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Autore: Lacus Clyne    28/08/2020    4 recensioni
Una notte d'inverno. La città che non dorme mai.
Un'ombra oscura al di là della strada, qualcosa di rosso. Rosso il sangue della piccola Daisy.
Kate Hastings si ritrova suo malgrado testimone di un efferato omicidio.
E la sua vita cambia per sempre, nel momento in cui la sua strada incrocia quella di Alexander Graham, detective capo del V Dipartimento, che ha giurato di catturare il Mago a qualunque costo.
Fino a che punto l'essere umano può spingersi per ottenere ciò che vuole? Dove ha inizio il male?
Per Kate, una sola consapevolezza: "Quella notte maledetta in cui la mia vita cambiò per sempre, compresi finalmente cosa fare di essa. Per la piccola Daisy. Per chi resta. Per sopravvivere al dolore."
Attenzione: Dark Circus è una storia originale pubblicata esclusivamente su EFP. Qualunque sottrazione e ripubblicazione su piattaforme differenti (compresi siti a pagamento) NON è mai stata autorizzata dall'autrice medesima e si considera illegale e passibile di denuncia presso autorità competenti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Buon pomeriggio!! Prima parte del capitolo VIII! Buona lettura!!





VIII ◊






Riabbracciare Lucy fu il modo migliore per concludere la mia giornata. Ero rientrata assieme a Jace e ritrovarla a casa (stranamente ordinatissima, tanto più che cominciavo a pensare che la colpa del disordine fosse realmente mia), pronta a regalarmi il suo più caldo e affettuoso abbraccio e una cena a base di involtini primavera, fu una benedizione. Certo, ci eravamo praticamente viste a aggiornate ogni singolo giorno, ma c’era poco da fare, vedersi di persona era tutt’altra storia. Trascorremmo la sera a chiacchierare del mio soggiorno a Shrewsbury, più che altro per rendere partecipe Jace dei miei trascorsi, e non mancò affatto il ricordo di Trevor, che per quanto ci riguardava, era più vivo che mai. Dopo cena, decidemmo di guardare assieme un film, stravaccati sul nostro grande divano, ma in tv, in quel momento, passavano soltanto la replica di PS. I love you. Quel titolo provocò un momento di grande imbarazzo, dato che fondamentalmente, parlava di una storia d’amore finita in tragedia e del percorso di rinascita di una bellissima Hilary Swank nel ruolo della protagonista Holly, attraverso le lettere e i doni che il suo defunto marito Gerry/Gerard Butler aveva preparato per lei quando ormai la sua vita stava per finire. Ci impiegai un po’ a rassicurarli del fatto che non c’era bisogno di cambiare canale e vedere altro, perché in fin dei conti, cose del genere accadono soltanto nei film. Nella realtà, è tutto diverso. Così, alla fine, accoccolata accanto a Lucy, che recitava le battute a sua volta tra le lacrime e Jace che faceva scorta di fazzoletti, riuscii ad arrivare a poco più di metà del primo tempo. Quando proprio non ne potei più, tra stanchezza per la giornata trascorsa e il mood della serata che di certo, in quel momento, non faceva esattamente benissimo al mio umore, mi congedai lasciandoli alle prese col film.

Quando rimisi piede nella mia stanza, dopo aver appoggiato il trolley da svuotare vicino alla sedia che utilizzavo come appendiabiti, crollai a sedere sul letto. Quante emozioni durante quel giorno.

Alla fine, era andato tutto come doveva andare. Mi acciambellai e guardai la foto che avevo sul mio comodino. Trevor e io durante un viaggio che avevamo fatto insieme la passata estate a Martha’s Vineyard. Quanti progetti… accarezzai con la punta delle dita il vetro, in corrispondenza del volto di Trevor.

– So che non sei d’accordo… partecipare a un’operazione sul campo, un’altra, è rischioso… però, sai… se questo potrà servire ad aiutare qualcun altro, allora ne sarà valsa la pena… ma ho bisogno di te, Trevor… ho bisogno del tuo supporto… di sapere che ci sei ancora, in qualche modo… e mi manchi tanto… –

Il suo viso sorridente, cristallizzato in quell’attimo di gioia data dall’essere immortalati insieme, bastò a farmi comprendere che non avrei avuto risposta. Trevor, se fosse stato ancora con me, si sarebbe opposto, soprattutto dopo quanto accaduto al Four Seasons Hotel. Avrebbe fatto il diavolo a quattro per impedirmi di mettermi di nuovo nei guai. Ma non era più lì. E il suo sorriso svaniva, mentre nel sonno incipiente, l’ultima immagine del suo volto senza più vita era lì a ricordarmi che avrei dovuto fare del mio meglio per svolgere il mio lavoro. La promessa che mi ero fatta quando Daisy Ross era morta. Per chi resta.


***


Il giorno dopo, accompagnata dal detective Graham, presentai istanza formale al procuratore Howell presso il suo ufficio centrale, in Procura Distrettuale. Sapevo che si sarebbe opposto dato che, tecnicamente, non avevo il permesso di partecipare ad azioni sul campo come agente operativo e la volta in cui l’avevo fatto era stata a causa del caso Kenner, ma prima di entrare in Polizia avevo seguito dei corsi speciali per imparare a maneggiare delle armi da fuoco, sebbene non l’avessi mai fatto realmente, e avevo tutta l’intenzione di prendere parte all’operazione che ci avrebbe portati a Norfolk, sulle tracce di Karina Razinova.

Come immaginavo, infatti, il dottor Howell, piuttosto contrariato, si era rifiutato, proprio in virtù di quanto era accaduto nel caso precedente, ma se lui era un osso duro, io sapevo esserlo altrettanto. Feci leva sulla pregressa autorizzazione da parte sua e sul fatto che conoscevo ormai, i segreti del Dark Circus, anche quelli che lo riguardavano. Mi ci volle una mano fortunata, perché Howell non era affatto stupido, ma avevo giocato su qualche confidenza ad hoc che il detective Graham mi aveva fatto nel mentre. Borbottò tra sé e sé su quanto stessi diventando la degna partner-in-crime del mio capo e solo infine, acconsentì.

