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Autore: ToscaSam    06/09/2020    0 recensioni
La solita storia di una ragazza che si iscrive all'università e incontra dei ragazzi.
Più o meno.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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XIV
 
Friz e Cesare furono una scorta piacevole. Tullia ripeté che non era necessario che l'accompagnassero, ma Friz si tolse il cappello a tesa larga che indossava e se lo portò al petto:
« Sul mio onore. Ho giurato che vi avrei scortata sino alla dimora, madamigella, e così farò»
Tullia scoppiò a ridere, così lui aggiunse: « Mi sto esercitando ad essere un paladino, sia chiaro. Odio tutta questa faccenda della galanteria» e le fece l'occhiolino.
Anche Cesare fu di buona compagnia. Era simpatico, sebbene meno esuberante di Friz.
Quando arrivarono davanti al condominio dove abitava, i due ragazzi ammisero di aver fatto bene ad accompagnarla: quella zona era squallida e incuteva poca sicurezza.
Si congedarono da lei: Cesare le disse che era felice di averla fra i giocatori di Dungeons & Dragons, Friz le donò un profondo inchino e un baciamano.
Quando Tullia salì le scale fino alla porta del suo appartamento, scoprì le proprie labbra curve in un gran sorriso.
 
*
 
Non c'era niente che l'allettava nella prospettiva di giocare a Dungeons & Dragons.
Voleva solo essere di comitiva, passare il tempo con i suoi ritrovati amici e sentirsi di nuovo apprezzata. Le piaceva l'idea di venire coccolata dalle moine di Rocco, così caro. Apprezzava la devozione quasi ridicola di Filippo, sempre pronto a combattere per farla divertire. Non vedeva l'ora di ascoltare i buffi monologhi di Friz e, infine, ammetteva di non stare nella pelle per trascorrere sei lunghe ore insieme al bellissimo Cesare.
Sapeva di avere una cotta, ma solo per via del bell'aspetto. Sapeva ancora meglio di essere appena uscita da una storia sfortunata. Eppure proprio il ricordo di Paolo, di come lei era stata stupida, le davano una grinta nuova. Non doveva più avere paura dei ragazzi, era certa di essere una persona normale, almeno a Pisa; aveva le sue chance, riusciva a piacere e a rimanere simpatica.
Non faceva sul serio con Cesare. Desiderava bearsi della sua presenza., sapere di essere amica di una persona così attraente, cosa che le era sembrata impossibile fino a quel momento.
Ricordava i belli del liceo, i desiderati. A lei non avevano mai rivolto parola. Lei non era di quel pianeta, di quella categoria. Potevano avvicinarsi a loro soltanto le compagne di classe che si truccavano, che si vestivano come tutte le altre, che facevano discorsi idioti.
L'adolescenza era stata una tortura: sentirsi intelligenti, ma vedere il mondo dell'élite popolato solo da stupidi e stupide; non curare il proprio aspetto per volontà di essere naturale, ma scoprire solo di essere brutta.
E poi Pisa.
Tullia si guardava allo specchio nel bagno del suo appartamento: i capelli bagnati dopo la doccia le ricadevano sulle spalle, come un mantello di seta scura. Il viso era roseo, forse non proprio simmetrico, sicuramente non mozzafiato: eppure ecco una ragazza carina, radiosa, viva.
