Salve
a tutti! Come vi avevo anticipato, ho impiegato un po’ di
tempo a completare
questo decimo capitolo. Purtroppo, tra lavoro, vacanze,
difficoltà tecnologiche
(la mia disponibilità si è ridotta ad un
malridotto tablet), non sono riuscito
a mantenere una grande velocità, ma prometto che
cercherò di scrivere il
prossimo più velocemente.
Vorrei
spiegare una cosa che ho dimenticato di specificare nei capitoli
precedenti in
relazione agli incantesimi che i miei personaggi utilizzano. Immagino
che ne
avrete riconosciuta una gran parte come tratti dai libri (ho ignorato
quasi
interamente i film), ma alcuni, come avrete notato sono chiaramente
inventati. Si
tratta, in massima parte, degli incantesimi da combattimento: la
Rowling non ha
mai specificato molto per quanto riguarda gli incantesimi utilizzati in
duelli
e battaglie, lasciando molto all’immaginazione, cosa che
tutto sommato ci può
stare, trattandosi di un libro per ragazzi.
Io
sono voluto entrare maggiormente nel dettaglio, non mi accontento di un
semplice “iniziarono a scambiarsi incantesimi”. Ho
dovuto quindi trovare una serie
di magie da combattimento che non esistono nel mondo
dell’autrice. Incantesimi
come ‘Impactus’ e altri che
utilizzerò in futuro sono inventati. Non da
me però, non voglio prendermi meriti che non ho. Come si
suol dire, “Se devi
copiare, copia dal migliore”, e poiché
c’è un fantastico autore che nelle sue
storie ha impiegato una lunga serie di incantesimi da combattimento, ho
deciso
di seguire la strada da lui tracciata. Ringrazio quindi il grande jbern
per il
suo lavoro, lo impiegherò con grande rispetto.
Detto
questo, godetevi il capitolo!
CAPITOLO
DIECI
Era
pomeriggio inoltrato quando tornai nel dormitorio di Grifondoro. Ero
emotivamente svuotato e fisicamente stremato, e la sola cosa che avevo
voglia
di fare era crollare sul letto e dormire per un po’, diciamo
circa una
settimana. Avevo ricordi molto confusi di quello che era accaduto dopo
lo
scontro con Nott: Mary era stata comprensiva, aveva lasciato che mi
sfogassi e
mi aveva rassicurato, dicendomi che mi ero fatto prendere la mano e che
sapeva
bene che io non ero fatto in quella maniera. Ciononostante, non avevo
potuto
fare a meno di notare una piccola ombra di paura nei suoi occhi quando
mi aveva
salutato nell’ingresso del castello: era passata sopra
all’accaduto solo in
nome del bene che mi voleva, ma non aveva certo dimenticato la scena
vista.
Svolsi
l’esame di Babbanologia con il pilota automatico attivato:
non sarei stato in
grado di ricordarmi una delle domande scritte sul foglio neanche sotto
tortura,
tantomeno le mie risposte. I venticinque anni che avevo vissuto da
Babbano
erano la mia sola speranza di aver evitato una vergognosa bocciatura.
L’accaduto
pesava sul mio cuore come un macigno: non potevo dimenticare di aver
evitato di
un soffio di compiere un omicidio. La terrificante sensazione che mi
aveva
lasciato l’incursione della mia nuova, oscura
personalità mi schiacciava: ero
tornato quello di sempre, certo, un insolito mix di Joshua Carter e
Matteo
Simoncini, ma in qualche modo avvertivo che non era scomparsa. Era
ancora lì,
appena oltre la mia coscienza, di nuovo addormentata. Per quanto? Chi
poteva
dirlo. Sarei stato in grado di dominarla, o per meglio dire, di
fermarla, anche
qualora fosse tornata a presentarsi? Stessa risposta. Perché
esisteva? Idem
come sopra.
Preso
da questi pensieri tutt’altro che felici, attraversai gran
parte della Sala
Comune come uno zombie prima di notare tre persone estremamente agitate
che
parlavano tra loro: erano Harry, Ron ed Hermione, e sui loro volti
campeggiava
una espressione di orrore.
Improvvisamente
ricordai che quel giorno c’era qualcuno, ad Hogwarts, che
aspettava una
sentenza ben più definitiva del risultato di un esame, ed il
peso sul mio cuore
raddoppiò in un istante. Mi avvicinai al trio e chiesi, con
voce tremante: “Lo
hanno condannato, vero?”.
