Fumetti/Cartoni americani > A tutto reality/Total Drama
Segui la storia  |       
Autore: rocchi68    30/08/2020    1 recensioni
Dawn era sempre stata una ragazza che, anche dinanzi alle difficoltà più disparate, affrontava il tutto con un sorriso e una dolcezza disarmante.
Una sera, però, si era ritrovata davanti a un’amara sorpresa.
Non aveva amiche, non aveva un posto in cui stare, era stata tradita dal proprio fidanzato nel momento di massimo splendore ed era frustrata da tutti quei fallimenti in rapida successione che potevano sancire la sua completa rovina.
Poteva spegnersi, cercare una scappatoia per la felicità oppure chiedere un ultimo disperato consiglio all’unica persona che mai l’aveva abbandonata.
Sempre che quest’ultimo fosse d’accordo…
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dawn, Duncan, Scott, Zoey | Coppie: Duncan/Gwen
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Controllata la grande sala e notato che tutto fosse in perfetto ordine, Duncan si era seduto, presto imitato anche da Mal, sulle seggiole che si trovavano ben nascoste sotto il bancone. Spesso si erano chiesti a cosa servissero se poi non avevano il tempo materiale di tirare il fiato e di prendersi qualche minuto di pausa.
Qualcuno giurava d’aver sentito Chef Hatchet affermare che erano necessarie per evitare multe e richiami dalle associazioni sindacali. Come se avesse mai temuto quei tizi in giacca e cravatta, tutti profumati e impettiti, che entravano il lunedì o il martedì per presentargli alcuni dépliant riportanti statistiche su disoccupati e sull’indice di gradimento verso certe scelte politiche non proprio impeccabili.
Già una volta Mal li aveva visti allontanarsi di gran carriera e, se la luna era particolarmente storta, non ci sarebbe stato nulla di sorprendente se il vecchio Hatchet si fosse premunito d’estrarre, dal terzo cassetto della scrivania, la perfetta riproduzione di una scacciacani.
Quest’unica arma era alla pari di una pistola a bolle per bambini, ma quei due ometti che erano entrati verso le 10, erano scappati come se si fossero trovati davanti un plotone d’esecuzione con tanto di mitra alla mano.
Per quanto odiasse girare per la città, Mal non incrociò mai più gli occhi grigi di quello più anziano, né la cravatta con pallini blu su sfondo bianco del più giovane.
Chef Hatchet era, e tra i dipendenti ciò doveva passare sottotraccia, in alcune rarissime circostanze, il demonio sceso in terra.
Probabilmente quei due sventurati che si erano ritirati nel bar per cercare riparo dalle intemperie, sperando di fare un’opera pia nella consegna di quel fascicolo, non avevano considerato che il proprietario, proprio quella mattina, aveva già avuto le sue belle gatte da pelare.
Tra la vecchia Chevrolet costretta al carro attrezzi, il ritardo di mezzora al locale, la macchina del caffè che faceva le bizze e che si era rassestata con una sua manata sul fianco sinistro e un cameriere assente per malattia, quella nuova visita l’aveva spinto a una rabbia cieca e incontrollata.
La fuga precipitosa dei sindacalisti fu il degno dessert per una giornata che Chef, fin dall’alba, avrebbe preferito passare a letto, rigirandosi tra le coperte.
E quella scena spaventosa era rimasta impressa nella mente di Mal che, dopo qualche ora, riferì anche a Scott e Duncan per evitare che, anche questi ultimi, si ritrovassero sotto l’occhio furibondo del signor Hatchet.
Fu per evitare inutili discussioni e per non ritrovarsi quella famosa scacciacani puntata a poca distanza che l’argomento sgabelli diventò tabù. Più di una volta il punk si era morsicato la lingua per resistere alla tentazione di vederlo uscire fuori dai gangheri e temendo un turno massacrante o un taglio del suo stipendio, aveva allontanato quell’intenzione sadomasochista.
Sarebbe rimasto in silenzio e avrebbe considerato quegli sgabelli come parte dell’arredamento stile retrò.
Di certo non era colpa loro se per molte ore erano costretti in piedi a preparare le ordinazioni.
