Film > Thor
Segui la storia  |       
Autore: shilyss    05/09/2020    11 recensioni
Storia sulla discesa nell'oscurità del dio degli inganni. L’astuto e sfrontato principe Loki si è macchiato di una colpa terribile, per cui non prova alcun tipo di pentimento. L’esilio di Thor è ancora lontano, ma molte ombre stanno cominciando ad addensarsi sul trono di Odino. Perché ogni sacrilegio deve essere punito, solo che.
Lei era proibita e anche solo guardarla rappresentava un errore, un sacrilegio compiuto nei confronti dell’ordine costituito; avrebbe dovuto rinunciarci senza indugiare in pensieri pericolosi e malsani, ma la soddisfazione non era nella sua natura – questo, però, non lo sapeva ancora.
“Chi di voi due?” La voce di Sigyn era risuonata altera e decisa, non priva, però, di una nota oscura, figlia di un terrore che aveva nascosto per una notte intera.

[pre-Thor] [Thor] [hurt/comfort]
Genere: Angst, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Odino, Sigyn, Thor
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 16

 

 

Non si dovrebbe mai bere idromele mentre i musici suonano canzoni tristi. Loki ricordò di averlo detto a Sigyn per scherzo, quando lei non osava mostrargli il polso, dove scintillava il bracciale che lui le aveva riparato. Pensava che una futura ancella non avrebbe dovuto sfoggiare alcun gioiello, ma l’idea di essere la scintilla, insinuandosi dentro di lei, aveva provocato una sorta di sottile ribellione nel suo cuore. L’inverno diventava ogni giorno più gelido e rigido, e la ragazza spalancava gli occhi mattina dopo mattina chiedendosi se il potere che l’aveva condotta fino ad Asgard si sarebbe rivelato. Ma non accadeva mai nulla. Ripercorrendo le tappe della sua vita negli ultimi mesi, Sigyn si sentiva in trappola. Era come se le Norne avessero tessuto così fittamente il suo destino, da non lasciarle alcuna scelta se non essere nella terra degli Æsir. Loki aveva ammesso di averla voluta perché era riuscito a captare, in lei, la presenza di qualcosa d’inconsueto che avrebbe potuto essere utile a Odino, ma era andato nella terra di Sigurdr anche e soprattutto per vendicarsi di lui. Seppure lei non avesse posseduto la scintilla, il perfido principe l’avrebbe comunque reclamata come proprio ostaggio. La scelta dei suoi genitori di darle un’educazione rigida e tesa a prendere i voti rendeva solamente le sue giornate più amare, perché si trovava catapultata in una realtà in cui il suo pudore destava il riso e dove ogni passo sembrava condurla verso una sola direzione. Nella sua prigione dorata, continuava a pregare gli antenati, ma presto scoprì di farlo senza il giusto fervore, perché era l’ultima delle scintille e, se non lo fosse stata, forse Loki non si sarebbe incaponito nel volerla trattenere nella magnifica, spaventosa Asgard. Invece, lui e suo padre la volevano lì, per carpire profezie e indizi che avrebbero sfruttato per il loro tornaconto personale. A che serviva essere pia e devota, se le Norne l’avevano scaraventata presso un popolo che aveva in odio suo padre? Perché ostinarsi nel pregare gli antenati, che aveva iniziato a servire con offerte e orazioni quand’era solo una bambina, se poi gli stessi si rifiutavano di proteggerla dagli eventi e la mettevano alla prova con pensieri così oscuri? La febbre da cui il figlio cadetto di Odino l’aveva curata se n’era andata dopo molti giorni, lasciandola spossata per settimane. Loki, senza guardarla negli occhi, sentenziò al riguardo che l’origine della sua debolezza era da imputarsi alla notizia riguardo la sua natura. Il fisico rifletteva le sofferenze dello spirito, ritardando la sua completa guarigione. Lo disse sapendo perfettamente di starle nascondendo la parte peggiore: quella che la voleva sacrificata alla tenebra e all’oscurità, che strisciava e si muoveva tra le radici marce dell’Yggdrasill e che lui si era messo a studiare.