Hermione,
che sembrava prossima al pianto, assentì con la testa.
Fu
un duro colpo da digerire, soprattutto sommato alla serie di batoste
che avevo
incassato nel corso di quell’apparentemente infinita
giornata: nelle settimane
precedenti, nonostante gli impegni legati allo studio, avevo lavorato
con
grande attenzione alla revisione del documento per l’appello
di Fierobecco
preparato da Hermione. Mi sembrava ineccepibile, ero convinto che
davvero
avessimo una possibilità di ottenere la sua assoluzione.
Invece, a quanto
pareva, era stata ancora una volta la politica corrotta a strappare il
successo. L’animale di Hagrid, colpevole solo di essere se
stesso e di aver
incrociato un verme stupido e meschino come Draco Malfoy, sarebbe morto.
“Quando…?”
riuscii a domandare.
“Al
tramonto” rispose Harry.
Guardai
fuori dalla finestra: il sole aveva già iniziato ad
abbassarsi verso
l’orizzonte.
“Che
cosa pensate di fare? – chiesi ancora – Non ci
lasceranno mai uscire a
quell’ora, ma non possiamo lasciare solo Hagrid!”.
Hermione
estrasse dalla borsa qualcosa che somigliava ad un lucido mantello
nero.
Resistetti a stento alla tentazione di sussultare: sapevo perfettamente
cosa
fosse, e compresi immediatamente le loro intenzioni, ma ricordai appena
in
tempo che, per quanto ne sapevano i tre ragazzi che avevo davanti, io
non avevo
mai visto quel particolare artefatto. Finsi perciò una certa
sorpresa: “Che
cos’è?”.
“Un
Mantello dell’Invisibilità –
spiegò ancora Harry – Era di mio padre. Con questo
potremo passare oltre la sorveglianza. Il solo problema è
che non ci staremo
mai in quattro”.
Per
alcuni istanti regnò un silenzio assoluto, mentre tutti
riflettevamo sulle
implicazioni di quello che il ragazzo con gli occhiali aveva detto:
tutti
avremmo voluto recarci a confortare il nostro amico professore, ma
inevitabilmente qualcuno sarebbe dovuto rimanere al castello. Avvertii
una
sorta di lieve pizzicore all’interno della testa, ma lo
ignorai. Alla fine Ron
borbottò, poco convinto, che avremmo potuto tirare a sorte.
Per
me era evidente, per quanto doloroso, quale fosse la sola scelta
sensata,
quindi ribattei subito: “No, non serve. Resto io –
Hermione cercò di interrompermi,
decisa evidentemente a farmi cambiare idea, ma la fermai con un gesto
della
mano – E’ tutto a posto, ragazzi. Voi conoscete
Hagrid da anni, io solo da
qualche mese – sorrisi stentatamene – Se dobbiamo
scegliere chi deve avere
intorno in un momento così terribile, è giusto
che siate voi”.
Tutti,
soprattutto Hermione, cercarono di farmi cambiare idea, ma io rimasi
sulla mia
posizione, e non ci volle molto, in realtà, prima che si
arrendessero.
Il
trio aveva deciso di muoversi dopo la cena. Io non li vidi sparire
sotto il
mantello prima di varcare l’ingresso della scuola: dopo la
nostra
conversazione, mi ero gettato sul letto, e non ero sceso neanche per
mangiare,
nonostante fossi sostanzialmente a digiuno dalla colazione. Non era
solo la
stanchezza a trattenermi: la piccola pressione nella mia testa si era
rapidamente trasformata in una scossa quasi costante, che sembrava
aumentare di
intensità con il passare dei minuti. Non ci misi molto a
riconoscere gli
effetti del mio strano ‘Senso di ragno’:
più si avvicinava l’ora
dell’esecuzione dell’Ippogrifo, più
quella stranissima parte della mia mente alzava
la voce per dirmi che sarei dovuto essere presente. Impossibile dire
quale
fosse la ragione: come sempre, le mie sensazioni si limitavano a
suggerirmi il
‘cosa’, mai il
‘perché’. Con l’approssimarsi
del tramonto, il sussurro si era
trasformato ormai in un urlo a pieni polmoni: qualcosa, più
che suggerendo, mi
stava ordinando di uscire dal castello. Ero ormai certo che la
questione non
riguardasse soltanto l’esecuzione del povero Fierobecco:
c’era qualcos’altro
nell’aria, qualcosa di molto più oscuro. Non sarei
stato in alcun modo capace
di spiegare la ragione, ma sentivo di dover essere lì fuori.
