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Autore: babykit87l    01/09/2020    3 recensioni
Martino e Niccolò stanno insieme ormai da sette anni, finché un evento traumatico non cambia le loro vite stravolgendole. Sarà dura tornare alla vecchia vita o forse l'unica soluzione è considerare la possibilità di iniziarne una nuova.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 12  

 

 

Dal momento della chiamata di Ibra, tutto divenne una corsa forsennata per prepararsi e uscire di casa per arrivare nel più breve tempo possibile in clinica. Martino era stordito e Niccolò aveva dovuto prendere le redini della situazione. Non sapeva come ci stesse riuscendo, ma vedere Martino spaesato, senza sapere cosa fare, lo aveva smosso: aveva fatto vestire il ragazzo e aveva preso le chiavi della macchina, mettendosi alla guida.   

“Dov’è la clinica?”  

“Ehm, oddio...” Martino lo aveva guardato con gli occhi spalancati. “Ho un vuoto mentale, n-non me lo ricordo.”  

“Dammi il telefono.” Gli aveva preso il telefono di mano, guardando nella cronologia di Google Maps per ritrovare l’indirizzo. “Calmati! Respira e riconnetti il cervello, mi servi attivo! Ci sono cose che non so, o meglio non mi ricordo.”  

“Sì, scusa. Hai ragione, è che sono ancora rintronato e la chiamata mi ha sconvolto.”   

“L’ho visto, però ho bisogno di te.” Il tono sicuro di Niccolò sembrò riscuotere Martino, che recuperò un po’ di concentrazione.  

“Okay, vuoi che guidi io?”  

“No, però mettimi il navigatore, così so dove devo andare.”  

Martino riprese il telefono, impostò la mappa e lo posò sul supporto per permettere a Niccolò di dargli uno sguardo ogni tanto durante la guida. Poi sospirò, rilassandosi sul sedile.   

“Non posso credere che sia già arrivato il momento. Mi sembra ieri che mi diceva che era incinta...”  

“Sei emozionato, eh?”  

“Sì. Sana ed io... non lo so, tra noi è iniziata per caso e in maniera pessima. Ricordo che avevo sentito parlare di lei a scuola perché la chiamavano Sana Bin Laden – ce la chiamavo pure io così - però poi frequentandola e discutendo, anche di argomenti importanti - religione, omosessualità, cose così - alla fine qualcosa è scattato e ci siamo legati. E alla fine è diventata la mia migliore amica.”  

“Ed Eva? Non era lei la tua migliore amica?”  

Martino sorrise, annuendo. “Diciamo che Eva è più una sorella, la conosco da una vita ed è la ragazza del mio migliore amico, che è praticamente un fratello per me.  È Sana, invece, quella che posso definire come la  mia migliore amica. E nonostante lei continui a negarlo, io sono il suo.”  

“Quindi questa bambina è quasi una nipote.”  

“Ah, sicuro. Saremo Zio Marti e Zio Nico, non accetto compromessi.”  

Niccolò rise, mentre si voltava verso Martino per guardarlo in volto. Era una fortuna che fossero fermi a un semaforo, perché per un attimo si incantò a osservare il suo profilo e il sorriso che ancora aleggiava sul suo volto. Si riscosse solo quando Martino si voltò verso di lui e qualcuno dietro strombazzò il clacson, per avvertirlo di ripartire, essendo scattato il verde.   

Arrivarono in clinica poco dopo e Martino corse subito verso il reparto, mentre Niccolò andò a parcheggiare. Rimase in macchina per qualche minuto prima di salire dal garage coperto. Prese il telefono e aprì Whatsapp, cercando Sana tra le conversazioni: finora si era sempre concentrato solo su Martino e Luai, però adesso che stavano per diventare ‘zii’, seppur acquisiti, voleva capire che rapporto avesse effettivamente con Sana e la sua famiglia. I suoi ultimi ricordi riguardavano Luai, Rami e gli altri del gruppo da cui aveva deciso di allontanarsi per la paura di quello che era successo con la famiglia Marrash, sebbene ora sapesse che aveva recuperato il rapporto con tutti dopo il suo ritorno a Roma, quando stava già convivendo con Martino.   

Scorse i messaggi dei mesi scorsi, al natale passato e lesse la conversazione.  