 

In una delle recenti nottate passate sveglio a consultare i testi, si era imbattuto in dettagli così raccapriccianti da spingerlo a correre in bagno a rimettere[1]. Lui, che da anni non si lasciava impietosire dai campi di battaglia che odoravano sangue, ferro, fango e morte. Ancora in preda ai conati, dopo essersi sciacquato la bocca, si era asciugato col dorso della mano, imputando il malessere al troppo vino, alla cena spiluccata distrattamente davanti alle pergamene ingrassate dalla polvere. La scintilla era maledetta, promessa ad altro, ma immolarla era rendersi complici di qualcosa di disgustoso, che inorridiva persino lui. E il desiderio di lei si infilava sotto le sue costole, gli stringeva la gola, eccitava i suoi fianchi, corrodendogli infine le vene, i muscoli e la testa, altrimenti razionale. Fingeva di non guardare la pelle bianca che usciva fuori dallo scollo castigato e immaginava le braccia nascoste dalle maniche, sognava di disfare le fitte trecce in cui, come tutte le donne, Sigyn imprigionava i capelli. Solo che accanto alle fantasticherie giustificate dal desiderio, la sua mente svelta ipotizzava anche il resto: la immaginava seminuda, legata su un altare, preda di un mostro, persa nei vagheggiamenti instillati da una droga in grado di distrarla da una fine imminente e orrenda. Anni dopo, mentendo, avrebbe raccontato di non ricordare più – o di non aver saputo mai – quale fu l’istante preciso in cui decise che non avrebbe permesso a niente e a nessuno di toccarla. In realtà, ebbe sempre ben presente il momento esatto in cui scelse, in piena coscienza, di tradire la fiducia di suo padre agendo deliberatamente nell’ombra. Sigyn fu il primo dei sotterfugi pericolosi cui si dedicò nell’età adulta. Rappresentò la cesura tra quelle che erano state le bravate di un ragazzo e gli atti scellerati di un uomo volitivo e spietato, la cui intraprendenza calpestava qualsiasi interesse non fosse il proprio, arrivando a contestare e a mettere in dubbio persino l’autorità del proprio padre.

Lei era ancora convalescente; Loki le si avvicinò sfoggiando il suo sorriso sghembo e il solito portamento fiero, notando le ombre che velavano i suoi occhi grigi. “Non si dovrebbe mai bere idromele mentre i musici suonano canzoni tristi.”

La scintilla lo trafisse con lo sguardo.

Sigyn non avvicinava mai le labbra all’idromele, durante i banchetti. Osservava Loki farlo, però, così come fissava il bel principe dal sorriso beffardo mentre corteggiava e seduceva le dame più belle. A volte lo faceva per noia, si era resa conto, altre per effettivo desiderio o per portare a termine qualcuno dei suoi intrighi. In entrambi i casi, la vista delle avventure amorose del principe suscitava in lei una ridda di emozioni difficilmente districabili, su cui spiccava una riprovazione feroce, capace di farle attorcigliare lo stomaco. Avvampava d’ira quando lo vedeva sussurrare all’orecchio della compagna di turno qualche frase sicuramente falsa e melensa, stornava il viso, rapida, quando l’Ase catturava, con un bacio lascivo, le labbra di un’amante, ammaliata dai suoi racconti affascinanti. Sentiva di odiarlo e di disprezzarlo con ogni fibra del suo essere, ma sarebbe morta pur di non lasciar trapelare il benché minimo interesse circa gli affari di Loki. Che si appartasse con le sue numerose donne, che le stregasse e tradisse per il gusto di farlo. A lei non interessava il suo comportamento sfacciato – e perché avrebbe dovuto, in effetti? Sigyn era stata cresciuta ed educata per servire gli Antenati, e i costumi dei Vanir erano rigorosi e severi[2]. Loki Odinson perdeva tempo ed energie facendosi corrodere dai sensi e quello che suo padre e le sue maestre le avevano detto per una vita intera era vero. I feroci Æsir erano nient’altro che dei pirati arricchiti: avevano deciso di scendere dai loro drakkar dalle prue spaventose per costruire palazzi e città, ma dentro restavano dei selvaggi, dei barbari. E, a quel pensiero, l’immagine di Loki emergeva con forza stampandosi nella sua mente, beffarda e inopportuna come mai: lo vedeva com’era stato quando avevano viaggiato insieme, con il mantello foderato di pelliccia e il sorriso sghembo e ironico dipinto sul viso affilato, dai tipici tratti nordici – zigomi alti e taglienti, occhi chiari e mobili, su un corpo slanciato e fiero, che si muoveva con la grazia di un predatore. Nel rievocare la figura del principe, il suo corpo si tendeva, fremeva, scosso dal ricordo dei passati, rapidi contatti – l’abbraccio sul drakkar, il momento di smarrimento vissuto dopo la cerimonia – e Sigyn si scopriva ancora più confusa e infuriata.

