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Autore: biscotti_panati    29/08/2020    0 recensioni
Taehyung si sente inutile e perso, l'unica cosa che vorrebbe è che l'inverno non finisse mai.
Jimin è bellissimo, tanto angelico quanto diabolico, ma ha un sogno che sa di non poter realizzare.
Jungkook sta crescendo, ha paura del futuro e di quello che potrebbe diventare, ma sa cosa non vuole essere.
Jin sembra perfetto, eppure nasconde segreti che faticano a restare nell'ombra.
Namjoon è chiaramente un genio, uno scienziato pazzo esemplare... se solo riuscisse a trovare una soluzione alle sue ricerche.
Yoongi non riesce ad accettare se stesso e quello che prova, ma seppellire i suoi sentimenti è impossibile.
Hoseok è interamente perso nel suo mondo, ma farebbe di tutto per i suoi amici.
****
Wolf: Jin, Taehyung, Jimin, Jungkook
Human: Namjoon, Yoongi, Hoseok.
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Estratto
"Jungkook…" provò nuovamente a richiamarlo Taehyung, la voce poco più che un sussurro disperato. Dovevano andare via di lì alla svelta. Ma Jungkook ormai non c'era più e quello che emergeva era solo il suo lupo che cercava di prendere il sopravvento.
Dalla labbra del ragazzo uscì un urlo animalesco, di puro dolore, che non fece altro che sovraccaricare l'aria di tensione.
[...]
"È troppo tardi". Bisbigliò Jimin, il cuore stretto in una morsa.
****
Namjin, Sope
****
Genere: Fantasy, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Seokjin/ Jin, Kim Taehyung/ V, Park Jimin
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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CAPITOLO 2





Settembre 2010

 

Alla guida della Volvo Taehyung stava accompagnando Jungkook alla Bellows Free Academy, il liceo statale di St.Albans.

Taehyung non capiva il senso di dover portare Jungkook a scuola. In fin dei conti, i giorni nei quali il ragazzo frequentava le lezioni non erano poi molti, ma Jin si ostinava a dire che bisognava permettergli di condurre una vita normale.

Ovviamente, si trovava in disaccordo con quell'idea: fare finta di avere una vita normale era molto più difficile che convivere con il fatto di averne una fuori dal comune.

Doveva ammettere però che capiva le buoni intenzioni di Jin.

Taehyung era riuscito a diplomarsi studiando da casa, ma aveva avuto la fortuna di avere Jimin con il quale condividere tutto: gli studi, la vita da umano e quella da lupo.

Dopo il loro diploma, avevano deciso di iscriversi ad un'università telematica, così in estate avrebbero potuto lavorare da qualche parte e non gravare troppo sulle spalle di Jin.

Ma questo era diverso per Jungkook; lui era più piccolo e studiare da casa non gli piaceva.

Quando Taehyung e Jimin erano al loro ultimo anno del liceo, lui aveva appena cominciato il primo e, una volta che i due più grandi si diplomarono, Jungkook perse ogni interesse per lo studio.

Per motivarlo, Jin aveva proposto di mandarlo in una scuola pubblica e lui ne era sembrato subito entusiasta. Era andato su di giri e aveva continuato a ripetere "Davvero portò andare in una scuola pubblica, Jin? Davvero?".

Taehyung entrò nel parcheggio della scuola e spense la macchina. L'entrata dell'edificio irregolare, basso e squadrato, spiccava rispetto al complesso retrostante che presentava un'architettura più articolata. Nel nome della scuola, scritto in rilievo a grosse lettere verdi, mancava la S di Bellows, o meglio, qualche ragazzaccio doveva averla staccata. Taehyung immaginava che per un vecchio professore scorbuto e stanco, quel dettaglio doveva essere ironico all'inverosimile.*

"Ricordati di presentare alla segreteria degli studenti il certificato medico". Disse al ragazzo.

Jin aveva dovuto fare carte false per trovare il modo di evitare a Jungkook di essere bocciato per il numero di assenze.

Nessuno di loro era stato contento di dover supportare una bugia che inscenasse una malattia inesistente, ma quello era l'unico modo per riuscire ad avere un permesso speciale. Anche se era un'azione politicamente e moralmente scorretta, non c'era altro da fare per riuscire a insegnare qualcosa a quel ragazzino.