E non era nemmeno colpa loro se nei momenti di pausa dovevano assentarsi dal bancone per divertirsi nel magazzino interno a risistemare i vecchi scatoloni carichi di cianfrusaglie, di pezzi di ricambio o di semplici gadget che erano stati tolti con il passare dei giorni.
Quello era il loro lavoro e non c’era nulla di cui potevano lamentarsi.
Poteva andare molto peggio. Potevano lavorare all’esterno, sotto le intemperie, magari al freddo e con uno stipendio da fame.
L’unico sbattimento era d’ascoltare alcuni clienti troppo rumorosi e di doversi sorbire le rare feste di compleanno che spesso costringevano Scott a salire su una scaletta traballante per recuperare lo scatolone che si ergeva sopra tutti gli altri.
Se avesse difettato di memoria, sarebbe stato sufficiente ricordarne il colore. L’arancione gli avrebbe sempre ricordato che dentro quella bara di cartone con tanti “FRAGILE” sparsi sulla superficie, vi fosse tutto il necessario per le rarissime feste di compleanno.  Togliendo lo scotch e sollevando alcuni fogli di giornale, era possibile trovare piatti e bicchieri ancora incellofanati, palloncini e i classici festoni di “BUON COMPLEANNO”.
Scott, nell’accantonare questa sciocchezza, recuperò un bicchiere di succo e iniziò a sorseggiare la bevanda che, con qualche pezzo di ghiaccio e un goccio di rhum, sarebbe stato passabile come un drink di nuova invenzione.
“Eravamo tutti in classe insieme.” Rammentò Zoey, facendo annuire Gwen che iniziò a sgranocchiare alcuni salatini.
“E non andavamo molto d’accordo.” Continuò Mike.
“Nemmeno ora si può dire che andiamo molto d’accordo.” Mugugnò Scott, rigirandosi il bicchiere tra le mani.
“Di cosa volevi parlarci Scott?” Domandò Duncan.
“È giunto il momento che sappiate la verità.”
“Quale?”
“Quando Dawn è entrata nella nostra scuola, la mia intenzione era di conoscerla, ma i suoi nonni dopo qualche giorno mi hanno raccontato cosa aveva passato.” Mormorò affranto, abbassando la testa.
“E tu?”
“Per le prime settimane, Zoey, ho accettato quello che mi avevano consigliato, ma poi…”
“Poi?” Lo incalzò Gwen, cercando di guardarlo, ma rimanendo ostacolata da Zoey che occupava tutto lo spazio.
“Vedendola sempre sola, ho provato ad avvicinarmi, contravvenendo a ciò che i suoi nonni mi avevano consigliato di fare.”
“Perché ti hanno chiesto di lasciarla stare?” Domandò Zoey.
“La prima volta che la vecchia Sadie li aveva informati della bella novità, loro mi avevano preso in parte e avevano preteso, di nuovo, che lasciassi in pace Dawn. A loro avviso non meritava di soffrire, anche a costo di rimanere sempre in disparte.”
“Ma che razza di spiegazione è?” Sbottò Mike, allungando una banconota da 10 dollari a Mal per il pagamento dei cocktail di Gwen e Zoey e anche per i salatini che aveva consumato.
“Eravamo solo dei bambini ed ero in difficoltà.”
“Cosa ti ha fatto cambiare idea?” Lo interrogò Duncan, ricordandosi vagamente il giorno in cui il suo miglior amico si era allontanato per sospingere l’altalena della sconosciuta. In quel pomeriggio e nei successivi aveva odiato sia Scott sia Dawn. Il primo perché l’aveva lasciato da solo nella casa dello scivolo a mangiare la sua pizzetta con il prosciutto, mentre la seconda per aver distolto l’amico dai suoi classici passatempi.
“Nessuno merita di stare solo.”
“Non è solo questo, vero?” S’informò Gwen, facendolo annuire mestamente.
“Dopo quella settimana che ho passato a spingere la sua altalena e a parlare con lei, sono rimasto a casa per quasi dieci giorni.”
“Pensavamo fossi malato.” Mormorò Duncan.
“Ci hai fatto preoccupare.” Confermò Mike.
“Non era mia intenzione, ma i miei genitori hanno avuto qualche noia con la scuola.”