Forse proprio
quella sera si sarebbe rivelato il motivo per il quale ero finito in
quel
mondo. Era solo una sensazione, ma talmente potente da essere
impossibile da
ignorare.
Mi
alzai in piedi ed iniziai a camminare avanti e indietro nella stanza.
Ormai
avevo deciso cosa era necessario che facessi, ma la situazione non era
migliorata di molto: oltre al ‘perché’,
infatti, il mio ‘Senso di ragno’ si era
dimenticato anche di dirmi il ‘come’: Harry e gli
altri avevano preso il solo Mantello
dell’Invisibilità esistente ad Hogwarts, ed uscire
dal castello senza qualcosa
di simile era virtualmente impossibile.
Il
tempo passava, e la mia ansia cresceva: il tramonto era vicino, ed io
ero
ancora privo di qualsiasi idea che mi permettesse di eludere la
sorveglianza
all’ingresso. All’improvviso raggiunsi una sorta di
illuminazione: un Mantello
non era il solo modo per rendersi invisibili! Mi precipitai come una
valanga
verso il mio comodino, ed afferrai il libro che vi era posato sopra,
iniziando
a sfogliarlo alla massima velocità. Era un tomo di
Incantesimi che avevo preso
in biblioteca, e conteneva parecchie magie avanzate, la maggior parte
delle
quali venivano insegnate negli ultimi anni di scuola. Non si trattava
di magie
da combattimento, ma conteneva molta roba interessante. Tra queste,
ricordavo
di aver visto un incantesimo in particolare che faceva esattamente al
caso mio.
Ci misi quasi dieci minuti, ma alla fine lo trovai:
l’Incantesimo di
Disillusione, in grado di trasformare il soggetto colpito in una sorta
di
camaleonte, capace di assumere gli stessi colori dello sfondo sul quale
si
muoveva. Non si diventava realmente invisibili, ma essere individuati,
soprattutto nell’oscurità, era quasi impossibile.
Studiai rapidamente i
movimenti necessari, poi posai il libro, presi la mia bacchetta e corsi
nel
bagno davanti allo specchio.
Cercando
di replicare i movimenti che avevo visto sulla pagina, feci compiere
alla
bacchetta una sorta di mulinello, poi mi toccai la cima della testa
mormorando
“Desilludo!” e osservai il
risultato.
Niente.
Il mio corpo spiccava come sempre sulla superficie riflettente.
Sospirai con
stizza: essere riuscito a compiere, durante il duello con Nott, una
serie di
incantesimi avanzati senza averli mai provati mi aveva lasciato
l’impressione
di essere capace di fare qualsiasi cosa, ma in quel momento mi trovai a
contrarmi con i miei limiti. Ero pur sempre un mago tredicenne, e
l’Incantesimo
di Disillusione era magia piuttosto avanzata. Eppure dovevo riuscirci!
La
sensazione nella mia testa era sempre più forte: dovevo
sbrigarmi, dovevo
uscire dalla scuola, dovevo vedere...cosa?
Impossibile dirlo, ma sapevo
che si trattava di un imperativo categorico.
Trassi
un profondo respiro, e ricominciai: un mulinello, una giravolta, un
tocco… “Desilludo!”.
Niente.
Imprecai
rabbiosamente, cercando con poco successo di tenere la voce bassa.
Tipico: nel
momento nel quale ne avrei avuto maggior bisogno, la mia insolita
abilità aveva
deciso di abbandonarmi! Per un istante fui sul punto di arrendermi: non
c’era
modo di uscire dalla scuola senza rendermi invisibile, provarci avrebbe
significato soltanto farmi scoprire e punire. Il pensiero di
rinunciare, però,
durò un solo secondo: semplicemente, non potevo. Arrivare al
parco non era solo
una possibilità, era una necessità. Era come se
un invisibile burattinaio mi
stesse manovrando, e rifiutare non era un’opzione valida. Era
come se tutto il
mio tempo ad Hogwarts mi avesse guidato fino a quel momento, facendomi
scoprire
le mie capacità e addestrandomi a… cosa? Cosa
doveva accadere quella sera? Non
ne avevo la minima idea, ma sapevo di doverci essere. E per poterlo
fare…
Respirai,
cercando di rilassare la mente, poi ricominciai: eseguii il movimento
con la
massima attenzione, mi toccai la testa e per la terza volta pronunciai
la
formula: “Desilludo!”.
