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Autore: PaikeApirana    01/09/2020    0 recensioni
Da che se ne ha memoria i serpenti a sonagli, nel deserto del Mojave, sono sempre stati considerati creature demoniache. Jake Sonagli, L'Angelo della Morte, viene persino considerato il Demonio fatto serpente.
Ma in questo inferno in cui le pallottole volano rapide e bruciano più del sole di mezzogiorno, si trova a vagare anche una creatura del paradiso, Beatrice Campbell, giovane femmina di serpente a sonagli cresciuta in una famiglia rispettosa e osservante delle leggi di Dio. Come Dante, pellegrino, lei si ritrova da sola nel pericoloso Vecchio West, in mezzo a tagliagole e pistoleri mercenari.
Rango, lo sceriffo di Polvere, farà inavvertitamente incontrare (di nuovo) l'angelo e il demone, quando un culto sospetto inizia a mietere vittime nei dintorni della città e l'inferno sale in terra per giudicare i peccati dei serpenti.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Movieverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Stavvi Minòs, orribilmente e ringhia:
e giudica le colpe ne’ l’intrata;
giudica e manda secondo ch’avvinghia.

Da una parte la presenza di Tilde gli dava l’orticaria, ma dall’altra Jake si ritrovò a essere grato del fatto che gli abitanti si concentrassero su di lei e lo lasciassero in pace.
Nonostante si sapesse che viveva assieme a due serpenti, sembrava diventata la beniamina del comitato. Tutti le camminavano accanto ponendole infinite domande e dandole di tanto in tanto delle pacche sulla spalla. Nessuno dava peso al fatto che fosse una fanciulla, come se fosse stata una di loro.
Ascoltando le loro conversazioni, alla fine Jake capì il motivo di tutte quelle attenzioni: senza nemmeno usare la pistola, Tilde aveva dato una lezione a Bill e alla sua banda di scalcagnati.
Pff come se ci volesse chissà che forza, pensò tra sé il serpente a sonagli. Quel mostro di Gila non era pericoloso nemmeno la metà di quelli che aveva incontrato lui ed era abbastanza sicuro che la sua pancia flaccida non lo rendesse esattamente agile. Magari Tilde non era molto forte, ma era lesta come un’anguilla e tanto bastava contro gente bassa come Bill.
Sbuffò, pensando che in ogni caso a breve tutti si sarebbero dimenticati di quelle sue prodezze.
Il sole non dette tregua al comitato per tutta la fottuta giornata, mentre loro vagavano come alla deriva in mezzo alla terra arsa. A guidare tutti c’era quel corvo azzoppato, che indicava tracce invisibili a tutti, anche a Jake.
Alla terza volta che lo vide indicare un punto indefinito all’orizzonte, il mercenario perse la pazienza: «Come facciamo a sapere che non stiamo girando in tondo?» disse seccato «Stiamo camminando da ore e non ho visto nessuna cazzo di impronta né percepito l’odore di quegli assatanati. Ci stai portando a fare una simpatica scampagnata, corvo?».
«Io indica dove essere andati talpe e serpente» gli rispose lui con estrema pacatezza, senza nemmeno prendersi la briga di guardarlo negli occhi.
«Stiamo viaggiando in mezzo al nulla in pieno giorno» ribatté ancora Jake «Siamo un banchetto per falchi ambulante!».
«Non abbiamo molta scelta» disse Rango, cercando di mantenere un tono calmo «Si sono fatti fin troppo audaci per i miei gusti e non intendo aspettare che arrivino a ungere di sangue anche le porte di casa mia».
«Sono d’accordo» si intromise Tilde «Devono pur avere un covo o una base da qualche parte…».
Prima che Jake potesse ribattere a tono, si sentì la voce di Waffle gridare: «Sceriffo, ho trovato qualcosa!».
La sua vocina era abbastanza acuta da ricordare quella di un bambino e stessa cosa si poteva dire per l’altezza ridotta -a mala pena arrivava alle staffe-. Il comitato lo vide tornare in groppa al suo gallo corridore a grande velocità, dopo essere andato in avanscoperta poco tempo prima.
Quando arrivò davanti a Rango, gli mostrò un pezzo di carta stampato, dicendo: «Era affisso a un cactus nel deserto, ma non riesco a capire che cosa ci sia scritto».
Jake sapeva leggere solo poche parole, ma quei caratteri cubitali sulla stampa gli parevano ancora più ostici del solito. Inoltre, più in basso era impresso uno strano simbolo: un serpente avvolto intorno a una croce, con la testa rivolta verso il cielo.
«Che diamine di lingua è?» chiese Oliver, il gatto.
