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Autore: MaryMatrix    17/08/2009    3 recensioni
Un furto. A Nami hanno rubato i soldi che le servivano per riscattare il suo villaggio.
Uno strano arrivo: un gruppo di ladri capitanati da Lupin e un ispettore dell'Interpol.
Una nave misteriosa nascosta in una cala dell'isola. Con un comandante che indossa una maschera. Interna ed esterna.
Una bambina che a tutti ricorda qualcuno e che nasconde un segreto.
I pirati di Rufy Cappello di Paglia e i ladri di Lupin saranno alle prese con una favola. Che è diventata leggenda. Che è diventata realtà.
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 10

Cappello di Paglia

 

Capitolo 10
La Storia dello Squalo

Nami era seduta davanti alla scrivania di Dewenport. Pendeva letteralmente dalle sue labbra. Aveva paura.
Per quale motivo Arlong stava cercando proprio lui?

- Ti ho mentito la prima volta che ci siamo visti... non sono andato via volontariamente dalla ciurma di Arlong, non avevo alcuna intenzione di andarmene. Potevo non approvare i metodi che usavamo, ma quella ciurma era la mia famiglia e mai avevo pensato di abbandonarla. - trasse un lungo sospiro. - Suppongo di non avertelo detto prima per non essere giudicato male. Non volevo che tu mi odiassi perché anch'io un tempo ero cattivo e spietato come lui. - fece una pausa, ma Nami non intervenne, quindi si sentì libero di continuare. - Vedi, quando Arlong decise di fondare l'impero degli uomini pesce fu stabilito anche che nessun uomo avrebbe potuto collaborare al progetto. Nemmeno io. - il suo principale si era seduto davanti a lei. - Se non me ne fossi andato di mia spontanea volontà sarei stato il primo uomo a cadere. Arlong sapeva che allora non avevo abbastanza soldi per potermi permettere di restare in vita. Ma si credeva o voleva far credere a tutti gli altri di essere generoso... -.

- Vedi, Mitch, io sono dotato fondamentalmente di un'indole buona. - Arlong già si crogiolava su quel trono che fino a quel momento non era stato suo. - E so che hai lavorato per noi per molto tempo. Per questo motivo non ho intenzione di ucciderti anche se so che non puoi permetterti di pagare per la tua vita. -.

- Potrei lavorare per voi... - Mitch Dewenport stava cercando di trovare un compromesso per salvarsi. - Lo sai che ho sempre lavorato bene, Arlong. Jinbe non si è mai lamentato di me. -.

- Lo so. - confermò l'uomo-squalo. - Appunto, ti dicevo, sto per farti una proposta. Non puoi lavorare per noi, sei un essere umano. Sei un essere che deve pagare. Dal momento che non puoi e noi non vogliamo che ti succeda qualcosa di male ti conviene sparire. Fuggi, lascia questa nave e la sua ciurma entro stasera e non farti più trovare. -.

- Ma che cosa potrei mai fare io... il pirata è l'unica cosa che so fare. Arlong, siamo cresciuti insieme! -.

Arlong scoppiò a ridere. - Le tue suppliche non serviranno a farmi desistere dalla mia decisione. E comunque l'inventiva non ti manca Mitch, lo sai anche tu. Troverai qualcosa da fare da qualche parte. Spera solamente di non imbatterti nuovamente in noi. Perché se succederà e non avrai i soldi per pagare allora... beh allora non avremo nessuna pietà. -.

E Arlong continuò a crogiolarsi nella sua risata diabolica per molto altro tempo, mentre Mitch Dewenport andava via a testa bassa.

Nami aveva ascoltato il suo racconto con molta apprensione. Nonostante il suo atteggiamento non poteva considerare Mitch Dewenport un vigliacco. Lei per prima sapeva cosa si provava ad essere messa alle strette dall'uomo squalo, lei sapeva cosa significava scontrarsi con lui, sapeva cosa significava quando lui aveva in mano la tua vita. Non potevi ribellarti. Non potevi farlo e basta. Dovevi solo stare buono e soffrire. Perché altrimenti Arlong ti avrebbe ucciso e conosceva molti modi dolorosi per togliere la vita alle persone. Inoltre morire era solo un inutile sacrificio.
Nami non poté fare a meno di guardare il tatuaggio che aveva sulla spalla: simbolo della schiavutù di Arlong a cui lei era stata sottoposta. E lo era tuttora.

Dewenport si era fermato, probabilmente perso nei terribili ricordi del passato. - Fuggii. Fui uno sciocco. Avrei dovuto affrontarlo. -.

- No. - rispose Nami, a voce così alta che lo fece sobbalzare. - No, hai fatto bene! E' inutile e stupido affrontare Arlong. Lui è più forte, ti avrebbe ucciso. C'è un solo modo per battere Arlong, usare l'astuzia. E' quello... è quello che sto cercando di fare. -.

Dewenport scosse la testa. - Ammiro il tuo modo di vedere le cose... astuzia... contro Arlong e i suoi l'astuzia può ben poco. Lui troverà sempre un modo per aggirare qualsiasi ostacolo. Per ingannare le persone. -.

- Non quando si tratta di soldi. - Nami scosse vigorosamente la testa, decisa. - Sarà pure un essere meschino, ma se si parla di soldi è leale. Lui... lui me l'ha promesso. -.

Dewenport sorrise, come si sorride ai bambini dopo che sono caduti. - Mia cara, tu credi davvero alle promesse di uno squalo? -.

A quelle parole Nami non seppe che cosa rispondere. Lei credeva al patto che aveva fatto con Arlong otto anni prima. Lei voleva credere a quel patto. Una somma stabilita in cambio della libertà sua e del suo villaggio. Arlong le aveva promesso questo. Arlong doveva mantenere la promessa.
Abbandonò le mani sulle gambe, strinse i pugni. Poi decise di scacciare i pensieri. Tanto ormai i soldi non c'erano più. Qualcuno li aveva rubati... e lei aveva il sentore e il timore che fosse stato Arlong a rubarli.
La povera Nami non sapeva che Arlong al momento era sull'isola e che Zoro e Sanji avevano visto un suo uomo. Nami non sapeva che Arlong era il colpevole del furto. Era stato Sanji a non voler farne parola con Nami e Nico Robin lo aveva appoggiato: credevano che se Nami lo avesse saputo sarebbe andata a cercarlo e avrebbe commesso qualche pazzia.
Ma dentro di sé lottava con tutte le sue forze per scacciare quel terribile sospetto. Arlong le aveva detto di essere leale quando si trattava di soldi e doveva essere per forza così.

- Io credo ad Arlong! - esclamò lei, convinta, battendo un pugno sulla scrivania con tutta la forza che aveva in corpo.

Lui scosse la testa. Ma comprendeva la posizione della sua dipendente. Aveva vitato la sua vita al mantenimento di quel patto, era ovvio che non accettasse il fatto che l'altra parte non l'avrebbe mantenuto.
Decise di continuare con la sua storia, sperando di distrarla: sembrava infatti che Nami fosse nuovamente sul punto di mettersi a piangere e non voleva far versar lacrime a quella ragazza così giovane.

- Però non me ne andai via senza niente. - continuò Dewenport. - Avevo passato buona parte della mia vita a fianco degli uomini pesce. Avevo combattuto con loro mille e più battaglie. Avevamo vinto e perso insieme. Li consideravo la mia famiglia. Mi addolorò molto dovermene distaccare. - fece una pausa. - Non seppi mai se per loro distaccarsi da me fu lo stesso. Tranne che per uno. Non penso che tu lo conosca. Era già vecchio allora, dovrebbe essere passato a miglior vita ormai. -.

- Come si chiamava? - domandò Nami. La sola idea che in quella ciurma ci fosse anche solo uno con un pizzico di umanità la sorprendeva.

- Tomnus. - rispose Dewenport. - Assomigliava ad un tonno. - sorrise al ricordo. - Fu lui l'ultimo con cui parlai della ciurma. L'ultimo a dirmi cosa dovevo fare per prendermi una rivincita su Arlong... -.

- Non mi piace il modo con cui ti ha scaricato. - Tomnus era andato in camera di Dewenport, che stava raccogliendo le sue poche cose. - Anni di onorato servizio come i  tuoi e quello squalo come ti ringrazia? Ti manda via. Senza una famiglia, senza una casa dove andare, senza un futuro. Questi uomini-pesce di oggi, sono così indisciplinati. Ah, ci manca Jinbe. Lui non avrebbe mai permesso una cosa simile.  -.