– Però, Hastings… questa è l’ultima volta che accade. Se le dovesse succedere qualcosa, non soltanto Alexander perderebbe un importante membro della squadra, ma anche Selina mi ucciderebbe. – mi informò, cedendomi l’autorizzazione. I suoi profondi occhi scuri non ammisero repliche.

Sorrisi. – Va bene, affare fatto. –

Mi congedò così, riaffidandomi al detective Graham, che mi attendeva al piano inferiore. Soddisfatta, gli mostrai il mio lasciapassare, ma si limitò soltanto a un cenno. Senza nascondere una punta di delusione per la sua mancata reazione, salii in macchina. Ero convinta che saremmo tornati in Dipartimento, ma così non fu.

– Dove siamo diretti? – domandai, mentre sfrecciava in una direzione sconosciuta.

– Visto che parteciperai, voglio sincerarmi del trovarti preparata. –

– E il briefing, solitamente, non dovremmo farlo in sede? –

Fermandosi a un semaforo rosso, in coda, si concesse qualche istante di relax appoggiando la nuca al sedile in pelle.

– Tutto ok, capo? –

Non era da lui prendersi un attimo di pace, pensandoci. Chissà cos’altro aveva combinato durante le settimane trascorse. Mi allertai temendo che avesse potuto far uso di droghe, in quei giorni di grande stress.

– Che succede? Può parlare con me… –

Guardava dritto davanti a sé, tanto più che quell’atteggiamento remissivo cominciava a darmi conferma circa i miei sospetti. Tuttavia, quando mi apprestai a parlargliene, si decise a farlo a sua volta.

– Hai mai sparato in vita tua? –

Quella domanda mi colpì. – Ho seguito un corso per imparare e mi sono esercitata al poligono, quindi, se vale, sì, certo. –

Le macchine davanti a noi ripresero a muoversi e così fece la sua.

– Lo immaginavo. Converrai con me che sparare al poligono non è la stessa cosa che impugnare una pistola e puntarla contro qualcuno in carne e ossa. –

– Naturalmente, ma… –

Superato il semaforo, compresi la nostra direzione. Il suo sguardo si fece vitreo e la sua voce risuonò profonda e oscura, allo stesso modo di quando aveva sparato a Richard Kenner.

– Se dovesse venire il momento e chi ti troverai di fronte ti minaccerà a sua volta con un’arma per attentare alla tua vita, non dovrai esitare. Altrimenti, se lo farai… –

Le sue mani si strinsero intorno al volante e, istintivamente, mi ritrovai a posarvici su la mia. Percepii la sua tensione.

– Andrà tutto bene… glielo prometto… –

Toccava a me essere forte, in quel momento, e dargli coraggio. Non potevo lasciare che si prendesse una responsabilità che doveva essere solo mia.

– Non esiterò. E… cattureremo il Mago prima che possa avere l’occasione di nuocere a chiunque di noi… lo faremo insieme, Alexander. – dissi, stringendo appena la presa sulla sua mano.

Il suo sguardo stupito nel guardare la posa delle nostre mani, accanto all’avermi sentito chiamarlo per nome, fece da contraltare alla tensione che si rilassava, finalmente. Parcheggiò davanti al poligono e finalmente, tornò a guardarmi. Non mi ero resa conto di quanto mi fosse mancato, in quelle settimane di lontananza, il suo volto. C’era qualcosa di lui che continuava ad affascinarmi e questo ascendente, per quanto non voluto, non potevo impedirlo. Ma fortunatamente per me, in quel momento, fu lui a riportare la situazione alla normalità, sfilando la mano dalla mia per togliere la chiave.

– Per qualche ragione… ho sempre saputo che avrei dovuto fidarmi del tuo giudizio. Andiamo ora. Alexis e gli altri ci aspettano. –

Annuii sia al suo invito che a quel complimento inatteso. Soprattutto a quello, probabilmente, ma cercai di non darlo a vedere.

Così, raggiunto il resto della squadra, organizzammo il piano nel silenzio della sala di tiro. Graham aveva prenotato l’intera sala per le tre ore successive, tanto che avemmo modo di studiare ogni dettaglio. Al termine, Alexis mi comunicò che avremmo fatto un po’ di prove. Non volendo sfigurare, ma anzi, dar modo al capo di rendere onore alla fiducia che mi aveva accordato, accettai subito, rendendomi conto, tuttavia, di quanto quel peso tra le mani fosse in grado di destabilizzarmi. Alexis, paziente, mi aiutò a calibrare la mira, sollevando meglio le braccia e puntando verso il bersaglio fisso. Alle mie spalle, Graham e Jace attendevano pazientemente. Chiesi loro di non scoppiare a ridere se avessi sbagliato, dato che ero arrugginita, ma mentre Jace si profuse in una specie di mantra propiziatorio, Graham mi ricordò solo di guardare dritto davanti a me e di escludere tutto il resto.

– Solo lui, Hastings. C’è solo lui. –

Quel lui… sapevo a chi si stava riferendo. Sistemai le cuffie e alzai lo sguardo verso la figura nera che si stagliava di fronte a me. Non c’era altro intorno. Solo lui. Il Mago. Colui che aveva distrutto vite innocenti. Colui che mi aveva tolto Trevor. Il ricordo di quella frase, di quella vile promessa impressa sul muro. La pressione nelle mie orecchie salì, a ritmo del mio cuore che, rivivendo quelle scene aberranti, si era lanciato in un drammatico galoppo. Mi morsi le labbra fino quasi a sentire il sapore del sangue. Sangue… tutto quello che era stato versato. Presi un respiro profondo e mi bloccai così. Il bersaglio era lì e sembrava sorridermi. Il sorriso velenoso del demonio. Premetti il grilletto e rilasciai l’aria che trattenevo nei polmoni. Fu questione di pochi istanti e un buco fumante nella spalla sinistra della figura, in alto, apparve.

