Anime & Manga > Violet Evergarden
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Autore: LatazzadiTea    27/08/2020    11 recensioni
Dal testo: Violet era la persona più sola che avesse mai conosciuto, per questo andava protetta. Invece, accecato dalla propria arroganza Dietfried l'aveva presa e strappata alla sua terra, pagando quella scelta disumana con la vita dei suoi uomini. Così, comprendendo solo troppo tardi la gravità di quell'errore, al fratello non era rimasto altro che sbarazzarsene.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Claudia Hodgins, Dietfried Bougainvillea, Gilbert Bougainvillea, Violet Evergarden
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Cap.4

"Agli ordini, Capitano!"




Claudia Hodgins starnutì più volte, inconsapevole del fatto che qualcuno in quel momento stesse chiedendo proprio di lui. Stava male da giorni: sapere Violet in compagnia di quella carogna di Dietfried Bougainvillea non lo faceva dormire la notte. Per fortuna sarebbe tornata presto si era detto entrando nel suo ufficio ogni mattina, solo così avrebbe potuto ricominciare a vivere serenamente.

"Sono le undici! Ti sembra questa l'ora di arrivare?", lo ammonì severamente Cattleya.

"Ecco, io, credo di essermi addormentato tardi...", balbettò Hodgins, cercando inutilmente di giustificarsi.

"Può darsi, ad ogni modo ti consiglio di sbrigarti ad andare nel tuo ufficio: hai visite!", replicò bruscamente la giovane fidanzata.

"Già, si certo, dimenticavo che oggi è quel giorno del mese...", ricordò Hodgins all'improvviso.

"Mi spiace molto amore, ma l'uomo che ti sta' aspettando dietro quella porta non è esattamente chi pensi...", lo mise in guardia Cattleya.

Bastò l'aria impensierita della donna a fargli capire subito chi fosse, c'era una sola persona al mondo in grado di rovinargli completamente la giornata: Dietfried.

"Te la prendi sempre tanto comoda eh, piccolo Hodgins?", lo punzecchiò infatti l'altro, con un tono più irritante del solito.

"Capitano Bougainvillea, è sempre un piacere! Come posso aiutarla?", esordì invece Claudia, sforzandosi di non cedere a quell'ennesima e inutile provocazione.

"Sono venuto a dirti che la signorina Evergarden ha fatto un ottimo lavoro per me, e dato che ho ancora bisogno di lei, si tratterrà alla Villa per un'altra settimana... Quello è il suo compenso!", andò dritto al punto Dietfried.

Hodgins gettò uno sguardo malevolo sulla busta piena di denaro che Dietfried gli aveva sgarbatamente gettato sul tavolo, cercando di capire dove avesse veramente intenzione di arrivare. Poi, restando calmo, contò l'importo del contenuto.

"È il triplo di quello pattuito, e comunque avresti potuto consegnare quel denaro direttamente a Violet. Non c'era nessun bisogno di disturbarti a venire!", precisò Claudia sbuffando.

Hodgin notò che Dietfried era più inquieto del solito. Era alterato e si vedeva, sebbene la ragione al momento gli sfuggisse.

"Non avrebbe mai accettato un compenso così alto, lo sai! Pretendo per quella ragazza un aumento di paga, Hodgins. E ovviamente, se tu non sarai in grado, sarò io ad aggiungerlo mensilmente al suo stipendio...", rispose Dietfried.

"Già, e naturalmente non vuoi che lo sappia, vero?", indovinò Hodgins.

"Vero! Sta risparmiando denaro per un viaggio, ne eri al corrente?", gli chiese l'ufficiale.

"Certamente, è lodevole che anche tu voglia aiutarla...", ammise Claudia.

"Sarà un vizio di famiglia...", rispose Dietfried riferendosi a Gilbert.

Hodgins intuì qualcosa di sottinteso in quelle parole attentamente soppesate: era una frecciatina bella e buona quella, pensò Claudia, iniziando a sudare.

"Sì, Gilbert è stato molto generoso con Violet prima di morire... Sarebbe fiero di lei, se la vedesse adesso...", aggiunse Hodgins.

"E l'ha vista? Voglio dire, l'avrà fatto qualche volta visto che ha passato gli ultimi tre mesi proprio qui, a Leiden...", replicò Dietfried sul punto di esplodere.

Fu' così che l'uomo mise fine a quella sgradevole conversazione, gettandogli in faccia l'inconfutabile prova del suo errore: credere di poterlo ingannare per sempre. Il grosso plico che Dietfried gli aveva gettato con cattiveria sulla scrivania conteneva numerose fotografie che lo ritraevano in compagnia di un uomo che sembrava essere Gilbert. C'erano due sole cose a differenziarlo da lui, la postura sofferente e una benda nera, che il misterioso personaggio delle foto indossava sul volto per nascondere l'occhio destro. Hodgins e quel giovane si erano incontrati molto spesso in quegli ultimi mesi; era ovvio che Dietfried non avesse desistito, facendolo spiare dai suoi uomini sin dal giorno in cui Violet aveva messo piede in quel posto.

