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Autore: Evali    27/08/2020    1 recensioni
Un villaggio isolato, un popolo spezzato in due in seguito ad una terribile calamità, due divinità da servire, adorare e rispettare in egual modo: Dio e il Diavolo.
"- Io amo gli uomini.
- E perché mai io sono andato nella foresta e nel deserto? - replica il santo. – Non fu forse perché amavo troppo gli uomini? Adesso io amo Iddio: gli uomini io non li amo. L’uomo è per me una cosa troppo imperfetta.
- È mai possibile! Questo santo vegliardo non ha ancora sentito dire nella sua foresta che Dio è morto!"
Genere: Fantasy, Sovrannaturale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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La vita è solo dei viventi
 
- Avete mai sentito parlare della polvere nera? – le domandò improvvisamente Blake, poggiando una pesante pila di tomi sopra l’imponente tavolino della biblioteca della cattedrale dei servitori del Creatore.
Judith distolse l’attenzione dalla pagina del libro che stava rileggendo e ispezionando nella speranza le fosse sfuggito qualcosa quando l’aveva letta la prima volta, per posare gli occhi scuri sul ragazzo a pochi metri da lei. – No, mai. Che cos’è?
- Le voci a riguardo sono iniziate a circolare da poco, verso le terre orientali, dall’altra parte del mondo – le rispose egli, dandosi un’altra veloce occhiata intorno.
Judith intercettò il suo sguardo, lievemente irritata. – Questa è la decima volta che vi guardate intorno, da quando vi ho fatto entrare nella mia biblioteca un’ora fa. Cosa trovate di tanto diverso da quella dell’altra cattedrale?
A ciò, il ragazzo la guardò, sorridendo sornione. – Vi dà molto fastidio che qualcuno stia invadendo il vostro territorio consacrato, eh? So bene che questo è il vostro regno e non temete, non ho nessuna intenzione di rubarvelo.
- Lo so. Allora, come vi sembra?
- La tenete molto meglio rispetto a come la cura madre Riven. Solitamente sono io quello che cataloga e sistema i volumi all’interno di quel luogo, più che caotico. Qui invece è tutto impeccabilmente in ordine, luminoso, sistemato, arredato e curato tanto da far quasi male agli occhi.
 A ciò, Judith accennò un sorriso soddisfatto. – Grazie. Modestamente, vi dedico molto tempo. È un luogo che voglio sentire mio, in tutto e per tutto.
- Non mi avete detto una cosa – cambiò discorso il ragazzo, ponendo le braccia conserte. – Per quale motivo vi rifiutate di usare la magia?
- Voi l’avete usata?
- Tutti noi servitori del Diavolo finiamo per provarla, prima o poi. Non è particolarmente nei miei interessi, semplicemente. Ma non avete risposto alla domanda.
- Ho preso la decisione di non usarla mai direttamente, dopo ciò che è accaduto a mia madre. Credo siate a conoscenza della storia.
- Più o meno, sì. Posso comprendere.
Dopo un breve silenzio, Judith prese la parola. – Davvero madre Riven non ha mai preteso nulla di “concreto” in cambio da voi? Non ha neanche provato ad approfittare della situazione?
- Ritenete che madre Riven sia capace di peccare d’immoralità con un fedele? – le rivoltò la domanda il ragazzo, incuriosito da quel quesito.
-  Non ha mai tentato alcun approccio con voi, dunque?
- No, si è mostrata sin troppo casta e rispettosa nei confronti del suo incarico monacale e di me. Ciò vi sembra strano? Avete detto di conoscerla sin da quando eravate bambina. Sospettavate che anche lei si comportasse come padre Ilian?
- No, al contrario, lei era sempre colei che mi puliva accuratamente e mi curava dopo ogni abuso di quell’uomo. Semplicemente, in quel luogo sono tutti marci. Tutti i monaci covano il loro marciume in silenzio, per lo più, tranne qualcuno che lo fa più platealmente.
Dunque anche voi avete notato i modi poco appropriati e gli sguardi palesemente ambigui che padre Ilian rivolgeva a tutti noi, da ragazzini.
- Chi non avrebbe potuto notarlo? Se ne sono accorti tutti, eccetto mio padre, ma ciò non mi sorprende, poiché non ha mai brillato di perspicacia. Tutti se ne sono rimasti in silenzio, ignorando un fatto sin troppo evidente, alla luce del sole – rispose il ragazzo.
- I monaci di questa cattedrale sembrano decisamente migliori sotto tale aspetto solamente perché sono ottenebrati e frenati dal loro paralizzante timore e senso di riverenza verso tutto e tutti.
Padre Cliamon è una delle poche eccezioni – concluse l’argomento distogliendo gli occhi incupiti e portandoli su alcuni tomi poggiati accanto a lei. – Dunque, questa polvere nera di cui parlavate? Di cosa si tratta?