- Jinbe è nella flotta dei 7 adesso, non sta più con noi. - Mitch stava chiudendo il suo borsone, rendendosi conto della realtà. - Troverò qualcosa da fare, vedrai Tomnus. Non andrò in rovina. E poi lo sai come è fatto Arlong, lo conosci da quando è nato, chi meglio di te sa cosa gli passa per la testa? -.

- Tu! - esclamò Tomnus. - Eri uno dei suoi migliori amici, come ha potuto farti una cosa del genere, quello smidollato? -.

- Arlong ha agito come riteneva più giusto per il compimento del suo scopo. Lo sai perfettamente che per lui i suoi scopi sono sempre venuti prima di tutto il resto. -.

Tomnus annuì, sospirando rassegnato. - Vedi Mitch, a volta ho la convinzione che Arlong non sia cattivo. Sia semplicemente stupido e cieco. Ossessionato, oserei dire. -.

- Lo credo anch'io. - rispose Dewenport. - Quando non parte per la tangente con i suoi discorsi riguardo l'impero dei pesci è come si descrive: un soggetto con una buona indole. - sospirò. - Che vuoi farci? E' fatto così. Non sarebbe saggio da parte mia mettermelo contro. No, se Arlong ordina, Mitch obbedisce e fine della storia. - si costrinse a fare un sorriso forzato. - D'altronde questa è l'ultima volta che le nostre strade si incroceranno. -.

Tomnus emise un mugolio di protesta. - Sei troppo arrendevole, figliolo. Da piccolo non eri così e tenevi testa a quel pesce sega. Mi chiedo cosa ti abbia potuto rammollire in questo modo. Mi chiedo come tu faccia in battaglia. -.

- In battaglia le cose sono diverse. In battaglia sono a fianco del mio migliore amico. In questo caso sono contro di lui e non voglio affrontarlo. -.

- Pfui. Dì pure che hai paura. -.

- Sì! - sbottò Dewenport. - Sì ho paura. Perché ho visto quello che fa a chi non gli obbedisce, l'ho aiutato a farlo, e in tutta onestà preferisco abbandonare la nave e rifarmi una vita. Sarò un codardo, lo ammetto. Ma sto meglio da codardo che da coraggioso. -.

Tomnus mi guardò obliquamente. - Mai pensato di essere entrambi... contemporaneamente? -.

- Che cosa vuoi dire? -.

Mitch Dewenport non riusciva a comprendere il significato di quella frase. Aveva sempre visto il mondo diviso in coraggiosi e in codardi, aveva escluso a priori la possibilità che ci fosse una terza possibilità, una possibilità che prevedeva di essere entrambe le cose.
Come si poteva essere codardi ma allo stesso tempo coraggiosi?
Tomnus, dal canto suo, sembrava divertirsi nel leggere la speranzosa sorpresa negli occhi di Dewenport.

- Ti stai chiedendo come sia possibile una cosa simile, vero, ragazzo? - gli domandò. - Ti attira il fatto di sapere che potresti andar via da questa nave senza essere macchiato con l'onta della codardia. Ebbene ti dirò... si è coraggiosi quando ci si oppone al nemico. Si è codardi quando lo si fa di nascosto. - sorrise a quelle sue parole. - Tu sei stato molte volte nell'ufficio del nostro caro capitano, non è vero? Hai mai fatto caso a cosa tiene appeso, proprio dietro la porta? -.

Mitch ci pensò su qualche secondo. Non aveva mai fatto particolarmente caso all'ufficio dell'amico. Poi però gli venne in mente cosa si trovava dietro la porta. - Un cappello di paglia. -.

- Precisamente. - sorrise Tomnus. - Ma non è un cappello di paglia come gli altri. E' il Cappello di Paglia. Una qualche storia che la mia vecchia memoria non ricorda narra che chiunque sia in possesso di quel cappello sia destinato a diventare il Re dei Pirati. Non ricordo di preciso quale vecchio lupo di mare mi raccontò la storia, ma di una cosa sono sicuro figliolo. Da quando Arlong è entrato in possesso di quel cappello ogni cosa per lui è filata liscia e adesso ha addirittura un impero da ergere. Se vuoi andare dalla nave fallo... ma porta via quel cappello. -.

Mitch era stupito. Come poteva una persona come Tomnus credere a certe leggende? Era piuttosto comune sentirle nelle locande: i marinai se le raccontavano per tenersi compagnia. Ma perché Tomnus credeva che proprio quella fosse vera? Che aveva di così particolare?
Ad ogni modo al momento non gli interessava. Aveva capito dove voleva arrivare Tomnus: quel cappello di paglia era molto importante per Arlong, portandoglielo via si sarebbe preso una rivincita non indifferente su di lui.
- Oggi dovevo proprio parlare con lui a proposito di alcune attrezzature mediche che dovrebbe permettermi di ricomprare. Lo chiamerò nel mio ufficio e in quel momento tu andrai a rubare il cappello. Ma mi raccomando. Scappa subito dopo. -.

Dette quelle parole uscì, lasciando Mitch Dewenport perso nei suoi pensieri.

Quel racconto stava sorprendendo Nami sempre di più. Un cappello di paglia? Possibile che Arlong fosse stato così superstizioso da credere ad una sciocca leggenda come quella?
No, se ci credeva voleva dire che aveva avuto in mano qualcos'altro che potesse confermargli l'effettivo valore di quel cappello. Si domandava che cosa, ma quello al momento non le importava.

- Così feci come Tomnus mi aveva detto. - continuava il suo racconto Dewenport. - Rubai il cappello e subito dopo fuggii su una zattera. Quando Arlong scoprì il furto non ero ancora abbastanza lontano da non sentire il suo urlo infuriato. In quel momento realizzai che Arlong mi avrebbe cercato, avrebbe fatto di tutto per riavere il suo cappello. - sorrise. - Devo ammettere che mi riempì di soddisfazione saperlo arrabbiato per un furto che io avevo commesso. Gli avevo portato via una cosa a cui teneva, come lui aveva fatto con me. In quel momento seppe cosa avevo provato. - poi fece una pausa, durante la quale scosse la testa. - Ma non si sarebbe rassegnato a lasciarmi andare via in quel modo. Decisi che l'unico modo che avevo per difendermi era quello di nascondermi da qualche parte e di liberarmi al più presto del cappello. Avrei potuto gettarlo in mare, ma non lo feci: avevo paura che qualche corrente lo riportasse da Arlong. -.

- E poi, cosa è successo? - domandò Nami.

- E' successo che sono approdato su un'isola. - rispose il suo principale. - Ti ricordi, il primo giorno ti dissi che mio cugino era il giudice? -.

Nami annuì. Quasi una settimana prima, quando lei era stata convocata nel suo ufficio per la prima volta, lui le aveva detto di aver scoperto che lei era una pirata, aggiungendo di non aver paura, di star tranquilla poiché tanto il giudice era suo cugino, quindi non l'avrebbe mai consegnata alla Marina nel caso fosse stata scoperta.
Era stata la prima dimostrazione di fiducia di Dewenport nei suoi confronti.

- Lui è nato su quest'isola insieme alla sua famiglia e ci vive tutt'ora. Mio cugino e la sua famiglia erano i miei soli parenti ancora in vita, quindi cercai un aiuto, un passaggio per raggiungerli. -.

- E ci sei riuscito. - osservò Nami.

- Non fu un viaggio semplice quello. Mi imbarcai su una nave che doveva fare tappa proprio su quest'isola. Fu un viaggio relativamente tranquillo i primi giorni lo ammetto. Poi però arrivò una tempesta come poche ne avevo viste prima. - si alzò. - Fortunatamente con Arlong ne avevo passate tante e cercai di dare una mano ai marinai più incerti. Ma la tempesta infuriava e sembrava che ci fosse poco da fare. Quello che successe dopo accadde molto velocemente. Dei ragazzi sulle sartie avevano bisogno di una mano, stavano per finire in mare, chiamavano aiuto, ma tutti lo ignoravano. Decisi di andare ad aiutarli e senza pensarci indossai il cappello di paglia di Arlong, convinto in un attimo di attaccamento alla vita che il cappello magico mi avrebbe portato fortuna. Dovevo saperlo che non me ne avrebbe portata affatto. Arrivò un'onda più alta e più potente delle altre e fummo scaraventati giù dalle sartie. -.

Nami si portò automaticamente le mani alla bocce. Non poteva credere che fosse sopravvissuto. Le sembrava di vedersi la scena davanti agli occhi. - Deve essere stato orribile. -.

- Oh, no. - scosse la testa Dewenport. - La cosa più terribile non fu essere scaraventato in mare. Ero abituato a cadere dalle sartie, sapevo farlo. Con Arlong lo facevamo sempre, quando eravamo piccoli, ci tuffavamo dalle sartie perché pensavamo che avrebbe potuto tornarci utile nella nostra vita da pirata... -.