Sentii la voce di Jace esclamare qualcosa, ma non compresi, avendo le cuffie. Mi voltai verso Alexis, che sorrise, poi verso il detective Graham e abbassai le cuffie.

– Ok, so che non è il massimo, ma… –

– … ma è già qualcosa. – concluse, alzandosi e raggiungendomi.

Abbassai lo sguardo, un po’ agitata al pensiero del suo giudizio, non avendo realizzato che in fin dei conti, non era andata proprio malaccio. Graham mi accarezzò la testa e quel gesto mi fece arrossire.

– Siediti ora. Jace, Alexis, tocca a noi. –

Feci un passo indietro dopo aver lasciato la pistola, mentre Jace, dopo avermi dato un affettuoso buffetto che mi servì a riprendermi, raggiunse i colleghi. Mi sedetti al loro posto e guardai i professionisti all’opera. Ovviamente, non potevo sperare nemmeno di avvicinarmi all’abilità di Alexis, che optò per una serie di bersagli mobili a velocità crescente, sbaragliati l’uno dietro l’altro con precisione quasi chirurgica. D’altronde, era pur sempre un cecchino.

Anche Graham e Jace erano bravi, e la padronanza di Jace mi fece rallegrare a maggior ragione perché sapevo che con lui Lucy sarebbe sempre stata protetta. Quanto al capo, non era rapido come Alexis, ma era accurato e anche i suoi colpi miravano al cuore o alla testa. Quando sparava, lo faceva con l’intento di uccidere.

Trascorremmo le ore restanti a far pratica e ne approfittai per fare scorta di consigli. Imparai a puntare a gambe e braccia, quantomeno per autodifesa, ma sapevo che se mi fossi trovata davanti il Mago, il bersaglio avrebbe dovuto essere più in alto.

Alla fine, uscii da lì esausta, ma soddisfatta. Sapevo che non sarebbe stata l’ultima volta che avrei provato, come anche che la realtà avrebbe avuto un altro sapore, però mi sentivo fiduciosa. Ci fermammo a mangiare qualcosa insieme, quando Alexis ricevette una chiamata dal suo misterioso fidanzato e si allontanò per parlarci.

Jace stava rivoltando un’aletta di pollo nel frattempo. Graham, bevendo un sorso di vino rosso, non si era nemmeno scomposto. Dovevo ammettere che la questione era intrigante, ma mi guardavo dal chiedere informazioni per non essere troppo invadente. Addentai la mia aletta, quando vidi, in lontananza, Alexis discutere. A quanto pareva, doveva essere una storia travagliata. Eppure, quello scorcio di normalità, aveva qualcosa di bello. L’ultima volta che avevamo mangiato qualcosa insieme, Jace si era innamorato di Lucy, mentre Trevor e io, inconsapevolmente, avevamo preso parte all’arresto di un criminale.

– Tutto ok? – mi domandò il detective Graham.

– S-Sì… sono solo un po’ nostalgica. – risposi, posando l’osso che mi era rimasto e bevendo un sorso d’acqua.

– Ricorda che ieri hai abbandonato me e Lucy nel bel mezzo del film… – aggiunse Jace.

– Parlando di nostalgia… – mormorai.

– Quindi sei ufficialmente trapiantato lì, tu? – chiese Graham.

Jace annuì. – Oddio, proprio ufficialmente no… ma ci stiamo bene. No? – domandò, guardandomi speranzoso. Io assentii.

– Per quanto si possa stare in un posto di 100 metri quadri scarsi… –

Inarcai il sopracciglio. – Che ha da dire sulla mia casa, scusi? –

Graham fece spallucce. – Niente di che. Solo che la trovo piccola... e disorganizzata. –

Ricordai la villetta in cui aveva abitato con Elizabeth e Lily. – La prossima volta che le viene in mente di entrare a frugare, quantomeno chieda il permesso… magari gliela faccio trovare in ordine. Che ne dice? –

Jace ridacchiò nel sentire il mio tono. – Capo, questa te la sei cercata. Te l’avevo detto che si sarebbe arrabbiata. –

Graham non replicò, preferendo alzarsi.

– Dove va? – domandai.

– A fumare. Ordinate quello che volete e un caffè per me. –

– Mi faccia indovinare… anche il proprietario di questo posto è una sua vecchia conoscenza? –

Jace lo guardò incuriosito, mentre Graham fece spallucce.

– No. Va tutto sul conto di Marcus. Scommessa persa. – ci informò.

– Oh! Ooooh!! Grande capo!! Sei il migliore! –

Perplessa, avvampai per l’impressione di essere parte in causa. – Che scommessa?! –

Graham sogghignò. – Cose da uomini. – concluse e si allontanò verso la sala fumatori.

– Maledetto… tu lo sai, vero, Jace? –

Jace si mise a gesticolare. – Non ho idea di quello che passa nella sua testa, Katie! Sei tu la strizzacervelli! –

Sospirai, mettendo una mano in faccia. Era inutile, non avrei mai capito chi davvero fosse il detective Graham.

Pochi minuti dopo, mentre leggevo un messaggio di Hannah, che mi invitava a vederci, sia il capo che Alexis rientrarono. L’espressione della mia collega, dapprima tesa per la conversazione, ora era concentrata. Aveva ricevuto una email dall’ufficio carriere della Cruise&Sons Pharma, che recava l’oggetto “Colloquio accettato”. Jace, hacker seriale, aveva creato una falsa carriera per Alexis, che ora figurava come laureanda in attesa di tirocinio. Ovviamente, aveva condito il tutto con la disponibilità di partecipazione a progetti sperimentali, motivo per cui, dato il curriculum, era stata ammessa al colloquio, fissato per l’indomani mattina alle 9:00.

Per noi, tutto ciò significava che l’operazione era ufficialmente cominciata.