- Si tratta di un composto esplosivo. Le reazioni che provoca nei corpi sono, grossomodo, simili a quelle date dai fulmini, ma al contempo differenti. Girano diverse voci ma sono tutte contrastanti, ne parlano come fosse una storiella inventata dagli uomini orientali per vantarsi dei loro successi in battaglia.
Non conosco precisamente tutti i componenti di cui è composta, ma ho sentito che due di questi sono carbone e zolfo, dai quali sono praticamente circondato alla galleria. Se riuscissi a scoprire tutti gli ingredienti, riuscirei poi a calibrare bene le dosi ad occhio.
- Sembrate esperto in composti come questo.
- Ne ho creati parecchi, posso dire di essere pratico.
Judith sorrise in risposta. – Per ora, devo dire di essere soddisfatta di aver stipulato questo patto con voi.
- Credevate che ve ne sareste pentita il giorno dopo?
- Sì, ovviamente. Dovete sapere che è molto raro che io riponga la mia fiducia in qualcuno, Blake.
- Posso immaginarlo, ma non mi avete dato fiducia. Il nostro è un patto di reciproco guadagno.
- Io ho puntato su di voi, quasi senza conoscervi – disse ella seria. – Spero di non aver sbagliato.
- Avete fatto la scelta giusta – la rassicurò il ragazzo.
- Oggi dobbiamo sbrigarci – lo informò ella dopo qualche minuto trascorso a ricercare informazioni nei tomi. – Tra poco inizierà la funzione e siete qui già da un’ora. Non voglio dar loro modo di nutrire sospetti già da ora. Con il tempo, vi permetterò di restare sempre di più.
Blake annuì. – Cosa accadrebbe se uno dei servitori del Creatore mi vedesse dentro questa cattedrale durante la funzione?
- Sono abituati a vedere me, ma non altri servitori del Diavolo. Creereste sicuramente dello scompiglio.
Uscendo da qui troverete la strada per dirigervi verso l’uscita secondaria.
A domani – lo salutò ella.
Nel percorrere il corridoio per raggiungere l’uscita secondaria dalle cattedrale, il quale dava una discreta visuale delle ampie navate ancora quasi vuote, Blake notò una servitrice del Creatore, una ragazza dalla pelle scura come quella di Myriam, inginocchiarsi esattamente dinnanzi al grosso crocefisso che torreggiava in mezzo all’altare. Il ragazzo si fermò a guardarla.
Ella congiunse la mani e, con le lacrime agli occhi, chiuse le palpebre e cominciò a ripetere, in tono sommesso, cantilenante, dilaniante:
- Sono una peccatrice.
Sono una peccatrice.
Sono una peccatrice.
Sono una peccatrice.
Sono una peccatrice.
Sono una peccatrice.
- Cosa notate di diverso in lei, dal modo in cui pregate nel culto del vostro Signore?
Quella domanda arrivò dietro le spalle di Blake improvvisa, tanto da farlo voltare di scatto verso la fonte di quella voce, la quale non trasmetteva nulla di maligno o subdolo, esattamente come la prima volta che l’aveva udita. Padre Cliamon, con la sua testa calva riflettente la luce che proveniva dalla grande finestra vetrata e gli occhi assorti e puntati sulla fedele inginocchiata, si voltò a guardare Blake, a qualche centimetro da lui, in attesa.
- Una riverenza estrema? – azzardò il monaco, notando che il ragazzo vi stesse ancora riflettendo.
- No, non è quello – rispose Blake, osservando le lacrime che continuavano a rigare le guance della fedele.
- Un ardore che non riconoscete? – ritentò Cliamon.
- È la gravita con cui lo fa. Come … se dovesse perdere tutto ciò che ha e che ama se non lo facesse.
A tale risposta, il monaco ammutolì.
D’un tratto, la ragazza riaprì gli occhi e notò Blake, nonostante la distanza.
Sgranò gli occhi scuri, ma non disse nulla, limitandosi ad asciugarsi velocemente le lacrime, a riabbassare lo sguardo, rialzarsi in piedi e andare a sedersi su una delle sedie della navata, in attesa dell’inizio della funzione.
Una volta seduta, come d’istinto, voltò segretamente lo sguardo nuovamente verso il ragazzo.
- È meglio che stiate attento a non farvi vedere qui dai fedeli – intervenne nuovamente padre Cliamon poggiando una mano dietro la schiena del ragazzo per incoraggiarlo ad andare.
- Vi farò strada fino all’uscita.
- Non ve ne è bisogno – rispose Blake cominciando ad incamminarsi affiancato dal monaco.
- Insisto. A meno che la mia compagnia non vi risulti molesta in qualche modo.
- Niente affatto.
 - So cosa credete, Blake. Che sia ingiusto, come, infondo, lo credono tutti.
Il ragazzo si voltò a guardarlo, in attesa che continuasse.
- Essere costretti a servire un dio che la famiglia e l’intero villaggio impongono di servire, senza alcuna possibilità di scelta. Mi sono ritrovato a pensarlo molte volte, quando avevo la vostra età.