Due bambini stavano scorrazzando sulla nave, cercando di non urtare chi lavorava. Il capitano Jinbe non avrebbe tollerato che dei mocciosi disturbassero il suo equipaggio.

Un Tomnus piuttosto seccato li osservava da lontano.
"Ma tu guarda se quelle piccole pesti non hanno trovato niente di meglio da fare che correre in su e in giù per tutta la nave" pensava, scotendo la testa.

- Tanto non mi prendi! - un Mitch di molti anni più giovane stava correndo davanti ad Arlong, ancora più piccolo di lui.

- Oh, sì che ti prendo Mitch. Lo sai che sono più veloce! -.

- In acqua sarai tutto quello che vuoi pesce rosso, ma lascia la terra a chi non ha le branchie. - Mitch rideva.

Arlong sembrava essere stato ferito nel suo orgoglio di bambino. - Io non sono un pesce rosso! Sono uno squalo temibile! -.

- E' vero, i pesci rossi non possono stare anche sulla terra. Sei un anfibio! Una rana! - concluse Mitch, sempre ridendo.

Arlong si fermò e gli puntò addosso un dito accusatore. - Io non sono una rana. -.

- Rana! Rana! Rana! -.

L'uomo-pesce davanti a lui si stava per mettere a piangere. Tirò su col suo naso indistruttibile e trattenne le lacrime. - Io sono uno squalo, umano! - gli saltò addosso per fare la lotta. Rotolarono per qualche metro, combattendo o impegnati in qualcosa che non differiva molto dal combattere.

Tomnus sospirò. "Ci risiamo" fu il suo commento interiore.

- ARLONG!! MITCH!! Smettetela immediatamente! - corse verso di loro e li divise con ben poca delicatezza. - Quante volte vi devo ripetere che non dovete usare queste maniere sulla nave?? MITCH! Smettila di prendere in giro Arlong approfittando del fatto che è più piccolo. ARLONG! Un uomo pesce degno di questo nome non attacca briga in questo modo barbaro come un normale essere umano, vedi di ricordartelo! - sospirò e addolcì il tono burbero che aveva utilizzato fino a quel momento. - Adesso fate pace e tornate a giocare senza disturbare gli uomini che lavorano per mandare avanti la baracca. -.

I due si guardarono prima un po' in cagnesco, poi scoppiarono a ridere. Era molto più semplice risolvere le incomprensioni quando si era bambini. Quindi si misero seduti in un angolo del ponte per decidere cosa fare.

- E se facessimo uno scherzo al cuoco? - propose Mitch.

- No. - Arlong scosse la testa, in maniera decisa. - L'ultima volta che l'abbiamo fatto si è talmente infuriato che ha rifiutato di darci da mangiare per una settimana, ricordi? -.

- Hai ragione. - ammise il piccolo Dewenport.

Tomnus li osservava da lontano, non voleva che ne combinassero un'altra delle loro. Osservava i volti furbi dei due bambini osservarsi intorno con buffa circospezione, segno evidente che stavano tramando qualcosa. Sapeva che non avrebbe dovuto attendere molto per sapere di cosa si trattasse e dentro di sé sperò che fosse un qualcosa che non prevedesse l'esplosione della nave.
Forse esagerava, ma i tipi di scherzi architettati dai due piccoli demoni erano tutt'altro che innocui e un giorno, ne era sicuro, avrebbero finito col farsi male sul serio e col provocare danni alla nave.
Finalmente li vide alzarsi, segno evidente del fatto che avevano appena messo a punto un piano.

E infatti poco dopo li vide arrampicarsi per le sartie. "Ancora con questa storia del salto in mare dalle sartie?". Tomnus si sforzava di comprendere quel loro divertimento, ma non ce la faceva. Arlong era convinto che dovevano abituarsi a saltare dalle sartie, nel caso un giorno, in caso di tempesta, ce ne fosse stato bisogno. Ed era riuscito a coinvolgere anche Mitch in quella sua convinzione assurda. Erano solo bambini, nessuno avrebbe chiesto loro di arrampicarsi sulle sartie durante le tempeste a quell'età.

Mitch e Arlong dal canto loro continuavano la loro scalata imperterriti. A volte non riuscivano a proseguire, quindi dopo uno scambio di due o tre battute su chi tra loro due fosse il migliore si aiutavano a vicenda. Dovevano arrivare molto in alto.
Ormai molti dell'equipaggio avevano gli occhi puntati su di loro, ma nessuno dei due bambini se ne era accorto. Il marinaio di vedetta aveva smesso di fissare l'orizzonte per tenere d'occhio quei due, pronto ad intervenire se qualcosa fosse andato storto.
Quando decisero di essere arrivati abbastanza in alto si fermarono.

- Ooooh! - esclamò Mitch, tenendosi con una sola mano e lasciandosi andare con l'altra. - Com'è grande l'oceano visto da quassù! -.

- E come sono piccoli tutti gli altri. - sogghignò Arlong. - Un giorno anch'io sarò alto così e anche di più e vedrò tutti i mari. -.

- Sì, ti piacerebbe. -.

- Oh, smettila Mitch! Sei solo geloso perché io sono più alto di te. - replicò lo squalo bambino.

- Ma non vale, tu sei un uomo pesce!! - anche Mitch ci stava rimandendo male. - Sei cattivoooooo!! - cominciò a piangere.

Arlong prima scoppiò a ridere. - Sei proprio uno stupido. Metterti a piangere per così poco... Dai, smettila, facciamo pace. -.

Cercò di avvicinarsi all'amico per dargli il mignolo della pace, in modo da poter tornare amici come prima. Ma nel compiere il secondo passo mise il piede in fallo. Non fece in tempo a riprendersi Arlong. L'unica cosa che fu in grado di fare fu quella di aiutare la caduta con un salto, in modo da finire in mare e non sulla nave.

- Aaaaah! - si ritrovò ad urlare il bambino.

- ARLONG! - Mitch non perse tempo, si asciugò le lacrime e spiccò un salto, diretto proprio in acqua, deciso a soccorrere il suo amico.

- FERMI CHE FATE??????? - Tomnus non ci vedeva più dalla rabbia.

Ne era certo, Arlong essendo un uomo pesce forse ce l'avrebbe fatta, ma Mitch probabilmente no. Erano solo bambini!
Quindi si sbrigò a tuffarsi in acqua per riprenderli e riportarli a bordo.
"Appena li prendo farò loro un discorso che si ricorderanno per i prossimi 2000 anni" si promise.

Poco più in là Arlong aveva cominciato a respirare grazie alle branchie, Mitch stava trattenendo il fiato e l'aveva preso per mano. Sarebbero riemersi insieme.

Dewenport davanti a Nami scoppiò a ridere dopo averle raccontato la ramanzina che si erano presi dopo quell'esperienza. I ricordi della sua infanzia con Arlong lo riempivano ancora di gioia innocente e fanciullesca.
Suo malgrado anche Nami stava ridendo. Faceva fatica ad immaginarsi un Arlong bambino che perdeva l'equilibrio e poi si doveva sorbire un lungo rimprovero, zuppo d'acqua e rosso per la vergogna, eppure immaginarlo in quel modo le permetteva di averne meno paura.
Ma Arlong era crudele, lo dimostrava come aveva cacciato Dewenport. Come aveva potuto cacciarlo dopo quella e le molte altre avventure che avevano vissuto insieme lui e Mitch? Solamente un animo cattivo come quello dello squalo poteva fare una cosa simile.

- Puoi capire perché volessi aiutare le persone sulle sartie? - le domandò Dewenport.

- Sì. - annuì Nami. - Pensavi di potercela fare. E il vederle in difficoltà ti ha riportato alla mente l'episodio avvenuto molti anni prima con Arlong. -.

- Esatto. - confermò lui. - Ma non solo per quello. Perché oltre ai giovani marinai su quelle sartie c'erano dei bambini. -.

Nami si stupì. - Bambini? -.

- Bambini. - rispose lui. - Un maschio e una femmina. Mi ricordo le urla della madre. Mi diceva che il marito aveva detto loro di andare in un posto alto...... -.

- Li aiuti per favore!! - la giovane donna bionda stava strattonando la camicia di un uomo. - I miei bambini!! I miei bambini!! La mia bambina ha solamente un anno!!  - strepitava e chiamava la bambina incessantemente. - MINOUCHE! MINOUCHE! -.
Ma quell'uomo non ne voleva sapere. Rispose che gli dispiaceva, ma non sapeva salvarli. E poi se la diede a gambe, come molti altri, nella speranza di sopravvivere a quella tempesta furiosa.