 

Quando l’ingannatore le disse per gioco che il vino e le ballate struggenti non andavano d’accordo, alzò le ciglia scure su di lui, infastidita. Lo squadrò sollevando il mento e ricordandogli che nel suo corno c’era solamente acqua.

L’Ase fece dondolare il suo, colmo per metà. “Il medico sostiene che dovresti bere vino per riprenderti dalla febbre,” disse. “Io dico che dovresti accettare la tua natura. Dacci ciò che ci serve, scintilla. Sarai in pace, dopo.”

La ragazza colse una nota d’impazienza, nella voce di lui. Odino festeggiava l’anniversario della sua incoronazione e tutta Asgard brindava al suo regno ricco e prolifico, chiedendosi sottovoce, però, quale dei suoi figli avrebbe ereditato il trono, se il coraggioso Thor o l’astuto Loki. I due principi parevano non pensarci e, in pubblico, facevano sfoggio di un disinteresse quasi manierato, soprattutto il secondo, dato che il tonante non dubitava affatto che governare gli Æsir fosse un suo imprescindibile diritto.

“A cosa vi servono, le scintille?” rispose altera, quasi con sdegno. Lo vide piegare in un ghigno sornione le labbra sottili e ripensò a quando le aveva rivelato quel terribile segreto, e lei, scossa dalla febbre, era in camicia da notte, esposta, vulnerabile, nelle sue mani – ma non tra le sue braccia, la tradì un pensiero imprevisto e feroce.

“Rivelati utile alla nostra causa, Sigyn. Padre Tutto ti ha accolta non come un ostaggio, ma in qualità di nostra gradita ospite. Di sorella,” aggiunse, allargando il sorriso fino a farlo diventare una risata stretta, ma un simile termine, pronunciato da lui, aveva un sapore sospetto, strano. Sigyn rabbrividì e continuò ad ascoltarlo. “Ci sono, però, delle condizioni, che ancora non conosci, riguardo alla tua permanenza qui. Per questo ti invito ad accettare il destino delle Norne e a sfruttare a tuo vantaggio ciò che hai. Così facendo, farai anche i nostri interessi,” concluse.

A Sigyn il discorso dell’ingannatore sembrò criptico. “È un consiglio o un ordine? Dici che non sono il tuo ostaggio, ma questa non è libertà,” lo sfidò.

“Prima di noi, tu vivevi fin dall’infanzia dentro un enorme palazzo scandito da una serie di riti sempre immutabili. Pregavi, studiavi, ricamavi e cos’altro? Questa è libertà?” s’interessò l’ingannatore con voce cattiva e occhi scintillanti.

“E tu? Tu sei libero?” rispose Sigyn, pallida in volto.

Vedendola così furiosa, Loki provò un sottile, infimo divertimento. Le avrebbe risposto volentieri e si scoprì ad ammirare, come la prima volta in cui si erano incontrati, il principesco sdegno di cui lo faceva oggetto, ma Sif venne a interromperli, adducendo come motivazione certe questioni relative a una recente azione di guerra. Nei confronti del principe cadetto, l’abile guerriera si dimostrava, da sempre, fredda e sgarbata, e anche in quel momento era evidente il fastidio che le procurava il dover richiamare Loki. Sigyn notò che, mentre l’altra lo ragguagliava, le loro spalle quasi si toccavano appena e, sebbene la guerriera non avesse occhi che per il primo figlio di Odino, sentì qualcosa pungerle il petto. Si allontanò con una riverenza breve, mescolandosi con la folla festante, ma su di sé continuò a sentire le occhiate pervicaci e beffarde del bel principe.

 Sognava Loki, e a volte, nelle albe fredde o prima di addormentarsi, lasciava che le sue dita s’insinuassero tra le sue gambe e si sfiorava, scoprendo una consolazione brusca e istintiva alla solitudine e all’incertezza. Soffocando i sospiri, ignorava volutamente il perché il dio degli inganni, col suo volto affilato e il corpo nervoso e svelto, finisse sempre per abitare le sue fantasie incerte. Dopo, la schiacciava il senso di colpa e, abbassando gli occhi, prometteva di non rivolgere più al mago il benché minimo pensiero. Lui era l’uomo che l’aveva reclamata come ostaggio, strappandola alla sua famiglia, ma nelle ore incerte tra la notte e il giorno, era anche il solo fantasma capace di consolare una parte di lei che non doveva esistere, eppure esisteva.