"Certo". Farfugliò Jungkook armeggiando con il suo zaino. Era smanioso di scendere dalla macchina e cominciare il suo ultimo anno di liceo.

Nonostante si fosse diffusa la voce che non godesse di buona salute, Jungkook non era mai stato additato come 'quello strano'. Al contrario, era molto popolare tra i suoi coetanei e si faceva voler bene da tutti. Inoltre, anche se non lo avrebbe mai ammesso, Taehyung era sicuro che tutte le ragazze della scuola avessero una cotta per lui.

"E mettiti il maglione! Anche se oggi c'è il sole ricordati che non devi prendere freddo".

"Certo".

"E se c'è un problema, se ti senti strano, devi assolutamente chiamarmi okay?"

Erano passate due settimane dall'incidente e Jungkook sembrava essersi ripreso a pieno, ma la preoccupazione nei suoi confronti non accennava ad attenuarsi.

"Certo. Ora posso andare?"

"No".

"Come sarebbe a dire no?"

"Beh visto che Jin è impegnato e che Jimin non è ancora tornato dal Canada, tocca a me farti tutte le raccomandazioni del caso. Quindi, raccomandazione numero uno..."

"Oh dai, Tae" cominciò lui con un tono di lamentela "le so già tutte le raccomandazioni del caso. Se inizio a tremare ti chiamo, se mi escono le zanne ti chiamo, se mi vengono le convulsioni ti chiamo, se ho anche solo un leggero sentore da lupo ti chiamo. Ti prometto di chiamarti perfino se starnutisco troppo forte. Ora posso andare?"

"Divertente" lo apostrofò Taehyung. "Sappi che nemmeno a me piace farti tutte queste storie, ma l'ho promesso a Jin e..."

"Lo so Tae, ma questo è il mio ultimo anno, non il primo. So già come funziona, quindi non preoccuparti". Disse aggiustandosi lo zaino su una spalla.

Era impossibile non preoccuparsi, soprattutto se c'era di mezzo Jungkook.

"Va bene, ma sta attento". Si arrise alla fine.

"Da quando sei diventato più apprensivo di Jin?" Lo canzonò il ragazzo, un sorrisetto furbo ad illuminargli il volto; quel giorno era semplicemente raggiunte.

In risposta alla sua provocazione, Taehyung si portò teatralmente una mano al cuore deformando la sua espressione in una smorfia che avrebbe dovuto essere di dolere, come se le sue parole lo avessero ferito dritto nel profondo.

Jungkook emise un risolino divertito, ma non ebbe il tempo di replicare.

Una mano aveva preso a tamburellare insistentemente sul finestrino della Volvo. Dall'altra parte del vetro, un ragazzino smilzo con un cappellino da pescatore nero e un paio di occhiali da sole dalle lenti aranciate, stava rumorosamente urlando il suo nome.

Jungkook regalò a Taehyung un sorriso, poi aprì lo sportello e sgusciò fuori dalla vettura.

"Ohhhhh Jungkook! Jungkookie! Kookie! Wooow hai sempre i maglioni più belli di tutta la scuola".

"Ehi amico" i due si scambiarono una stretta di mano, poi il ragazzo con il cappellino da pescatore si abbassò a introdusse la tesa all'interno dell'abitacolo della Volvo.

"Ciao Taehyung, oggi non c'è Jin?"

"Ciao Hobi". Salutò allegro lui "Oggi è toccato a me scarrozzare il ragazzo d'oro. Stacci attento mi raccomando!"

"Ceerto, con me sta in una botte di ferro, vero Jungkookie?" Hobi passò un braccio attorno alla spalla dell'amico e da dietro le lenti dei suoi occhiali da sole gli strizzò un occhio.

"Dove sono Suga e Blake?" Chiese Jungkook.

"Oh beh ci stanno aspettando dentro. Li ho mandati a prendere i posti migliori". Hoseok fece un risolino.

"Okay, vedo che voi due teste vuote vi siete ritrovati, quindi io posso anda-" cercò di dire Taehyung prima di accendere il motore dell'auto.

Non fece in tempo a finire la frase che Jungkook aveva già sbattuto lo sportello della macchina e aveva cominciato a fare ciao ciao con la mano intrappolata in un maglione più grande di lui.

