavi facendo con le dita? Vorrei imparare a farlo anche io».

Appunto.

«Fuori, Sai!» ululò Sakura, il volto ora rosso quanto quello di Tenzō.

Quando la porta fu ben chiusa Sakura si sentì svuotare e si accasciò contro Kakashi, nascondendo il volto nella sua spalla.

«Visto?! È proprio di questo che stavo parlando! Nemmeno in uno sgabuzzino ci lasciano in pace», ringhiò questi, e Sakura sentì il riverbero della rabbia nella vibrazione del torace. Un guizzo di preoccupazione fece capolino nel suo petto ma poi la tensione nel corpo di Kakashi svanì e un lento sospiro gli uscì dalle labbra. «Se qualcun’altro ti vede nuda giuro che ordinerò a Sasuke di precipitare lo sventurato in tre giorni di Tsukuyomi», borbottò, mentre si chinava per raccogliere e passarle reggiseno e maglione.

Sakura rise mentre gli permetteva di aiutarla a rivestirsi, ma una parte di lei non era del tutto contraria alla cosa (una parte piccola, davvero).

«Su, andiamo Rokudaime-sama, prima che arrivi anche Gai a cercarci».

Kakashi sbuffò ancora ma la prese per mano e la condusse verso il salotto, gli occhi che tornarono a sorridere quando si trovarono immersi di nuovo nel chiasso dei loro amici.

Quando li individuò, Gai sorrise e fece loro segno con un braccio. Kakashi sospirò mentre si avvicinavano (evitando accuratamente Konohamaru e Moegi che si baciavano con foga sul loro divano e Naruto che litigava con Sasuke) ma Sakura sapeva che il fastidio era tutta una farsa.

«Mio Rivale, Sakura-san, dove eravate finiti? È il momento della fotografia!»

Prima che Kakashi potesse inventare una qualche scusa Sakura ghignò, sentendosi un poco sadica, e rispose: «Preliminari nello stanzino, Gai-san. E siamo stati interrotti proprio sul più bello».

La kunoichi non riuscì a trattenere le risate all’evidente rossore sulle guance e sulle orecchie di Kakashi mentre Gai scoppiava in una risata roboante e dava una pacca sul braccio all’Hokage, congratulandosi dell’ottimo utilizzo della primavera della loro giovinezza.

«E adesso tutti in posa che scattiamo questa fotografia», aggiunse l’uomo a voce più alta, attirando l’attenzione di tutti.

«Sakura-chan, stai cercando di farmi morire d’imbarazzo?» brontolò Kakashi mentre eseguivano l’ordine, ritrovandosi pressati tra Shikamaru e Kurenai, Mirai accoccolata davanti a loro tra il pelo morbido di Akamaru.

Lei ignorò la domanda ma si sporse sulle punte dei piedi per scoccargli un rapido bacio sulla guancia e sussurrare: «Perché non rendiamo questa fotografia un po’ più divertente?»

L’occhiata inquieta che guadagnò la fece sorridere e, mentre il conto alla rovescia di Gai si esauriva, guardò nell’obbiettivo e con un sorriso sganciò la bomba: «Kakashi ed io ci sposiamo».

Un secondo di silenzio e, mentre il flash scattava, un coro di «Cooosa?!» si levò dagli astanti.

Sakura rise e strinse la mano a Kakashi.


Un paio di giorni dopo Gai si presentò da Kakashi con una manciata di fotografie e insieme risero delle espressioni sul volto di coloro che ancora non sapevano del loro matrimonio al momento dello scatto.

Quando Gai se ne andò, dopo cena, Kakashi mise con cura le fotografie nell’album, annotandosi mentalmente di mostrarle a Sakura al suo ritorno.

 

Notes:

Io non odio Sasuke, l’ho già detto e lo ripeto. (Odio la SasuSaku, quello sì, perché non c’è niente di amoroso tra loro). Non è sicuramente tra i miei personaggi preferiti, ma non lo odio. Anzi, bramavo vedere il suo riscatto, la sua vita come membro di Konoha. E uno dei motivi per cui odio il finale che è stato dato e tutto Boruto in generale, è che i personaggi hanno una crescita orribile, Sasuke in primis. Se si può chiamare crescita. Insomma, Sasuke, tecnicamente sposato con Sakura, è sempre fuori Konoha e non riconosce la sua stessa figlia (questa è una cosa che non posso perdonare a Kishimoto, davvero). Capisco il risentimento di Sasuke per Konoha, davvero, ma il fatto che scelga di allontanarsi costantemente dalla sua famiglia per me è un grosso no. Perciò in This Is Us sto cercando di dargli un po’ di giustizia. Anche il mio Sasuke è spesso via per le missioni ma il mio “spesso” è tipo due o tre settimane via, due o tre settimane a Konoha. Un 50/50 insomma. Fino ad un certo evento che cambierà le cose ma ne parleremo fra un po’ (se continuo a questo ritmo probabilmente sarà fra un paio d’anni ma ehi, non dispero).

  
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