 

Sif esigeva da Loki che controllasse un bottino di guerra prima della sua spartizione. C’erano degli artefatti, al suo interno, alcuni dei quali si diceva che fossero stregati: l’ingannatore doveva visionarli e togliere dal tesoro i pezzi più pericolosi. Lui e Odino si sarebbero occupati, nei giorni successivi, di studiare come impiegare gli oggetti incantati o renderli innocui. La vicinanza tra i due, che Sigyn aveva notato senza, però, coglierne le reali implicazioni, era un segreto che entrambi custodivano gelosamente: avevano avuto una relazione che non era mai sfociata nella dichiarazione di alcun tipo di sentimento e viveva di fasi alterne. Loki trovava divertente che Sif gli si concedesse: era la prova della sua ipocrisia. Professava di amare suo fratello e di voler dare la sua vita per lui, ma intanto cedeva all’istinto di andare a letto con uno che, sulla carta, disprezzava. E Loki, che pure detestava essere considerato un rimpiazzo di Thor da chiunque, lei compresa, spesso la cercava quasi rabbiosamente, perché sporcare l’amore sbandierato che la bella guerriera ostentava gli provocava un piacere malsano. Da alcuni mesi i loro incontri si erano fatti più radi e meno intensi; ciò non era strano. Erano unicamente compagni di letto, e Loki, dal canto suo, spesso s’incapricciava di qualche dama o progetto particolare e si dimenticava di tutto il resto, comprese le passate amanti. Sif non era mai stata gelosa e sapeva, non senza dispetto per se stessa, che, prima o poi, la sua vergognosa relazione col figlio cadetto di Odino avrebbe ripreso ritmi più serrati. Eppure, negli ultimi tempi, Loki le sembrava più inquieto e meno incline a cedere alla passione. Nella penombra del sotterraneo, lo osservò svolgere il suo compito con perizia e abilità, ma non le sfuggì la fretta con cui si rigirava tra le belle mani di mago coppe, spade e collane. Lo vide soffermarsi su un gioiello in particolare e sorridere appena, sempre in silenzio. E ciò era strano, perché Loki aveva la lingua sciolta e raramente sceglieva di tacere: in altre occasioni l’aveva riempita di battute allusive e vagamente canzonatorie, volte a suscitare la sua ira e il suo interesse, ma quella sera, no. L’ingannatore era concentrato in ragionamenti da dove lei, Sif, era esclusa. E non sapeva se ciò le recasse sollievo o sgomento o entrambi.

“Hai voglia di tornare al banchetto?” indagò circospetta.

“È l’anniversario della presa di potere di mio padre,” spiegò il mago senza sollevare gli occhi da un vistoso scudo finemente lavorato. “Ci sono ancora tante botti di idromele pregiato da assaggiare.”

Il disinteresse dell’Ase fece arcuare in una smorfia le labbra della guerriera, ma l’orgoglio le impedì di replicare. Attese che l’ingannatore finisse il suo compito a braccia incrociate, tuttavia, accorgendosi con stupore che si era appropriato già di uno dei tesori. Lo vide lasciare un breve messaggio su una pergamena, colse la soddisfazione con cui rendeva noto il privilegio che si era arrogato. Fatto ciò, il principe s’incamminò verso le scale strette che conducevano ai piani superiori e all’ampia sala del banchetto. Di nuovo, non aveva approfittato della circostanza favorevole per appartarsi con lei, anzi: le sfilò di fianco come se tra loro non fosse mai successo niente, nessuna cosa.