Seppi
che aveva funzionato prima ancora di vedere il risultato allo specchio:
avvertii una sensazione di freddo che dalla punta della testa si
espandeva
verso il basso, come se qualcuno avesse rotto un uovo sui miei capelli
e quello
mi stesse colando addosso. Il mio riflesso scomparve, mentre il mio
corpo
assumeva la stessa colorazione e lo stesso aspetto del muro alle mie
spalle.
Pochi secondi, ed ero letteralmente sparito: con molta attenzione,
avrei potuto
vedere il contorno della mia fisionomia, ma senza una luce a breve
distanza ed
uno sguardo particolarmente attento, sarei stato impossibile da
individuare.
Non
persi altro tempo: velocemente, ma allo stesso tempo cercando di non
fare
rumore, uscii dal bagno, scesi dal dormitorio, attraversai la Sala
Comune senza
che nessuno dei miei compagni notasse nulla, superai il ritratto
cercando di
aprirlo meno possibile perché nessuno dei presenti se ne
accorgesse ed uscii
nel castello avvolto dalla semi-oscurità.
La
discesa fino all’ingresso si rivelò molto
più semplice di quanto avrei potuto
anche solo sperare: i troll di guardia non si accorsero di nulla, e lo
stesso
accadde al paio di insegnanti di pattuglia che incrociai. Avevo temuto
Mrs
Purr, la malefica gatta del custode Gazza, che avrebbe forse potuto
individuarmi
con l’olfatto, ma per mia fortuna non era in circolazione,
pochi minuti, e le
mie narici si riempirono dell’aria fresca della sera.
L’oscurità
stava calando velocemente sui prati all’esterno del castello:
il sole era ormai
scomparso, la luna velata dalle nuvole, e le ombre si allungavano
sull’erba.
Con decisione, mi diressi verso la capanna di Hagrid: la voce nella mia
mente
continuava a non darmi informazioni in più, ma sembrava non
avere niente in
contrario, quindi supposi di stare facendo la cosa giusta. Dalle
finestre della
casa, a pochi metri dagli alberi della Foresta Proibita, si intravedeva
una
luce. Vedendo il buio che ormai avvolgeva il parco, avvertii un tuffo
al cuore:
avevo perso troppo tempo. L’esecuzione era prevista per il
tramonto. Fierobecco
ormai doveva essere…
Non
ebbi tempo di continuare con le mie riflessioni, perché
qualcosa di
assolutamente imprevisto accadde una cinquantina di metri
più in basso rispetto
a me: un attimo prima il parco era completamente vuoto, un attimo dopo
una
figura nera era apparsa come dal nulla, ed aveva iniziato a correre
sull’erba.
Strizzai gli occhi per alcuni secondi nel tentativo di riconoscere,
nella poca
luce rimasta, di chi si trattasse, poi riconobbi la figura allampanata
impegnata in uno scatto attraverso il parco: era Ron. Doveva essere
appena
uscito da sotto il mantello dell’invisibilità. Ma
che diavolo stava facendo?
Poi
li vidi. In tutta sincerità, non sarei in grado di dire se
furono i miei occhi
o la mia mente a rendersene conto per primi, sembra incredibile che sia
riuscito a notare due animaletti in mezzo ad un parco, di notte, con la
luna
oscurata.
Eppure,
fu ciò che accadde: qualche metro davanti a Ron, lanciato in
quello che
sembrava un inseguimento, vidi un peloso gatto arancione. Appena il
tempo di
riconoscere Grattastinchi, e ancora più avanti individuai la
sua preda. Il mio
cuore saltò almeno un paio di battiti quando compresi che
l’animale di Hermione
stava rincorrendo un topo. No… non un topo: ‘Crosta!’.