Venne interrotto nella lettura dal bussare sul finestrino, che lo riscosse. Rami lo guardava da fuori con un sorriso a trentadue denti.  

“Oh zì , ma  che stai a fa’ chiuso in macchina?” Chiese subito appena Niccolò uscì dall’auto.   

“Niente, Martino è già salito e stavo parcheggiando. Sei arrivato adesso?”  

“Sì, mi ha accompagnato Luai, sta a butta’ la macchina da qualche parte pure lui.” Era chiaramente su di giri, con gli occhi spalancati e il sorriso fisso sulle labbra. Se non avesse saputo che Sana stava partorendo, avrebbe senza dubbio pensato che si fosse appena fatto una canna.  

“Sei euforico eh?”  

“Eh un po’... sto per diventa’ zio. Io? Te rendi conto?”  

Niccolò rise, scuotendo la testa. “È una follia!”   

“Nico! Ciao, sei venuto pure tu...” Luai si avvicinò con un sorriso al quale Niccolò rispose annuendo e abbassando il capo.  

Rivederlo stava scatenando sentimenti contrastanti, di cui quello più forte era sicuramente il senso di colpa nei suoi confronti: da quel pomeriggio sotto casa dei suoi, non si erano più né visti né sentiti e si era concentrato così tanto sul suo rapporto con Martino che non aveva pensato nemmeno a mandargli un messaggio per fargli sapere che stava bene.   

“Che dite, saliamo? Dai che da Allagui non vedrà l’ora di uscire e fare il culo a tutti.”  

Rami li esortò a seguirlo verso gli ascensori e poi su al reparto, dove oltre a Ibra e a Martino, erano già arrivati i genitori di Sana, così come Eva e Giovanni.   

“Allora? Novità?” Chiese subito il ragazzo.   

“È dentro. Di più non sappiamo...” Rispose Martino, prendendo la mano di Niccolò.    

Sembrava essersi ripreso del tutto dallo shock della telefonata.    

“Vabbè attenderemo...”  

Rimasero in silenzio nel corridoio per qualche minuto, ognuno perso nei propri pensieri. Niccolò era accanto a Martino, su uno dei divanetti laterali e lo guardava di sottecchi, cercando di interpretare lo stato d’animo del ragazzo. O almeno questa era l’intenzione iniziale perché appena posò lo sguardo su di lui si incantò a osservarne i lineamenti, le lentiggini chiare sul naso e gli zigomi, le labbra piene, gli occhi stanchi ma attenti a tutto quello che avveniva intorno a lui. Il suo unico pensiero fu che fosse bellissimo e sentì il cuore battere più forte.   

Martino si voltò verso di lui, chiedendogli con gli occhi se fosse tutto apposto e Niccolò annuì piano, stringendo la mano nella propria.   

Nell’attesa dell’ostetrica che uscisse e desse loro informazioni, Giovanni si avvicinò ai ragazzi, poggiandosi sul bracciolo del divanetto.  

“Ehi Marti, ti volevo dire che Paola è fenomenale!”  

“Avete trovato casa?” Chiese Niccolò, avvicinandosi un po’ di più.  

Giovanni annuì con un sorriso. “Dobbiamo solo firmare il contratto d’affitto.”  

“Grande! Dove?” Intervenne Martino.  

“Tuscolana! Dietro la metro di Pontelungo.”  

“Ah vabbè buono, dai.”  

“Sì, vi toccherà aiutarci per il trasloco!”  

“Ah ecco perché me lo stai a dì, paraculo!”  

“Ma che paraculo va...” Rispose ridendo Giovanni.  

Nel frattempo anche Eva, di ritorno dalle macchinette con un caffè in mano, si accostò al gruppetto.  

“Abbiamo saputo la notizia. Congratulazioni!”   

“Ma glielo hai detto da solo. Cattivo!” E diede un pugnetto sulla spalla di Giovanni. “Comunque sì, ci trasferiamo tra due settimane, quindi ci dovete assolutamente aiutare.” Continuò poi rivolgendosi di nuovo a Martino e Niccolò.  

“Sì già ce l’ha detto. Tranquilla vi diamo una mano noi.”  

“Così magari possiamo inaugurare la casa con il compleanno di qualcuno.” Chiosò lei, con un sorriso sornione nei confronti di Martino, che abbassò la testa con un sorriso timido.  