***


La Cruise&Sons Pharma era un’azienda farmaceutica storica della città di Norfolk. Durante il viaggio, Jace mi aveva raccontato che negli anni, si era espansa oltre i confini della contea, grazie alla lungimiranza della direttrice, tale Harriet Cruise, pronipote del fondatore. La stessa, prima di approdare al comando, era stata una benefattrice e co-fondatrice a sua volta della Hope and Charity House, la struttura che aveva ospitato Karina Razinova e dalla quale era scomparsa, per poi ricomparire, un anno più tardi, ormai defunta.

Graham istruì Alexis sul da farsi. E, dal momento che anch’io sarei stata presente, in veste di compagna di corso pronta a supportare la sua amica per l’occasione, feci bene attenzione a come avrei dovuto comportarmi. Stavolta, differentemente dal caso precedente, avrei dovuto essere più accorta, dato che non si trattava di un evento in cui infiltrarsi, ma di un’azienda con personale all’opera, tanto più che Graham non volle nemmeno ricorrere alle microspie, con grande sconforto del nostro hacker preferito.

Così, mentre il capo e un Jace colmo di disappunto ci attendevano all'esterno, Alexis e io entrammo in azione.

Il posto era all’avanguardia, dietro la facciata storica che richiamava il primissimo Novecento se non prima. Da parte mia, non ero mai entrata in un’azienda del genere, ma durante gli anni dell’università, avevo spesso sentito che in molti avrebbero fatto carte false pur di ottenere anche solo uno stage presso la Cruise&Sons. Ad accoglierci, in una essenziale e quasi futuristica reception, fu una giovane donna, pressappoco dell’età di Alexis, immaginai, a cui la mia collega si presentò.

– Nadja Olenova, sono qui per il colloquio. – disse.

Feci un cenno di saluto, a cui la receptionist rispose con un sorriso di cortesia.

– La signorina può attendere della sala d’aspetto. Lei invece, può seguirmi, signorina Olenova. Il dottor Reyes la attende. – ci informò.

Alexis mi lanciò uno sguardo. Il dottor Alphonse Reyes era presente al Charity Meeting, motivo per cui, avrei dovuto evitare di incontrarlo, onde evitare di essere riconosciuta. Era stata la sua presenza, in qualche modo, a mettere in allerta il detective Graham, in quell’occasione. A quanto avevo compreso, stava reclutando nuovo personale, ma quello che aveva colpito il capo, era il suo discutibile parlare di come la sperimentazione animale fosse superata in favore di una più massiccia sperimentazione umana. Il nostro compito era di verificare se tutto ciò avesse a che fare con la morte di Karina Razinova. Per questo motivo, Alexis aveva scelto un alias dell’Est Europa. Se avesse abboccato, magari saremmo riusciti a trovare un nesso. La mia unica perplessità, in principio, era stata il fatto che Graham non avesse voluto coinvolgere la polizia locale. Tuttavia, mi aveva rassicurato sul volerlo fare non appena avessimo avuto le prove di cui avevamo bisogno.

– Ci vediamo più tardi! Farò il tifo per te! – esclamai, stampandomi in faccia un’espressione speranzosa. Alexis sorrise, poi seguì la receptionist nel corridoio adiacente.

Quando furono scomparse dalla mia vista, mi guardai intorno. Jace mi aveva parlato di un sistema di videosorveglianza interno ed esterno, pertanto optai per il rimanere buona buona nella sala d’attesa, in cui figuravano monitor che passavano in loop i progetti e gli studi dell’azienda. Apparentemente, nulla di strano. Il logo, tuttavia, mi fece pensare. Non era il solito caduceo tipico delle aziende mediche, ma rappresentava l’uroboro. Quantomeno, avevano il senso dell’originalità.

Trascorsi una decina di minuti seduta a guardarmi intorno e a leggiucchiare delle riviste presenti, onde evitare che la receptionist, ormai tornata al suo lavoro e in vista, potesse sospettare qualcosa. Poi, mi alzai e chiesi di poter usare la toilette.

– Primo giorno di ciclo… – borbottai, trovandola abbastanza solidale.

– Deve imboccare il secondo corridoio e scendere la prima rampa. Trova la toilette in fondo sulla destra. –

Wow, che labirinto. – È l’unica? Niente di meno complicato? – chiesi, fingendo confusione.

– Mi dispiace. Su questo piano non c’è altro. –

– Va bene… crede che Nadja tarderà? –

Inarcò il sopracciglio brunito. – Non glielo so dire. –

Feci spallucce. – Grazie lo stesso. Vado. –

Mi allontanai in direzione del corridoio dopo aver recuperato la mia borsa, poi scesi la prima rampa, come mi aveva indicato.

Se mi ero stupita dell’aspetto futuristico, non potei non stupirmi dell’assenza di personale in giro. In effetti, immaginai, con tutta probabilità, i ricercatori dovevano essere impegnati nei laboratori. E un’azienda così in vista, di certo, non tollerava dipendenti scansafatiche.

Mi guardai intorno e raggiunsi i bagni. Una volta dentro, sinceratami di esser sola, chiamai Jace.

– Jace? –

Qualche istante di silenzio, poi la sua voce mi rispose. « Ti sento, Katie. Tutto ok? »

– Sì, certo. Sono in attesa. –

« Niente azioni sconsiderate. » La voce perentoria di Graham.

– Lo so bene, solita storia. A dopo! – borbottai, tagliando corto nel momento in cui sentii rumore concitato di passi. Non detti loro il tempo di rispondere e rimisi tutto a posto, uscendo dal bagno. Con mio grosso stupore e imbarazzo, colsi in flagrante una coppia, pressappoco della mia età, il ragazzo con indosso il camice bianco. Nel vedermi, le loro espressioni si fecero imbarazzate a loro volta e il ricercatore si affrettò a sistemarsi alla bene in meglio e correre via. Considerando che ci trovavamo nel bagno delle donne e la faccia da sveltina interrotta della ragazza, non dovevano esserci dubbi sul motivo per cui quei due fossero lì.