Il nome esplose
nella mia mente come una folgore. Ero lontano, al buio, eppure non
avevo il
minimo dubbio: quello lanciato in una fuga disperata per la propria
vita lungo
i prati era l’animaletto di Ron, in qualche modo ancora vivo
quando avrebbe
dovuto essere morto da mesi! Improvvisamente una piccola parte dei
pezzi dell’intricato
puzzle che avevo nella testa andò a posto: tutti i dubbi che
avevo avuto… le
ore passate a chiedermi cosa ci fosse che non mi tornava nella morte di
Crosta…
ed eccolo lì! Non che questo risolvesse il vero dilemma: il
topo era vivo… e
quindi? Quale importanza poteva avere quel maledetto roditore? Sentii
che forse
stavo per scoprirlo.
Passarono
ancora alcuni secondi, poi altre due figure apparvero nel parco e si
gettarono
dietro a Ron. Non dovetti neanche aguzzare lo sguardo per capire di chi
si
trattasse: anche Harry ed Hermione dovevano aver gettato alle ortiche
il
mascheramento.
Mi
mossi per raggiungerli: volevo essere presente quando avessero
recuperato il
topo. Sentivo che, in qualche modo, questo avrebbe portato le risposte
che
volevo. Dopo pochi passi, però, compresi verso cosa si stava
dirigendo Ron
nella sua corsa cieca, e avvertii un brivido lungo la schiena. I miei
ricordi dall’altra
parte arrivavano abbastanza avanti da riconoscere il grande albero che
si
stagliava contro il cielo sempre più nero: il Platano
Picchiatore, un albero
capace di muoversi, particolarmente aggressivo, pronto a colpire con i
suoi
rami chiunque si avvicinasse.
Ero
sul punto di lanciare un avvertimento a Ron, a costo di rovinare la mia
copertura, quando il ragazzo, superato Grattastinchi, con un tuffo
disperato
riuscì a bloccare la fuga di Crosta, allontanando poi il
gatto ancora deciso a
catturarlo. Fortunatamente, il placcaggio di Ron era avvenuto quando
era ancora
fuori dalla portata del Platano Picchiatore. Trassi un sospiro di
sollievo, pur
non sapendo esattamente perché il recupero da parte del
rosso del suo
animaletto avrebbe potuto aiutarmi a dare un senso alle mie sensazioni,
apparentemente impossibili da collegare e ordinare. Perfino in quel
momento,
mentre mi avvicinavo senza più la stessa fretta, vedendo Ron
infilare a fatica
Crosta nella tasca della sua veste e gli altri due arrestarsi a fatica
accanto
a lui, piegati in due per la corsa, continuavo a farmi le stesse
domande:
perché il topo era importante? In quale modo il fatto che
non fosse stato
mangiato era determinante? E Black? Perché avvertivo una
sensazione così strana
nei suoi riguardi? Tante domande, nessuna risposta. Sentivo
però che il momento
dei chiarimenti si stava in qualche modo avvicinando, anche se non
sarei stato
in grado di dire come sarebbe giunto.
La
tranquillità si ruppe all’improvviso, come un
vetro che si schianta al suolo: si
udì il rumore di passi pesanti sul terreno, e nel buio vidi
qualcosa di enorme,
nero contro il nero della notte, con due occhi chiari che rilucevano
nel buio,
dirigersi a balzi verso i miei tre amici. Riconobbi un gigantesco cane
color
della pece, delle dimensioni di un piccolo orso, con il pelo irsuto e
la bocca spalancata a mostrare enormi zanne.
La
mia mascella cedette di diversi centimetri: da dove era uscito quella
specie di
mostro? Un istante dopo infilai disperatamente la mano nella veste, in
cerca
della bacchetta, ma era troppo tardi: il cane gigante travolse Harry,
scaraventandolo a terra, poi rotolò a qualche metro di
distanza spinto dal suo
stesso slancio, si rialzò e si preparò ad un
nuovo assalto. Harry si tirò
faticosamente in piedi, ma era chiaramente dolorante, non sarebbe
riuscito a
difendersi. Provai a prendere la mira, ma compresi subito che, tra
distanza e
oscurità, non sarei mai riuscito a centrare
l’animale. Disperatamente iniziai a
correre, pur sapendo che non c’era alcuna speranza di
arrivare in tempo: in due
secondi la bestia avrebbe sbranato Harry!