Taehyung scosse la testa ma sorrise, fece inversione, uscì dal parcheggio e si rimise in strada. Quel ragazzino! Lo avrebbe fatto impazzire.

 

"Ancora TaeTae! Ancora!"

Lidia spinse in aria le piccole manine paffutelle, esprimendo la richiesta di essere presa in braccio più evidente della storia.

Taehyung dovette appoggiare per un attimo il vassoio su un tavolo già sparecchiato e assecondare la volontà di quella piccola peste.

Se la caricò velocemente sulle spalle e aspettò che, come sempre, tuffasse le manine tra i suoi capelli, cominciando a tirarli come se fossero le redini di un cavallo. Dal momento che non lo faceva troppo forte, Taehyung non se ne lamentava. Con una mano armeggiò con il vassoio mentre con l'altra si assicurava di tenere stretta la gambina di Lidia, in modo da non farla scivolare via. Dovette spingere la porta della cucina con il sedere e abbassarsi un po' per non farle picchiare la testolina, ma le risate della bambina gli riempivano il cuore.

Aveva sempre amato i bambini e a volte si chiedeva se mai fosse arrivato il giorno in cui anche lui sarebbe diventato padre. Ma quando quel pensiero gli balzava in mente, si affrettava a scacciarlo.

Non sarebbe mai successo.

Armeggiò ancora con le stoviglie, poi quando ebbe finito di sistemare, prese tra le braccia Lidia, che come una scimmia se ne stava aggrappata alla sua testa, e cominciò a farla volare per tutta la cucina industriale della tavola calda. Era una fortuna che in quel momento ci fossero solo loro due, o si sarebbe beccato una bella lavata di capo da Carl, il cuoco.

"Lidia per l'amor del cielo, lascia stare Taehyung". Bete era appena entrata in cucina con un vassoio carico di piatti da lavare.

Solo pochi giorni prima c'era stato un guasto alla lavastoviglie e ora quell'enorme numero di piatti doveva essere lavato a mano. Il che era un problema durante le ore di punta, ma dal momento che mancava poco meno di un'ora alla fine del suo turno, Taehyung si era offerto di fare l'ultimo carico.

"Mamma Tae può venire a casa da noi sta sera?" Chiese innocentemente la bambina una volta che il ragazzo l'aveva rimessa con i piedi per terra.

"Taehyung ha da fare". Cercò di liquidarla Bete.

"Ma io voglio che venga da noi. Possiamo fare un pigiama party Tae!"

Taehyung si abbassò in modo da poterla guardare in faccia. Era la bambina più dolce e bella che avesse mai visto. Aveva la pelle delicata come i petali di una rosa e gli occhietti color nocciola vispi come quelli della madre. In pratica, Lidia era una Bete in miniatura con i suoi capelli color carota e il nasino pieno di lentiggini.

"Sarebbe molto bello fare un pigiama party Lidia, ma non è proprio possibile".

"Perché no?" I suoi occhioni erano fissi in quelli di Taehyung.

"Perché Jin piange tanto quando non ci sono. È triste senza di me".

"Gli manchi così tanto?" Chiese stupita la bambina, poi con quel fare che tutti i bambini hanno, si portò un dito in prossimità della bocca come se stesse riflettendo su qualcosa di essenziale.

Taehyung non poté evitare di sorridere a quella vista.

"Beh allora possiamo invitare anche lui". Concluse alla fine.

"Oh bambina mia, dove le hai lasciate le buone maniere oggi?" Chiese Bete. "Adesso basta, Taehyung deve lavorare, su vai di là e prendi tutte le bottiglie di Ketchup che sono rimaste sul tavolo".

"Ma mamma ..."

"No, niente mamma, vai su!"

Anche se scontenta, Lidia fece quanto le fu detto.

"Non lo so che le prende ultimamente, ma ha sempre in testa l'idea che deve fare un pigiama party. Mi dispiace ti dia così tanto fastidio".

"No, no, non mi da fastidio". Si affrettò a dire Taehyung prima di avvicinarsi al lavabo pieno d'acqua e versare del detersivo su una spugna.

"Sicuro che non ti dispiaccia fare i piatti?"

"Certo".

"Va bene, ma finisci e vai a casa. Mi sembra di averti fatto sgobbare troppo ultimamente".