 

Sigyn se n’era appena andata, quando Loki tornò al banchetto. Glielo disse Thor. Il fratello, visibilmente alticcio e con gli occhi lucidi e arrossati, stringeva due valchirie per la vita, una per ogni braccio. Una delle guerriere aveva i capelli neri come la notte e lo sguardo rapace di un corvo. Anche la sua pelle era bruna e liscia. L’altra, aveva leggere efelidi rosse su un viso pallido quasi da bambina, ma il fisico snello e slanciato era quello di un’abile guerriera. Sif deglutì a quella visione: l’indifferenza brutale di Loki si scontrava con quella, molto più amara e senza risoluzione, di Thor. Le due valchirie ridevano col maggiore dei figli di Odino come lei, che pure combatteva al suo fianco da anni, non aveva fatto mai. La bruna gli sfiorava le spalle tornite, la mascella virile e squadrata, ammirandone la prestanza e la bellezza con uno scintillio compiaciuto negli occhi. Avrebbero passato la notte insieme, era palese, evidente, e lo volevano entrambi. La rossa si sciolse a malincuore da quell’abbraccio, lasciando alla coppia il modo di scambiarsi un bacio ansioso. Scherzò con Loki per un momento e poi si allontanò in cerca delle sue compagne.

“Fratello,” disse Thor carezzando la chioma scura e scomposta della donna al suo fianco e sporgendosi, al contempo, verso il mago. Non voleva che altri lo sentissero, nemmeno Sif o la valchiria. “Quella ragazza ha qualcosa che non va. L’ho tenuta d’occhio per te, ma… non fare cose di cui potresti pentirti. Di cui potremmo pentirci,” si corresse, abbassando il tono.

Loki non diede alcuna prova di aver apprezzato le premure del tonante. Ascoltò impassibile l’avvertimento dell’altro, sfoggiando la sua solita posa fiera. Lasciò correre lo sguardo sulla sala gremita e festante, assaggiò un corno ben colmo dell’idromele speciale che Odino aveva fatto aprire per l’occasione e si ritirò poco dopo, da solo.

 

Fu quella la notte in cui, per la prima volta, ebbe gli incubi. Sognò di vederla morire secondo il rituale e vide a chi era promessa, osservando la sua figura mostruosa e potente, frutto di un’immaginazione condizionata da incisioni antiche e descrizioni vaghe e imprecise. Si svegliò di soprassalto, con uno scatto. Senza nemmeno rendersene conto, si ritrovò seduto sul letto, madido di sudore, a maledire l’idromele, ricostruire le ultime ore e raccogliere i frammenti dell’incubo appena vissuto, che già svanivano dalla sua testa. La prima cosa che fece, fu cercare dell’acqua. Aveva la bocca impastata e una sensazione di ribrezzo e desiderio appiccicata addosso. Del suo sogno a brandelli, ricordava una Sigyn discinta come non era mai durante il giorno, ammiccante e sfuggente, svestita quel tanto che bastava per fargli intravedere le forme flessuose sotto un abito leggero. Il resto, erano scene confuse e violente, intrise di sangue, perché Sigurdr aveva promesso la sua figlia più giovane a un mostro che dimorava – marciva – sotto le radici dell’Yggdrasill, immolandola a lui in cambio di una vittoria. L’essere l’avrebbe pretesa come pasto o moglie o entrambe le cose – a Loki non sarebbe dovuto importare, ma invece gli interessava. Secoli prima, l’accorto re Bor, padre di Odino, aveva condannato una simile pratica. La razza che viveva sotto le radici doveva estinguersi lentamente, non ricevere doni che ne avrebbero, in un modo o nell’altro, proseguito e accresciuto la stirpe. Sigurdr aveva violato quell’ordine antico, offrendo alle creature superstiti non una ragazzina qualunque, ma la scintilla. E lei si struggeva per un destino che considerava avverso, senza immaginare, ancora, quanto in realtà fosse sporco ed empio e ingiusto. Loki si ritrovò a camminare per i corridoi bui del palazzo, accaldato e inquieto. Nonostante la frizzante aria notturna, indossava solo dei pantaloni di stoffa e una tunica leggera. Era uscito per schiarirsi le idee e scaricare l’adrenalina che gli era rimasta in corpo dopo il suo brusco risveglio. Finì a girovagare nei pressi della biblioteca, dentro cui avrebbe saputo orientarsi persino bendato. Alla fioca luce di una fiammella evocata pronunciando un paio di rune, trovò gli scaffali che lo interessavano: erano una raccolta di vecchie fiabe, filastrocche e poesiole per bambini, ma Loki non ignorava che, nelle storie narrate d’inverno dalle nonne di fronte ai camini, si celassero spesso significati inquietanti, visibili solo a chi sapeva o voleva cercare.