- Che risposta vi siete dato?
I due si fermarono davanti all’uscita secondaria.
- Che non vi è una spiegazione logica, che possa risultare giusta e impeccabile da ogni lato da cui la si guardi – gli rispose il monaco rivolgendogli un amaro sorriso. – È meglio evitare di mischiare ciò che, per cause di forza maggiore, è stato diviso.
Dovete comprendere, Blake, che sarà sempre inevitabile per noi guardare voi e pensare che non siamo certo noi quelli fatti a immagine e somiglianza di Dio.
 
- Parlatemi delle proprietà dei cristalli che avete trovate ultimamente alla galleria – disse improvvisamente padre Craig, sorprendendo Blake, il quale era intento ad annotare delle date di ritrovamento di alcuni cristalli nella stanza utilizzata da Rolland per le catalogazione.
- Come mai questa richiesta così all’improvviso? Siete qui da più di una settimana e non vi siete mai interessato realmente di cristalli.
Padre Craig era sempre più convinto che riuscire ad ingannare Blake sarebbe equivalso a far spostare le acque del mare fino al cielo e spegnere il sole.
Un’impresa oltre l’impossibile per chiunque, per lui soprattutto.
Non a caso, il primogenito di Rolland ora lo guardava con uno strano cipiglio in volto, un sopracciglio alzato che gli lasciava presagire del sospetto annidato in lui, mentre era in attesa della risposta del giovane prete.
- Cos’è, vi siete già dimenticato della vostra leggendaria impresa di risalire a cosa è accaduto la notte delle celebrazioni? – insistette il ragazzo.
Avrebbe dovuto essere più cauto, padre Craig, se ne rendeva conto in quel momento, mentre sudava freddo sotto la tunica e cercava di sorridere spontaneamente al ragazzo che lo conosceva meglio di ogni altro in quel villaggio. Tuttavia, non era mai stato bravo con le bugie, sin da piccolo.
Era certo, e continuava a ripetersi, che Dio l’avrebbe perdonato per star mentendo spudoratamente con lo scopo di ottenere informazioni, collaborando con una strega e ingannando una persona che gli era a cuore.
D’altronde, i motivi che lo spingevano a farlo erano alti, molto alti, poiché miravano a ripulire la sua anima da ogni peccato commesso quella notte.
Con il prezioso aiuto di Beitris sicuramente sarebbe riuscito a risalire agli eventi accaduti la notte delle celebrazioni, e avrebbe chiesto ammenda, autopunendosi per ogni errore e mancanza mostrata al suo abito e a Dio.
Tuttavia, ogni conquista richiedeva un sacrificio.
In cambio del suo aiuto, Beitris gli aveva chiesto di sfruttare la sua convivenza e vicinanza con la famiglia Rolland per ottenere informazioni sulle funzioni e le proprietà degli ultimi e rari cristalli trovati nella galleria.
Un compito da nulla, in apparenza.
Ma per padre Craig costituiva l’incarico più gravoso mai richiestogli.
L’unica consolazione che si premurava di ripetersi, in aggiunta al resto, era che quella “fuga” di informazioni sui cristalli non avrebbe in alcun modo danneggiato la galleria o il prestigio dei proprietari della galleria, come gli aveva garantito Beitris.
La sua meta finale era nobile, nobile non solo per lui stesso, poiché, in tal modo, avrebbe scoperto anche cosa fosse successo a Blake, a Judith, ad Heloisa e a Rolland quella notte.
Non aveva ancora riflettuto su cosa avrebbe fatto se i peccati commessi o i danni subìti dalle persone che gli erano a cuore fossero stati troppo dolorosi da scoprire e accettare.
Non sapeva se li avrebbe informati in ogni caso, comunque fossero andate le cose.
Sapeva solo che la preoccupazione per cosa fosse accaduto loro di male quella notte, eguagliava quella che nutriva per se stesso; dunque doveva sapere.
- Padre? Vi siete addormentato ad occhi aperti per caso? – lo ridestò Blake.
- Il motivo per il quale, in principio, sono stato incaricato di giungere qui da Armelle, consiste proprio in questo. È stata solo una mia mancanza non avervelo domandato prima – rispose in ritardo il giovane prete, sperando di essere risultato convincente.
Blake, al contrario suo, era bravo a mentire, lo faceva spesso, astuto com’era.
Tuttavia, padre Craig sapeva anche che egli non avrebbe avuto alcun motivo per negargli un’informazione simile, dunque si tranquillizzò gradualmente.
