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Autore: KiaraMad    06/09/2020    1 recensioni
Sollevare i sassi e gettarli in acqua, lontano da sé, non sarebbe stato sfiancante neanche per Jun Misugi.
Forse solo la vecchiaia avrebbe portato delle noie.
La fatica, però, Yayoi cominciò a sentirla prima del previsto.
E non fu una piccola fatica la sua: non fu affatto una piccola fatica.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jun Misugi/Julian Ross, Yayoi Aoba/Amy
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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IV. In questo giorno

Circa diciotto anni, sette mesi e un giorno di più*

 

«Oggi, zia, Jun ha giocato la sua prima partita dopo tanto tempo. Era così felice... era contagioso, davvero contagioso. La squadra ha vinto. Lui ha vinto. Speriamo di vincere il campionato quest'anno... sarebbe un ottimo trampolino per Jun. Io spero davvero che continui a essere così. Detesto vederlo spento... mi rattrista.»

Si alzò, per cambiare l'acqua ai fiori che aveva portato qualche giorno prima.

«Vorrei tanto che...»

Tu ti svegliassi

Yayoi non sapeva se la zia potesse sentirla, ma forse esprimere quei suoi desideri ad alta voce non era molto opportuno.

«Zia, credo che per oggi il tempo di visita sia finito. Torno domani, come sempre.»

Le lasciò una carezza sulla mano e uscì dalla stanza. Se ne sarebbe andata se il dottore non l'avesse intercettata.

«Aoba-san?»

«Sì, dottore?»

Quanti ne aveva visti, di medici, nella sua vita? Di quanti aveva avuto paura?

«Le consegno le ultime analisi di sua zia... abbiamo rilevato una forma di polmonite, dovuta probabilmente al suo stato attuale.»

Afferrò la cartella, con mani tremanti.

«Non... è in pericolo?»

Si accorse che l'uomo stava esitando, come a trovare le parole giuste. Avrebbe voluto dirgli che era abituata alle brutte notizie – anche se continuava a tremare – e che avrebbe potuto anche confessarle che la zia, date le sue condizioni, sarebbe morta presto.

E almeno non avrebbe sofferto più.

«Faremo del nostro meglio, signorina. Glielo prometto.»

Glielo prometto.

«Arrivederci, dottore.»

Gli diede le spalle e cominciò a camminare a passo spedito verso l'uscita.

 

In questo giorno

che tramonta

sono caduti i fiori di ciliegio.

[Miura Chora]

 

«Ancora complimenti, capitano. Sei stato fantastico.»

«Sì, oggi hai dato prova di te, Misugi.»

«Sei davvero un campione.»

«Grazie, ragazzi. Ma smettetela adesso, state diventando peggio della tifoseria sugli spalti!»

Avevano riso, prendendosi in giro, e poi si erano salutati, felici come bambini. Jun aveva cominciato a camminare da solo. Ancora la sera non era calata e non faceva freddo. Nell'aria si sentiva odore di fritto. Il cielo era arancione e il venticello primaverile scompigliava un po' i capelli e un po' i vestiti. C'erano un po' di persone in giro, ma non troppe.

Quando poco dopo arrivò di fronte a casa sua, non entrò. Non entrò perché fu distratto dalle risa di due bambini che giocavano nel parco vicino. 

“Prova a prendermi se ci riesci!”. 

“Non mi scappi!”.

Jun si mosse verso di loro. 

Al di là della prima fascia di erba c'era un ponte e sotto il ponte un fiumiciattolo artificiale che lui aveva sempre creduto vero. E poi anche mille ricordi legati a quella terra al di là del primo pezzo verde di parco. 

Così vi si diresse. Attraversò il ponte e si sedette in riva al fiume.

Sei triste, Jun-kun?

No, stavo solo pensando.

A che cosa?

A quando sarò grande e potrò realizzare tutti i miei sogni!

«Ma tu... ma tu sei Jun Misugi?»

Si voltò. 

Jun sorrise.

«Sono io.»

Vide i volti dei bambini illuminarsi quanto la limpida superficie dell'acqua.

«Sei fantastico! Noi rivediamo sempre le tue partite in tv! Sei fortissimo, davvero fortissimo!»

«Anche io voglio diventare come te da grande! Sei davvero un campione!»

Per poco non arrossì; si sentì quasi a disagio nel ricevere tutti quei complimenti. 

Li ringraziò di cuore.

Cosa vuoi vincere?

Le Olimpiadi!

Le Olimpiadi?

Sì! Entrerò nella nazionale giapponese e vincerò per il Giappone!

«Ma sei qui tutto solo, Misugi-senpai?»

Jun annuì, e sperò che quei due tornassero a giocare per conto loro.

«Andiamo, Kyuri-chan. Il senpai starà aspettando qualcuno.»

Così il bambino si avvicinò all'orecchio di Jun: «Tranquillo, Misugi-senpai. Kyuri-chan è un po' ficcanaso, ma è solo una bambina. Lei non sa che cosa sia l'amore.» Quindi, afferrata la mano della compagna, il bambino la tirò lontano da lì. «Sei fortissimo, Misugi-senpai! Scusaci per il disturbo!», gridò la bambina nell'allontanarsi, e anche lei riprese a correre.