Taehyung annuì e cominciò a lavare la pila di piatti che Bete aveva portato in cucina. Lavare non gli dispiaceva e poi gli permetteva di poter rimuginare con calma sugli avvenimenti della sua vita, senza dover essere per forza affabile con i clienti.

E di avvenimenti su cui rimuginare, Taehyung era pieno. A cominciare dall'incidente di Jungkook.

Da quando Taehyung era arrivato al rifugio, non era mai successo che qualcuno di loro si trasformasse in piena estate. C'era sì stato un netto cambiamento climatico, ma era strano che solo Jungkook ne fosse stato influenzato. Certo, Jungkook era molto più sensibile agli sbalzi di temperatura, ma lui e Jin avrebbero comunque dovuto sentire qualcosa, un campanello d'allarme comune. Invece, non avevano sentito assolutamente niente.

Da che Jin avesse ricordo, tutti i lupi, anche quelli che ormai non facevano più parte del branco, si erano sempre trasformati in inverno.

Non era troppo chiaro perché il freddo innescasse la trasformazione.

Tra le tante supposizioni che erano state fatte, Jin sosteneva un'ipotesi, vagamente scientifica, secondo la quale, quando il corpo iniziava a tremare, perché smosso dal freddo o per qualche altro fattore, si risvegliava un sentore di pericolo. A quel punto, l'istinto aveva la meglio e loro si trasformavano in lupi.

Ma questo non succedeva ugualmente per Jungkook. I suoi tempi erano diversi, erano più lunghi e, a quanto pareva, fuori stagione.

Questo non era affatto un bene.

Anche se lui non ne faceva parola, la mancata trasformazione doveva averlo sconvolto parecchio. Dopo l'accaduto aveva cominciato a riporre molta più attenzione del solito ad ogni suo singolo gesto. Aveva smesso di indossare pantaloncini e vestiva solo maniche lunghe.

In realtà, la questione magliette a maniche lunghe era dovuta anche alla brutta cicatrice sul braccio. Jungkook voleva nasconderla soprattutto agli occhi di Jin, per non farlo sentire in colpa.

Anche Jin si comportava in maniera strana dall'incidente. Era diventato silenzioso ed era sempre perennemente occupato. In genere, quando Taehyung tornava dal suo turno di lavoro, trovava Jin intento a cucinare qualche nuova ricetta, ma da qualche settimana era un miracolo se riusciva a rincasare in tempo per la cena.

Taehyung credeva stesse architettando qualcosa. Qualcosa di cui magari non voleva parlare. Aveva del tutto scartato l'ipotesi che a preoccuparlo potesse essere il suo lavoro stagionale, perché non era il tipo da finire tardi o da lasciare arretrati. Forse lo preoccupava l'assenza di Jimin, o quello che era accaduto a Jungkook, ma se così fosse stato ne avrebbe sicuramente parlato con loro.

No, doveva essere qualcos'altro, qualcosa di importante e che lo stava consumando da dentro.

Come se non bastasse al mucchio di preoccupazioni che già aveva, doveva aggiungersi il fatto che era da una settimana che Jimin non si faceva sentire.

Non un messaggio, non una chiamata, nemmeno un emoticons, niente.

Non aveva mai trascorso così tanto tempo senza ricevere sue notizie; e Jimin non era affatto il tipo di persona che si dimenticava improvvisamente di mandare il messaggio della buona notte.

Nemmeno Jungkook e Jin avevano ricevuto sue notizie. Taehyung era preoccupato che gli fosse potuto succedere qualcosa. Da qualche giorno, poi, aveva cominciato a tormentarsi, talmente estenuato dalla mancanza di Jimin da arrivare ad attribuirsi colpe che non lo riguardavano. I pensieri stavano cominciando a scavare nel suo subconscio e ad arrovellargli l'esistenza.

Forse non avrebbero dovuto mandarlo da solo a cercare un tizio comparso su un inserto del giornale anni prima. Forse avrebbe dovuto insistere di più per partire con lui, per aiutarlo nella ricerca e averlo sempre sotto controllo. Forse, se fosse stato con lui, la situazione sarebbe stata diversa.

Ma sopra ogni altra cosa, nella mente di Taehyung, si ripeteva sempre la stessa domanda: cosa sarebbe successo se, anche Jimin come Jungkook, avesse sentito l'istinto di trasformarsi?