Mitch lanciò uno sguardo alle sartie. C'erano molti marinai, ma erano troppo impegnati a cercare di far sì che la nave non si rovesciasse per preoccuparsi dei bambini.
Vedeva che il bambino più grande aveva cinque anni, non di più. La sorellina più piccola era legata sulla schiena di lui, che faceva movimenti lenti e faticosi per sostenere il peso di entrambi: più che altro stava fermo e non si muoveva, concentrando le sue forze sul mantenersi saldo. Però chiunque avrebbe potuto vedere che sarebbe stato in grado di resistere solo per poche altre onde.
Rivide lui e Arlong in quei bambini: certo erano stati più grandi quando giocavano sulle sartie, ma aveva paura che potessero cadere in acqua come era successo al suo vecchio amico. E loro non solo erano più piccoli e incapaci di nuotare da soli in un mare in tempesta, ma oltretutto non erano uomini-pesce.
Col Cappello di Paglia di Arlong in testa corse senza esitazione alcuna verso le sartie e cominciò ad arrampicarsi sinuoso come un serpente e abile come una scimmia: era abituato a farlo.
Era sotto i bambini, stava per arrivare a loro. Vide che una grande onda, altissima stava per abbattersi sulla nave.

Doveva fare veloce, doveva muoversi. Dovevano scendere di lì, subito.
Invece si fermò. Del sangue stava gocciolando sulla sua mano.

Il racconto di Dewenport fu interrotto proprio a quel punto.
Rufy infatti stava bussando alla porta.

TOC TOC TOC

Dewenport sospirò. Avrebbe tanto voluto liberarsi del peso di quel racconto sfogandosi con qualcuno, ma l'ora dei racconti era scaduta.

- Avanti. -.

Rufy si affacciò. - Mi dispiace interrompere. E' solo che tutti qui si stanno chiedendo cosa mai state facendo, fanno insinuazioni strane, così ero venuto a controllare che tu stessi bene. - indicò Nami.

A quelle parole Dewenport scoppiò a ridere.
Nami invece rimase basita per alcuni secondi poi esplose.

- MA CERTO CHE STO BENE, COME VUOI CHE STIA?? POSSIBILE CHE TU NON NE FACCIA UNA GIUSTA?? - prese una penna, la prima cosa che le capitò in mano e gliela lanciò contro.

- Scusa Nami. - Rufy sembrava davvero mortificato. - E' che ero veramente preccupato per la tua salute. Non è colpa mia se i nostri colleghi dicono le bugie. -.

La ragazza si sbatté una mano sulla fronte. - Oh, santo cielo, che ho fatto di male. - poi sorrise. - Sono maldicenze Rufy. -.

- Ah, sì? - mise su un'espressione molto stupita. - Nami... che cos'è una malgicenza? - domandò.

Dewenport sorrise. - Vai pure Nami. Sai tutto quello che dovevo dirti. -.

Quindi lui riprese il suo posto dietro la scrivania. Nami rimase incerta, poi decise di fare quello che lui le aveva detto.
Quando la porta dell'ufficio fu aperta al suo massimo per poter far uscire due persone contemporaneamente Dewenport disse a voce abbastanza alta perché tutte le malelingue dei commessi lo sentissero.

- E ricordati quello che ti ho detto, Nami. Non adulare le clienti. - poi aggiunse a voce più bassa. - E che mio cugino è il giudice. -.

..........**********..........

Usop quella domenica si stava trascinando a lavoro con più fatica del solito. Stavano facendo degli straordinari straordinari per riuscire a costruire quella nave di cui aveva mostrato il progetto a Zoro.
Era l'ultima volta che lo aveva visto.

Decise di scacciare quel pensiero. Zoro stava bene. Non sapeva dove si trovava di preciso ma stava bene e quello era l'importante.

Lui, Usop, aveva problemi più urgenti da risolvere, come appunto quello della nave.
Quando giunse al cantiere molti erano già lì.

- Ehy Usop! - lo salutavano.

- Come va, amico? -.

- Tutto bene? -.

Era gente amichevole, avevano imparato ad apprezzarlo visto quello che sapeva e riusciva a fare. Tutti a parte quello zotico di cui aveva parlato a Zoro. Usop proprio non lo reggeva, era sempre a dirgli cosa fare, come farlo e quando farlo, sempre a correggerlo, sempre ad elogiare quanti anni di esperienza lavorativa in più avesse rispetto a lui.
Quando poi Usop rispondeva per le rime dicendo che l'unico motivo per cui aveva più anni di esperienza era perché era ormai un vecchio decrepito, lo zotico si arrabbiava e faceva per picchiarlo, ma veniva subito portato via dai collaboratori, che si erano affezionati a quel bugiardo dal naso lungo che rallegrava le giornate lavorative sotto il sole cocente raccontando avventure inventate.
Molte delle storie che narrava erano le stesse che a suo tempo aveva raccontato a Kaya. Le riciclava e casa gli sembrava più vicina. Quel giorno però, decise di inventarsene una nuova... aveva bisogno di far funzionare le sue memingi creative in quel borioso pomeriggio di domenica.

Quel giorno stavano costruendo la prua aero-idro-dinamica e il sole batteva più forte del solito. Inoltre nessuno riusciva a togliersi dalla mente il fatto che fosse domenica e che di conseguenza tutti gli altri abitanti della città (o la maggior parte, almeno) non stavano lavorando.
Uno dei più giovani lavoratori posò il martello che stava usando per fissare con i chiodi delle tavole di legno e si asciugò col braccio il sudore della fronte.
- Ehy Usop! - esclamò. - Che ci racconti oggi? -.

Usop smise di fare il lavoro che stava svolgendo per fermarsi a pensare. - Dunque, vediamo... quale avventura del coraggiosissimo capitano Usop potrei raccontarvi oggi? -.
Faceva finta di pensare per farli stare sulle spine, lo sapevano tutti. E sapevano anche quello che il giovane stava aspettando per cominciare a raccontare la storia.

- Oh, ti preghiamo, intrepido capitano Usop, non farci aspettare. -.

- Uhm... - rispose Usop, massaggiandosi il mento, non nascondendo affatto un sorriso compiaciuto.

- Ti preghiamo capitano. - si unirono anche gli altri al coro.

- E va bene. - acconsentì Usop.

Si alzò in piedi e prese il martello dell'uomo che stava lavorando accanto a lui. Lo brandì in aria come se fosse stata una nobile spada con cui aveva portato a termine indicibili avventure.

- Uomini! - esclamò. - Vi ho mai raccontato di quando io, il valoroso capitano Usop, ho affrontato la terribile Piovra Gigante del mare meridionale? -.

Si sollevò un "no" corale, da parte di tutti.

Fu così che Usop si lanciò nell'ennesimo racconto, mimando le sue gesta e chiamando gli altri a partecipare alla sceneggiata in qualità di tentacoli della piovra. Così brandendo il martello li sfiorava un po' di qua e un po' di là, evitando di far male.

- Tu osi intralciare il percorso al coraggioso capitano Usop, brutta piovra? - stava pressoché urlando. - Io ti batterò, salvando la vita e soprattutto la cena dei miei uomini! -.

Proprio in quel momento stava per sferzare il colpo di grazia alla "piovra" quando sentì intromettersi anche la voce dello zotico.

- Usop! -.

- Chi osa disturbare le gesta del capitano Usop, senza macchia e senza paura? - si voltò di scatto, brandendo il martello contro i disturbatori.
Ma si bloccò subito quando vide che insieme allo zotico c'era il suo datore di lavoro.

L'uomo in questione lo stava guardando come si guarda un insetto o una qualsiasi cosa disgustosa.
- Sarai anche senza stipendio se non ti sbrighi ad abbassare quel martello. - gli intimò, con voce profonda.

Usop si sbrigò ad obbedire sfoggiando un sorriso a mo' di scusa. - Certo, certo. - abbassava e rialzava freneticamente la testa. - Lo abbasso subito. - lo lasciò cadere per terra.

- Ho un lavoro per te. - lo informò. - Il proprietario di questa nave la vuole pronta in poco tempo, troppo poco tempo. Con gli altri ordini non ce la faremo. Quindi io e lui - indicò lo zotico - abbiamo deciso che tu sei la persona adatta per andare ad informarlo della brutta notizia e per presentare le nostre scuse. -.