– Ehm… mi dispiace... i-io stavo... – balbettai.

La mia interlocutrice, con aria seccata, tirò indietro i capelli neri, risistemandosi la camicetta a fiori.

– Sei nuova? –

Combattendo la mia insana propensione al mettermi nei casini da sola, consapevole della presenza di Alexis da qualche parte, risposi come da programma. – Sono una semplice accompagnatrice. La mia amica è impegnata in un colloquio in questi minuti. –

Il suo sguardo si fece attento. – La ragazza con il dottor Reyes? –

– Sì… credo. La stava aspettando. Perché? C’erano altri candidati? – chiesi fingendo ansia.

– Non per oggi, a dire il vero. Fortunatamente, dopo quanto accaduto, la percentuale di possibili rivali è scemata. – rispose. Miss Cinismo all’ennesima potenza. Mi resi conto che l’accaduto a cui si riferiva probabilmente doveva essere il ritrovamento di Karina, ma considerando la risatina sarcastica che ne era seguita, decisi di indagare.

– Accaduto? Scusa, io sono un po’ fuori dal mondo in questo periodo… –

La ragazza rivolse uno sguardo verso la porta. Mi chiesi se il suo compare la stesse attendendo, lì fuori. – Certo, come puoi saperlo? La moglie di Reyes ha scoperto la tresca del marito con alcune tirocinanti e gli ha intimato di non assumere altre donne. –

– Eh? – esclamai, onestamente sorpresa. Ma dovevo sempre finire in mezzo a storie di corna?

Stavolta tornò a guardarmi. – Sì, ha fatto una scenata epocale. Tutti noi eravamo sconvolti. Ma mai quanto Reyes quando si è visto minacciare di avere i fondi tagliati. Un colpo al suo ego che vale molto di più di una richiesta di divorzio! –

Non avevo visto il dottor Reyes durante il Charity Meeting, ma dalle parole di Graham, doveva essere alquanto zelante nel vantare le sue ricerche. Inarcai un sopracciglio.

– La moglie gestisce i suoi soldi, per caso? –

Le mie parole dovevano averla smossa, perché reagì come se avessi detto un’ovvietà. Ci mancava solo che mi chiedesse da che pianeta venissi. – La moglie di Reyes è Harriet Cruise. La direttrice della baracca. –

Stetti al gioco che avevo cominciato. – Oh… wow… non ne avevo idea… povero dottore. –

Miss Simpatia mi lanciò un’occhiata incuriosita. Avevo catturato la sua attenzione. – Tu non sei di queste parti, vero? –

Scossi la testa. – Sono di Weymouth. In realtà nata a Sofia, ma sono cresciuta in America. –

Il suo tono si fece più pungente. – Sei bulgara? –

– D’origine, sì. Perché? –

Sospirò. – Niente di che, pensavo a quanto sia piccolo il mondo. –

Nel dirlo, continuava a guardarmi, come se mi stesse studiando. Ne sostenni lo sguardo inquisitore, sperando di non insospettirla oltre il dovuto. Quello che mi interessava l’avevo già ottenuto.

Kŭsmet. –

Aggrottai le sopracciglia. Che diavolo aveva detto? Di certo non conoscevo una parola di bulgaro, ma non potevo certo immaginare che quella ragazza potesse. Doveva avere un qualche legame con Karina, ne ero sicura.

– Ehm... – arrancai.

Buona fortuna. – rispose una voce, per me familiare, alle nostre spalle. Ci voltammo. Alexis, e Dio solo sapeva quanto l’avrei dovuta ringraziare, era ufficialmente la mia salvatrice.

– A-- Nadja! Hai finito? – domandai, sollevata come non mai.

Mi guardò senza nascondere una punta di biasimo, poi rivolse il suo sguardo verso l'altra.

– Ho un altro colloquio domani. Chissà, forse diventeremo colleghe. A proposito, ho notato che al dottor Reyes non piace che si cincischi. –

La ragazza fece spallucce. – Oh, lo so fin troppo bene. Peccato che lui sia il primo a cincischiare, davanti a una bella ragazza. Se vuoi un consiglio, gira al largo. – disse, ma prima che potessi dir qualcosa, Alexis mi fermò.

– Magari ne riparliamo quando il posto sarà mio. Sbogom. –

Aggrottò le sopracciglia e a giudicare dal suo modo di farlo, immaginai ne avesse capito tanto quanto me. Agitò il braccio a mezz'aria e andò via. Quando fu sparita dalla nostra vista, finalmente mi sentii più tranquilla.

– Grazie… – mormorai.

Alexis sospirò. – Andiamo, prima che attiri l’attenzione più del dovuto. – bisbigliò, uscendo. La seguii, facendo attenzione a non allontanarmi da lei. Percorremmo una strada diversa rispetto a quella che avevo fatto io, ma non questionai. Tornate alla reception, l’impiegata che ci aveva accolto mi rivolse un’occhiata. – Alla fine l’ha trovata. –

– Sì, mi ero persa. Per fortuna Nadja ha un senso dell’orientamento migliore del mio. –

– La prossima volta ci verrò da sola. – borbottò Alexis e io feci spallucce.

– Il prossimo appuntamento è fissato per domattina alle ore 8:30, signorina Olenova. La dottoressa Cruise la attenderà nel suo ufficio. –

Harriet Cruise, fissai in mente.

Alexis annuì e dopo aver salutato, lasciammo temporaneamente l’azienda per tornare dal capo e da Jace e dopo dirigerci al nostro albergo.


***


– Eh? Sarah Reyes? Quella ragazza era la figlia del dottor Reyes? – fu la mia domanda colma di incredulità quando Jace ci svelò l'identità della ricercatrice, cortesia di Instagram. Altra cortesia fu il farci notare che il ragazzo che era con lei nei bagni non corrispondeva affatto al suo fidanzato, stando alla foto pubblicata proprio il giorno prima.