Dov'era stata nascosta per tutti gli anni del liceo? Si era fatta strada, era sbucata nei primi giorni dell'università, per poi nascondersi di nuovo all'ombra della vecchia maschera. Paolo non aveva amato la Tullia raggiante. Paolo non aveva amato niente di Tullia, non aveva fatto altro che ricacciarla dentro lo scrigno della tristezza.
Ma adesso lei era di nuovo libera.
Tullia sapeva benissimo di non avere voglia di un'altra storia, non per il momento.
Una settimana prima di iniziare a giocare a Dungeons and Dragons, Tullia passò il suo primo esame universitario: Cartografia, ventisette trentesimi. Che soddisfazione vederlo scritto. Il professore si era dimostrato molto competente: non aveva fatto domande facili, ma aveva richiesto il ragionamento e perdonato i pochi errori.
Quando Tullia era uscita dalla porta dello studio, con il libretto in mano e il ventisette nel cuore, si era gettata fra le braccia di Angelo come una pazza. Angelo era l'unico dei suoi amici a condividere con Tullia il giorno dell'esame. A Bruno sarebbe toccato l'indomani, mentre a Rocco due giorni dopo.
Angelo era agitatissimo, eppure Tullia sapeva che aveva studiato. Erano stati insieme in biblioteca, avevano ripetuto insieme. Se l'ho passato io, lo passi per forza anche tu, gli aveva detto.
E invece così non fu. Angelo bocciò. Si era impappinato per via dell'ansia e non aveva saputo dir nulla della cartina topografica sotto i suoi occhi.
Tullia rimase esterrefatta per due motivi: il primo fu la bocciatura, che credeva impossibile e ingiusta. La seconda fu scoprire che Angelo aveva una fidanzata.
Poco dopo che Angelo era entrato nello studio del professore, una ragazza carina, coi capelli scuri e la pelle dorata si era messa a sedere insieme agli altri studenti in attesa, nonostante non avesse né libri né quaderni con sé. Aveva accolto Angelo fra le braccia, quando lui se n'era uscito tutto immusonito.
In quell'occasione, Angelo d'improvviso era divenuto impacciato, formale, strano.
Tullia invece cercò di essere esuberante e tese la mano alla ragazza dai capelli scuri: « Ciao! Io sono Tullia».
Lei sorrise, cordiale: « Io sono Sofia»
« Pal, perché non ci hai presentato prima la tua ragazza? Che studi Sofia?»
« Sono all'ultimo anno di Infermieristica, faccio tirocinio qui all'ospedale di Cisanello» rispose lei molto educatamente.
Angelo invece sembrava nel pallone: non sapeva sorridere, non sapeva parlare. Tullia lo trovò stranissimo. La salutò appena, quando se ne andò insieme a Sofia.
Quella sera, Tullia ricevette due messaggi: uno era di Angelo, l'altro di Rocco. Il primo diceva: “perdonami, non sono bravo con le public relations. Ansia”.
Che sciocco, sorrise Tullia fra sé. Però sapeva bene di non essere lei stessa un campione in relazioni sociali, quindi lo comprese.
Il secondo messaggio era piuttosto lungo. Diceva: “trovo solo ora il coraggio di andare a stuzzicare la tana di un giaguaro di mia conoscenza. Non so se il giaguaro stia godendo del lauto pasto o se si stia leccando le ferite di una sconfitta. In ogni caso mi arrischierò a porre la domanda. In sintesi, com'è andato l'esame?”.
Di nuovo, Tullia rise; stavolta più forte. Rocco si era bevuto il cervello: che razza di messaggio era quello?
Rispose che era andato tutto bene e che non vedeva l'ora di accompagnarlo alla sua prova due giorni dopo.
 