Tutto, pur di allontanarsi da quel cantiere. Usop sorrise. - Certo. Ci andrò subito. -.
"Così mi levo di torno, presenterò qualche parola di scusa e andrò un po' in giro per la città a fare acquisti. E se quando tornerò diranno che ci ho impiegato troppo dirò che è stato più difficile del previsto trovare un accordo" sorrise traboccando di gioia e soddisfazione "Hihi, la giornata si sta finalmente mettendo bene".

- Chi devo cercare? - domandò Usop.
"Con un po' di fortuna sarà un abitante del posto e non un marinaio, così mi allontano da qui e mi avvicino al centro della città".

- Il capitano Arlong. - rispose lui.

Il sorriso si gelò sulla bocca di Usop, che poi si spalancò, mentre le sopracciglia si inarcavano sorprese e la sudorazione della fronte aveva accelerato il ritmo.
Arlong. Nami aveva parlato spesso di lui e della sua crudeltà. Non gli piaceva essere contraddetto.

- Ma perché proprio io? - domandò scotendo le mani davanti a sé. - Siamo in molti in questo cantiere, il progetto è mio, servo qui a dirigere i lavori... -.

Il suo principale lo interruppe. - Per il carisma che sembri esercitare sugli altri. Secondo: perché mi stai distraendo gli uomini. Terzo: perché sei stato tu a elaborare questo progetto complesso mettendoci nei guai. -.

Sorrise. Lo aveva in pugno.
Usop non aveva via d'uscita.
Lo zotico assunse un'espressione beffarda. - Che c'è, il baldanzoso capitano Usop ha paura degli squali? -.

Usop strinse i pugni. - Io non ho paura di niente! - esclamò.

- Dimostralo. -.

 

"E' stata una provocazione bella e buona quella. Un tiro mancino, ecco cosa" rimuginava Usop, mentre si dirigeva alla nave di Arlong. "Davanti a quegli uomini, dopo quello che ho raccontato loro, non potevo certo rifiutarmi. Scommetto che è tutta colpa di quello zotico da strapazzo, deve aver convinto il capo che io ero più adatto di lui a questo compito".
Camminava a testa bassa, terrorizzata all'idea di dover incontrare il temibile Arlong. "Potrei sempre scappare però... licenziarmi... no. A quel punto dovrei affrontare l'ira di Sanji che quando gli si tocca la sua bella Nami diventa più pericoloso di centomila uomini pesce".

La sua situazione gli sembrava senza via d'uscita.

"E se mi facessi male? Se dicessi che sono stato aggredito? Basterebbe sporcarmi un po', tirarmi qualche pugno da solo, oppure chiedere a qualcuno di tirarmelo".

- Usop? - fu chiamato.

Usop sobbalzò, spaventato. Era talmente immerso nei propri pensieri che non si era accorto che una piccola renna antropomorfa l'aveva seguito da quando si era allontanato dal cantiere.

- Oh, ciao Chopper. - lo salutò lui. - Cosa ci fai qui? -.

- Beh, ecco un uomo ha avuto un incidente al tuo cantiere. - lo avvisò Chopper. - Non lo sapevi? -.

- No. Eppure è strano. Sono uscito poco fa. -.

- Lo so. - Chopper sembrò imbarazzato. - Ti ho visto uscire e ho deciso di seguirti. - muoveva il piccolo zoccolo per terra, e arrossì. - Il fatto è che vedi, io... eheh... mi sono perso. - sorrise come per scusarsi.

- Non sai tornare alla nave dal cantiere? - Usop rimase senza parole. - Hai meno senso dell'orientamento di Rufy. - sospirò. - Ad ogni modo ora io non posso tornare alla Going Merry. Sono in missione per il mio capo. -.

Chopper sembrò molto colpito a quelle parole. - Ooooh, una missione. -.

- Eh, sì, e ha scelto proprio me per il coraggio e la determinazione che dimostro fieramente ogni giorno sul lavoro. - si elogiò Usop. - Quel posto non valeva nulla prima che Usop arrivasse a lavorare lì. -.

Il medico gli credeva. Usop aveva detto una mezza verità con quella sua ultima frase: non era vero che quel posto prima di lui non valeva nulla, ma era vero che un progetto come il suo di quella nave per Arlong non si era mai visto prima e i suoi compagni stavano diffondendo la voce in città del nuovo elemento del cantiere.
Questo lo riempiva d'orgoglio.
"Però... però vorrei non averlo mai fatto" pensò tra sé e sé mentre camminavano. "Non avrei mai voluto progettare un'imbarcazione tanto bella ad un essere così cattivo".

- Usop... c'è qualcosa che non va? -.

- No, no, Chopper. - Usop sorrise in sua direzione. - Va tutto bene. -.

- Tu sai chi è il tipo da cui stiamo andando? -.

- Sì. - rispose Usop. - E' Arlong. -.

Chopper si portò gli zoccoli alla testa. - ARLOOOOONG??? - cominciò a piangere a dirotto. - Ma Arlong è pericoloso! Nami dice sempre... -.

- Nami può dire quello che vuole, per il cantiere Arlong è un cliente come un altro. Forse solo un po' più esigente. - aggiunse frettolosamente Usop. - Ma stai tranquillo Chopper. So esattamente come trattare con lui. -.

In realtà non lo sapeva affatto e l'idea di ritrovarsi davanti al pesce che aveva fatto soffrire Nami così tanto lo spaventava molto. Doveva essere veramente tremendo.
Ma per il momento doveva dimostrarsi calmo e sicuro.
"Pensa a tuo padre. Stai per avere un confronto con Arlong. Se non avrai paura, Usop, sarai sulla buona strada per diventare un vero pirata" continuava a pensare per farsi coraggio.

Così, dopo aver camminato per quasi un'ora, avvistarono una nave che sventolava un drappo con uno squalo. Il simbolo di Arlong.

- Eccolo. - constatò Usop.

Chopper tremava.

- Andiamo. Prima concluderò questa faccenda, meglio sarà per tutti. -.

Cammina cammina, giunsero finalmente in prossimità della nave. Non riuscirono tuttavia a salire a bordo perché un uomo che sembrava un polpo, dall'aria non particolarmente intelligente, con i capelli bianchi raccolti in cinque grandi ciuffi che stavano raccolti sulla testa, come sparati verso l'alto, si parò loro davanti, all'improvviso.

- Ihhh! - esclamarono sia Usop sia Chopper.

- Altolà! - esclamò. - Chi siete? -.

La renna si nascose dietro Usop, che si grattava frettolosamente la testa. - Salve... ehm... amico. Io vengo dal cantiere navale in cui avete ordinato quella bellissima nave con la polena a sirena e la prua aero-idro-dinamica. -.
Il polpo abbassò le sei spade che aveva sfoderato contro di loro.

- Ah, sì. - disse. Aveva una voce buffa, non era particolarmente sveglio. - Come mai siete qui? -.

- Noi... noi siamo venuti qui per parlare col capitano Arlong. -.

- Certamente. Se siete ospiti del capo allora devo trattarvi bene. Non preoccupatevi, giovani amici, con me accanto nessuno vi fermerà. - rinfonderò le spade e sorrise quasi per scusarsi della sua brusca accoglienza.
Infatti mentre si avvicinavano alla nave cercò di mettere su una parvenza di scusanti. - Non vi avrei accolti in quel modo se avessi saputo che venivate dal cantiere... è che la vita è dura per noi onesti pirati... sono sempre meno i porti che ci vogliono accorrere... noi uomini-pesce poi... tutti ci trattano come se fossimo dei mostri!! - si lamentò.

Chopper gli batté uno zoccolo sulla schiena. - Suvvia non fare così. Anche a te qualcuno vuole bene, pur non essendo un qualcosa di definito, come me. -.

Il polpo lo guardò con sguardo speranzoso. - Tu dici? -.

Chopper gli sorrise. - Ma certo. Ora vedi tutto nero perché pensi che essendo un incrocio non piacerai mai a nessuno. Ma ti assicuro che c'è qualcuno che ti vuole bene per come sei. -.

- Il mio capitano mi vuole bene per come sono! - il polpo batté un tentacolo su un altro.

Chopper gli sorrise. Anche il polpo, come lui, aveva una ciurma su cui contare.

Salirono a bordo della nave. Tutti li guardavano.
La paura saliva dentro Usop. "Quante brutti ceffi" pensava. "Qui se non faccio attenzione non ne esco vivo. Sono capitato in mezzo ai mostri".
Chopper invece li guardava incuriosito. Aveva paura, ma sapeva cosa si provava a sentirsi dare dei "mostri", quindi aveva deciso di non trattarli come tali. Tanto più che il polpo non sembrava né cattivo né pericoloso.