E Jun... scoppiò a ridere. 

Come non gli succedeva da troppo tempo: con una mano sulla pancia e una sugli occhi. 

Ah, l'infanzia... lasciava solo una dolce malinconia.

Lei non sa che cosa sia l'amore

Quei bambini erano stati davvero buffi. 

E puntando lo sguardo al di là del ponte, ricercando le mani ancora unite di quei bambini e quei corpi così piccini, si chiese come potessero sapere cos'era l'amore; come riuscisse a entrare in loro l'amore.

E lui sapeva cosa fosse?

 

sono caduti i fiori di ciliegio?

 

Finito il turno e uscita dal ristorante, si strascicò verso casa. 

La fatica era tornata, e lei non vedeva l'ora di buttarsi sul letto a non fare niente. 

Niente di niente

O forse solo a spegnere tutto ciò che le bruciava in corpo: forse a non svegliarsi più, un po' come la zia

Ma non si gettò da nessuna parte. 

Si accasciò a terra, strisciando la schiena alla porta d'ingresso. Non si tolse le scarpe, non si tolse neanche il soprabito. Se la zia fosse morta, lei come avrebbe mantenuto la sua promessa? E perché non sentiva dolore? Perché non sentiva niente in quel momento se non gli occhi stracolmi di lacrime? A scuola avevano ragione gli altri: era proprio cambiata. Radicalmente. Non poteva tornare indietro e cancellare qualcosa? Cercò di farsi coraggio. 

Doveva alzarsi per cambiarsi e andare a dormire. Per cambiarsi e andare a dormire. Ma la cena le ribolliva in pancia a tal punto che per poco non la rigurgitò lì, all'ingresso: in tempo aveva raggiunto il lavello della cucina. 

Yayoi repelleva il vomito. 

La impressionava. Ancora di più odiava pulire dopo, perché quell'odore le faceva tornare la nausea. E poi il sapore che inguainava la bocca... sciacquò il lavello e corse in bagno. Abbondò col dentifricio e strofinò la lingua con forza. Ritornò a pulire per bene ciò che prima aveva sporcato. 

Pensò che non avesse mai fatto una cosa del genere prima, perché prima era sempre stata la zia a prendersi cura di lei. Prima non abitava da sola, prima non doveva sempre occuparsi della spesa, prima non doveva sempre cucinare, primanon aveva mai mangiato da sola, prima non aveva mai saltato i pasti, prima non doveva lavorare, prima non doveva accordarsi con i suoi genitori, prima non doveva discutere con loro, prima non doveva pensare a niente se non alla scuola, al club, a qualche pulizia primaverile e a Jun, al cuore di Jun.

E adesso? 

Aveva imparato a pensare a se stessa dopo tutto quel tempo a non pensare alla scuola, al club, a qualche pulizia primaverile e... e anche a Jun? 

Si sentì egoista. 

Aveva cercato di evitare di disfare le scatole con i ricordi più importanti, aveva cercato di nascondere foto di momenti felici ma ormai passati – perché Yayoi non aveva appeso niente alle pareti di quella casa, né una cornice aveva trovato posto sui mobili che l'arredavano – e... e aveva cercato di evitare tutto ciò che prima aveva caratterizzato la sua vita. 

Per nostalgia, forse. 

Per dolore.

Puntò una scatola che aveva riposto nell'ultimo cassetto dell'armadio. 

La scoperchiò, e prese quelle foto come da bambina sollevava i sassolini per lanciarli nel fiume: con leggerezza. Raffiguravano i suoi zii da giovani; alcune immortalavano le giornate che lei e Jun trascorrevano al parco vicino a casa Misugi oppure al campo da calcio della scuola. Ce n'era una che probabilmente aveva scattato lo zio: una Yayoi bambina che tendeva la mano a un Jun bambino, a terra, visibilmente affaticato e con una mano sul cuore.

Musashi-Nankatsu: manager e capitano.

«Tu sei proprio forte, Jun...»

Quando da piccoli giocavano a far rimbalzare i sassolini nell'acqua, Yayoi non vinceva spesso contro Jun, ma solo perché lui trovava, a detta della Yayoi bambina, “i sassi migliori”. 

Contro se stessa invece sarebbe stato più facile vincere?

Così quella sera, concentrata su quei ricordi che sembravano risalire a una vita parallela, non sentì neanche il cellulare squillare.

 

Note d'autrice

*Questa storia non segue esattamente le vicende e la cronologia del manga (ciò vale anche per i capitoli a seguire) e forse i personaggi non si confanno molto alle caratterizzazioni originali. Per questo si è preferito inserire l'avviso di OOC.

 

La poesia qui presente è tratta da Haiku. Il fiore della poesia giapponese da Basho all'Ottocento, a cura di Elena Dal Pra ed edito da Mondadori.

  
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