– Hai capito... buon sangue non mente. – commentò Jace, avendo ascoltato il racconto di Alexis sui modi di fare decisamente non professionali del dottor Reyes.

– E in più, sembra che Sarah conosca qualche parola di bulgaro... il che mi fa pensare che abbia avuto qualche contatto con Karina. Sappiamo che era una prostituta e con tutta probabilità, doveva avere dei trascorsi con Alphonse Reyes. Magari la Cruise e Sarah hanno scoperto la verità e hanno fatto uccidere la povera Karina. – teorizzai.

– Perché non farlo loro stesse? – chiese Alexis.

Feci spallucce. – Dubito che si sarebbero esposte a un tale rischio. Anche se la morte di Karina è venuta a galla ugualmente, insieme alla storia di corna. Se avessero fatto qualcosa del genere, sarebbero state davvero sciocche. Il movente in questo caso è davvero troppo evidente. –

Jace si mise a scorrere la home di uno dei social di Sarah Reyes. – A volte non c’è necessariamente un secondo fine. Potrebbero aver giocato una mano sfortunata e pensato di coprire lo scandalo con i soldi. Il denaro per quella gente copre tutto. –

Lo guardai e per un attimo, le sue parole mi riportarono alla mente le parole di Trevor sul Charity Meeting. – Hai ragione, Jace... –

– A proposito di giochi... com’è che il capitano Graham non è ancora rientrato? – chiese Alexis.

L’avevamo lasciato a un isolato dal comando di Polizia locale, ma dubitavo fortemente del fatto che avrebbe tenuto fede al suo proposito di coinvolgere gli agenti del posto nella nostra indagine, non senza qualcosa di concreto tra le mani. Pensai di proporre di chiamarlo, ma non ci fu bisogno, perchè ci precedette.

– Parli del diavolo... – borbottò Jace.

– … E spuntano le corna. – continuò, con un evidente tono annoiato, Alexis.

Il perchè fu presto detto. Il detective Graham non era solo, ma insieme a lui, c’era un uomo all’incirca della sua età, forse uno o due anni più giovane. Poco più alto, in giacca e cravatta grigie, capelli neri alla militare, vivaci occhi nocciola e un sorrisetto compiaciuto, il nostro ospite posò lo sguardo su Alexis.

– Dovevo proprio venire a Norfolk per vederti, eh, Lexie? – chiese, incurante della nostra presenza. Guardai il capo, che non si scompose.

Alexis sospirò. – Kate, Jace, lui è Konstantin Vaughn. Vaughn, loro sono i miei colleghi. –

– Konstantin... Vaughn? – feci eco. L’uomo mi rivolse la sua attenzione.

– Sì. Lavoro nell’Immigrazione da qualche anno e data la situazione, ho pensato di potervi essere d'aiuto. Oltretutto, unendo l’utile al dilettevole. – spiegò, rivolgendo le ultime parole alla nostra collega.

– Capo, posso parlarti un attimo? – domandò Alexis, ignorando Vaughn e fissando il suo sguardo in quello di Graham.

– Se proprio devi... – rispose, sospirando, per poi allontarsi, insieme, dalla stanza.

Vaughn, sollevando le sopracciglia scure, ridacchiò. – Immagino stiate pensando che Alexis non gradisca la mia presenza qui. –

Jace e io ci guardammo. – A dire il vero non è un pensiero: è un dato di fatto. – osservai.

– In realtà tra noi è sempre così. Ora siamo nella fase in cui lei non mi tollera. –

Battei le palpebre. – Quindi lei è il misterioso fidanzato di Alexis? –

I suoi occhi brillarono. – Dunque mi definisce fidanzato? Onestamente al momento siamo più sul genere amici con benefici... –

Jace scoppiò a ridere, mentre io mi sentii in perfetto imbarazzo.

– Te l’ha fatta, Kate! – esclamò Jace e risposi con un pizzicotto sul suo braccio. – Ahi, ahi! –

Vaughn ridacchiò, poi ammorbidì il tono. – A proposito... Kate... è lei la dottoressa Hastings, giusto? –

– Eh? S-Sì, sono io, perchè? – chiesi.

Lasciando scivolare il momento di precedente frivolezza, Vaughn si fece più serio. – So che lei è stata la prima persona ad avere una diretta interazione con il Mago. E mi spiace molto per quanto accaduto al suo fidanzato. –

Quelle parole così inattese mi provocarono una fitta allo stomaco. – Gliene ha parlato il detective Graham? –

Vaughn scosse la testa. – Conosco Graham da diversi anni, tanto più che abbiamo seguito dei corsi di specializzazione in Criminologia insieme, ma all’epoca della comparsa del Mago, le nostre strade si erano già separate. Però, poco più di un anno fa, dopo che lei offrì la deposizione in cui riconosceva la voce del Mago come straniera, Graham mi chiese un consulto, data la mia posizione. Purtroppo, non sono mai riuscito a trovare nulla di concreto. Quell’uomo è come un fantasma. –

Sgranai gli occhi, al sol ricordo di quella voce roca, delle parole del Mago che mi auguravano buon Natale con una pronuncia nient’affatto americana. E ora, a distanza di tanti mesi, dopo tutto ciò che era accaduto, soprattutto a Trevor, il sol pensiero fu sufficiente a gettarmi nello sconforto della consapevolezza che la probabilità di riuscire a trovare quell’assassino sarebbe stata subordinata alla sua volontà di essere trovato. Non sapendo cosa rispondere, mi chiusi nel silenzio, trovando l’appoggio di Jace, che mi cinse gentilmente in un abbraccio. Era davvero un caro amico e mi sentii come se ad abbracciarmi, in quel momento, fosse Lucy. Vaughn non aggiunse altro in proposito, ma attendemmo tutti e tre insieme il rientro di Alexis e del capo, cosa che avvenne pochi minuti più tardi.

