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Autore: FragileGuerriera    28/08/2020    0 recensioni
Un missing moment su Takeshi Gojyo, giovane attore, grande amico di Sana e promettente stella del cinema, che scopre poco prima di morire di essere il padre della ragazzina e in quel momento ricorda come ha conosciuto Keiko Sakai, la madre biologica di Sana e quel passato che li ha uniti al punto da generare una figlia di cui lui era rimasto all'oscuro fino al tragico giorno della sua ultima ripresa televisiva.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Altro personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Buona sera a tutti, auguro buona lettura a coloro che hanno deciso di proseguire con la lettura di  questa fanfiction.


3. Seconda diapositiva: Una limonata al bar


Era Estate. Erano passati due mesi da quel giorno in cui si sentì male. Non andò mai dal dottore e non disse nulla a sua madre. Era sicuro che era stato un calo di pressione ad averlo portato allo svenimento, forse favorito anche dal fatto che spesso la mattina saltava la colazione. Pertanto trovava inutile allarmare sua madre per un episodio insolito, ma privo di pericoli. Non erano le fitte al cuore o lo svenimento a preoccuparlo. Sognava spesso di ritrovarsi in quella casa a chiedere perdono alla bambina. Altre volte sognava che arrivava a casa la denuncia di pedofilia da parte della madre o del fratello di lei. Più volte aveva pensato di tornare dalla bimba per chiederle scusa e per dissuaderla da un'eventuale denuncia. Non ne ebbe mai il coraggio. Si convinceva sempre che andare là sarebbe stato l'equivalente di importunarla e se la bambina stava tergiversando sul denunciare i fatti o meno, con quel gesto non avrebbe più avuto dubbi. Starle alla larga invece avrebbe aiutato anche lei, sperava, di dimenticare l'accaduto di quel terribile giorno. Con il passare dei giorni, non ricevendo nulla, la paura venne sempre meno e Takeshi si convinse di aver fatto bene a non andare mai più in quella casa: molto probabilmente la bimba aveva capito che lui stesso aveva riconosciuto come folle il suo gesto e che non era un molestatore di minorenni.

Quel giorno era fuori con la sua ragazza al bar.

-La smetti?- chiese lei divertita mentre lui le baciava il braccio.

-Scusa, è più forte di me- disse lasciandole la presa e mettendo le mani a posto. -Sai, con il problema del tuo mal di pancia sono cinque giorni che non lo facciamo- proseguì con tono languido ed un sorrisetto malizioso.

-Ma con che razza di pervertito sto insieme??- finse lei un tono di esasperazione.

-E' colpa tua! Sei troppo bella.- Non a caso faceva la modella e i due si erano conosciuti proprio ad una sfilata. Anche lui aveva sfilato per un breve tempo per accontentare la madre a cui era molto legato. Diceva di essere molto orgogliosa di aver un figlio bello e buono come lui e ci teneva molto che tutti potessero vederlo. Come se non bastasse continuava a dirgli che poteva essere un'occasione per farsi vedere da qualche famoso regista teatrale e farsi così scritturare in un importante sceneggiato. Fin da piccolo Takeshi sognava di diventare un attore cinematografico, ma fino ad allora aveva recitato solo per la compagnia della sua città. L'idea della madre perciò gli ronzò in testa finchè non si decise a sfilare e fu così che conobbe Yumi e anche Utamara c.o.g. , il direttore di una compagnia teatrale non famosa, ma di certo più importante di quella della sua città. Il ragazzo considerava perciò la sua avventura nella moda soddisfacente: lo stipendio per fare la parte di un personaggio secondario non era malaccio, le sfilate gli avevano permesso di mettere da parte un po' di soldi e stava con una ragazza splendida.

-Quando consegnerai la tesi?- Gli chiese poi lei cambiando discorso.

-Questo Settembre.

-Possibile che io abbia un anno in meno e abbia già finito tutto?

-Ma io recito la sera e mi devo spostare con la compagnia, mica sto a darmi la crema alle mani come te!- si difese lui.

-Crema che però ti fa tanto piacere la mia pelle- replicò maliziosa lei. -E poi comunque faccio le sfilate e pure io mi devo spostare nelle città della moda.

-Capirai che roba. Sfili solo due o tre volte all'anno per le collezioni Autunno/ Inverno e Primavera/ Estate. Inoltre sei stata molto brava, ma ora sei comunque bloccata per un anno.

-Tanto io so già cosa fare.

-Anche io, solo che io devo trovare ancora un valido regista.

-Amore quante volte te l'ho detto che devi essere tu ad inseguire il successo, non il contrario.