“È il tuo compleanno?” Chiese a quel punto Niccolò, stupito di venire a conoscenza di un particolare così semplice eppure così importante.  

“Tra poco. Il 22 maggio.” Spiegò con dolcezza e pazienza Martino.  

“Sì, il nostro caro Rametta compie 25 anni! Stai a diventa’ vecchio zi’!”   

“Ma se sei nato mesi prima di me...” È la risposta secca di Martino, cui Giovanni risponde con una pacca sul collo, sorridendo. “Che vuoi? Non mi toccare!”  

Eva poi iniziò a descrivere la casa, con un entusiasmo che Niccolò riconobbe come l’emozione di un'indipendenza finalmente realizzata. Quell’indipendenza che non credeva di poter ottenere e che invece si era ritrovato a vivere, accanto a Martino. Chissà com’era riuscito a convincere i suoi a lasciarlo trasferire nella vecchia casa della nonna.   

Rimasero in quel corridoio per altre due ore, Niccolò stette in silenzio, tenendo la mano stretta in quella di Martino, mentre lui chiacchierava con gli altri in attesa di notizie di Sana. Alla fine una delle infermiere uscì dalle porte scorrevoli che portavano in sala parto e con un sorriso annunciò che Sana aveva dato alla luce una bambina di poco più di tre chili e che a breve sarebbero potuti andare in stanza a salutarla. La bambina era in salute e la neo-mamma era stanca, ma visibilmente felice.  

Ibra corse subito nella camera della ragazza, pronto finalmente a conoscere sua figlia mentre gli altri uscirono a fare colazione, così da dar modo ai neo-genitori di godersi i primi momenti della bambina in pace e da soli.   

“Tutto bene?” Chiese Martino, mentre Niccolò fissava il vetro del bancone dove sfoggiavano in bella vista vari cornetti e dolci. Si era accorto che Niccolò si era chiuso nel silenzio e adesso che sapevano che Sana e la bambina stavano bene, voleva assicurarsi che anche per lui fosse tutto okay.  

“Sì certo! Che prendi?”   

“Un cappuccino sicuramente e... se ti va, possiamo smezzare un cornetto al cioccolato. Ti va?”  

“È il mio preferito.”  

“Lo so...”   

Niccolò sorrise perché Martino aveva sempre queste piccole accortezze nei suoi confronti e gli si contorse anche un po' lo stomaco al pensiero che lo facesse per metterlo a suo agio.  

Quando ebbero consumato la colazione, decisero di salire e conoscere la loro prima nipotina e salutare Sana che sicuramente li stava aspettando.  

Di fatti quando entrarono nella stanza, il volto di Sana si illuminò con un sorriso splendente, nonostante la stanchezza fosse ben visibile. Aveva la bambina in braccio ed era poggiata sui cuscini morbidi che si era portata dietro, ficcati a forza nel borsone.  

“Ehi bellissima, come stai?” Martino subito si avvicinò e le baciò la guancia morbida.  

“Stanca ma felice!”   

“Si vede... e lei?”  

“Ragazzi vi presento Amira Badr-Eddine.”  

“Amira? Bellissimo!” Martino si complimentò e le chiese di poterla prendere in braccio. Lei gliela passò con cura e allungò la mano verso Niccolò rimasto in disparte.  

“Vieni qui, tu. Che fai non mi saluti?”  

“Certo! Congratulazioni Sanetta!”  

Lei ringraziò e gli strinse la mano un po’ di più. Niccolò rivolse poi lo sguardo verso Martino rimanendo incantato a osservarlo prendere confidenza con la piccola: la teneva stretta tra le braccia e la cullava con dolcezza.  

“Sei la mia nipotina preferita, lo sai? Zio Marti ti ama già da morire e sarò il tuo zio preferito, vero?”   

“Zio Marti guarda che è l’unica nipote che hai...” Intervenne Sana ridendo.  

“E tra l’altro che è ‘sta storia che sarai il suo preferito?” Rami gli puntò il dito contro ridendo. “Sono quasi certo che se non sarò io, allora sarà Nico!”  

“Perché io?”  

Martino lo guardò per un secondo e sospirò piano. “Sì, vero. Perché sei la dolcezza fatta a persona...”  