«Ancora una volta signori, si tratta di latino. I nostri amici devono essere dei veri appassionati» fece Tilde prendendo il foglio tra le mani, per leggerlo «Il Signore disse al serpente: poiché tu hai fatto questo, sii tu maledetto più di tutto il bestiame e di tutte le bestie selvatiche; sul tuo ventre camminerai e la polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. È una citazione dal libro della Genesi, ma poi c’è anche un’altra frase».
Si prese qualche secondo per tradurla nella sua mente. Tutto il comitato intanto guardava Jake, come aspettandosi una delle sue solite sfuriate di fronte a quelle parole. La verità, però, era che il mercenario ormai ci era troppo abituato per dare peso a certe stronzate bigotte. In quel momento Tilde non si stava rivolgendo a lui e tanto bastava a tenerlo “Calmo”.
«Il regno di Dio è ormai prossimo. Arriva l’Eden in terra e in questo luogo puro non ci sarà posto per creature indegne e… impenitenti» finì di tradurre Tilde, con la fronte corrucciata «Questa non viene da un testo sacro… E poi non capisco cosa significhi questa croce di Asclepio disegnata».
«Una… croce di chi?» chiese un vecchio pollo che si sporgeva dalla sua cavalcatura per vedere il simbolo.
«Asclepio» spiegò Tilde «Il dio della medicina presso gli antichi greci. Il suo simbolo, un serpente avvolto intorno a un bastone, venne poi ripreso anche dai Cristiani, come si legge anche nel Vecchio Testamento».
«Che gente strana…» si lasciò sfuggire il vecchio Cucchiai «Un serpente come simbolo della medicina…».
Jake fu altrettanto sorpreso: di tutti i simboli per cui poteva essere usata la sua specie, la medicina era quello che meno si sarebbe aspettato, ma ne fu incuriosito.
«Nah… non è tanto strano» ribatté Tilde con nonchalance «Mali e veleni recano in loro anche antidoti e medicine. Solo che non capisco cosa abbia a che fare con la nostra setta, anche se questo manifesto è sicuramente loro».
Mentre sventolava il foglio di carta, Jake colse un disegno sul retro: un teschio bovino. Proprio come quello sotto cui era nascosta la Tana dei fuorilegge.
Anche gli altri animaletti del comitato lo notarono e presero a parlottare concitati su cosa potesse significare. La loro dotta beniamina, tuttavia, non sembrava molto pratica con i simboli usati tra i fuorilegge.
«Adesso si fa a modo mio, smilzo» disse Jake allo sceriffo «Io cambio strada, ci rivediamo a Polvere».
«Cosa? Ma…perché? Abbiamo finalmente una pista…» protestò il camaleonte.
«Fate come diavolo volete ma io ne ho le palle piene di girare in tondo sotto il sole e aspettare di finire tra gli artigli di un uccello o bruciato dal sole» ringhiò il serpente a sonagli «Hai chiesto il mio aiuto e mi hai promesso ettolitri d’acqua, quindi ora vado a cercare delle tracce sensate».
«E dove speri di trovarle?» lo schernì Tilde.
«In un luogo dove fortunatamente non sono ammessi i ficcanaso come te» bofonchiò il serpente, facendo tintinnare il suo sonaglio in avvertimento. Dette uno sguardo eloquente a Rango, il quale dovette capire di che luogo stesse parlando. Moscardo, il coniglio che gestiva la taverna dei fuorilegge, aveva già fatto una grossa eccezione lasciandolo entrare col distintivo; portare in gita tutto il comitato avrebbe sicuramente fatto scattare una sparatoria.
«Va bene» disse lo sceriffo «In effetti forse è meglio dividerci, troveremo più facilmente informazioni. Quando torni a Polvere vieni in municipio a fare rapporto… per favore».
Jake non rispose, allontanandosi strisciando per andare alla Tana.
Fare rapporto? Puah! Che cazzo sono, il suo soldatino? Essere sceriffo gli ha decisamente dato alla testa.
Senza il fastidioso chiacchiericcio di tutti gli animali attorno, il serpente a sonagli si ritrovò presto avvolto dalla quiete assoluta del deserto. Solo la sabbia di tanto mormorava sotto le sue squame oppure sospinta dal vento. Anche a tanta distanza, Jake non ebbe nessuna difficoltà a trovare la strada per il rifugio dei reietti come lui. Conosceva ogni singolo granello di sabbia nel deserto e, per di più, il bianco dell’osso spiccava molto sotto al sole cocente.
Man mano che si avvicinava al teschio di bue, pensò a cosa chiedere esattamente a Moscardo. Qualcuno doveva aver reclutato sette talpe e un serpente, di una specie esclusa quella a sonagli. Se faceva presto…poteva anche farsi un giretto con Circe.