Per
fortuna, fu Ron ad intervenire: con una spinta spostò
l’amico mettendosi tra
lui e il cane. Questo saltò addosso a lui, lo
afferrò per un braccio ed iniziò
a trascinarlo via, nonostante un disperato tentativo di Harry di
fermarlo. Un
attimo dopo, sia il ragazzo con gli occhiali che Hermione vennero
sbattuti
violentemente a terra dai rami del Platano Picchiatore, mentre il
mostro portava
un recalcitrante Ron fino alla base del tronco. Harry accese la punta
della
bacchetta, e nella pallida luce lo vidi entrare in una grossa fessura
tra le
radici, tirandosi dietro Ron, che opponeva una disperata resistenza. Ero ancora ad una
ventina di
metri di distanza quando mi fermai, cercando nuovamente di prendere la
mira con
la bacchetta, ma il cane era ormai sparito sotto l’albero.
Ron si era
agganciato ad una radice con la gamba, ma pochi secondi dopo si
udì un
terribile scricchiolio: l’osso della caviglia doveva essersi
rotto sotto la
violenta trazione. Un istante, ed il corpo del ragazzo scomparve
interamente
sotto la pianta.
Tutto
era accaduto tanto rapidamente da lasciarmi stralunato, come se stessi
vivendo
un incubo: una creatura infernale aveva appena rapito uno dei miei
amici! Rimasi
bloccato, chiedendomi se potesse essere quella la ragione per la quale
il mio
‘Senso di Ragno’ mi aveva spinto ad uscire dal
castello. Neanche il tempo di
decidere che linea seguire, e la situazione cambiò ancora:
Harry ed Hermione
fecero un paio di inutili tentativi di sperare i rami
dell’albero, poi
Grattastinchi si avvicinò al tronco e premette una specie di
nodo. Il Platano
Picchiatore si bloccò, come paralizzato. Il gatto si
infiò di corsa nella
fessura, e subito dopo i due ragazzi lo seguirono. Rimasi da solo nei
prati avvolti
dall’oscurità.
Ero
letteralmente sotto shock: tutto mi sarei aspettato, tranne
l’assurda serie di
eventi alla quale avevo assistito. Poteva davvero essere questo che la
strana
forza che sembrava guidarmi aveva voluto farmi vedere? Forse era questo
che
voleva da me? Dovevo aiutare Harry ed Hermione a salvare Ron? E se
Crosta fosse
stato una coincidenza? E se lui e Black non avessero avuto un ruolo da
protagonisti, ma solo da comprimari, nella storia che si stava
dipanando davanti
a me?
‘E
se ti dessi una mossa, pezzo di cretino?’.
Non
era stato il ‘Senso di Ragno’ a insultarmi: la voce
che mi aveva urlato nel
cervello era la mia. Mi riscossi: non era decisamente il momento di
farsi
troppe domande. Quel cane era grande abbastanza da fare a pezzi Ron.
Non potevo
perdere tempo a chiedermi che cosa stesse realmente succedendo, e in
che modo
ciò che avevo visto andasse ad incastrarsi con il resto.
Harry e gli altri
avevano bisogno di tutto l’aiuto possibile. Per un istante
accarezzai l’idea di
correre al castello per chiamare un insegnante, ma la scartai
altrettanto
velocemente: tempo di trovare qualcuno e di spiegare tutta la storia,
ammesso e
non concesso di essere creduto, e sarebbero potuti essere morti tutti e
tre.
Senza neanche togliermi di dosso l’Incantesimo di
Disillusione, corsi a mia
volta verso l’albero e mi infilai nella fessura. Appena in
tempo: ero a stento
entrato quando i rami si ripresero dalla paralisi e tornarono a
sferzare
l’aria.
Scivolai
lungo una china di terra, fino al fondo di un tunnel molto basso. Senza
attendere oltre, iniziai a percorrerlo, la schiena piegata quasi a
novanta
gradi per non battere la testa. Procedevo a tentoni, perché
avevo
immediatamente deciso di non accendere la bacchetta. Un incantesimo
avrebbe
fatto saltare l’Incantesimo di Disillusione, ed avevo la
strana sensazione che
arrivare inatteso, senza essere visto, sulla scena di qualsiasi cosa
stesse
accadendo, potesse essere una buona idea.
Una
ridda di pensieri mi attraversavano la testa mentre arrancavo lungo il
cunicolo: nonostante lo stupore per quello che avevo visto, avvertivo
una
strana sensazione di ‘giustezza’, come se stessi
seguendo una linea tracciata. Capire
chi l’avesse fatto andava al di là della mia
comprensione. Non per la prima
volta, mi sentii una sorta di marionetta, come se non fossi
completamente
padrone delle mie scelte. Misi da parte questo pensiero,
ripromettendomi di
analizzarlo con maggiore attenzione più tardi:
c’erano cose più urgenti da
fare.