“Anche tu, guarda come sei con lei già adesso.”  

“Si aspettiamo che inizi a piangere poi vediamo se sarà ancora dolce Zio Marti.”   

Martino rise sarcasticamente per poi decidere di dare attenzione solo alla bambina. “Non ascoltarli Amira. Zio Marti ti ama anche se piangi.” Sussurrò accostando il suo naso a quello della bambina che, quasi lo avesse capito, fece un versetto divertito.  

“Credo riconosca la tua voce, Marti, sai?”  

“Dici? Vedi già mi ami, come posso non essere io il tuo preferito?”   

“Nico, vuoi prenderla anche tu in braccio?” Chiese Ibra, vedendo il ragazzo imbambolato a guardare Martino sorridere e lasciare dei baci leggeri sul nasino della piccola.  

“Oh, non so se è il caso.”  

“Dai vieni, tienila anche tu un momento. Non avere paura.” Martino gli passò la bambina, dandogli coraggio con lo sguardo e il sorriso e quando la prese tra le braccia, Niccolò sentì un’emozione mai provata prima, che gli inumidì gli occhi e gli spezzò il fiato. “Ciao meraviglia. Quanto sei bella...” sussurrò poi, accarezzandole una mano che prontamente strinse un suo dito attorno a sé con una forza incredibile.  

Poco dopo un’infermiera entrò in stanza e fece uscire tutti chiedendo loro di tornare in orario di visita. Poteva rimanere solo una persona e Sana volle Ibra con lei. Prima che tutti andassero Sana richiamò Martino che rimase dentro, mentre Niccolò e gli altri iniziarono a scendere.   

“Ehi, Nico, non ci siamo più visti o sentiti da quando sono venuto a trovarti a casa dei tuoi...” Lo fermò Luai, fuori dalle porte principali della clinica.  

“Sì, è vero. Sono tornato a casa da Martino.” Si accese una sigaretta, aspirando lentamente.  

“L’avevo immaginato.”  

“Ci siamo avvicinati molto da quando sono lì.”  

“È una cosa buona. Insomma lui è pazzo di te.”  

“Già... Posso confidarti una cosa?” Gli chiese, mentre gli offriva un tiro della sigaretta, che l’altro accetto volentieri.  

“Dimmi…”  

“Oggi mi sono reso conto che… insomma mi piace un sacco e…”  

“E…?”  

“Credo di essermi innamorato di lui.” Era strano dirlo ad alta voce.  

“E qual è il problema?”  

“Beh, io non ricordo ancora niente e mi sto sforzando così tanto, eppure... niente, ho solo gli incubi.”  

“Si, ma non mi sembra che lui se ne stia lamentando. Sembrava felice prima. Cioè prima in camera di Sana era sereno.”  

“Sì, ma si è chiaramente adattato a questa situazione.” Alzò le spalle, sconsolato.  

“Ma tu gliel’hai detto? Che ti sei innamorato di lui, intendo.”  

“No. Non credo che glielo dirò.”  

“Perché no, scusa?”  

“Ho paura che non mi crederà.”   

“Ma che dici?”  

“Penserà che mi sono lasciato condizionare dal fatto che viviamo insieme e che c’è attrazione. Ci siamo anche baciati. Però io so che è più di questo. So quello che provo. E non mi era mai successo prima.”  

“Allora glielo devi dire. Non ha senso che glielo nascondi, primo perché si vede. E poi lascia che sia lui a decidere una volta tanto, no? Martino deve sapere! Diglielo!”   

“Dirmi cosa?” Martino uscì dallo stabile e li guardò con curiosità. “Cos’è che dovrei sapere?”  

“Ahem... che stiamo parlando. Avevo paura che potessi pensare male, vedendoci qui da soli.” Mentì spudoratamente Niccolò, senza incontrare i suoi occhi e con molta probabilità Martino se ne era reso conto, ma non disse nulla.  

“No! Io mi fido. Di te e di lui.” Rispose serenamente, prendendogli la mano.   

“Vabbè, raga io vado che stasera ho un catering importante. Tanto ci vediamo da Sana...”  

“Sicuro!”   

Luai si allontanò e restarono solo loro due, mentre Niccolò finiva la sigaretta e buttava via il mozzicone ormai consumato.   