Era vero, né lui, né Jin avevano avuto anche solo un minimo sentore dalla trasformazione imminente, ma Jimin si trasformava sempre abbastanza in fretta. Se si fosse trasformato anche lui e ora fosse stato sotto forma di lupo in Canada, sarebbe dovuto passare un intero inverno prima del suo ritorno al rifugio. Sempre se fosse riuscito a tornare sano e salvo.

L'idea di Jimin disperso nelle foreste del Canada non gli dava pace. Persino nei suoi sogni l'immagine di un lupo bianco, sperduto, impaurito e senza un branco, non riusciva a farlo riposare sereno.

Il legame che li univa era forte, talmente forte che Taehyung si sentiva come se gli mancasse un arto. Non riusciva ad essere lo stesso senza il suo migliore amico.

Jimin era più importante dell'aria e la sua assenza lo ingrigiva più di ogni altra cosa. Doveva fare qualcosa o avrebbe sentito quel peso schiacciargli il cuore fino alla fine del suo periodo umano. Doveva trovare un rimedio a quella sua implacabile angoscia.

Si disse che avrebbe fatto passare altri 2 giorni e che se non fosse riuscito ad avere sue notizie sarebbe partito a cercarlo. Quella sera a cena lo avrebbe comunicato agli altri e non avrebbe accettato nessuna discussione in merito.

Strizzò la spugna e asciugò il lavabo. Nemmeno si era accorto di aver già finito la sua ultima mansione, i suoi pensieri dovevano averlo assorbito completamente.

Si slacciò il grembiule ed uscì dalla cucina.

"Bete, ho finito, io vado!" disse.

"Va bene, ci vediamo domani".

"Ciao TaeTae". Lidia corse a dargli un bacetto sulla guancia. Taehyung colse l'occasione per stringerla di nuovo tra le braccia e farle fare un ultimo volo.

"Ciao principessa. Ci vediamo la prossima volta okay?"

Quando uscì dalla caffetteria in cielo c'era ancora una bella luce, ma lui si sentiva stanco e desiderava solo stendersi sul letto e addormentarsi. Era come se i suoi pensieri l'avessero consumato infinitamente.

Guidò fino al rifugio, desiderando solo di poter sprofondare in un sonno profondo il più presto possibile.

Era terribilmente stanco.

Avrebbe dovuto mettersi a cucinare sapendo che Jin non sarebbe tornato in tempo, ma in fin dei conti rimandare di un paio d'ore non avrebbe ammazzato nessuno.

Jungkook non era ancora tornato da scuola. Probabilmente era uscito con i suoi amici dopo le lezioni. Gli scrisse un messaggio, chiedendogli se fosse tutto okay e se avesse avuto bisogno di un passaggio. Fortunatamente rispose subito rassicurandolo e dicendogli che lo avrebbe riportato a casa Hoseok prima di cena.

Taehyung si diresse allora verso la camera che condivideva con Jimin e Jungkook.

Non era una stanza molto spaziosa, e in tre ci stavano davvero stretti. C'era a malapena lo spazio per incastrare un letto singolo e uno a castello.

Un tempo, prima dell'arrivo di Jungkook al rifugio, Taehyung e Jimin avevano anche condiviso un armadio. Armadio che avevano dovuto spostare nella stanza di Jin per far entrare anche il letto di Jungkook.

Non c'era spazio per una scrivania, quindi qualsiasi tipo di elaborato doveva essere redatto sul bancone della cucina o sul tavolino da caffè del salotto.

Il rifugio non era certo una casa comoda per quattro uomini ormai adulti, ma nessuno se ne lamentava. Il fatto che Jin avesse messo a disposizione la proprietà che aveva ereditato dalla nonna era un qualcosa di cui essere grati.

Salì le scale del letto a castello. Il letto di sopra era in realtà quello in cui dormiva Jimin, ma sapeva che l'amico non si sarebbe lamentato se l'avesse usato in sua assenza.

Appoggiò la testa sul cuscino, chiuse gli occhi e in poco tempo sprofondò in un sonno pesante.

Sognò quello che sognava sempre: suo padre.

Nel suo sogno, Taehyung era tornato ad avere 8 anni, era di nuovo un ragazzino tutto pelle e ossa un po' troppo alto per la sua età. Sul suo viso pallido grosse lacrime avevano lasciato una scia umida speculare, arrivando ad incontrarsi nell'angolo sotto il mento.