– Vaughn ci aiuterà in quest’indagine. Considerando gli agganci della Cruise, c’è la probabilità che vi sia qualche infiltrazione nei locali, motivo per cui, ce la vedremo noi. Dopotutto, il ritrovamento di Karina Razinova è avvenuto nella nostra sfera di competenza. – spiegò Graham e addio al proposito di coinvolgere la Polizia del posto. Avrei dovuto immaginarlo, d’altronde.

Guardai Alexis, che del canto suo, si impegnò a ignorare il suo... amico, che, del canto suo, si era calato nella professionalità, a dispetto dell’impressione precedente.

– A questo proposito, dopo la tua chiamata, Graham, ho svolto qualche ricerca personale. Credo ti interesserà sapere che oltre Karina Razinova vi erano almeno altre cinque persone, tutte originarie dell'Est Europa. Tre di queste erano donne, generosamente salvate dalla Hope and Charity House e due uomini, uno dei quali morto lo scorso anno in seguito a un'operazione di cattura per spaccio di stupefacenti. L’altro lavora presso la Cruise Pharma con mansioni di supervisione. –

– E le altre donne? Cosa ne è stato di loro dopo la chiusura della Hope and Charity House?

– Sono state riabilitate dalla stessa Cruise. La morte di Karina Razinova ha fatto scalpore, è vero, ma davanti al successo dell’ingresso in società di ex derelitte, l’opinione pubblica ha tergiversato. Vorrei poter dire lo stesso per i debiti accumulati, ma sappiamo com'è andata... –

Jace sbuffò. – Come se avesse cancellato ogni traccia del loro passato. Tutti hanno diritto a una seconda possibilità, ma il passato ci definisce. –

Annuii. – Nel bene e nel male. –

– Abbiamo modo di incontrare queste persone? – domandò Graham.

Vaughn allargò le braccia. – A meno che tu non abbia tempo e voglia di recarti sulla West Coast... attualmente, due di loro risiedono a Washington. La terza, stando all’ultima rilevazione, vive in California. –

– In altre parole, ha ben pensato di mandarle il più lontano possibile. – osservò Alexis.

– A me viene in mente un solo motivo per cui avrebbe potuto fare questo. – aggiunse Graham, guardandomi.

– Non le voleva più tra i piedi. – dissi.

– Oltretutto, non mi sembra nemmeno un caso che solo le donne siano state allontanate, mentre dei due uomini, uno di loro è stato messo addirittura all’opera nella Cruise Pharma. – insinuò Jace.

– Beh, considerando gli appetiti del marito, non mi stupisce... – rispose Alexis.

Un colpetto di tosse dalle parti di Vaugh la fece voltare di sottecchi.

– Scusate, sono solo un po’ raffreddato. – mentì spudoratamente.

– Allora dovresti starci lontano. Sai, a differenza tua, noi non possiamo permetterci di ammalarci ora. –

Guardai Vaughn. Alexis era decisamente infastidita dalla sua presenza. Chissà cos’era accaduto tra loro, tanto da farla comportare in quel modo così apertamente seccato.

– Alexis. – la voce perentoria di Graham.

La nostra collega sospirò. – Va bene, va bene. –

Vaughn sorrise. – Lexie ha ragione. Mea culpa. Ad ogni modo, dovreste partire dall’indagare su Varban Petrov. Lui è il vostro uomo, al momento. Considerando che il suo visto scadrà domani, ne approfitterei. –

Le labbra del capo si allargarono in un ghigno. – Fammi indovinare... non è casuale, vero? –

Vaughn inarcò il sopracciglio, senza perdere quel sorrisetto. – Assolutamente no. Non sia mai detto che un ufficiale non compie il suo dovere secondo la legge. Diciamo solo che a volte la burocrazia fa schifo. –

Misi la mano in faccia. Graham e le amicizie sane non andavano affatto d’accordo.



Così, trascorso il resto della giornata a fare ricerca e a pianificare le prossime mosse, arrivò finalmente sera. Alexis e io ci ritirammo nella nostra stanza dopo aver cenato, e, dopo un paio di telefonate a mia madre e a Lucy, mi gettai sul mio letto. Alexis, iPhone in mano e maschera detox sul viso, sembrava pensierosa. Pensai che non avendo grande confidenza, forse avrei dovuto evitare di chiedere i suoi trascorsi con Vaughn, così optai per altro.

– Usi molto spesso le maschere per il viso? –

Stupita della mia domanda, lasciò momentaneamente l’iPhone per guardarmi. Aveva tirato su i capelli ramati in una crocchia spettinata, ma nonostante tutto, era davvero molto bella. Se avessi provato a fare lo stesso io, probabilmente sarei sembrata una matta.

– Almeno una volta al giorno. È quel che ci vuole dopo una giornata di lavoro. Vuoi provare? –

Allettata dall’idea e bisognosa di un po' di relax, mi lasciai corrompere. Così, alle prese con un rilassante massaggio del viso e successivamente, beandomi della freschezza della maschera fruttata detox, ascoltai le sue parole.

Secondo te sono stata troppo dura con Vaughn? –

Beh, lui ha detto che ora sei nella fase di intolleranza nei suoi confronti... dipende da quel che è successo tra voi. –

Alexis alzò gli occhi azzurri al cielo.

Ti direi che è colpa sua, ma a volte mi rendo conto che non lo sia del tutto... è solo che trovo tremendamente irritante quel suo modo di fare. –

Sorrisi. – Litigavi con lui per telefono, al ristorante? –

– Sempre. Non credo ci sia persona al mondo in grado di farmi girare le scatole come lui. –

– E allora perché ci stai insieme? –

La mia domanda la fece fremere. – Non stiamo proprio insieme in questo momento... diciamo che siamo più sul genere... –

– Amici con benefici? – chiesi, di rimando.