Nel frattempo sul suo telefono arrivò un messaggio, che Niccolò lesse mentre entravano in auto.  

 

“Sai che mi ha detto Sana, prima?” Martino richiamò la sua attenzione, proprio mentre Niccolò riponeva il telefono in tasca.   

“Cosa?”  

“Che anche se non ufficialmente, perché nell’Islam questa cosa non esiste, vuole che io sia il padrino di Amira. Mi ha confessato che ha parlato tanto con Ibra negli ultimi giorni e, anche se con un peso nel cuore, ha deciso di sostenerlo e ha accettato che lui vada in Kenya tra quattro mesi con Medici Senza Frontiere. Se non dovesse tornare, quando la bambina sarà un po’ più grandina, tipo 2 o 3 anni lo vuole raggiungere.”  

“Oddio, non è un po’ presto per pensare ‘ste cose?”  

“Forse sì, però si sta già preparando all’idea. Non vuole trovarsi all’improvviso in quella situazione.”  

“Quindi Sana crescerà la bambina da sola?”  

“Già. È quello che le ho chiesto io e mi ha risposto che a questo punto, quando Ibra partirà entrerò in gioco io: mi ha chiesto di darle una mano. E pure a te, ovviamente, di conseguenza. Cioè mi fa piacere che abbia pensato a me, a noi, però non vorrei si pentisse di aver accettato questo trasferimento. Mi sembrava così convinta di non volerlo qualche settimana fa...”  

“Beh magari... pensava sarebbe stato diverso, ma ora la bambina è nata e sarà comunque parecchio impegnata con lei, no?”  

“Sì, forse sì... e poi avrà noi. Saremo una sorta di padrini in assenza di Ibra. Se a te sta bene, ovviamente...”  

Niccolò si morse il labbro inferiore, ragionando su ciò che quella richiesta avrebbe comportato e si ricordò di tutte le giornate passate a casa Allagui, con Rami e Luai, spesso rimanendo a dormire lì più volte a settimana e Sana che, nonostante il caos che facevano, aveva sempre il sorriso e la pazienza di accoglierli ogni volta, come fossero a casa loro.   

“A me sta bene. In fondo saremo Zio Marti e Zio Nico, giusto?”   

Martino sorrise e si avvicinò a lui per baciarlo. “Assolutamente sì!”   

Nei giorni successivi, Martino fu così preso dal lavoro - voleva portarsi avanti quanto più possibile così da potersi dedicare a Sana e alla bambina - che Niccolò rimase molto tempo solo a casa. E decise di prendersi questo tempo in solitudine per capire meglio quello che provava per Martino e soprattutto trovare il momento e le parole giuste per dirglielo. Ogni tanto si incantava a guardarlo, la sera, mentre erano sul divano o a cena – “Che c’è?”, “Niente perché?”, “Non lo so, mi stai fissando...”, “Scusa mi sono incantato, non ti stavo guardando davvero”, era sempre questa la risposta che dava.  

Luai però aveva ragione, Martino meritava di saperlo e soprattutto lui iniziava a sentirne la necessità, come se una forza più grande di lui lo spingesse verso quell’unico obiettivo. Era diventata quasi un’ossessione, provò persino a scrivere quello che avrebbe voluto dirgli, ma era difficile da esprimere a parole. Forse suonare sarebbe stato meglio. Così spulciò in mezzo a tutti gli spartiti e gli appunti che aveva e trovò una serie di tracce che non conosceva. Li pose sul pianoforte e seguendo lo spartito iniziò a suonare. Era una musica lenta, con note evidentemente dolorose ma anche piene d’amore e in essa, per la prima volta dacché aveva aperto gli occhi in quella stanza d’ospedale, si riconobbe. Quelle note, quella melodia... erano lui, con tutte le sue emozioni, le sue contraddizioni e i suoi sentimenti: tutto urlava Niccolò Fares a pieni polmoni. E pianse. Non sapeva nemmeno perché, ma finalmente si sentì sé stesso. In quelle note non c’era un estraneo, qualcuno di cui aveva preso la vita senza alcun ricordo. Erano semplicemente lui.   

Quando Martino tornò a casa si era già calmato, anche se il rossore degli occhi era rimasto.  

“Tutto okay?”  