Difatti, il ragazzo spostò le iridi blu sulle decine di tipologie di cristalli contenuti nella teca e accuratamente divisi tra loro, facendo vagare gli occhi su alcuni frammenti in particolare. – Una delle ultime e delle più rare che abbiamo trovato è l’Agata Muschiata – disse indicandogli una pietra con affascinanti striature bianco-trasparenti e verdi. – Non ne sappiamo ancora molto, ma, in alcuni tomi ho letto che le pietre con tali caratteristiche aiutano a mantenere l’armonia fisica e mentale, a restare “desti”, concentrati e attivi, poiché agisce positivamente sui mali che colpiscono la mente – detto ciò, il ragazzo si voltò verso il giovane prete. – Mi sorprende che voi vogliate conoscere le proprietà dei cristalli se siete giunto qui a Bliaint con lo scopo di commerciare. Nel campo della vendita, per lo meno da come è intesa qui, le proprietà dei cristalli non ricoprono alcun valore. Difatti, mio padre non si interessa minimamente di ciò.
- Da cosa è dato il valore dei cristalli, dunque?
- Dalla rarità, dall’aspetto, dai metodi con cui lo si riesce a lavorare, dalla richiesta … Da tutta una serie di fattori pratici – rispose il ragazzo.
- Consideratelo un modo per soddisfare la mia solita invadente curiosità, dunque – insistette il giovane prete, facendo sorridere Blake di finta esasperazione.
Padre Craig notò che le iridi del ragazzo si fermarono ad osservare assiduamente e con interesse un frammento in particolare, quasi impercettibile per quanto piccolo, di un colore grigio scuro-bluastro luminoso. – Di quello abbiamo trovato solo quella minuscola scaglia, qualche settimana fa – cominciò indicandoglielo. – Non ha ancora un nome specifico. So che ha qualche proprietà benefica sul piano fisico, ma non riesco ancora a capire quale. Non ho mai letto nulla di lui.
- Come sapete che ha delle proprietà benefiche, dunque?
- L’ho sperimentato – rispose con naturalezza Blake. – Mi affascina tremendamente. Tuttavia, bisogna fare attenzione, poiché è anche pericoloso.
- Cosa intendete per pericoloso?
- Avvelena il respiro.
Padre Craig ammutolì, chiedendosi in quale modo Blake avesse avuto modo di sperimentare ciò su di sé.
- Come può qualcosa portare dei benefici e fare del male allo stesso tempo …? – domandò il giovane prete dopo qualche minuto.
- Oh, padre. Non avete ancora imparato nulla da quando siete qui? – gli domandò Blake in un finto rimprovero, per poi continuare. – L’Occhio di Tigre è divenuto famoso in poco tempo qui a Bliaint, nonostante sia stato scoperto relativamente da poco – disse indicando una splendida pietra di un giallo intenso, con alcune “macchie” più scure sulla superficie, una distinta caratteristica che ricordava un occhio felino illuminato dal sole, giustificandone il nome. - Le streghe lo ritengono un amuleto di protezione molto potente per tenere lontano il malocchio e le cattive influenze – lo informò il ragazzo, con un tono simile a quello usato dalle balie per spaventare bonariamente i bambini prima di farli addormentare.
- Voi credete non sia così? – a padre Craig venne spontaneo domandarlo.
- Non ho avuto modo di sperimentarlo.
- Se non sperimentate di persona, non credete a ciò che sentite dire?
- Dipende, ma, per la maggior parte, no, non lo credo – confermò il ragazzo, cercando con gli occhi un altro cristallo da esporre.
- E quello? – domandò padre Craig indicando un determinato cristallo, ipnotizzato dal colore più brillante e pigmentato degli altri, un viola molto particolare a tratti scuro e a tratti chiaro.
Blake sorrise. – Non conoscete l’Ametista?
- Credo di averne solo sentito parlare. Non me lo aspettavo così bello – ammise il giovane prete, placando il desiderio di allungare la mano e sentirne la consistenza tra le proprie dita.
- Volete conoscere i poteri superstiziosi anche dell’Ametista?
Padre Craig annuì.
- Si dice risvegli la consapevolezza di una dimensione spirituale, accrescendo la conoscenza di una realtà al di là della materia. In campo pratico è usato come calmante, per alleviare gli incubi e i forti mal di testa.
- Allora, forse, non è un caso che io sia stato attirato proprio da quello.
Padre Craig ne era certo: Dio era con lui, in quel momento più che mai.
 
 La donna bussò ferocemente sulla porta della casa in fondo al bosco, nascosta dietro una grotta.
Le dita le tremavano per la rabbia vorace mentre bussava, ribussava, e si stringeva nel suo mantello cobalto umido di pioggia.
Dopo la quarta volta in cui bussò, la porta della grande casa in legno si aprì, rivelando la figura di un giovane e attraente uomo dagli occhi color sabbia e i capelli ramati legati indietro con una grande spilla accuratamente scolpita nella pietra. Egli la guardò con sguardo neutro, in attesa, rimanendo sullo stipite della porta.
A ciò, dopo qualche minuto in cui la rabbia della donna non fece altro che ribollire ulteriormente, ella gli rivolse parole. – Sono una serva del Diavolo, fatemi entrare.