La guardò e le strappò un bacio. -Adesso che ti è passato tutto che dici se andiamo a casa mia?- la invitò con voce bassa e sensuale. Lei rise e si alzarono, dirigendosi mano nella mano all'uscita. -Cavolo, ho dimenticato gli occhiali da sole!- esclamò poi lui. Ritornò sui suoi passi prese gli occhiali da sole e fece un disteso passo indietro per tornare all'uscita, senza prestare attenzione a ciò che gli stava accadendo alle spalle. Andò così a sbattere contro qualcuno. Alla sensazione dello scontro seguì quella di bagnato sulla schiena. -Ma guarda dove metti i piedi, stupido!!- gli urlò la persona dietro di lui. Si voltò: -Oh, scusami tanto io...- le parole gli morirono in bocca. Keiko. Quel nome che non l'aveva mai abbandonato in quei due mesi, ora era lì, in carne ed ossa. Era lei, non avrebbe mai potuto scordarla. Arrossirono entrambi prima che una voce dietro di lei si facesse sentire: -Chi è quest'uomo, tanto bello quanto pasticcione?

Takeshi alzò lo sguardo e vide una ragazza più grande di lei, con i capelli color rame.

-Ah... ehm... Lui è il ragazzo che si è sentito male la volta scorsa!

-Ah, quindi lei è il signor lolicon- chiese un'altra che sembrava più sveglia dell'età che dimostrava. Per Takeshi fu come una stilettata nel cuore quell'affermazione. Si sentì di nuovo in colpa, ma una sensazione simile alla rabbia fu più forte di quello della colpa e gli fece prendere la ragazzina per un braccio per allontanarsi di pochi metri dagli altri. -Tu hai detto alle tue amiche chi sono io??

Lei sembrava sorpresa nell'udirlo arrabbiato: -Mi hanno chiesto perchè non ero andata a scuola e io ho spiegato di aver raccattato un ragazzo che aveva dieci anni in più di me e che si era sentito male.

-E che c'entrava dirgli tutto il resto?- era angosciato, se avessero voluto quelle ragazze avrebbero potuto convincerla a denunciarlo e l'avrebbero rovinato per sempre.

-Io non gli ho detto assolutamente niente!!- disse Keiko cercando di svincolarsi dalla sua presa.

-E allora perchè la tua amica mi ha chiamato in quel modo?- continuò serrando la presa.

-Ahi, mi fai male!!- disse cercando di divincolarsi.

-Le sue parole mi hanno fatto molto più male! Dimmi perchè gliel'hai detto e ti lascio andare!

Smettendo di agitarsi lo guardò un attimo cogliendo lo sguardo ferito, perciò decise di accontentare la sua richiesta: -Le ho solo detto che mi trovi carina. Vuoi forse negarlo?- lo sguardòo serio negli occhi. Effettivamente era molto carina. Aveva dei capelli lunghi e fini molto belli, le orecchie piccole e gli occhi vivaci che erano però perennemente velati da una leggera malinconia. La valutò velocemente nel complesso. Fuori casa sua, senza la divisa scolastica, sembrava avere almeno quindici anni. Non era vestita da ragazza frivola, come tutte le altre, semplicemente dimostrava di più della sua età. Era più alta della sua coetanea, aveva una gonna corta, ma non vertiginosa, una maglietta aderente che più delle sue forme (ancora acerbe) metteva in risalto i fianchi stretti e il fisico magro. -No...- esitò nel dirlo con un fil di voce, ancora stupito da quanto fosse diversa dall'altra volta.

-Bene...- disse lei dando un piccolo strattone al braccio per liberarlo dalla presa di lui. -Nemmeno io ti trovo brutto- si limitò a dire, ma d'altronde come avrebbe potuto? Soggettivamente poteva non essere il ragazzo ideale di alcune ragazze, ma oggettivamente era bello. Di questo lui ne era consapevole, forte anche del buon successo che riscontrava con tante donne.

Lui si abbassò leggermente e guardandola in quegli occhi che aveva sognato più volte ormai le disse: -Non dire niente per favore. Non è successo nulla, non mi denunciare.

-Ah, che delusione come sei infantile! A chi lo dovrei dire? Mio fratello quando non studia in casa è sempre fuori con gli amici o con le ragazze; mia mamma sta fuori tutto il giorno lavorando come operaia per mandare avanti una famiglia di tre persone. Quando torna a casa la sera ha tempo di firmare le cose di scuola mie e di mio fratello e basta. Per fortuna abbiamo lo zio che ci da un aiuto che ci permetterà di finire almeno la scuola dell'obbligo.- Takeshi trovò disarmante quel suo tranquillo modo di parlare di una realtà così diversa dalla sua. La sua era una vita che, questo glielo leggeva negli occhi, non la rallegrava di certo, ma lei non voleva farsi compatire, era molto dignitosa e rispondeva alle proprie difficoltà con serenità.

Intanto fuori dal bar Yumi iniziava a perdere la pazienza: “E' andato a prendere gli occhiali o a comprarne un paio nuovo?”

-Non ti da fastidio?- gli chiese Keiko.

-Che cosa?- rispose il ragazzo.

-La macchia di limonata sulla schiena. Sarà appiccicosa ormai!

-Ah, non importa. Tanto dovevo tornare a casa!

-Sei da solo?