Tuttavia, mentre si godeva il sollievo per essere da solo con i suoi pensieri, riconobbe qualcuno di familiare davanti all’entrata della Tana. Era niente di meno che Edward; le sue squame nere pezzate di rosa erano inconfondibili, così come la sua scorta di animali nerboruti.
Nemmeno il mostro di Gila tardò a riconoscerlo, sfortunatamente.
«Ma tu guarda chi si rivede! Jake, carissimo!» lo salutò con eccessivo entusiasmo «Torni già alla Tana in cerca di ingaggi? Hai già, come dire…Hai già finito di divertirti col tuo ultimo compenso?».
«No di certo!» gli rispose il serpente, forzandosi di ricambiare il tono bonario «Ho appena cominciato e ho ancora… parecchie munizioni in serbo per lei».
Edward rise di gusto a quella battuta sconcia, mentre Jake non vedeva l’ora di levarsi di torno. Quella lucertola non aveva niente di meglio da fare?
«E adesso dov’è?» insistette.
«A casa mia. La lascio riprendere un po’ prima di stasera» continuò fingendo una certa libidine.
«Bene, bene» si compiacque Edward, sistemandosi i risvolti della camicia «Sono contento che i miei regali siano apprezzati… Non tutti purtroppo sono leali verso gli amici quanto te, Jake. Il padre di quella ragazza, per esempio, era diventato fastidiosamente tirchio».
Ah, quindi lo ha seccato. Ecco perché non se ne torna a casa…
Malgrado quelle informazioni inutili, il mercenario aveva idea che ci fosse un altro motivo per cui stavano parlando di Beatrice e di suo padre.
«In ogni caso…» proseguì il mostro di Gila «Sarei leggermente deluso anche da te se mi dicessi che sei qui per vedere Circe».
«Adesso mi dici anche con chi devo andare a letto?» ringhiò sommessamente il serpente a sonagli. La scorta di Edward si irrigidì e i membri presero a schioccare le dita.
Quello d’altro canto, non dette segno di scomporsi e rivolse a Jake un sorriso tronfio: «No, Jake, ma come ti ho già detto quella sera, mi sentirei molto offeso se tu disprezzassi un dono che mi sono prodigato tanto a trovare» gli disse, mentre si accendeva un sigaro «Inoltre… devi sapere che mi stai aiutando divertendoti con lei».
«Cosa?» fece il serpente.
«Certo. Mi stai aiutando a dare una lezione a tutti quelli che sono un po’…reticenti a pagarmi. Proprio come il padre di quella dolce fanciulla» gli spiegò Edward, come se fosse stata la cosa più normale del mondo.
«Io sparo, non stupro ragazzine su commissione» spiegò il serpente a sonagli, al limite della rabbia. Scosse violentemente la sua pistola, facendola sferragliare.
Vide le talpe dietro Edward spostarsi la giacca e toccare le pistole nella fondina. Tecnicamente erano fuori dalla Tana; qualche proiettile poteva anche starci.
«Per Diana, non voglio certo che tu tela faccia davanti a tutti nella Tana!» esclamò Edward, come se la cosa fosse divertente «Ma se vuoi rientrare qui dentro, ti consiglio di portarla con te. Solo per una volta».
Merda, pensò il serpente. Avrebbe dovuto evitare di rispondere a quel pervertito e non si sarebbe impelagato in quella situazione. Riuscì a trattenere la rabbia e la frustrazione finché Edward e i suoi non varcarono la porta all’interno del teschio. Dopo di che, colpì con violenza una delle corna, lasciandoci un segno.
Adesso come cazzo faceva a portarsi dietro Beatrice?
Magari avrebbe dovuto trascinarla di peso. Tutti avrebbero trovato normale il fatto che urlasse e si dimenasse, ma poi avrebbe dovuto passare il tempo a tenerla buona, anziché cercare indizi sulla setta.
Un sassolino per poco non gli colpì l’occhio, rimbalzandogli sulle squame coriacee. Emise un sibilo rabbioso, mentre guardava in alto. La lucertola più fastidiosa del deserto era comodamente seduta sopra il teschio di bue.
«Da quanto sei diventato anche un compratore di schiave sessuali?» gli chiese, scagliandogli sul muso un altro sasso.
Jake non tardò a puntarle addosso la pistola e Tilde ebbe il buonsenso di alzare le mani e gettare a terra gli altri che aveva in mano.
«Non ho comprato nessuno. Me l’ha regalata» disse, iniziando a strisciare via, verso Polvere. Solo in quel momento notò il gallo corridore di Tilde nascosto dietro alle ossa di bue. La ragazza gli saltò in groppa per poi raggiungerlo.