"Mi hai fatto pedinare? Cosa sei, una specie di maniaco?", reagì malamente Hodgins.

"Mi spiace piccolo, ma non sei esattamente il mio tipo... Se questo è il gioco a cui tu e mio fratello volete farmi giocare, allora giocherò! Perciò, digli di sbrigarsi a tornare o sarò a io prendermi Violet!", sibilò Dietfried fra i denti.

L'ex soldato non si era mai pentito di aver appoggiato Gilbert nel suo progetto di aiutare Violet a ritrovare il suo cuore e i suoi sentimenti, ciò nonostante, provò comunque una pena infinita per lui. Dietfried si era rivelato una persona spregevole in passato, d'altronde, se il fratello aveva deciso di escluderlo così radicalmente dalla sua vita una ragione c'era.

"Non è mai stato un gioco, Dietfried... Puoi odiare me e Gilbert per averti mentito così orribilmente ma, lascia fuori Violet, ti prego!", lo supplicò Claudia.

"Lo farò, certo... ma voglio la verità, e la voglio adesso!", pretese Dietfried.

"È vero, Gilbert era ancora vivo quando lo trovai, sebbene in gravissime condizioni...", confessò Hodgins visto che non poteva più nasconderlo.  





Una volta tornato a casa Dietfried colpì con pugno la propria scrivania, sfogando su di essa tutta la rabbia e la frustrazione che in quel momento provava per Hodgins. Malgrado fosse stato difficile estorcergli la verità, ora sapeva con certezza che la persona delle foto era davvero suo fratello, cosa di cui non era mai stato completamente sicuro. Era bastato sapere che Gilbert fosse vivo per riempirgli il cuore di gioia, anche se il desiderio di saperne di più l'aveva costretto a restare incollato a quella sedia pronto ad ascoltare il resto della storia. Era stato così che Hodgins gli aveva chiarito cosa fosse veramente successo quella notte: lui era davvero sopravvissuto alla battaglia, perdendo però sia un braccio che l'uso dell'occhio destro. Claudia gli aveva anche spiegato come Gilbert si fosse risvegliato dal coma due settimane prima di Violet, maturando quella decisione solo ed esclusivamente per il suo bene. Dinnanzi a tutta quella sofferenza, doveva essersi convinto che farle credere di essere morto l'avrebbe finalmente liberata dall'impegno preso con lui e con l'esercito. Perché solo sparendo l'avrebbe aiutata a tagliare definitivamente i ponti col suo passato, anche se in quel modo avrebbe condannato entrambi a un destino di solitudine e dolore.

Ora che era finalmente in grado di comprendere i sentimenti di Gilbert c'era una sola cosa che gli avrebbe rimproverato: aver mentito così spudoratamente, soprattutto alla madre.






"Capitano! Capitano Bougainvillea, è sveglio? Posso entrare?", lo chiamò più volte Violet.

"Certo, entra pure!" , la invitò Dietfried, risvegliandosi di colpo da un sonno agitato e profondo.

"Capitano, si sente bene? È tutto sudato!", esclamò lei, precipitandosi ad aiutarlo.

"Dove sono?", domandò confuso.

"Nel suo studio, Signore!", gli ricordò Violet, cercando di asciugargli la fronte.

"Che ci fai qui? Non saresti dovuta venire...", reagì malamente Dietfried, colto da un profondo imbarazzo per via della sua vicinanza.

"La volevo avvertire che la cena è pronta, Madame Bougainvillea mi ha chiesto di venirla a chiamare, così...", si spiegò lei, allontanandosi di un passo.

"E perché mai? Non sei una dannata domestica!", sbottò ancora l'altro.

"Lo so...", replicò tristemente Violet, impensierendosi.

"Esci! Vattene subito da qui, hai capito?", rimbrottò Dietfried, vistosamente contrariato.

"Agli ordini Capitano!", ubbidì lei, portando rigidamente la mano destra alla fronte.

Dietfried trovò il saluto militare di Violet perfetto, malgrado la circostanze non lo richiedessero affatto. Magari, aveva cercato di minimizzare prendendosi giustamente gioco di lui e del suo brutto carattere, pensò lui, rilassando i lati contratti della bocca in un'improvviso e spontaneo sorriso. Violet cercava semplicemente di essere gentile, sopportando i suoi repentini e disastrosi sbalzi d'umore al solo scopo di compiacerlo, mentre lui - insopportabile e scontroso come al solito - era stato pessimo.