- Ne sono consapevole, la vostra avvenenza non mente. Per quale motivo siete qui? Chi vi ha detto dove trovarci?
- I pochi intimi e fidati che vi supportano.
Ho bisogno di lanciare la fattucchieria dell’odio su una persona.
A tali parole, gli occhi gelidi del giovane uomo si animarono un po’.
Egli si guardò velocemente intorno e le permise di entrare, per poi richiudere la porta a chiave dietro di sé.
La casa era immensa e ben illuminata da centinaia di candele, colma di stanze e di ogni sorta di cristallo, intruglio, erba, pietra e altro strumento utile alla pratica della magia nera.
Oltre a loro due, anche altre presenze si aggiravano per la suggestionante abitazione, per lo più giovani donne e giovani uomini, tutti servitori del Diavolo.
- Qual è il nome della persona su cui volete lanciare la fattura? – domandò improvvisamente il giovane uomo alla donna che aveva appena fatto entrare.
- Benneit River, mio marito – rispose ella senza un briciolo di esitazione, aspetto che venne notato dal suo interlocutore, il quale continuò a guardarla atono.
- Beitris, falla accomodare – si decise il giovane, rivolgendosi alla ragazza corvina che trafficava con alcune boccette a qualche metro di distanza.
Questa obbedì, accompagnando la donna al tavolo vuoto in fondo alla stanza e facendola sedere.
- Conoscete i pericoli che correte e che corre la persona colpita da tale fattura, non è vero? – le domandò il giovane ponendosi dall’altro lato del tavolo, ma senza sedersi.
- Sarà preda di odio ingiustificato, non avrà tregua, né durante la veglia, né durante il sonno, venendo ripagato in tal modo di tutto il male che ha inferto – rispose ella con decisione.
- Questa non è una fattura da lanciare per una futile vendetta o un rimorso.
- Egli ha picchiato nostra figlia fino a romperle una gamba – gli rispose ella con voce tremante.
- Sapete anche che non posso farlo io per voi? Deve essere la persona da cui proviene tutto l’odio a mandarla, dunque sarete voi.
- Va bene, Lo farò.
- Se non siete del tutto convinta di ciò che state facendo, la fattura non andrà a buon fine e ricadrà direttamente su di voi.
- Non sono mai stata così convinta di qualcosa in tutta la mia vita. Voglio farlo.
- Bene – disse egli prendendo posto nella sedia di fronte a lei. – Avete mai fatto uso della magia, prima d’ora?
- Sì, talvolta.
- In che occasioni?
- Filtri per dormire, per alleviare dolori e curare malanni.
Tali parole provocarono l’ilarità del giovane stregone. – Quella è magia bianca. Io sto parlando della magia nera.
- No, mai.
- Sapete che tutto ciò ha un costo. Avete con voi del denaro o qualcos’altro degno della nostra attenzione?
- Ho qualcosa di meglio del denaro – disse ella tirando fuori una piccola sacca dal vestito e avvicinandola al giovane stregone. – Sono tutti i dentini caduti a mia figlia. Li conserviamo ogni volta che ne cade uno.
- Denti da latte? – domandò il giovane con sorpresa, reazione che mostrarono anche tutti gli altri presenti nella stanza, voltandosi verso di loro come gatti attirati da un rumore ipnotico.
- Sì – confermò ella, facendo brillare ancor di più gli occhi del giovane stregone di fronte a lei, il quale prese il sacchettino e lo infilò nella tasca della sua lunga casacca. Dopo di che, si rialzò in piedi e si diresse verso dei punti della stanza in particolare, rimboccandosi le maniche, scoprendo in tal modo gli avambracci coperti di bracciali e con dei caratteristici segni di inchiostro nero incisi sulla pelle.
Quando ebbe recuperato tutto ciò che gli serviva, il giovane stregone tornò al tavolo, riprendendo posto sulla sedia e poggiando ciò che aveva preso dinnanzi agli occhi della donna.
- Vi fornirò i materiali e vi spiegherò dettagliatamente cosa fare, ma dovete farlo altrove.
Trovate un posto isolato nel bosco, con un pozzo, e una volta trovato, sistematevi lì.
Con la cera vergine che vi ho fornito, plasmate una figura che impersonifichi l’uomo in questione; dopo di che bagnatela con l’acqua del pozzo, cospargetela di polvere di assafetida e di zolfo e incidete sul suo corpo, con la lancetta dell’Arte che vi ho dato, le seguenti parole: “Usore, Delapidatore, Tentatore, Sognatore, Divoratore, Concitore e Seduttore”. Dopo di che, invocate: “Spiriti infernali, vi scongiuro e vi comando di mettere al mio servizio le vostre diverse qualità per tentare, tormentare, straziare e fare odiare Benneit River, a cui ho dedicato questa figura. Penetrate ciascuno nel suo corpo, scatenate le vostre arti diaboliche, non dategli né pace né tregua, non lo lasciate dormire, tormentatelo con incubi e tremende visioni fino a quando io sia stata vendicata del male sofferto per causa sua. E questo maleficio duri fino a quando deciderà la mia volontà.” Solitamente gli incantesimi di magia nera vanno pronunciati nella lingua del Diavolo ma, dato che non siete una strega, potete utilizzare la lingua comune.