“Ancora i vecchi?” S’informò il punk, incontrando lo sguardo severo di Gwen che sembrava chiedergli di usare parole leggermente più delicate nei confronti dei parenti di Dawn.
“Non erano felici del mio comportamento e avevano preteso, con una scusa assurda, il mio allontanamento dalla scuola. Credevano che dieci giorni a casa fossero sufficienti per proteggere la loro nipotina, ma tutto questo non ha fatto altro che invogliarmi a starle più vicino.”
“E la vecchia Sadie che aveva abbozzato a una decisione della Preside.” Sbuffò Mike.
“Durante quei giorni avevo raccontato parte della storia ai miei genitori e loro mi avevano consigliato di non essere l’unico ad avvicinarmi a Dawn.”
“Se una classe intera o almeno una buona parte si fosse stretta intorno a lei, stringendo amicizia, i nonni di Dawn non avrebbero avuto la forza per pretendere una sospensione di gruppo.” Terminò Zoey, facendo annuire il rosso.
“I miei erano contenti d’avermi a casa per via dei lavori nei campi, ma i vostri genitori non sarebbero stati felici di questa scelta ottusa e infelice.”
“Appena tornato a scuola, ci hai fatto conoscere Dawn e il resto è storia.” Soffiò Mike, riponendo il resto nel suo portafoglio di pelle nera.
“Dawn non sa di questa faccenda e non deve saperlo mai.”
“Perché non glielo vuoi dire?” Lo interrogò Gwen, mentre Scott alzava il bicchiere e s’inumidiva le labbra secche e screpolate.
“Il primo motivo è quello più ovvio di tutti: lei guarderebbe ai suoi nonni con uno sguardo carico di rancore e ciò la porterebbe a chiudere tutti i rapporti con la sua famiglia.”
“Ma loro hanno mentito.” Sbottò Duncan.
“L’hanno fatto per una buona causa. Dawn non aveva ancora metabolizzato ciò che era successo a sua madre e loro credevano, isolandola dal mondo, di proteggerla da ogni cosa.” Replicò Gwen, difendendoli con una nota di fastidio nella voce.
“Tu che avresti fatto, Scott?” Lo interrogò Zoey.
“È più facile dire che non avrei mai cercato d’isolarla da tutto.”
“Hai detto che avevi diversi motivi per non dirglielo.” Continuò Mike, facendo annuire l’amico che iniziò a scrocchiarsi le dita della mano destra.
“Se vuoi il bene di una persona, non la devi ferire con storie troppo tristi e pesanti. Io ammiro moltissimo Dawn per quello che è riuscita a fare, ma allo stesso modo non voglio che lei si riavvicini a me solo perché colpita da questa faccenda.”
“Lei merita di saperlo.” Gracchiò Duncan.
“Se osate aprire bocca, potrei anche accettare l’idea di scuoiarvi vivi.”
“E allora perché ce l’hai raccontata?”
“Per farvi capire che, nonostante le difficoltà passate, noi siamo rimasti in buoni rapporti. Abbiamo passato tanto tempo a discutere e se il destino ci ha fatto cambiare strada, non ha ostacolato del tutto ciò che avevamo costruito a fatica.”
“Dovresti scrivere un libro su questa tua morale assurda.” Lo stuzzicò Mal che fino a quel momento era rimasto silente e aveva pulito il bancone.
“Non sono io lo scrittore…Mike lo è.” Replicò, girandosi a fissare l’amico che era noto per i suoi testi profondi e carichi di significato.
“Solo perché i miei temi erano sempre premiati con ottimi voti, ciò non significa che io sia un moderno Shakespeare.”
“Abbassa la cresta che Duncan non conosce nemmeno questo Shakespeare.” Mormorò Zoey, facendo imbronciare il punk.
“E tu accetteresti questa situazione senza battere ciglio?” Chiese Mike, sbirciando alla sua destra.
“Non so nemmeno io cosa sto cercando.”
“Si può sapere che intenzioni hai con Dawn?” S’informò Gwen, mentre lui continuava a sorseggiare la sua bibita.
“Aspetterò la nostra gita, ma se qualcosa dovesse andare storto, allora saprò che è inutile continuare e me ne farò una ragione.”