«Che pensierino gentile. Ha in programma di regalarti anche un guinzaglio per Natale?» lo schernì.
«Fottiti» fu l’unica risposta del serpente a sonagli «Non dovresti essere con lo sceriffo e gli altri a fare da traduttrice, invece che rompere a me?».
«Ero troppo curiosa di sapere dove te ne andavi. Non immaginavo di trovare il centro del commercio schiavista».
«Non è posto per le signorine irritanti come te» le disse il serpente, scacciando con la coda il suo gallo come se fosse stata una mosca.
«Beh da adesso non è nemmeno un posto per te da quanto ho sentito» lo rimbeccò la ragazza, toccando finalmente il limite della poca pazienza di Jake.
Si abbassò appena in tempo per evitare un colpo di coda, ma cadde dal suo gallo, che prese a correre terrorizzato nel deserto. Lei rimase quindi sola con Jake e prontamente si mise in posizione di guardia.
«Tira fuori la pistola» la esortò il pistolero.
«Non ce l’ho. Io combatto senza».
Jake non tardò a puntarle contro la propria mitragliatrice, sapendo che non sarebbe riuscita a essere più veloce delle pallottole. Tuttavia, Tilde non sembrò spaventata. Nei suoi occhi c’era una strana luce: non era uno sguardo da killer, ma sembrava quasi che combattere le desse piacere in qualche modo.
«Reggimi la coda, per piacere».
Quella frase sorprese Jake abbastanza a lungo da permettere a Tilde di infilare la sua coda in uno dei fori della sua mitragliatrice. L’attimo dopo si staccò, lasciando però la sua coda lì. L’arto amputato, tuttavia, sembrava possedere vita propria e prese ad agitarsi convulsamente all’interno della canna, mentre Jake osservava schifato e cercava di toglierlo.
La lucertola non sembrava affatto indebolita dalla perdita della coda e, dopo avergli tirato un pugno di polvere negli occhi, gli assestò il primo calcio alla mascella.
«Maledetta…! Stronza!».
«Tanti complimenti mi lusingano. Che ci sei andato a fare in quel posto?» gli chiese.
«Cercavo la cazzo di setta» ringhiò lui, saettando con tutto il corpo verso di lei. Non riuscì a morderla, ma col resto del corpo la stava lentamente circondando. Ancora un attimo e l’avrebbe stretta tra le spire.
«Come mai proprio lì?» fece ancora lei, saltandogli di nuovo sulla schiena. Nemmeno quella volta, però, riuscì a evitare il colpo della coda metallica.
Jake la sentì guaire di dolore mentre rotolava nella polvere.
«Lì si reclutano mercenari, tra cui il sottoscritto, e non è raro trovarci anche fanatici religiosi» le spiegò.
«Uh…» sospirò Tilde, tenendosi le costole «E il tizio di prima è un tuo cliente».
«Perspicace» le disse Jake prima di tentare un altro attacco.
Questa volta, Tilde lo colpì con un sasso più grosso raccolto da terra. Aveva commesso l’errore di attaccarla a denti sguainati e fu proprio uno di essi a essere preso in pieno.
Un dolore lancinante trafisse il serpente a sonagli, costringendolo a ritrarsi mentre in bocca sentiva il sapore metallico del sangue.
Alla fine, fu costretto a sputare una delle sue zanne velenifere. Non che fosse una grande perdita: gli sarebbe ricresciuta a breve.
«Cazzo!» disse, tastandosi la mandibola dolorante.
«Toglimi una curiosità» fece Tilde con ancora il sasso in mano «Beatrice è scappata da te o…?».
«Se fosse scappata l’avrei già ripresa» mugugnò Jake quando finalmente il sangue smise di fuoriuscire dalla ferita «Diamine vuoi proprio che lo dica a tutta la dannata città che mi sono giocato la paga?!».
Tilde tossì un po’, ma gettò a terra il sasso. Sembrava bastarle il fatto di aver pareggiato la propria coda col suo dente.
«Facciamo che ti credo» gli disse «Posso aiutarti a convincere Beatrice a venire con te».
«Perché dovresti farlo?» le chiese lui, scettico.
«Perché sono una buona samaritana?» gli rispose lei forzando anche un sorriso. Era persino meno credibile di un falco vegetariano e presto si accorse che Jake non la beveva. «E va bene voglio venire anche io nella Tana» confessò alla fine «Ti starò lontana e non farò risse».
«Puoi anche farle per quello che mi riguarda, ma poi te ne tiri fuori da sola» le rispose, cercando di non dare a vedere quanto in realtà fosse curioso di vederla affrontare i tagliagole della locanda.
«Allora andata» concluse Tilde con un sorriso.
   
 
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