Beitris, avendo scritto tutto ciò su un foglio di pergamena, lo consegnò alla donna.
- Quando e se vorrete distruggere la fattucchieria, prendete il pupazzo di cera, bagnatelo con acqua limpida di ruscello e invocate gli spiriti chiedendo loro di annullare la fattura, per poi buttarlo nelle fiamme e attendere che bruci.
Ad ogni modo, nascondetelo in un luogo all’oscuro della casa, dove nessuno possa trovarlo: guardarlo troppo è pericoloso – si raccomandò infine il giovane stregone, vedendo la donna afferrare tutti i materiali ricevuti a disposizione, compresa la pergamena, e alzarsi in piedi, con sguardo grato.
– Vi ringrazio. Il vostro nome, signore? – gli domandò prima di venire accompagnata alla porta.
- Io non ho chiesto il vostro. Potete continuare a vivere benissimo senza conoscere il mio – le rispose accennandole un sorriso di cortesia e vedendola andarsene.
Rimasti soli, Beitris si avvicinò al giovane stregone. – Devono smettere di arrivarne così tanti – gli disse lievemente allarmata. – Di questo passo, verremo scoperti e ci bruceranno tutti al rogo.
- Non facciamo nulla di male. Finché non giungerà alla nostra porta un servitore del Creatore, non dovremo preoccuparci – le rispose egli per nulla allarmato.
- Ephram, oramai le esecuzioni sono aumentate a dismisura. I monaci non sono più accomodanti come un tempo quando si tratta di magia nera. Molti più incantesimi vengono considerati troppo “eccessivi”.
- Si tratta di giudizi meramente soggettivi, Beitris. Tutto ciò che dobbiamo fare è scoprire chi è che muove le fila all’interno delle cattedrali, persuadendo gli altri quando si tratta di condannare al rogo chiunque capiti loro sottotiro.
- Loro credono che siamo del culto di Bernadette Livian, ne sono sicura.
A tali parole, Ephram si voltò a guardarla come se ella avesse pronunciato la più ignobile delle menzogne. – Non esiste un culto di Bernadette Livian. Quella donna era solo tremendamente confusa e inesperta quando ha fatto ciò che ha fatto, uno sfortunato connubio di fattori che le è costato il rogo.
- Però loro non lo sanno e credono che vi sia un credo che segue le sue orme, che sfrutta gli antichi doni offertici dal nostro Signore appropriandosene sovversivamente e senza vergogna, sfidando sia il Creatore che il Diavolo.
- Non hanno prove per accusarci di mancare rispetto al nostro Signore, Beitris.
Quello che facciamo qui è dare aiuto alle persone e di certo non smetteremo di farlo perché qualche monaco folle con le manie di persecuzione ha deciso di fare piazza pulita dei servitori del Diavolo.
Noi siamo la maggioranza. Non posso combatterci – sostenne convinto il giovane stregone.
- Spero vivamente tu abbia ragione, Ephram.
In quel momento, qualcun altro bussò alla loro porta.
- Aspetto qualcuno – lo informò Beitris, andando ad aprire e trovandosi davanti la figura incappucciata e umida di pioggia di padre Craig.
Ella gli sorriso provocatoria, notando l’evidente disagio del prete nel trovarsi in quel luogo.
- Baciatevi pure il vostro crocefisso o qualsiasi altro gingillo avete con voi, padre, se ciò può rassicurarvi. Tengo comunque a ripetervi che mettere piede qui dentro non vi renderà un impudente peccatore – gli disse facendogli segno di entrare.
Quando padre Craig entrò, Ephram aveva già raggiunto una delle altre stanze della casa, lasciandoli soli.
Il giovane prete osservò timidamente l’ambiente intorno a lui, ben illuminato dall’ingente presenza di candele. – Ho seguito le vostre indicazioni – le disse dopo infiniti minuti. – Sono riuscito a trovare la strada, nonostante temevo di perdermi nel bosco.
- Ho notato – rispose ella divertita, facendogli segno di sedersi.
Egli obbedì. – Siamo soli?
- Nessuno ci disturberà, padre – rispose accomodandosi a sua volta. – Dunque?
A ciò, padre Craig tirò fuori il suo taccuino dalla tasca della tunica, lo aprì sull’ultima pagina e la mostrò alla ragazza, la quale iniziò a leggere con attenzione.
- Anche voi sapete leggere? – le domandò padre Craig, pur sapendo già la risposta.
- Per praticare la magia nera è molto utile saper leggere e scrivere, padre – rispose ella terminando di leggere. – Interessante. – disse poi. – La prossima volta continuate a chiedergli di altri nuovi cristalli.