Finalmente,
dopo un tempo che mi sembrò infinito, sbucai in una stanza
fiocamente
illuminata. Era piena di polvere e ragnatele, e appariva abbandonata da
tempo. La
poca luce che entrava passava tra le assi inchiodate alle finestre. Per
un
istante, mi chiesi dove fossi: sicuramente non ero ad Hogwarts. Poi
compresi:
anche se non l’avevo mai vista, neanche
dall’esterno, seppi di trovarmi
all’interno della Stamberga Strillante, la casa infestata dai
fantasmi alla
periferia di Hogsmeade. Mi guardai ancora intorno, e notai che tutti i
mobili
presenti erano sfasciati, letteralmente distrutti. Osservando meglio un
tavolo,
vidi degli evidenti segni di artigli, e rabbrividii: decisamente, non
era stato
un fantasma a provocare quella devastazione. Che fosse stato il
mostruoso cane?
Per qualche ragione, questa spiegazione non mi suonava bene.
Notai
poi che sul pavimento polveroso c’erano due serie di tracce:
una larga striscia
lucida, come se qualcosa fosse stato trascinato, e due serie di
impronte di
piedi proprio accanto. Entrambe si dirigevano verso una porta, oltre la
quale
si intravedeva un’anticamera buia. Mi mossi con la massima
circospezione,
cercando di limitare al minimo il rumore: dovevo essere non
più di un minuto
dietro Harry ed Hermione, quindi dovevano essere vicini. Quasi come
conferma,
avvertii uno scricchiolio sommesso. Molto lentamente, oltrepassai la
porta.
Alla mia destra c’era una scala molto malridotta, che
conduceva al piano di
sopra. Le tracce continuavano da quella parte. Harry ed Hermione non si
vedevano, ma in cima alla scala notai una sola porta aperta. Nessun
rumore di
lotta, anzi, nessun rumore di qualsiasi genere. Che fine aveva fatto
Ron? Non
poteva essere morto…o sì? E il cane? Era in
agguato? Era fuggito?
Quasi
in risposta alle mie domande inespresse, udii la voce di Harry:
“Ron stai bene?”
e subito dopo quella di Hermione: “Dov’è
il cane?”.
La
risposta di Ron fu un gemito di sofferenza: “Non è
un cane… Harry, è una
trappola… è lui il cane… è
un Animagus!”.
Prima
ancora che il mio cervello potesse registrare le implicazioni di quelle
parole,
la porta in cima alle scale si chiuse di colpo, ed una quarta voce,
cavernosa,
simile al ringhio di un cane, gracchiò: “Expelliarmus!”.
Sentii
come una coltre di gelo scendermi lungo la schiena. Non avevo mai
sentito
quella voce, ma non avevo il minimo dubbio: sapevo a chi apparteneva.
Era certamente
una trappola, ed Harry ci era caduto in pieno. Era chiuso dentro la
stanza in
cima alle scale insieme a Ron ed Hermione, con ogni
probabilità erano tutti
disarmati, e con loro c’era Sirius Black!
Stavo
per precipitarmi a valanga su per le scale, ma mi trattenni quasi a
forza: gli
strani dubbi che mi erano venuti su Black potevano andare a farsi
fottere, lui
rimaneva un pluriomicida evaso dal carcere, e adesso armato. Piombare
nella stanza
senza riflettere era tutt’altro che una buona idea.
Cercando
di fare meno rumore possibile, salii al piano di sopra, accostandomi
alla porta
con la massima delicatezza e le orecchie tese. Il ‘Senso di
Ragno stava letteralmente
urlando, ma non riuscivo minimamente a distinguere le diverse
sensazioni. Non
che ne avessi bisogno: sapevo che ai miei tre amici restavano, con ogni
probabilità, solo pochi minuti di vita, e che forse ero la
loro unica
possibilità.
Bene,
potete fulminarmi ora! Vi lascio in pieno climax! Come
andranno le cose? Josh si getterà avanti lancia in resta
oppure la storia
seguirà il suo corso? Prometto che già domani
inizierò a lavorare al prossimo
capitolo!