"Ti prego Violet, perdonami! È solo che, che io...", si arrese in fine Dietfried, vergognandosi di quell'atteggiamento così stupido e infantile.

"L'ho forse offesa, Capitano? Se è così me lo dica, la prego!", lo scongiurò di fare Violet confusa.

"No ragazzina, tu non hai fatto niente di sbagliato, credimi...", la rassicurò Dietfried.

Nonostante sembrasse essersi calmata, l'uomo capì solo guardandola che Violet era ancora scossa da qualcosa. Non era facile intuirne i pensieri, le donne avevano sempre rappresentato un mistero insolubile per lui, sebbene fosse chiaro che stesse succedendo un che di strano tra loro. Non era stato semplice ammettere con se stesso di essersi sentito turbato da quegli abbracci, così come dal suo profumo dolce e delicato. Un uomo d'onore avrebbe mantenuto le distanze solo per quello, pensò, oltre che per l'affetto che sapeva legarla ancora a suo fratello.

Dietfried non aveva mai capito di che genere di attaccamento si trattasse, se fosse solo l'inizio di una tenera amicizia o di una vera e propria storia d'amore. Non sapeva nemmeno cosa Gilbert avesse potuto vedere in lei visto che all'epoca Violet era poco più che una bambina, ciò di cui era sicuro invece, era che una volta scoperto il suo inganno Violet l'avrebbe odiato di nuovo. Era perfettamente consapevole che l'essersi servito di lei per arrivare al fratello avrebbe decretato la sua fine ai suoi occhi. Dopotutto, ingannarla facendo leva sui sentimenti che nutriva per Gilbert era stato facile quanto convincerla che la storia del campo di detenzione Gardarik fosse vera. In un modo o nell'altro, Violet l'aveva veramente condotto a lui, anche se avrebbe dovuto fare i conti col proprio cuore oltre che con la propria coscienza. Dietfried rabbrividì di fronte a quella pericolosa verità: si stava facendo degli scrupoli perché provava qualcosa per lei, ormai era palese. Doveva mettere fine a quella follia, Violet era troppo inesperta e vulnerabile per essere corteggiata da un uomo come lui, malgrado il piano iniziale prevedesse anche quello. Non sarebbe andato oltre, si disse, finendo per togliersi la cravatta e allentare i bottoni del colletto della camicia che sentiva stringergli la gola come il cappio al collo di un condannato.

"Non scenderà a farci compagnia, dunque...", sospirò lei alla fine.

"No: puoi giustificami con mia madre? Dille che stasera cenerò nel mio studio, per favore...", la pregò Dietfried.

"Certo, ma si ricordi che ho bisogno di lei, perciò si riguardi...", aveva finito per rispondergli Violet, esitando a lasciarlo.

Come se gli avesse letto nel pensiero lei gli aveva afferrato le mani attirandolo a sé. Dietfried era rimasto immobile, con gli occhi spalancati di fronte a quel cenno, non osando nemmeno respirare mentre Violet si alzava sulle punte dei piedi per poterlo affettuosamente baciare al lato della bocca. Solo incontrandoli da così vicino notò quanto il blu dei suoi occhi fosse intenso e sincero, stringendola fra le braccia in un gesto appassionato e possessivo. La desiderava, era evidente, ma non provò a baciarla: la rispettava troppo per spingersi al di la di quel confine invalicabile. 






Una volta oltrepassata la soglia della sua stanza, Violet si portò una mano al petto, riuscendo a percepire il battito impazzito del suo cuore attraverso la pelle. Quello sguardo di smeraldo era troppo simile a quello del Maggiore per lasciarla indifferente: quelle ciglia folte e nere erano troppo lunghe per appartenere a un uomo, riusciva soltanto a pensare. Era soggiogata dalla sua presenza, e il cuore le doleva. Dietfried le provocava un tumulto di emozioni meravigliose e al contempo angoscianti, così difficili da decifrare, tanto da toglierle il respiro. Aveva sempre profondamente amato Gilbert, eppure, sembrava esserle bastato poco per dubitarne. Soprattutto ora che l'immagine di Dietfried iniziava a confondersi con la sua, tanto da farle temere di poterne dimenticare i tratti del volto o il suono della voce per quanto fossero simili a quelli dell'altro. Violet cominciò a pensare che quella semplice somiglianza non fosse sufficiente a spiegare ciò che provavano quando stavano insieme.

Cercando di scacciare quel pensiero terrificante dalla mente, la ragazza fece ricorso a tutta la sua determinazione per non soccombere al desiderio di tornare in quella stanza a baciarlo ed abbracciarlo ancora. Era stata un soldato in passato, e lo sarebbe stata ancora. Nella vita di uno strumento non c'era spazio per l'amore, si convinse Violet, almeno fino a quando non avesse vinto anche quell'ennesima e dura battaglia.



 
   
 
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