 Con i volumi sottobraccio, s’incamminò col suo passo svelto e felpato verso i propri appartamenti, ma nel farlo prese una strada diversa, inconsueta, che lo portò a fermarsi davanti a una porta chiusa, da cui filtrava una sottilissima lama di luce. Loki Odinson sbatté le palpebre gonfie di sonno: la notte era così fonda da essere irreale e forse anche quel bagliore lo era: altrimenti, stava fissando il segno che Sigyn, oltre la soglia, era sveglia.

Per un momento, si figurò nell’atto di bussare e aprire la porta – non era casa sua, del resto? – e coglierla nell’atto inutile di pregare gli antenati o immersa nella lettura di un libro. L’avrebbe sorpresa in camicia da notte, la stessa con cui l’aveva vista la sera della febbre, e si sarebbe deciso a rivelarle la parte di verità che ancora le mancava. Immaginò il terrore dilatarle nuovamente gli occhi e si figurò le sue labbra, schiuse e ben disegnate, tremanti e colme di maledizioni verso di lui, che era un bugiardo, e contro suo padre, che l’aveva venduta. Oppure, avrebbe potuto inghiottire ancora una volta la verità e stringerla tra le braccia, come desiderava, riscuotendo il premio chiesto per una battaglia in cui aveva quasi perso la vita. E allora la camiciola sottile di lei sarebbe stata sfilata bruscamente, per svelare le forme sognate dei fianchi rotondi e ben fatti, del seno piccolo e sodo. Alcune scene del suo incubo tornarono a pungergli la mente, suggerendogli quanto dovessero essere dolci i suoi baci, squisito il corpo che avrebbe spogliato e ammirato e posseduto nella penombra notturna. Era stata promessa a un altro, ma si trattava di un giuramento empio, che andava fermato. Nemmeno Padre Tutto desiderava spegnere così la scintilla, sebbene non potesse interferire con giuramenti e promesse[3].

Per un momento, Loki valutò davvero l’idea di entrare. Sfiorò la maniglia con le punte delle dita, inebriandosi del piacere maligno che nasce dai divieti violati. Chissà che sapore aveva.

 

 

Non si dovrebbe mai bere idromele mentre i musici suonano canzoni tristi. Loki ricordò di averlo detto a Sigyn per scherzo, una volta, ma era passato molto tempo da allora e lei adesso era cieca, lontana, perduta. I festeggiamenti per la prossima incoronazione di Thor proseguivano da ore, ma l’alcol non lo inebriava né rallegrava più. Costringeva la sua mente a percorrere sentieri contorti, carichi di un rancore fatto di molti altri rancori, ognuno con un proprio nome. E quello della maledetta scintilla spiccava su tutti, perché l’ingannatore era convinto che molte cose sarebbero andate in modo diverso, se le loro strade non si fossero mai incrociate, se suo padre, incauto, non l’avesse promessa - venduta. Thor blaterava assurdità sul proprio futuro regno, fantasticando di battaglie e scontri, e Loki pensava all’ombra in cui avrebbe continuato a strisciare, ai rimpianti che tiravano come fanno le vecchie cicatrici. S’inumidì le labbra e si alzò per abbandonare la sala. La festa gli risultava odiosa, così come la scelta scriteriata di Padre Tutto. Serrò i denti con ferocia: quel pensiero era, già di per sé, un tradimento. Uno persino peggiore di quello già compiuto. Sentì il respiro farsi irregolare, il sangue pompare irregolarmente nelle sue vene: Padre Tutto non poteva sbagliare. Lui, Loki, provava, verso il genitore, un affetto incondizionato, un’ammirazione senza pari. Fin dall’infanzia, incantato dal fascino irripetibile di quell’uomo con un occhio solo che raccontava a lui e a suo fratello delle storie fantastiche, si era ripromesso di dimostrarsi degno ai suoi occhi, copiandone senza nemmeno accorgersene le movenze e persino il modo di pronunciare certe parole. Crescendo, l’ammirazione si era tramutata in orgoglio; era il figlio di Odino, il principe di Asgard: non c’era impresa che non potesse o dovesse essere compiuta per il bene di quest’ultima. Persino strappare Sigyn al suo destino poteva giustificarsi nel tentativo di far rispettare le leggi di Bor, da sempre difese da Padre Tutto. Così si era discolpato, quando Odino, pallido per l’ira, lo aveva accusato di essere egoista e di badare solo al proprio tornaconto. Eppure, la scelta, alla fine, era ricaduta su Thor. Gli tornarono in mente le parole, cariche di un mesto risentimento, che erano state pronunciate dall’infelice Oddr. Come lui, Loki viveva in un’ombra, che anziché diradarsi si faceva sempre più fitta, inghiottendolo. Dopo aver perso lei, si era ritrovato a vedersi scivolare via dalle dita la possibilità di essere re. Che altro restava al cadetto, all’eterno secondo? Perennemente sul punto di sfiorare la luce e sempre, invariabilmente, escluso dalla stessa? Le sue belle dita di mago tamburellavano stancamente sul legno della propria scrivania che, frattanto, aveva raggiunto. Il fuoco crepitava appena nel largo camino, spandendo una luce rossastra e tremolante. Loki non aveva freddo né desiderava illuminare maggiormente la stanza. Se l’avesse fatto, i suoi occhi mobili e inquieti si sarebbero soffermati sulla cassapanca dove, sepolto sotto mantelli e tuniche, era nascosto uno scialle di seta impalpabile, appartenuto a lei. Il primo fallimento. Verso l’alba, il fuoco si ridusse a poche braci tiepide. Fu allora che il dio degli inganni si alzò e, avvicinando una mano verso la cenere, pronunciò a bassa voce una serie di rune il cui suono cadenzato sembrava quello di una nenia. Lentamente, una pergamena ancora sigillata riprese forma. Loki, però, non l’aprì. La curiosità lo mordeva, ma l’orgoglio gli impediva d’invischiarsi ancora in una situazione irrisolvibile. E poi, un altro piano si andava formando nella sua testa, perché se Sigyn era perduta, Asgard ancora non lo era. Thor non meritava il posto di suo padre. Loki doveva solo dimostrarlo, creando ad arte l’occasione giusta che rivelasse la vera natura del fratello.