Un tizio che sembrava sia cattivo sia pericoloso lo incontrarono prima di giungere al grosso trono su cui Arlong passava le giornate a dare ordini per la creazione del suo impero.
Il polpo però non si fece intimidire dal pesce-razza.

- Spostati Kuroobi. - gli disse il polpo.

- Hacchan. - il tono dell'uomo chiamato Kuroobi non era gioviale come quello del polpo. - Chi sono questi... umani? -.

- Ospiti del capitano. Facci passare. -.

Kuroobi rimase fermo al suo posto per qualche secondo, Hacchan sostenne il suo sguardo, mentre Usop e Chopper guardavano spaventati ad occhi spalancati il nuovo conosciuto.

- Chopper... - gli bisigliò Usop nell'orecchio, cercando di avvicinare la testa con fare furtivo. - ... a me questo Kuroobi non sembra per niente un tipo tranquillo. -.

La renna non rispose. A Kuroobi però aveva dato fastidio il fatto che stesse parlando nell'orecchio: intuiva che i due umani stessero parlando proprio di lui.

- Umano! - esclamò, perentorio. - Non ti hanno insegnato che è maleducazione parlare nelle orecchie? -.

Usop si pietrificò al tono di rimprovero del pesce, si sbrigò a tornare in posizione eretta e a fare mille scuse. - No, no. Voi forse non lo sapete ma tra noi uomini è un segno di rispetto reciproco parlarsi nelle orecchie. -.

Kuroobi inarcò un sopracciglio. - A me non la fai umano. Lo so che il mio aspetto ai tuoi occhi è ributtante. - si avvicinò minacciosamente al povero Usop che non sapeva più a che santo votarsi. - Ma ti dirò una cosa e farai bene a tenerla sempre a mente. Gli uomini pesce sono superiori a voi essere umani sia sulla terra, dove siamo più forti, sia in acqua, perché abbiamo le branchie. -.

Ormai Usop era piegato in due sulla schiena per evitare il contatto con quel mostro. Aveva paura, ma fortunatamente fu salvato da una mano che si posò sulla spalla del mostro che lo stava minacciando.

- Suvvia, Kuroobi. E' questo il modo di trattare i miei ospiti? - era indubbiamente la voce di un capo.

E infatti quando Kuroobi si spostò rivelò la figura di Arlong, con il suo naso simile a quello di un pesce sega, eppure sulla schiena aveva una pinna da squalo, e portava lunghi capelli neri sciolti. Sorrideva sfoggiando dei denti aguzzi in grado di rompere anche il cemento, se necessario e sul forte petto blu spiccava un tatuaggio rosso scuro.

Usop rimase pietrificato dallo spavento causatogli dalla vista di quel bestione.

"Ma come fa Nami a lavorare per un tipo così?" pensò dentro di sé.

Anche Chopper aveva cominciato a tremare e aveva ritenuto saggio sparire dietro l'ingombrante mole di Hacchan, l'uomo polpo, che si voltò verso di lui. - Non essere spaventato, piccolo amico renna. Il capo non è cattivo con chi non gli mette i bastoni fra le ruote. -.

- Ben detto Hacchan. - confermò Arlong, che poi tornò a rivolgersi ad Usop. Lo squalo sembrava di buon umore. - E tu, naso lungo, farai bene a tornare diritto con quella schiena. Già voi esseri umani ce l'avete deboluccia per costituzione, non è il caso di affaticarla inutilmente. -.

"Fatti coraggio..." Usop si ritirò su, molto lentamente "Ah, ma il mio capo mi sentirà, tra le mansioni del mio contratto non era segnato la contrattazione con mostri marini".

Arlong tornò a sedersi sul suo trono e fece cenno ad Usop e a Chopper di avvicinarsi.
- Ma bene stranieri, benvenuti sulla mia nave. Qual vento vi spinge fin qui? Non mi sembrate così coraggiosi da sfidarmi, quindi avrete sicuramente altre proposte, e a me piacciono le proposte. -.

- Io... io mi chiamo Usop, figlio di Yasop. - cominciò. - Vengo dal cantiere navale che vi sta costruendo una nuova nave. Io sono... sono il progettatore. -.

- Ah, sì, il tuo capo mi ha fatto vedere il progetto. - poi scoppiò a ridere, e tutti quelli intorno risero insieme a lui finché lui non smise. - Complimenti ragazzo. Mi piace il progetto della tua nave, tuttavia non posso proprio sopportare quella sirena. Preferirei un pesce sega o uno squalo. - gli si erano illuminati gli occhi di un'indicibile cupidigia.

- Non importa, non importa. - si affrettò a dire Usop, agitando la mano. - Quella si può cambiare. Sono stato mandato qui per un avvertimento. La tua nave è la prima della lista tra quelle da costruzione. Tuttavia... ecco, è un progetto molto ambizioso e impegnativo. E il mio capo mi ha mandato qui... mi ha mandato qui per dirti che abbiamo bisogno di più tempo. Ecco, l'ho detto, ci serve più tempo -.

A quelle parole seguì il più glaciale e pericoloso dei silenzi.

- Vorrei ben dire che la mia nave sia la prima della lista. - fu interrotto da Arlong. - Ho pagato molto per quella nave. Esigo che sia portata a termine nei tempi prestabiliti. Ho pagato quasi cento milioni di Berry! - ruggì.

A quelle parole Usop spalancò la bocca. Quasi cento milioni di Berry?
Si sentì montare la rabbia addosso.

Chopper lo guardò interrogativo. - Quasi cento milioni di Berry... ma... ma... Usop sono quelli...? -.

Ma ormai era troppo tardi, Usop si era slanciato in un impeto furioso contro Arlong, usando il suo proverbiale "martello di Usop" ad ogni parola che la sua bocca sputava fuori prima ancora che il cervello riuscisse a rendersene conto. - BRUTTO PESCE CHE NON VAI BENE NEMMENO COME CARNE IN SCATOLA COME HAI OSATO USARE PER I TUOI SPORCHI INTERESSI I SOLDI DI NAMI? -.

Fu scaraventato via con un secco e scocciato movimento del braccio potente di Arlong, che stava sorridendo e non riportava nemmeno una ferita. - Sciocco umano, cosa credevi che mi avrebbe fatto il tuo inutile martello? Ci vuol ben altro per distruggere Arlong. - era comodamente seduto, mentre Usop aveva cominciato a perdere il sangue dal naso.

- Usop. - Chopper stava per corrergli incontro ma Hacchan si frappose.
- No, piccolo amico renna. - gli impedì di passare. - Non ti conviene metterti contro Arlong. Forse lo perdonerà. -.

- E così hai conosciuto Nami, eh? Avete scoperto che siamo stati noi gli autori del furto. - rise. - Ebbene, sì, avevo bisogno di quei soldi perché la mia attuale nave non è in grado di resistere allo sforzo che richiede la costruzione di un impero degli uomini-pesce. Ma lei non lo sa e so per certo che non lo saprà. -.

- Sei... sei un mostro... - lo offese Usop, rialzandosi. - Nami fa bene a definirti tale. -.

- Ahahahahahahah!! Alla fine non la biasimo se mi definisce così. Ma è una ragazza eccezionalmente intelligente, io stesso lo riconosco, ha capito che è inutile mettersi contro di me. Anche adesso... voi credete che faccia parte della vostra ciurma di quattro allegri pirati. In realtà fa parte della mia ciurma, e anche adesso sta lavorando per me. E' per me che vuole riuscire a tracciare la cartina del mondo. Lei lavora e lavorerà per me fino al compimento del patto... - i suoi occhi si fecero cattivi. - Che non avverrà prima di molto molto tempo, dal momento che, a quanto mi risulta, è al verde. -.

Usop stava respirando faticosamente. I soldi di Nami non c'erano più, erano stati spesi tutti. Erano irrecuperabili.

- Glielo dirò. - lo minacciò. Arlong si alzò e si diresse verso di lui. - Lei verrà qui e si vendicherà. - si affrettò a dire, sperando di riuscire a dare la colpa di un'eventuale sconfitta a lei.

- Ti proibisco di dare a Nami della sciocca! - ruggì Arlong. - Cosa otterrai a dirglielo? Lei non verrà qui, è troppo furba per farlo, e anche se venisse finirebbe col farsi solo del male. -.

- Saprebbe che la stai ingannando e che non mantieni le promesse. -.

- Io mantengo sempre le mie promesse, umano! Quando Nami mi porterà quei soldi io lascerò libera lei e il suo villaggio. Non avevamo mai specificato che non doveva esserci un mio intervento al riguardo. -.

- Era sottinteso. - obiettò Usop.

