“ Dinanzi
ad un ulivo mi fermai,
sul fruscio del vento tra la mia chioma mi concentrai,
e il richiamo del mio amore sentii,
come quando, in un giorno lontano, perii.”
Camminando
verso la punta della rupe, dirigendomi verso l’immenso ulivo che copriva il
cielo stellato di fronte a me, mille pensieri mi ronzavano in testa. Mi
ritrovai, non so come, a pensare all’inizio del mio lungo viaggio, che tra non
molto sarebbe terminato. Nella mente ripassavano veloci immagini della mia
vita, come, quando nelle scene finali di un film, rapidi flashback rimettono
ogni tessera al suo posto, illuminando il protagonista, e lo spettatore. Ma nei
miei flashback non c’era niente da mettere in ordine, niente era confuso,
niente che potesse essere confuso. Ma, quanto più i ricordi si susseguivano,
tante più cose io dimenticavo. Vidi il mio primo amore, in un istante, e
l’istante dopo era come se non fosse mai esistito, e al suo posto entrò il
ricordo del giorno del mio primo rapporto intimo. Ed ecco che, l’istante ancora
seguente, ricordavo il giorno del mio matrimonio, e poi i miei figli, poi il
cane. Era come se tutta la mia vita fosse riassunta in un libro, ma ogni volta
che giungevo ad una pagina nuova, ecco che la vecchia si strappava, senza
lasciar trace della sua esistenza. Di quelle pagine solo alcune righe restavano
a malapena leggibili. Arrivai ad un punto in cui credevo che la mia vita fosse
cominciata con la morte del mio pappagallo. E intanto continuavo a camminare,
diritto, senza fermarmi, senza esitare, senza pensare alla mia meta, lento e
barcollante verso quel grande ulivo. I ricordi si susseguivano veloci, per poi
sparire dalla mia mente come se mai fossero esistiti. E più ricordi eliminavo,
tanti più petali cadevano dal nulla alle mie spalle. Ho rivissuto la morte di
mia moglie in un attimo, come se fosse un avvenimento comune, e in quell’attimo
ho sofferto, una punta che mi trafisse il cuore, ma solo in quell’attimo. Un
dolore atroce, intenso. Ma fu solo quell’istante. E l’istante dopo ecco che mio
figlio si laurea, mia figlia si sposa, e io sono felice, e piango. No, non
piango. Lacrime di gioia escono dai miei occhi, ma non ho tempo per piangere.
Quelle lacrime, nell’istante seguente, diventano come gocce di pioggia che mi
bagnavano gli occhi e mi rigavano le guance. Mi domanderei perché tutto questo,
ma non ne ho il tempo. Non ho il tempo per fare niente, a malapena trovo il
tempo per respirare. Posso solo camminare, e ricordare, e dimenticare. I
ricordi sono fulmini: mio figlio si sposa, mia figlia ha due bellissime
gemelle, le mie nipoti diventano grandi, le mie nipoti si sposano, i miei figli
invecchiano, mio figlio diventa padre, il marito di mia figlia muore in un
incidente d’auto, poi tocca al cane, in seguito a mio figlio. Quelli furono
istanti dolorosi, gli unici istanti in cui ebbi il tempo di realizzare, seppure
per qualche attimo, e finalmente piangere. Poi il vuoto, altri ricordi, altre
sofferenze, ma non ne sento nessuna, non provo dolore, né gioia. Non ne ho il
tempo. Poi, finalmente, un’immagine si fissa nella mia mente, e io mi fermo
insieme ad essa. Sono io, sul letto di morte, a casa mia, mia figlia, la moglie
di mio figlio, le mie nipoti, le mie sorelle mi sono vicine, e piangono la mia
morte. E in quel momento io rivivo le stesse emozioni di quel tempo. Mi sento
disorientato, provo una gran pena nel dover abbandonare i miei cari, ma sono
felice, perché la mia vita è stata gioiosa. Non lo ricordo, ma lo so, lo sento.
Poi un senso di impotenza, poi paura, poi consapevolezza e, infine, la rassegnazione,
con la quale sopraggiunge il buio. Per me inizia il viaggio lungo questa alta
collina e, nonostante sia giunto in cima, mi sento come se dovessi ancora
cominciare. Poi la mia anima si incammina, come un guscio privo di ricordi,
verso quell’immenso ulivo, con passo leggero e con la consapevolezza che,
finalmente, il lungo viaggio è giunto al termine. La mia anima si avvicina al
tronco, lo tocca, poi si avvicina al bordo del burrone, oltre il quale c’è solo
il nulla, tenebre sopra le quali si staglia un infinito e meraviglioso cielo
stellato. La mano della mia anima è ancora unita al tronco dell’ulivo, poi una
brezza si alza. Una brezza che, lentamente, diventa un turbine, dolce e
leggero. I petali caduti alle mie spalle volano verso la mia anima, che oramai
è più luce che forma, più energia che materia. Il turbine raccoglie
delicatamente ogni singolo petalo, in una leggiadra danza che avvolge la mia
anima. I petali salgono al cielo, il turbine ritorna brezza, poi si spegne, e,
infine, resta solo il nulla.