 

L’angolo di Shilyss

Care Lettrici e cari Lettori del mio cuore (perché lo sapete che vi si lovva moltissimo, vero??)

 

So che molti di voi attendono anche l’aggiornamento di Accordo e vi prometto che la prossima a essere aggiornata sarà lei, ma comprendetemi: lì siamo nella fase finale della storia (leggete: l’ultima tranche di capitoli) quindi mi serve tempo per fare le cose bene e poi è stata un’estate complicata, ve lo confesso. Ma torniamo a Scintille. Vi avviso che nei prossimi capitoli saremo quasi sempre nel passato. È giunto il momento di scoprire cos’è successo, cos’è andato storto e perché Sigyn non è stata salvata.

Qualcuno si chiederà come mai non posto più settimanalmente: cercherò di essere sempre più o meno presente e di non far passare più di 14 giorni senza mie, ma a ogni modo vi ricordo che esiste la paginuccia fb per seguirmi e anche instagram. Lì avete mie notizie più o meno giornalmente (inserite risata malefica qui).

 

Ringrazio chi ha listato, recensito o semplicemente letto questa storia: siete importanti e sappiate che leggo tutti i vostri commenti e non vi mangio. Spesso non rispondo pubblicamente, ma se vi palesate lo faccio e sono molto alla mano, ecco. Se avete piacere, passate su Ombre e fate attenzione agli avvertimenti. Piacerà anche a chi ama il canone.

 

Ricordo che il personaggio di Sigyn, tolto quello che trovate alla voce “Sigyn” su Wikipedia, è una mia personale interpretazione/reinterpretazione/riscrittura. Non vi autorizzo a ispirarvi o peggio a questa versione o alle altre storie da me postate né qui né altrove (peggio mi sento con le fiabe) e lo stesso vale per gli headcanon su Vanheim, su Loki o su Asgard stessa. Creare un mondo con usi e costumi non è uno scherzo.

A presto e grazie per tutto l’affetto/sostegno/cose, vi si lovva (e spero voi lovviate me).

 

Shilyss



[1] Perché questi hanno le astronavi, non posso e non voglio credere che sanno come far volare una macchina e non abbiano a loro disposizione un sistema idraulico e fognario decente. Prima di volare, occorre risolvere l’annosa questione dei bisogni, ché farli nel secchio pare proprio brutto.

[2] Tutto ciò che leggete su Sigyn e sui Vanir (compreso il fatto che lei sia una Vanir) è un mio headcanon.

[3] Un mio headcanon riguardo alle promesse e ai giuramenti, così come la cosa che vive nelle radici.

   
 
Leggi le 11 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Thor / Vai alla pagina dell'autore: shilyss