- Se avessi continuato a fargli domande a riguardo, avrebbe sospettato qualcosa. Conoscete Blake. Nei prossimi giorni vi porterò altre informazioni, ve lo garantisco.
Se mi permettete, in realtà, vorrei farvi una domanda, Beitris.
- Vi ascolto.
- Se siete in stretti rapporti con Blake, per quale motivo non chiedete voi stessa informazioni riguardo i cristalli?
- Blake sa della compagnia di cui faccio parte, padre, ed è sempre rimasto indifferente a tutto ciò. Non è intenzionato né ad aiutarci, né ad ostacolarci. Se mi presentassi dinnanzi a lui e cominciassi a fargli domande sui nuovi cristalli scoperti, non credete capirebbe immediatamente quale sia il mio intento? – rispose con ovvietà la ragazza.
- Capisco.
- Ora immagino pretendiate un pizzico della vostra ricompensa.
Padre Craig si illuminò a quelle parole, guardandola speranzoso. – Conoscete un modo per …?
- No, padre – lo interruppe lei. – Vi ho già detto che nessuno serba ricordi di quella notte. Tuttavia, potrei comunque avere qualcosa per voi – disse la ragazza, andando ad aprire una dispensa colma di piccole boccette piene di liquidi. Ne prese una, dopo di che si diresse verso uno scaffale con sopra dei vasetti riempiti da polveri di cristalli. Ne cercò con lo sguardo uno in particolare, facendo vagare i vividi occhi verdi da una parte all’altra, e, quando individuò ciò che voleva, prese anche quello e tornò da padre Craig.
- Tenete – disse porgendogli per prima la boccetta. – Fatene bere una sola goccia alla persona che desiderate, ed ella si addormenterà nell’immediato. Mi raccomando, non più di una goccia.
- Che cos’è? Non voglio far ingerire a nessuno qualcosa che …
- Rilassatevi, padre. Si tratta semplicemente di un concentrato di essenze di valeriana, salice e tiglio. Assicuratevi che la persona in questione sia sdraiata o almeno seduta, mi raccomando – gli disse la ragazza, accennando un sorriso per smorzare la tensione dell’uomo.
- Perché dovrei voler far addormentare le persone a me care?
- Per spalmare sui palmi delle loro mani questo, senza che se ne accorgano – rispose al suo quesito ella, posandogli tra le mani l’altro vasetto, contente un misto di due polveri, una giallo limone e l’altra borgogna.
- A cosa serve?
- Il brivido che avete provato toccando me l’altra mattina è molto raro, e spesso non è un indice sicuro di cui fidarsi. Questo metodo che vi esporrò, invece, vi darà delle reali certezze: dovete sapere, padre, che la parte del nostro corpo in cui è contenuta l’essenza del corpo stesso, sono proprio le sedi prime del tatto: le mani – spiegò Beitris accarezzando con le dita i palmi del giovane prete. - Le mani serbano i ricordi che il nostro corpo dimentica, poiché, quando tocchiamo con le mani, il nostro tatto è amplificato in potenza, rispetto al resto del corpo. Ovviamente, il potere delle mani non va oltre ciò: spalmando queste polveri sui palmi della persona in questione, potrete solamente scoprire se colui o colei che ha abitato il vostro corpo quella notte, l’ha usato per toccare la suddetta persona, null’altro. I cristalli da cui sono ricavate queste polveri possono rivelare chi ha toccato il corpo su cui vengono spalmate, solo quando questo era incosciente e solo nei giorni precedenti. Sapete quando si è incoscienti, padre?
- Durante il sonno, quando si perde i sensi e …
- E quando un’altra mente abita il nostro corpo.
Se, poggiando i vostri palmi su quelli impregnati delle polveri della persona che vi interessa, sentirete pizzicare le mani, allora vorrà dire che il vostro corpo è entrato in contatto con il suo quella notte; se il pizzicore dovesse essere tanto forte da divenire dolore, significa che siete entrati in contatto in maniera violenta.
- Mi interessa sapere che utilizzo è stato fatto del mio corpo da altri quella notte … tuttavia, mi interessa maggiormente sapere cosa ho fatto io, cosa ho commesso quando ho abitato il corpo di qualcun altro.
- Volete violare il mondo dei ricordi rimossi, padre?
Recuperare dei ricordi che non possedete più è l’unico modo per sapere cosa avete fatto nel corpo di qualcun altro. Vi sono molti modi per far ritornare alla mente degli stralci di vissuto che abbiamo dimenticato: oggetti familiari, rivivere delle situazioni particolari, ma, soprattutto, i profumi.
- I profumi?
- Il profumo è la sede della memoria. È l’olfatto a carpire tutte le informazioni che la nostra mente immagazzina, senza che noi ce ne accorgiamo.
Ricordate l’odore delle persone che avete conosciuto a Bliaint, padre?