Niccolò annuì e gli sorrise, sfiorandogli le labbra in un bacio leggero. “Tutto bene, tranquillo.”  

“Hai pianto?”   

“No, sarà un po’ di allergia...”  

Martino gli prese il volto tra le mani e l’osservò con dolcezza. Non disse niente, non insistette per sapere cosa fosse successo, accettò la scusa di Niccolò, come aveva già fatto negli ultimi giorni, dimostrando di conoscerlo e sapere quando insistere e quando invece lasciar perdere. Come in questo caso.   

“Che vuoi per cena?” Chiese invece, lasciando un altro bacio sulle sue labbra.  

“E se ordinassimo da fuori? Tipo sushi?”  

Martino sorrise e accettò, prendendo uno dei menu da asporto che avevano da parte per serate come quella. “Che prendiamo?”  

“Non lo so... A me piacciono gli Uramaki.”  

Sono meglio gli Uramaki... perché non hai preso gli Uramaki?  

Perché non so neanche cosa siano.  

Una fortissima fitta alla testa lo colpì come una martellata. Cos’era quello? Un’allucinazione? Un flashback? Si chinò a terra, accucciandosi e tenendosi la testa tra le mani.   

“Ehi, Nì, che hai?”  

“Niente, niente... Ho avuto una fitta. Sto bene!” Niccolò si rialzò e rispose a fatica.  

“Che è successo?”  

“Non lo so... c’entravano gli Uramaki.”  

E Martino cambiò espressione, le labbra si chiusero in una linea sottile e gli occhi si abbassarono. “Era un ricordo?”  

“Non lo so... ho sentito la tua voce nella testa.”  

“Vieni qui, raccontami...” Martino gli prese la mano e lo guidò fino al divano, dove si sedettero.   

“Non sono sicuro, è stato un flash velocissimo. Ti chiedevo di prendere gli Uramaki e tu mi dicevi che non sapevi cosa fossero o qualcosa del genere. Pensi sia un ricordo?”  

Martino annuì, con convinzione. Aveva gli occhi lucidi e l’emozione era ben presente sul suo volto. “Sì che lo è. Abbiamo avuto questa conversazione quando siamo andati a Milano. Te ne ho parlato, te lo ricordi?”  

“E mangiammo giapponese?”  

“Sì! Certo avrei preferito fosse un ricordo più bello, legato a qualcosa di più positivo. Però stai ricordando, Nì. Ti rendi conto quanto sia importante?”  

“Beh non lo definirei un ricordo. È stato talmente veloce...”  

“Okay, certo. Però è un inizio. È una buona cosa.”   

Niccolò annuì e lo abbracciò, affondando con la testa nell’incavo del collo del ragazzo, che gli baciò i capelli e lo strinse a sé, più stretto che poté.  

Alla fine scelsero dal menù una serie di rolls e tempura e mangiarono sul divano, seduti a gambe incrociate, uno accanto all’altro. Martino poggiò spesso la testa sulla sua spalla, cercando un contatto più stretto, visibilmente felice di quel flashback. Niccolò capì che gli aveva aperto una speranza che probabilmente stava svanendo giorno dopo giorno. E sentì di nuovo quell’esigenza di confessargli i suoi sentimenti, ancora più forte di prima.  

“Che c’è? Perché mi guardi così?” Chiese Martino quando si misero a letto, abbracciandolo stretto a sé. “Sono giorni che sei strano... che hai?”  

“Marti io... io... ti devo dire una cosa.”  

“Hai avuto altri flashback in questi giorni?”  

“No, no... questo è stato il primo.”  

“Okay! Dimmi allora.” Rispose con un sorriso.  

“Ecco...” Avrebbe voluto dirglielo. Avrebbe voluto urlarlo al mondo... eppure le parole non riuscivano a venire fuori.   

“Puoi dirmi tutto, lo sai. Che è successo?” Martino notò la sua insicurezza.  

Niccolò sospiro e si spostò di lato, tenendo ancora la mano sul fianco del ragazzo. Non poteva dirglielo così. “E se non dovessi mai ricordare? Se questi flash fossero il massimo? Che succederà tra noi?” Doveva sapere, prima di esporsi più di quanto già non avesse fatto fino a quel momento.  