“Ti giocheresti tutto questo in due giorni?” Soffiò Mal, girandosi verso la lavastoviglie ed estraendo alcuni boccali.
“Vi ho mai chiesto qualcosa in tutti questi anni?” Li interrogò, ignorando apparentemente la domanda del collega.
“Non mi sembra.” Ammise Zoey, facendo annuire tutti i suoi compagni.
“Vi ricordate quando sono sgattaiolato nell’ufficio del Preside per recuperare il cellulare di Mike? O quando ero volontario durante le interrogazioni perché non eravate preparati? O quando vi accompagnavo in biblioteca, anche se mi annoiavo a morte? Era solo per godermi la vostra compagnia e per non sentirmi solo. Io non ho mai voluto nessun favore da voi, ma questa volta ho bisogno di una promessa.” Insistette, facendo ondeggiare il poco succo che era rimasto sul fondo del bicchiere.
“Che genere di promessa?” Tentò Mike, facendosi portavoce anche per gli altri.
“Se la gita dovesse rivelarsi un fallimento, io rinuncerò per sempre a lei.”
“Tutto qui?”
“Le permetterete di fare come meglio crede e le darete il vostro prezioso sostegno. Ovviamente cercherò di defilarmi dalla sua vita, di non impicciarmi nei suoi affari e non sarò più il fratellone che risolve tutti i suoi problemi. Dawn non è più una bambina e non ha più bisogno di un peso morto che le impedisce di spiccare il volo.”
“Noi…”
“Dovete promettermelo!” Tuonò, facendo girare uno dei vecchietti della sala verso il bancone e ritrovandosi presto incenerito dallo sguardo di Duncan che lo spronò a ritornare sul suo solitario.
“Se è questo che vuoi…” Annuì il punk, interrompendosi con la stretta energica della mano di Gwen sulla sua.
Nell’incrociare il suo sguardo, percepì paura.
Gwen e Zoey sembravano conoscere il pronostico di quella gita e, tremando come foglie secche sferzate dal vento autunnale, avevano permesso anche a Mike e al punk di analizzare quella possibilità. Duncan respirava quel timore come un cane da caccia che fiuta la preda: le ragazze erano terrorizzate dalla possibilità che il gruppo si disfacesse alla pari di una tela da quattro soldi e che ognuno andasse per la sua strada.
Promettendo di non farne parola con Dawn e di accettare la sua decisione, il gruppo poteva smembrarsi il giorno successivo al fallimento. Escludendo Scott dal loro gruppo, ben presto Dawn si sarebbe sentita additata per quella decisione e, trovandosi magari un’altra compagnia, avrebbe ignorato le coinquiline.
Mal non aveva mai fatto parte del loro gruppo per il pessimo rapporto che lo legava al fratello e allo stesso modo Zanna non aveva motivo di uscire con loro, sempre che non fossero propensi a indebitarsi, offrendogli magari la cena e il cinema tutte le sante volte.
Potevano uscire in coppia, ma avrebbero ricevuto bordate provenienti dagli ex del gruppo. Duncan, lavorando a stretto contatto con Scott, si sarebbe sentito in colpa e avrebbe limitato le uscite con gli altri. Così facendo la relazione con Gwen avrebbe subito un violento scossone e lei stessa si sarebbe sentita percossa, così come Zoey e Mike, dalle insinuazioni velenose della coinquilina.
Quella poteva essere la data utile per dividersi del tutto.
“Ma noi…” Soffiò Zoey, ricevendo un pizzicotto dalla dark e interrompendosi quasi sul nascere.
“Non dovrete bussare alla mia porta per chiedermi di aiutarla e non organizzerete qualche stupida festa con lo scopo di chiuderci in qualche stanza e di farci stare soli. Stando per molti anni con Alberta e con le sue strane manie complottistiche so riconoscere tutti i trucchi con largo anticipo.”
“D’accordo.” Mormorò Mike, accettando a malincuore la sua decisione.
“Questa pausa è durata anche troppo: devo tornare al lavoro.” Soffiò, ritornando dietro al bancone e permettendo a Duncan di prendersi un attimo di break.
 
Le 16 erano giunte con fin troppa fretta.