*
 
Rocco fu uno schifoso fortunato. Il professore aveva deciso di esaminarlo insieme all'unico altro candidato della giornata e visto che quel tizio era immensamente impreparato, Rocco si beccò un trenta e lode.
Quando uscì, era paonazzo e sorridente. Per non offendere i sentimenti del collega che aveva preso diciotto, non disse niente a Tullia, Bruno e Angelo, lì presenti.
Si spostarono in un corridoio vicino e poi esplose di felicità: Tullia fu addirittura abbracciata e sollevata da terra, come se il trenta e lode fosse merito suo.
« Un po' è merito tuo» disse Rocco, quando lei glielo fece notare: « sapevo di essere preparato come te e tu sei passata. Mi hai dato il coraggio»
« Ma non c'entra niente! È merito tuo e solo tuo» lo rimbeccò Tullia, concedendogli un buffetto su una guancia. Si diressero insieme al bar e per tutto il tragitto Rocco fu elogiato come meritava.
Angelo si adombrò: era stato l'unico respinto. Tullia se ne rese conto e cercò di dedicarsi anche a lui.
« Allora, pal. Dimmi un po' della tua ragazza! È carinissima. Da quanto tempo state insieme?»
Angelo, se possibile, divenne ancora più nervoso.
« Cinque anni»
« Accidenti! Che bello. L'hai conosciuta alle superiori?»
« Esatto»
Visto che il discorso lo innervosiva troppo, Tullia lasciò perdere. Tornò ad ascoltare gli altri due, ma Rocco stava spiegando a un dubbioso Bruno il gioco che lui e Tullia avrebbero iniziato la settimana successiva.
Rocco era così eccitato, sia per Dungeons & Dragons che per l'esame passato a pieni voti, che la sua spiegazione risultò incomprensibile. Raccontò troppe regole miste ad aneddoti troppo specifici, insieme a episodi di vecchie partite cui aveva assistito. Alla fine, Tullia era più confusa che mai, Angelo e Bruno piuttosto allarmati. Se ne andarono dopo solo un quarto d'ora di pausa caffè e avevano l'aria scandalizzata.
Rocco non si era accorto di aver stufato gli altri ed era sempre pieno di entusiasmo. Tullia lo assecondò per un altro quarto d'ora ma alla fine anche lei aveva il cervello in fumo.
« Devo andare a fare la spesa. Mi accompagni?»
« Certo. Ai suoi ordini, gnomo bardo. Oddio, che effetto strano»
« Già. Cesare ha detto che lo gnomo era una cosa carina ma non sono sicura che dicesse la verità».
Risero insieme, pagarono e si diressero verso il supermercato. L'aria fresca fece bene a entrambi: Rocco si calmò e Tullia sbollì le meningi.
Superarono il Ponte di Mezzo e attraversarono Corso Italia fino alla traversa che cercavano.
Rocco era diventato fin troppo silenzioso. Tullia gli concedette uno sguardo, mentre le porte scorrevoli del supermercato si aprivano per loro: era un po' pallido e teneva gli occhi fissi. Pensò fra sé e sé che la tensione dell'esame e la successiva eccitazione si stessero sciogliendo. Anche lei si era sentita come sgonfiata di ogni energia.
Nel carrello finirono due cesti di lattuga, carote, cipolle, farina, uova e un po' di prosciutto: voleva provare a fare una torta salata e se il risultato fosse stato buono, l'avrebbe ripetuta per la prima serata di giochi.
Rocco non comprò niente. Fece la fila insieme alla sua accompagnatrice, muto, la osservò mentre pagava e aspettò che lei riponesse gli acquisti nella borsetta di canapa.
Stavano per prendere strade diverse per rientrare nelle rispettive case, quando Tullia si decise a chiedere:
« Tutto bene, Rocco?».
Lui prese un enorme respiro, come se fosse rimasto in apnea sott'acqua fino a quel momento. Guardò Tullia negli occhi per un brevissimo istante, poi da paonazzo divenne rosso fuoco.
« Tullia … ecco io … devo dirti una cosa».
Oh no. Pensò lei. Non era pronta per una cosa del genere. Non in quel momento. Perché davanti al supermercato in un giorno a caso? Sentì i piedi incollarsi all'asfalto e le ginocchia farsi lattiginose.
Adesso era lei quella congelata.
Rocco prese fiato una seconda volta e disse: « Filippo».
Filippo? Che parola inaspettata. Tullia assunse un'espressione dubbiosa e un po' spaventata. La rivolse al suo caro amico, che adesso sembrava non voler più parlare per il resto della vita. Si guardava i piedi, era rosso come un peperone, non la smetteva di muovere le sopracciglia.
« Filippo è un bravo ragazzo» disse con estrema difficoltà.
Tullia sbatté gli occhi, perplessa.
« Ehm … si, lo so»
« Ecco. Lui. Ehm. Lui ci tiene molto a te».
Tullia alzò un sopracciglio.
« Cosa?»
« Si. Lui ci tiene molto» ripeté Rocco, a testa bassa, mangiandosi le parole.
Tullia cercò di assumere un tono che non fosse né isterico né strafottente. Forse non le uscì troppo bene:
« Anche io ci tengo. Cioè, gli voglio bene. Ma niente di più, capito? È un caro amico. Un amico. È solo un amico».
Rocco la guardò di nuovo, sempre rosso e sempre preoccupato.
Tullia capì che non si era affatto rilassato, come aveva creduto poco prima: aveva raccolto il coraggio e l'energia rimasta da quell'intensa giornata per passarle l'informazione. Forse aveva pensato a quel momento per tutto il giorno.
« Ci vediamo domani?» chiese lei cercando di sembrare disinvolta.
« Certo» rispose l'amico, in un soffio.
Si voltò e fuggì. Adesso si sarebbe sciolto da ogni ansia e sarebbe forse crollato in un sonno profondo. Forse prima avrebbe parlato a Filippo.
Tullia si chiese quale fosse lo scopo di quella strana confessione: perché Rocco gliel'aveva detto? Era stato Filippo stesso a chiederglielo o Rocco aveva preso l'iniziativa?
Tullia non aveva assolutamente voglia di teatrini drammatici, non voleva tagliare i ponti con nessuno, non voleva mutare lo status quo così difficilmente e recentemente ripristinato.
Sperò che il suo implicito no passasse a Filippo tramite Rocco e che Filippo se ne facesse una ragione ancor prima di iniziare una soap opera.
Ma poi perché Filippo? Si conoscevano così poco. Tullia non ricordava nemmeno il suo cognome.
Mentre il vento freddo sferzava la mano di Tullia armata di chiavi e la serratura roteava con un sonoro clack, la ragazza si domandò che diavolo di problema avesse quella città.
  
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