“C’ho pensato tanto a questa cosa, sai? Anche in questi due mesi.” Anche Martino si spostò di lato, per guardarlo in volto. “E non ti nascondo che vorrei, davvero tanto, che recuperassi tutta la memoria... però se non dovesse succedere, non sarebbe la fine del mondo. Staremmo comunque insieme, se vuoi stare con me ovviamente.”  

“Davvero?” Non riuscì a mantenere la voce ferma.  

“Nì, per me sei sempre tu. Con i ricordi o senza. La tua personalità, il tuo carattere, non è cambiato. Magari sei più impulsivo, ma sei lo stesso ragazzo di cui mi sono innamorato sette anni fa. Non è cambiato questo. Io amo ogni versione di te.”  

Niccolò si sporse a baciarlo e decise di dar retta a quell’impulsività di cui aveva appena parlato Martino. Lo fissò per un momento e, poggiando la fronte sulla sua, mormorò “anche io mi sono innamorato di te, Marti.”  

“Sì? Sei innamorato di me?”  

Niccolò annuì e si sdraiò sul ragazzo, riprendendo a baciarlo, mentre le sue mani vagavano sul suo corpo caldo e già preda dell’eccitazione. Martino si alzò a sedere e si tolse la maglietta, rimanendo a petto nudo, poi fece lo stesso con quella di Niccolò, che volò fuori dal letto a terra, e rimase senza fiato per un attimo. Non lo aveva più visto nudo da ancor prima dell’aggressione e sul petto di Niccolò erano ancora presenti diversi ematomi, non troppo evidenti ma c’erano. Niccolò si guardò e si morse il labbro inferiore.  

“Non è così grave come sembra. Non mi fanno male.”  

Martino si riscosse e continuando a guardarlo negli occhi, si abbassò e baciò ogni livido con una delicatezza che commosse Niccolò. Lentamente entrambi si spogliarono e rimasero nudi, Martino si sdraiò di schiena sul materasso, tirandosi dietro Niccolò, finché le loro erezioni non sfregarono l’una sull’altra, creando un attrito che fece gemere entrambi.   

Niccolò scese con le labbra, baciando e succhiando ogni centimetro di pelle che riusciva a raggiungere, poi la mano si strinse un po’ intorno al suo pene e si fece spazio con una coscia tra le gambe di Martino, costringendolo ad allargarle. Lui si abbandonò completamente alle cure del ragazzo, spingendo il bacino verso la mano di Niccolò, che gli rivolse un piccolo ghigno diabolico mentre scendeva con l'altra mano verso la sua apertura. Si sentiva un po’ impacciato: sapeva che non si trattava la loro prima volta ma era come se lo fosse, per la sua testa lo era certamente. Eppure sentiva un istinto quasi innato, che lo guidava, facendogli esplorare e venerare il corpo dell’altro, con le mani, la lingua e gli occhi. Senza rendersene conto, sapeva già quali punti toccare per dargli piacere e farlo eccitare di più. Lentamente fece scivolare le sue dita all'interno, e cominciò a sforbiciarlo un po' per allargare l'entrata. Martino non seppe trattenere un piccolo gemito di piacere dalle labbra, che lo incitò a continuare, preparandolo con cura. Ma anche estrema lentezza.   

“Stai cercando di uccidermi?” Ansimò Martino, alzando la testa per guardarlo in volto.  

Niccolò rise, leccando l’anca sinistra e lasciando poi un bacio leggero. “È passato del tempo e potrebbe darti fastidio.”  

Martino sospirò, ricadendo all’indietro. “Sti cazzi, Nì! Fallo e basta.”  

“Okay, allora fammi andare a prendere un preservativo...”  

Martino si morse il labbro e chiuse gli occhi, scuotendo la testa. “In realtà... non li usiamo.”  

“Cosa? Scherzi?”  

“No, è un po’ ormai... stiamo insieme da sette anni e non c’è mai stato nessun altro.”  

“Sì, ma è rischioso...”  

“Facciamo i test ogni sei mesi... siamo puliti.”  

Niccolò rimase interdetto per un momento. Dovevano davvero fidarsi molto l’uno dell’altro, per arrivare a fare sesso senza protezioni. Lui stesso si fidava a tal punto.   