Mal era andato via verso mezzogiorno per prendersi alcune ore di riposo, salvo poi ritornare verso le 15 per la conclusione del turno. Poco dopo la sua uscita di scena anche due camerieri erano tornati a casa e allo stesso modo Duncan e il suo gruppo avevano lasciato Scott da solo nel locale.
Il punk sarebbe tornato verso le 19 per le ultime 4 ore e si sarebbe sacrificato in un turno di estrema fatica e di sudore con Mal.
Scott, al contrario, dopo aver aperto il locale con il cameriere più anziano verso le 5 di mattina, si sarebbe intrattenuto, così come stabilito dall’orario affisso in bacheca, fino alle 15:30, sperando che Mal non facesse troppi danni nel ritrovarsi a lavorare, gomito a gomito, con Chef.
Appena usciti dal Pahkitew e dopo aver percorso 300 metri scarsi, Duncan, con Gwen stretta al suo braccio, si fermò un attimo e aspettò che Mike e Zoey fossero sufficientemente vicini.
“Che si fa ora?” S’informò, restando sul vago.
“A che proposito Duncan?”
“Forse voi avete intenzione di starvene zitti e di piegare la testa, ma io non lo accetto.”
“Avevi promesso.” Borbottò Zoey.
“Incrociare le dita sotto il tavolo è una stronzata che credevo valida solo per i bambini delle elementari.”
“Sappiamo che sei scosso e che vuoi aiutare il tuo miglior amico, ma non è questa la strada.” Replicò Gwen, notando come il fidanzato stesse cercando l’accendino.
“E quale sarebbe allora?”
“Scott ci ha chiesto di rimanerne in disparte.” Borbottò Mike.
“Si vede lontano un miglio che non è ciò che pensa.”
“Ma è ciò che vuole.” Replicò il moro con sguardo fermo, ricevendo per risposta un’onda di fumo acre e pesante.
“Tu che ne sai di ciò che vuole?” Domandò acido il punk.
“Lo conosco meglio di chiunque altro.” Continuò imperterrito.
“Ti sbagli Mike. Sono io il suo migliore amico: tu sei solo un semplice ex compagno di classe.”
“Puoi vederla in questo modo, ma sappi che in verità hai solo un’immagine sbiadita di Scott ed è quella di quando eravate bambini. Lui è cresciuto, tu sei cresciuto e ognuno è libero di fare le sue scelte sbagliate o giuste che siano.” Ringhiò Mike, sentendosi trattenuto per un braccio da Zoey che lo stava pregando di abbassare la voce a causa della sceneggiata che stavano facendo quasi in pieno centro.
“L’unica persona che non è cresciuta è Dawn.” Mormorò Gwen, mentre il fidanzato gettava al suolo la sigaretta ancora quasi intatta.
“Già.” Assentì Zoey.
“Ha lo steso comportamento di quando era una bambina. Si chiude in camera quando litiga con qualcuno, resta dei giorni senza mangiare e pretende delle scuse anche quando ha torto marcio.” Elencò Gwen, facendo sospirare i due ragazzi.
“Tutto qui?” Domandò Mike che, pur abitando nello stesso palazzo, anche se su piani completamente diversi, non era a conoscenza di tutte le sfaccettature del caratterino di Dawn.
“Non accetta le critiche, ti urla contro e non riesce mai a organizzarsi per i fatti suoi.” Concluse Zoey, convintasi di aver descritto più che egregiamente il lato negativo di colei che, in quelle settimane, era la sua rivale per quanto concerneva l’amore di Mike.
“Mi sento fortunato a vivere da un’altra parte.” Commentò Duncan, rassegnatosi di dover seguire la decisione della maggioranza.
“Si può dire, però, che ha anche i suoi pregi.”
“Se non li avesse, la vostra convivenza sarebbe un Inferno.” Soffiò Mike, fermandosi alla fermata del tram e aspettando che il mezzo giungesse per ricondurli a casa.








Angolo autore:

Siamo nuovamente in ritardo.

Ryuk: Di 10 giorni...che novità.

Ormai non prometto più nulla: quando mi ricorderò di pubblicare puntualmente sarà un bel giorno.
A presto
 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > A tutto reality/Total Drama / Vai alla pagina dell'autore: rocchi68