-No e... Accidenti ho perso un sacco di tempo! Devo andare. Anzi, vieni un attimo con me!- e senza darle tempo per rispondere Takeshi la prese di nuovo per il braccio e la trascinò fuori dal bar incurante delle amiche di lei stupite nel vederla uscire a passo svelto con quel ragazzo molto più grande di loro.

-Oh finalmente. Ce ne hai messo di tempo!- lo rimproverò Yumi.

-Scusa, am... ehm...- Takeshi si schiarì la voce nel tentativo di camuffare le prime lettere pronunciate -Scusa...- ma perchè mai si sentiva in imbarazzo a chiamare “amore” la sua ragazza?

-Lei chi è?- gli domandò Yumi notando Keiko.

-Ehm... la ragazzina che mi ha aiutato quel giorno che dovevamo andare al parco e non sono stato bene. Si chiama...- si interruppe. Non aveva mai pronunciato il suo nome. In realtà anche quando aveva pensato a lei non la pensava mai con il suo nome. Le poche volte che l'aveva pensato, infatti, gli avevano fatto troppo male. Era un nome che, legato ai ricordi di quel giorno, gli trasmetteva una strana sensazione al cuore, facendolo sentire poi ancora più in colpa per quello che fece prima di fuggire. Non poteva e non doveva assolutamente provare assolutamente nulla per quella ragazzina. Era una cosa da malati di mente! Non sapeva neanche chi era ed era troppo piccola! Per questo cercava di non pensarla mai con il suo nome. Pronunciare o dire il suo nome, l'avrebbe fatto sentire in qualche modo legato a lei. Per questo esitò nel proseguire il discorso.

-Io sono Keiko- si presentò da sola a quel punto la ragazzina. Detto da lei sembrava ancora più dolce. “Accidenti devo smetterla con questi pensieri assurdi!!”

Yumi la guardò da capo a piedi. Valutando i vestiti che portava veniva sicuramente da un ceto inferiore. -Uhm, piacere, io sono Yumi- disse con tono discostato e accennando un leggero inchino.-Sono la ragazza di Takeshi.

Keiko la guardò senza tradire alcuna emozione. -Yumi ha la mia età ed è la mia donna.- si apprestò a dire Takeshi, circondandole le spalle con il braccio e sforzando un largo sorriso. Sottolineò di proposito che la sua fidanzata fosse sua coetanea e pure una donna. Era l'unico modo per far capire alla bambina che era stato un episodio a cui nessuno dei due doveva dar peso perchè lui amava le donne adulte e per di più era già felicemente impegnato.

-Bene, ora che ci siamo chiariti vieni che ti prendo un'altra limonata- e senza dire altro rientrò nel bar seguito dalla ragazza a cui non erano chiari i suoi strani atteggiamenti. Cosa doveva chiarire?

Invece di far chiarezza su qualcosa che nessuno, Takeshi a parte, sapeva di cosa si trattasse, aveva solo creato confusione presentando le due ragazze. Per non parlare della sua titubanza nel parlare con Yumi di... lei. Rieccolo il pronome che usava più spesso per parlare della ragazzina. Beh, ovviamente anche “ragazzina” era un appellativo che usava di frequente, alternandolo a “bambina”. Takeshi non capiva cosa gli stesse succedendo, da come l'aveva vista era andato in tilt e non ragionava più bene. -Mi dia una limonata per favore- chiese al cameriere. Takeshi la guardò mentre lei guardava il cameriere prendere la bottiglietta di limonata. Chissà che tipo di ragazzi le piacevano? Un tipo palestrato, con i capelli a zazzera come quello di fronte a loro, o un tipo dal fisico slanciato e i capelli leggermente più lunghi e ben pettinati come era lui? Il ragazzo si portò quasi subito una mano al cuore. Una fitta lo trafisse. Era una fitta che non faceva male fisicamente, ma solo alla sua morale. Temeva di conoscere quella fitta... Si era già innamorato due volte e una delle due ragazze che l'aveva fatto innamorare era proprio lì, fuori dal bar che lo stava aspettando. Scosse la testa sentendosi disperato. Perchè quando era con lei gli venivano in mente quelle domande e tutti quei pensieri assurdi? Prese il bicchiere e rivolgendosi a lei disse: -Ecco la tua limonata.

-Ma io...

-Tranquilla, offro io.

-Sì, ma in realtà...- provò ad obbiettare Keiko.

-Vuoi litigare con me?- le chiese lui con tono serio, ma l'espressione divertita. Era assurdo, con Yumi non riusciva ad essere normale con lei, ma senza la fidanzata si comportava disinvolto quasi come se fossero in confidenza da tempo.

-No... grazie allora.

-Figurati- rispose sorridendo prima di andare via.


Tornata dalle amiche che si erano già sedute, diede il bicchiere all'amica dai capelli color rame.

-Te la offre lui.

Lei la guardò perplessa così disse: -Non mi ha lasciato dire che portavo il bicchiere io, ma la bibita era la tua.

  
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