“Se non te la senti, mi vesto al volo e vado a prenderli qui sotto. C'è la farmacia con il distributore automatico...” Mormorò Martino, di fronte all’incertezza di Niccolò che però denegò con la testa.  

“No, okay. Se mi fidavo prima, mi fido anche ora. Mi fido di te completamente.”  

Martino sorrise e si sporse a baciarlo, con la passione di chi aveva atteso fin troppo per quel momento. “In compenso, abbiamo un cassetto pieno di cose carine da usare. E c’è il lubrificante.”  

Niccolò rise e si sporse per aprire dove il ragazzo aveva indicato e si trovò davanti diversi oggetti. “Wow, eccitante!”  

“I nostri amici lo avevano soprannominato il cassettino delle porcate...”  

“Ti credo... e questo?” Chiese Niccolò ridendo e tirando fuori un dildo rosa fuxia completamente ricoperto di glitter.  

Martino gli si accostò, alle spalle e poggiò il mento su di essa, baciandogliela piano. “Quello ce l’ha regalato Filippo, ma non l’abbiamo mai usato.”  

“Okay...” Niccolò posò il dildo nel cassetto e spinse Martino di nuovo sulla schiena, tirando poi fuori un tubicino di lubrificante. Quando si voltò verso il ragazzo, il suo sguardo si posò sulla sua figura distesa a pancia in su, totalmente nudo, ad occhi chiusi, mentre con una mano lavorava piano su sé stesso per darsi un po' di sollievo.  

Fermò la sua mano, sussurrandogli direttamente nell’orecchio. “Lascia che ci pensi io a questo.”  

Gli lasciò un bacio lieve sulle labbra, poi si issò le sue gambe sulle spalle e si allineò alla sua apertura. “Se ti faccio male, dimmelo.”  

Martino annuì, chiudendo gli occhi per lasciarsi totalmente andare e Niccolò lentamente scivolò dentro di lui. Dio, era passato così tanto da quando era stato in connessione con qualcuno, così vicino non solo fisicamente, ma anche mentalmente. Sentì solo Martino tutto intorno a sé e il cuore accelerò al punto che ebbe quasi paura potesse scoppiare da un momento all’altro. Tenendo gli occhi puntati su quelli di Martino, sempre più velati dal piacere, aumentò un po' la velocità e la forza delle spinte, mentre l'altro continuava a stringere il lenzuolo sotto di loro tanto che le sue nocche erano diventate bianche per lo sforzo.  

Senza fermarsi, fece scivolare una mano intorno all'erezione di Martino e accompagnò il movimento del polso con il ritmo delle spinte, finché Martino non lo chiamò dolcemente, aggrappandosi alle sue spalle. “Nì, sto per venire...” e questo lo investì al punto che si sentì arrivare decisamente troppo vicino al limite senza preavviso. Continuò a spingere una, due, tre volte ancora, fino a che non venne colto da uno degli orgasmi più intensi che avesse mai provato. Non si fermò nemmeno mentre l'orgasmo lo travolgeva, per permettere a Martino di venire anche lui e quando finalmente ci riuscì, il suo sperma che schizzava sulla mano dell'altro e sullo stomaco, Niccolò si tolse le gambe del ragazzo di dosso con grazia e si lasciò cadere su di lui delicatamente, con la fronte premuta contro la sua spalla umida.   

Con lentezza scivolò fuori e si sdraiò di lato, mentre con una mano accarezzò la guancia di Martino che aprì gli occhi. Si ritrovò davanti, allora, il suo sorriso dolce. Martino gli prese la mano e si spostò anche lui di lato, chiudendo gli occhi, completamente soddisfatto.   

Niccolò rimase fermo a guardarlo mentre scivolava nel sonno e sorrise. “Mi ricorderò di te.” Sussurrò, quando ormai Martino era del tutto addormentato.  Te lo prometto .  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Notes:

BOOM! Lo so ci abbiamo messo 12 capitoli ma ci siamo arrivati... i prossimi saranno importanti, ma ovviamente niente spoiler.
Non sono molto brava con lo smut quindi perdonate se non è così erotico come doveva essere ma questo è il meglio che ho saputo fare ^^'''''
Spero vi sia piaciuto, perciò fatemi sapere che ne pensate okay?
Ringrazio tutti coloro che sono sempre qui a seguirmi <3
A presto
Babykit

   
 
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