Alexis arrossì. – Giuro che stavolta lo distruggo!! Ha detto lui così, vero? –

Annuii. – Immagino non sia la definizione esatta, allora... –

– No... cioè, più o meno. La verità è che sono io a non volermi impegnare in una storia più seria. Anche perchè questo significherebbe seguirlo e io... non so se sono pronta a qualcosa del genere. –

– In che senso seguirlo? –

– Ha accettato un posto nella diplomazia internazionale, motivo per cui alla fine di quest’anno partirà per l'Europa. Mi ha chiesto di andare con lui, ma ci sono troppe cose in sospeso qui... lasciare il Dipartimento, che per me è come una seconda casa... non poter proteggere la mia famiglia in patria... io non credo di riuscire a sopportarlo. –

Abbassai lo sguardo, pensando a quante volte Trevor mi aveva rimproverato per aver preso da sola iniziative importanti. Eppure, nonostante infine l’avessi messo al corrente, non ero riuscita a proteggerlo. Quella consapevolezza mi faceva male. Sapevo che Alexis aveva perso il padre durante l’11 settembre e questo l'aveva spinta a seguire la strada dell’addestramento militare, ma nelle sue parole, percepivo un attaccamento diverso dal mio.

– Alexis, perdonami... tu sei innamorata di Vaughn? – chiesi, tornando a guardarla.

Sgranò gli occhi, poi li abbassò. Era decisamente in crisi a quella domanda. Mi tornarono in mente la parole che Elizabeth mi aveva rivolto nei bagni del Four Seasons, ma mi affrettai a scacciare quel pensiero.

– Cambierebbe qualcosa se lo fossi? –

Stavolta toccò a me distogliere lo sguardo. – La verità è che non lo so nemmeno io... si dice che l’amore superi tutto, che ci renda più forti... ma dal mio punto di vista, neanche quello è stato sufficiente a salvare Trevor. –

– Kate? – il suo tono era sorpreso.

Sollevai il viso. – Non c’è giorno che non mi danni per aver coinvolto Trevor nelle mie scelte. Lui non meritava quello che gli è accaduto. Era un uomo buono... eppure è stato trucidato a sangue freddo per colpa mia. Non ho potuto nemmeno dirgli addio... se solo ci fosse un modo per riaverlo indietro, darei tutto perché questo accadesse, credimi... eppure, non posso cambiare le cose, ma solo cercare di fare del mio meglio per trovare il suo assassino e assicurarlo alla giustizia una volta per tutte. –

Alexis si morse le labbra. – Cosa vuoi dire con questo, Kate? –

– Che so cosa significhi perdere una persona amata... e so cosa significa avere qualcuno che cerchi di farti andare avanti a ogni costo. Anche se ti rendi conto che il tempo per te si è fermato a quel momento terribile. So cosa vuol dire non aver potuto dire a quella persona quanto sia stata importante per te... e quanto questo ti ricordi, ogni giorno, di non legarti a qualcun altro... ma in realtà, cerchiamo solo di proteggerci dal dolore della perdita... non è così? –

Alexis strinse i pugni sul lenzuolo candido del suo letto.

– Alexis, io non credo che l’amore c’entri qualcosa stavolta... né che siano gli eventi del passato a tenerci ancorati alla nostra vita attuale... credo che sia la paura a impedirci di andare avanti. E finché quella paura non passa, anche solo far progetti è impossibile. –

– Quindi secondo te avrei paura? –

– Non lo so... devi dirmelo tu. –

Rilassò la presa, poi sospirò. – Cerchiamo di risolvere quest’operazione... dopodichè, penserò al da farsi. –

Mi trovai d’accordo.

– Comunque, ti ringrazio, Kate. Selina aveva ragione... parlare con te fa bene. – disse, accennando un sorriso.

– Eh? –

– Piuttosto, tu... dovresti togliere quella maschera. –

– I-Io non ho maschere... non sto mentendo! – mi affrettai a rispondere, avendo totalmente dimenticato di avere per davvero una maschera sul volto, tanto la mia pelle si era abituata ad essa.

Alexis mi rivolse uno sguardo incerto, poi scoppiò a ridere. – Intendo la maschera detox! Non vorrai mica tenerla tutta la sera? –

– C-Che? Ah, già! Scusa! – arrancai, gesticolando, poi balzai dal letto e corsi a lavare il viso. Nel vedere il mio riflesso nello specchio, non mi sfuggì il luccichio negli occhi. Presi un gran respiro, quando Alexis si affacciò.

– Perché pensavi di mentire? – mi chiese, incuriosita.

Colta in fallo, avvampai. – Io non... ecco... –

Mi rivolse uno sguardo piuttosto comprensivo e non andò avanti nel proposito indagatore.

– Scusami, non volevo metterti in imbarazzo. Sarà il caso di andare a dormire. Ci aspetta una giornata impegnativa. –

– S-Sì... buona idea. Grazie... – mormorai, grata, anche se sapevo fin troppo bene che la sua domanda era ben precisa e sottintendeva una realtà che probabilmente non sarei mai stata in grado di accettare.




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Ok, so che le parti sono piuttosto lunghe (i miei capitoli su pc vanno dalle 30 alle 40 pagine), ma non ho cuore di spezzarle troppo. Spero che la lettura sia ugualmente risultata agevole! Adoro questo capitolo perché ci sono personaggi nuovi, tra cui Vaughn che doveva essere una comparsa, originariamente, ma man mano ha avuto un ruolo un po' più ampio. XD Vi ricordate quando Alexis aveva parlato del suo misterioso fidanzato, ai tempi della cattura di David Valance, nel secondo capitolo? Ecco, avevo pensato inizialmente a una relazione extraconiugale, ma alla fine, è venuto fuori un rapporto un po' strano tra questi due. Comunque Vaughn è un personaggio che mi fa morire, giuro. Questo è un capitolo a cui sono molto legata perché rappresenta uno dei capisaldi della storia per qualcosa che leggerete nella prossima parte, quindi, stay tuned e alla prossima!!

  
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