- Mai dare per sottinteso nulla negli affari. - Arlong si voltò all'improvviso, dandogli le spalle. - Dovrei ucciderti per tutto quello che mi hai detto e per avermi aggredito... - a quelle parole Usop cominciò a tremare: l'attaccamento alla vita era più forte di lui. Arlong continuò il suo monologo. - Ma io sono magnanimo e non dimentico che sei stato tu che hai progettato quella bellissima nave con cui tra poco solcherò i mari. Quindi ho intenzione di risparmiarti... ma in cambio della tua vita esigo che la nave sia portata a compimento entro i tempi stabiliti. -.

Usop ingoiò molta saliva. Le cose si erano messe male.
"Perché ho dovuto tirare in ballo Nami? Perché non sono stato zitto?".

- E adesso vattene! Hacchan! -.

Il polpo scattò sugli attenti. - Sì, capitano! -.

- Falli scendere dalla mia nave. Ora. -.

Hacchan non esitò, prese quello che ormai per lui era il suo "piccolo amico renna" e lo strano tipo dal naso lungo, li fece scendere dalla nave.

- A presto. - li salutò.

Ma solo Chopper ricambiò saluto.
Usop invece era pieno di pensieri. Non solo non aveva portato a termine la contrattazione come gli era stato ordinato dal suo datore di lavoro, ma non aveva nemmeno vendicato Nami come si doveva. Era in grado di combattere, ma non lo aveva fatto. Si era sentito un debole. Ancora una volta.

Sulla nave Arlong li osservava serio che si allontanavano.

- Kuroobi. - chiamò a bassa voce.

- Sì? - domandò il sottufficiale, avvicinandosi.

- Tienili d'occhio, giorno e notte. Se sei stanco fatti dare il cambio da chi vuoi. -.

- Come vuoi, capitano. - fece per andare ma fu fermato dalla voce di Arlong.

- Ah, un'altra cosa... - appoggiò la testa sulla mano. - Se vedi che dicono qualcosa a Nami... uccidili. -.

 

 

 

 

L'angolo della Matrix
Eheh... ammettetelo... nemmeno voi vi aspettavate che avrei aggiornato così presto.

Allora passiamo a questo capitolo. Devo ammettere che pur andandone molto orgogliosa non ne sono pienamente soddisfatta. Come posso provare questi due sentimenti contrastanti? Ecco, in realtà non lo so nemmeno io. Credo sia per colpa di Arlong: la verità è che pur essendo cattivo non riesce proprio a starmi antipatico, non riesco ad odiarlo. E forse è per questo che ho voluto inventarmi un passato, il suo. Collegato a quello di Dewenport. Collegato a quello di Minouche. Che a sua volta è collegato a tutta la storia.
In realtà tutti questi collegamenti mi sono venuti in mente ieri notte alle due più o meno, mentre pensavo a come poter far evolvere al meglio la storia, visto tutti gli elementi che ci avevo buttato dentro. Avevo già progettato di scrivere del passato di Arlong e Dewenport, ma ancora non sapevo come. Poi l'illuminazione è arrivata.
Ma vi avverto che i risvolti della trama saranno alquanto complicati, pertanto, se non capite qualcosa ditemi pure. Non è semplice per me districare tutti i fili che ho intrecciato, ma nella mia mente è già quasi tutto chiaro sul come fare.
Comunque tornando ad Arlong, mi sono divertita molto a immaginarmelo bambino... ho cercato di renderlo simile agli altri bambini, gli ho dato innocenza, semplicemente per il fatto che secondo me lui non è cattivo. E' ossessionato e da bambini non lo si può essere. Così l'ho sempre immaginato come un piccolo squalo felice.

Nella seconda parte del capitolo poi ho deciso di dar spazio ad Usop. Mi sono ricordata che aveva un progetto per una nave... quando lo scrissi non sapevo ancora bene di che nave si trattasse. Sapevo solamente che l'aveva commissionata un nemico. Ho pensato che Arlong sarebbe stato perfetto, calzava a pennello ai fini della fan fiction. E poi, mi ero detta, dovevo pur farlo comparire prima o poi in carne e branchie, no?
Tantopiù che con l'espediente dello spionaggio di Kuroobi ho avuto modo di districare l'unica cosa che non mi tornava affatto della fan fic, ma purtroppo non posso dirvi quale... altrimenti è spoiler. E poi non è detto che la versione che ho in mente adesso della storia sia quella definitiva... la mia mente è una instancabile fucina di idee.
Ma torno ad Usop... devo dire che ho avuto parecchie difficoltà con lui. Il problema principale è stato descriverne i movimenti. E' una cosa che ho notato, lui gesticola molto mentre parla e descrivere i gesti spezza il ritmo di una discussione, non è come nei fumetti o nei cartoni dove le cose avvengono in contemporanea. Quando scrivi devi scrivere quello che dice, poi il movimento, poi la risposta. E' una sequenza, che interrompe il "botta e risposta" con cui io mi trovo più a mio agio (non so se avete notato che le mie descrizioni sono ridotte al minimo, a volte quasi inesistenti).
E poi è stato difficile anche come carattere. Il mio è l'Usop un po' codardo delle prime storie, l'Usop che preferiva scappare. Ho cercato qui di trovare una via di mezzo, ho pensato che la rabbia per Nami sarebbe stato un buon motivo per lui per agire d'istinto ed avventarsi contro il nemico pur avendo paura. Non so se sia risultato IC o OOC, ad ogni modo io ho cercato di fare del mio meglio.

Ah, poi vi devo dire una cosa importante: mi ha colpita una cosa che Slits ha scritto nelle sue recensioni (e scusate se la cito nuovamente, ma credo che questo sarà un chiarimento per tutti ai fini della comprensione della storia) riguardo a "cambiamenti strutturali di trama". Ebbene lo ammetto, ci sono, come avrete notato. Ci sono per il semplice fatto che sono piuttosto ignorante in materia One Piece. Ero piccola quando ho cominciato a guardare le puntate dell'anime ma mi ero subito innamorata. Quando ho cominciato a scrivere questa storia me le ricordavo poco. Quindi ho scritto fino allo scorso capitolo escluso costruendo i personaggi su quello che leggevo da Wikipedia e sulla saga del Davy Back Fight, vista l'anno scorso su Italia Uno, che ha fatto riafforare in me tutto l'amore che avevo nei confronti dei personaggi di Oda.
Ho ricominciato a vedere i vecchi episodi questa estate, perché mi rendevo conto che non potevo continuare a scrivere di loro basandomi solamente sui viaggi mentali della mia mente. Proprio per questo ho voluto cominciare da Zoro, perché credevo di averlo inquadrato meglio degli altri... in realtà alla fine ho scritto di lui semplicemente ponendomi la domanda "cosa farei io se fossi in questa situazione?". Avevo molta paura di andare fuori dal personaggio, perché non ero certa del punto in cui finiva di scrivere propriamente di lui e incominciavo invece a scrivere di me. Fortunatamente, ho scoperto che io e lui non siamo poi così diversi.
Resta comunque il fatto che sono molto indietro a guardare le puntate (hanno appena incontrato Chopper). Non ho letto il manga. Ci ho provato, davvero. Ma sul serio, non ci capisco nulla. Quindi ho preferito vedere l'anime, ma alla fine sono stata costretta a rinunciare anche a quello perché quando lo trasmettevano io ero ancora a scuola.
Mi sembrava giusto dirvi questo, forse lo dovevo dire prima, ma non pensavo che ce ne fosse bisogno. Invece sono stata beccata da un'esperta, quindi ho dovuto vuotare il sacco. Non stupitevi quindi se trovate dei "cambiamenti strutturali di trama" oltre a quello riguardante Arlong (di cui comunque ho avvisato nel primo capitolo): ci saranno sicuramente, per il semplice fatto che io non ho la più pallida idea di come si svolgono le cose tra l'incontro con Chopper e il Davy Back Fight e da dopo Water Seven in poi. Vi prego quindi di perdonarmi se il corso degli eventi differisce da quello del fumetto originale.
Ho deciso di scrivere questa storia perché amo One Piece, che mi sta insegnando molto (mi sono convinta che da bambini non lo si può capire fino in fondo), e i suoi personaggi... Sanji e Nami, soprattutto.
Forse anche più di quanto amo Lupin. Però, come giustamente ha fatto notare Crybaby, i personaggi di Lupin sono più convincenti. Non mi stupisco: sono cresciuta a pane e Lupin, lo guardavo sempre, ho avuto il tempo di capire, comprendere e interpretare i personaggi. E' come se li conoscessi di persona, so che atteggiamenti avranno davanti alle situazioni che porrò loro davanti. Lo so con quasi completa certezza. Una certezza che viene a mancare con i personaggi di One Piece, me ne rendo conto io per prima. E' per questo che forse i personaggi di One Piece risulteranno meno IC rispetto a quelli di Lupin. E' per questo per cui magari preferisco parlare di Fujiko o Goemon piuttosto che Usop e Chopper.
Chiedo ancora scusa per lo sconvolgimento degli eventi di One Piece che apporterò e se qualche volta manderò i personaggi OOC.
Un'altra cosa che quasi sicuramente sarà sconvolta sarà l'età dei personaggi, alcuni potranno sembrare più vecchi rispetto a quello che sono, altri più giovani. Le uniche età che ho fissato secondo quanto sono riuscita a carpire da Wikipedia sono quelle di Rufy e Usop (17), Zoro e Sanji (19), Nami (18) e Nico Robin (28). Non specificherò le età degli altri personaggi di One Piece, in modo che ognuno di voi possa far tornare i conti come più preferisce.