- Vagamente. Non hanno un odore tanto forte.
- Non serve che abbiano un odore forte o che lo ricordiate dettagliatamente. Il vostro naso lo ha già fatto per voi.
- Non mi sono mai avvicinato così tanto a qualcuno da riuscire a sentire distintamente l’odore della sua pelle – ammise il giovane prete, quasi più a se stesso che alla ragazza.
A ciò, ella gli sorrise intenerita. – Se il vostro olfatto riconoscerà un odore particolare di quella notte, potreste recuperare qualche ricordo. Ma è una ricerca alla cieca.
- D’accordo. Grazie, Beitris.
Tuttavia, dopo questa volta, vorrei non dover più usare la magia sulle persone a cui tengo.
A tali parole, Beitris gli posò una mano sulla guancia. – Sarete costretto a farlo, padre. Altrimenti, non otterrete nulla di ciò che desiderate.
 
Quella sera, i lavoratori avevano continuato a scavare nella galleria per ore e ore, senza pause.
Rolland aveva dato loro il compito di trovare del rame prima del giorno seguente, dato che ne erano ormai a corto da diverse settimane.
Blake li aveva raggiunti nel tardo pomeriggio, aiutando nelle ricerche e trascrivendo, come era solito fare, la posizione di ogni pietra e cristallo che meritavano di essere menzionati, lungo gli scavi.
Erano oramai tutti troppo stanchi e spossati, e gli effetti dell’aria irrespirabile si stavano facendo sentire sulla vista e sulla respirazione.
- Dovremmo terminare qui per oggi – aveva suggerito uno degli scavatori ai suoi compagni, rivolgendosi a Blake in particolare. – Perderemo i sensi qui dentro se continuiamo. Non vi è nessuna traccia di rame, Blake, avete visto anche voi. Vostro padre dovrà fornirci un altro giorno di tempo.
- Lo so bene. Consiglio anche io di ritirarci ora. Non preoccupatevi per mio padre, a lui penserò io.
Gli altri annuirono sollevati, cominciando ad avviarsi verso l’uscita.
Tuttavia, d’un tratto, si udì uno strano rumore, come un urlo distante.
Blake arrestò immediatamente il cammino. – Avete udito? – domandò agli uomini che erano poco più avanti a lui.
Anche loro si accorsero dell’urlo quasi inumano, il quale sembrò divenire più persistente con il passar del tempo. – Proviene dall’esterno …? – domandò uno di loro.
- Non sembra provenire dall’esterno … Forse è la mente che ci gioca brutti scherzi – aggiunse un altro.
Blake ritornò sui suoi passi riaddentrandosi nella galleria, cercando di avvicinarsi a quella voce, per capire da dove provenisse.
- Blake, avete bisogno di aria pulita anche voi! Lasciate stare! – cercò di farlo demordere uno degli scavatori, alzando la voce per farsi udire a distanza.
- Voi andate! Io vi raggiungerò a breve!
- Ne siete sicuro?
- Sicuro! Andate! – rispose il ragazzo, continuando ad addentrarsi, seguendo il suo istinto e il suo udito nell’imboccare le varie direzioni di quel labirinto sottoterra.
Sentiva quell’urlo sempre più vicino, tanto da riuscire a comprendere le parole gridate:
“La vita non è dei viventi
La vita non è dei viventi
La vita non è dei viventi”
La voce inumana ripeteva quelle parole come se non ne conoscesse nessun’altra, richiamandolo a sé.
La curiosità ebbe la meglio sul primogenito di Rolland, il quale, non appena sentì quel richiamo abbastanza vicino da collocarlo sopra la sua testa, comprese che, chiunque o qualunque cosa stesse emettendo quel suono, fosse sepolta.
A ciò, cominciò a scavare dal basso verso l’alto, con la foga e la necessità della scoperta a corrodergli le vene, spostando ammassi di terra che gli finirono sul volto, sui capelli e dentro i vestiti, rischiando di venire sepolto vivo a sua volta.
Scavò, scavò, scavò per quasi un’ora intera, facendosi sanguinare le unghie e le mani, arrivando a doversi arrampicare nell’enorme buco scavato, per infilarcisi con l’intero corpo e continuare a scavare.
Poi, finalmente, afferrò qualcosa, la fonte di quella voce, ora affievolitasi.
Rinsaldò la presa e sradicò la radice della pianta, trascinandola verso il basso, verso di sé.
Blake la osservò, incurante della mancanza d’aria che gli aveva provocato una tosse secca e costante, incurante del sangue che gli colava dalle dita.
- Una mandragora …? – sussurrò meravigliato, continuando ad osservarla, quasi non credendo ai suoi stessi occhi, mentre la radice umanoide persisteva nel pronunciare sempre la stessa frase.
- La vita è solo dei viventi.
Non appena Blake disse ciò, la mandragora si ammutolì totalmente, non emettendo più alcun suono.
 
 
 
   
 
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