Anche questa volta, il sogno non era diverso dai precedenti. Suo padre lo teneva fermo sul tavolo che usava per scuoiare la selvaggina.

L'uomo aveva trafitto, nella spalla sinistra del bambino, uno dei suoi coltelli da caccia. La lama d'acciaio aveva facilmente perforato la carne, aveva scalfito l'osso e si era andata a conficcare nel legno del tavolo.

Anche questa volta, Taehyung aveva urlato di dolore più forte che poteva, aveva consumato tutta l'aria nei polmoni.

Lo pregava, lo implorava, di lasciarlo andare.

"Ti prego papà. Non farlo papà". Ma non serviva a niente.

Il suo sangue caldo stava ricoprendo l'intera superficie del piano, colando oltre il bordo e cadendo in piccole gocce sul pavimento.

Sul viso dell'uomo uno strano sorriso contorto stava già prendendo forma.

"Sei un bambino cattivo, ora dovrò ripulire tutto". Disse prima di conficcare il secondo coltello nella spalla buona del ragazzino.

Taehyung si svegliò di soprassalto con un'intensa sensazione di bruciore alla spalla. Sapeva che era solo il frutto del condizionamento psicologico e che la sua spalla non fosse veramente ferita, ma non poté fare a meno di massaggiarsela.

Lentamente si mise a sedere sul letto, ingobbendosi per non picchiare la testa contro il soffitto, incrociando le gambe e infilando i piedi tra le giunture delle ginocchia.

Cercò di far calmare il ritmo martellante del cuore e di riprendere un respiro normale.

Il sole stava tramontando, ma nella casa sembrava non esserci nessun'altro oltre a lui, Jungkook non era ancora tornato. Scese le scalette del letto a castello e andò in cucina a prendere un bicchiere d'acqua fredda.

-Calmati, è solo un sogno- si ripeteva, ma la mano destra non accennava a voler lasciare la sua spalla.

Come previsto, il rifugio era deserto.

Si avvicinò al lavandino, prese un bicchiere e lo riempì con dell'acqua poi buttò giù qualche piccolo sorso.

-Solo un sogno-.

In quel momento, uno strano rumore attirò la sua attenzione.

Era un rumore metallico forzato, come se qualcuno stesse cercando di estrarre il manico di un piede di porco da una cassetta degli attrezzi chiusa.

I suoi occhi si rivolsero veloce verso la porta d'ingresso e, dalla finestrella di vetro opaco al centro della porta, riconobbe la sagoma di un uomo.

Qualcuno stava cercando di entrare in casa.

Dal rumore che faceva non poteva essere né Jin, né Jungkook, loro avevano le chiavi, e inoltre avevano l'abitudine di accendere la luce della veranda prima di rincasare.

Il rumore si fece più intenso.

Sembrava che un oggetto di metallo fosse stato infilato nella toppa per cercare di avviare il meccanismo d'apertura.

Il cuore di Taehyung prese ad accelerare. Non poteva succedere adesso. Non ora che era da solo. Non aveva mai dovuto fronteggiare un'intrusione e si sentiva stringere dalla paura. I suoi muscoli, rigidi come quelli di uno stoccafisso, cercarono disperatamente qualcosa a cui aggrapparsi.

-Fa che sia un incubo- ebbe il tempo di pensare.

Il panico sembrava non volergli dare tregua, e si costrinse a respirare per riprendere il controllo di sé stesso, per cercare di azionare il cervello, mentre quel rumore di ferro non accennava a quietarsi.

Cercando di essere più silenzioso possibile Taehyung aprì il cassetto più vicino al lavabo.Dentro c'erano degli utensili da cucina tra cui dei coltelli da pesce che Jin usava per sfilettare il salmone. Deglutì a quella vista, ma si fece forza e con mano tremante ne afferrò uno.

Tornò a focalizzare il suo sguardo all'ingresso.

Taehyung ebbe appena il tempo di deglutire per una seconda volta, prima che il cigolio della porta che girava sui cardini riempisse l'abitacolo.

 

 

 

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*Bellow in inglese è il muggito delle mucche. 

P.S. Questo capitolo è stato revisionato. Spero non ci siano errori di battitura. Nel caso scusatemi, ma il mio cervello è fuso e non riesce più a vederli!!

 

   
 
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