E adesso passiamo ai ringraziamenti per i miei commentatori che dopo quello che hanno letto avranno la bocca talmente aperta che gli arriverà sulla tastiera xD:

  • Nicoranus83: sì, supponevo qualcosa simile al frutto radar radar xD Sono contenta che ti sia piaciuto l'inseguimento in biblioteca... la verità è che mi diverto molto a scrivere quelle scene d'azione. E' il mio pane :) Spero che anche questo capitolo, seppur più tranquillo ti sia piaciuto. Bacione!!
    Ps: senti... ma tu leggi la mia storia dal cellulare? Non preferiresti magari capitoli un po' più corti. Sullo schermo di un cellulare dev'essere lungo e difficile leggere tutta questa roba. Fammi sapere, li accorcio volentieri :)

  • Crybaby: ma come sono contenta che lo scorso capitolo sia piaciuto!! *-* E' stato un po' un ritorno alle origini per me scrivere quell'inseguimento, ci tenevo davvero molto xD
    Il fatto è che è filato tutto troppo liscio per i miei standard. Ma non temere... alla prossima occasione nella storia metterò su il capitolo più rocambolesco che si sia mai visto Muahahaahahahaha!!
    Hai ragione anche per gli scenari nuovi e imprevedibili... lo sono stati anche per me fino a ieri notte.
    Quanto ad Usop, il mio è stato un espediente letterario. Volevo dare un'idea di quanto fosse diventato impossibile stare sulla Going Merry senza sentire la nostalgia di Zoro (in fondo loro ancora non sanno se Zoro tornerà): ho pensato che se persino Usop era disposto a cambiarla per gli altri doveva essere veramente impossibile passarci sopra del tempo.
    Spero che questo capitolo un po' particolare, se vogliamo, ti sia piaciuto. Bacione!!
    Ps: ci tengo ad avere il tuo parere su Usop.

  • Levsky: la coppia Goemon/Nico Robin, dici? Uhm... let me think about it, ok? xD
    Quanto al rapporto Nami/Dewenport è arrivato al punto che lui le ha raccontato due dei suoi ricordi più dolorosi: l'addio ad Arlong e il ricordo dei due bambini del naufragio... che non ha finito. Che non ho fatto volutamente finire.
    Sono contenta che il mio Zazà ti faccia ridere. Voglio molto bene a quell'uomo, mi piace che sia apprezzato dai lettori, che sia un personaggio positivo. Con Lupin poi la risata è assicurata. xD
    Concordo con te su Zoro. Bacione!!

  • Slits: complimenti, mi hai beccata ^^ *e adesso, dopo quello che hai letto sopra, dovrei essere io ad inabissarmi* In realtà, appunto, è colpa mia, avrei dovuto saperlo che prima o poi qualcuno mi avrebbe chiesto se stessi sconvolgendo la storia. Adesso lo sai. Mi ha veramente riempita d'orgoglio leggere quello che mi hai scritto sul carattere dei personaggi *_* Giuro, ero quasi commossa (guarda che per far quasi commuovere me ce ne vuole parecchio...). Sapere di essere la quinta autrice Onepiecciana (mi piace il neologismo) mi ha riempita d'orgoglio... sapere che pensi questo del mio modo di scrivere, nonostante io alla fine di One Piece non sappia poi molto, mi ha dato come la sensazione di essere riuscita a fare l'impossibile. Quindi grazie per questo bellissimo complimento.
    Per quello che riguarda Lupin, beh, lui non è stupido. Ero sicura che prima o poi si sarebbe accorto che qualcosa di Sanji non andava. Molto più lui di Fujiko, se proprio vuoi saperlo: alla fine a Fujiko non interessa sapere chi sia Sanji, finché non ostacola i suoi piani ed è comunque pedina che le consente di fare il suo doppio-gioco. Invece Lupin è diverso, a lui interessa sapere con chi ha a che fare, se può fidarsi o meno. Si accorge di quello che gli sta intorno, si accorge se una persone mente o no, si accorge se una persona gli nasconde qualcosa. E pensa, riflette. E' un personaggio buffo, che fa sorridere, ma non è ingenuo, è più attento e furbo di quello che mostra. Non è una persona invadente, non forza mai troppo la mano, ma se si insospettisce vuole andare fino in fondo, proprio perché nella sua lealtà vuole sapere con chi ha a che fare. Ma non preoccuparti. Lupin non è pericoloso, è solamente curioso e vuole proteggere se stesso e i suoi compagni da qualcosa che potrebbe essere una minaccia come potrebbe anche non esserlo. E Lupin è cosciente del fatto che potrebbe benissimo non esserlo.
    Per quanto riguarda Fujiko... ecco... io non so proprio come dirtelo... hai letto male. Lupin dice "Fujiko mi ha detto che non lo fai per seguire una moda"... ok, ora ti spiego. Fujiko deve portare avanti un doppiogioco piuttosto rischioso. Quando ha parlato a Lupin di Sanji per la prima volta Fujiko gli ha appunto detto che portava un ciuffo che aveva una storia alle spalle, di cui non aveva voluto parlare. Sapeva che Lupin non avrebbe dato importanza a quel particolare in quel determinato momento. Ma prima o poi ci avrebbe ripensato e allora avrebbe cominciato a insospettirsi riguardo Sanji e il suo passato. Fujiko ha cercato di mettere una pulce nell'orecchio a lungo termine: se avesse detto che Sanji aveva mentito volontariamente su quel particolare la pulce nell'orecchio e i sospetti di Lupin sarebbero stati immediati. Facendo come ha fatto invece ha avvertito Lupin che a Sanji è successo qualcosa nel passato di cui non vuole parlare: Lupin lo ha preso nella banda, non preoccupandosi troppo del passato del cuoco. Ma adesso che ha dei sospetti su di lui è normale che gli ritorni in mente quello che gli aveva detto Fujiko. Un passato di cui non vuol parlare... quale passato? Fujiko si è dimostrata molto furba e calcolatrice, l'ho resa molto pianificatrice e intelligente... forse anche troppo.
    Oddio, non so quanto puoi aver capito dei miei viaggi mentali nel mondo di Lupin e Fujiko, ma spero abbastanza. Se hai qualche dubbio io sono qui, pronta a rispondere ^^
    Infine, per quello che riguarda la fine del manga... beh, io continuo sempre a mantenere la speranza che Rufy non muoia e che diventi davvero il re dei pirati. Ho bisogno di credere che dopo tutto quello che ha fatto lui diventi il Re dei Pirati.
    E qui termino e concludo. Spero che questo capitolo ti sia piaciuto e che tu possa scusarmi per la mia ignoranza in materia One Piecciana. Bacione!!

  • myki: sì, in effetti non ho mai scritto nulla di commovente. E hai ragione anche sul fatto che mi sono divertita a tornare alle origini, inutile negarlo xD Le origini sono le origini. Mi sembrava di essere in quella biblioteca, di vedere tutta la scena mentre scrivevo. E' stato come scrivere un cartone, è stato divertente.
    Sì, sto sviluppando la parte più riflessiva dei personaggi. Perché sono cartoni animati, probabilmente, quindi ho in testa dei fermi immagine in cui il personaggio pensa e basta, non fa nient'altro a parte monologare con sé stesso. E hai nuovamente ragione quando dici che questi pensieri sono più concreti. Sono pensieri di personaggi che hanno una psicologia che non ho deciso io e mi devo attenere a quella psicologia, perché ho lettori che la conoscono anche molto meglio di me... quindi devo fre il triplo dell'attenzione, sperando che il mio lavoro vada bene.
    Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto (anche se scommetto che non hai capito molto), come a me è piaciuta la tua recensione seria-seria. Bacione!!

A presto ^^

@matrix@

  
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