Anime & Manga > Inazuma Eleven
Segui la storia  |       
Autore: _ A r i a    07/09/2020    0 recensioni
{ sequel di Dark Necessities | au | tematiche delicate }
Il pennello danza lentamente nell’acqua, lasciando scie di colore azzurro all’interno di essa.
Jude resta ad osservarlo, come incantato. Per un momento gli sembra di dimenticare la tela davanti a sé, su cui sta dipingendo un paesaggio dai colori freddi, una spiaggia deserta, dalla sabbia grigiastra, e un mare in tempesta, onde agitate e schiuma bianca che schizza nell’aria.
È un paesaggio invernale che ha imparato a conoscere bene, in quell’ultimo periodo. Ha la mente troppo piena di pensieri, di dubbi e di dolore, così, appena può, si rifugia a Back Bay, da solo, senza che nessuno sappia nulla. Si siede alla fine di un pontile, accoccolandosi alla ringhiera in ferro, e resta lì anche per ore, incurante del vento freddo che ruggisce e gli fa sbattere i vestiti contro la pelle, ad ascoltare lo sciabordio nervoso delle onde e cercando di trarre da esso le risposte di cui sente di aver così disperatamente bisogno, in quell’ultimo periodo, ma che crudeli continuano a sfuggirgli.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Caleb/Akio, David/Jiro, Joe/Koujirou, Jude/Yuuto
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Do-Iwanna-know

Baby we both know
That the nights were mainly made for saying things
that you can’t say tomorrow day.
Artic Monkeys — Do I Wanna Know


Somerville, Boston, 4th February
h. 03:22 p.m.


È da poco pomeriggio quando Jude raggiunge il palazzo di Camelia.
Sale le scale a piedi, sorprendendosi del silenzio che sembra regnare in ogni appartamento.
Quando arriva al piano giusto e si ritrova davanti al portone dei Travis, avverte quasi uno strano senso di soggezione. Stringe a sé il quaderno che si è portato dietro, deglutisce una volta a vuoto e, finalmente, si decide a suonare il campanello. Dal pianerottolo inferiore si avvertono alcune voci schiamazzanti di bimbi.
Dei passi sicuri si avvertono avvicinarsi dall’altro lato della porta. Poco dopo, Percival gli apre.
«Ciao, Jude» lo saluta.
«Buonasera, signor Travis.» ricambia composto Jude. Il ragazzo muove a mezz’aria i libri che tiene tra le mani. «Sono passato per aiutare Camelia con gli ultimi argomenti di algebra.»
L’uomo annuisce comprensivo. «Sì, David mi aveva avvisato che ci saresti stato tu oggi pomeriggio.» conclude. «Prego, accomodati.»
Travis si scansa di lato, e Jude s’infila all’interno dell’appartamento. Non c’è molta luce – forse infastidisce Camelia, chi lo sa.
Il padrone di casa fa strada al ragazzo verso la camera della figlia, sebbene Jude sappia bene da tempo come raggiungerla. Probabilmente non ha mai rivolto le stesse cortesie a Caleb: Travis, infatti, è indulgente e permissivo con gli altri componenti della banda – soprattutto con Jude –, quando si tratta di Caleb, tuttavia, la sua remissività viene un poco meno. Di recente si sono tacitamente accordati, per il bene di Camelia, che limitarsi a tollerare in silenzio l’altro sia la migliore scelta possibile, ma Jude non riesce a fare a meno di chiedersi se sarà così per sempre.
Arrivati davanti alla camera della ragazza, Percival fa un passo indietro. «Buono studio, ragazzi» si congeda, per poi allontanarsi in direzione del suo studio.
Jude non entra subito nella stanza. Per un momento resta sulla soglia, e osserva.
Camelia è seduta sul letto, lo sguardo puntato sulla finestra e un vestito candido a cingerle il corpo. La casa è calda e riscaldata, il golf di lana turchina che le copriva le spalle è caduto tra le trapunte, così ora le braccia nude sono lasciate scoperte.
Jude non stenta a credere che Caleb si sia innamorato di quella ragazza. Se dovesse trovare un aggettivo per definirla, probabilmente questo sarebbe eterea. Ed è buffo, perché è quanto di più lontano Jude riesca ad immaginare pensando invece a Caleb, eppure quei due funzionano così bene, e non esiste al mondo qualcuno che possa negarlo.
Il lucore pallido e grigiastro di febbraio s’infrange sulle pareti violette della stanza con eleganza, quasi come a voler rimarcare quel concetto.
Prima di entrare, Jude si lascia sfuggire un colpo di tosse.
Camelia volta la testa nella sua direzione. «Ehi» lo saluta, un lieve sorriso che fa capolino sul suo volto.
«Ciao» ricambia lui. «Sono passato per…»
«Algebra» lo anticipa lei. «Lo so. Vieni.»
Jude sorride e china appena il capo, facendo ingresso nella stanza. Sulla parete alla sua sinistra ci sono un sacco di foto che seguono la crescita di Camelia, la ritraggono fin da quando era una bambina piccolissima fino ad arrivare a giorni più recenti. In molte compaiono i suoi genitori, in alcune Caleb e perfino un paio con gli altri membri della banda. La prima volta in bicicletta, le candeline che si spengono alla festa per il quinto compleanno, una giornata passata alla baia assieme ai ragazzi. Jude è sempre stato affascinato da quei piccoli scorci di vita, e non fatica a comprendere perché Camelia tenga così tanto a conservarli.
La ragazza dà dei colpetti con la mano alla porzione di materasso accanto a sé, e Jude si affretta ad accettare l’invito sedendosi accanto a lei. Gli occhi delle stesse tonalità dell’oceano della ragazza sono fissi su di lui, e come sempre Jude vi legge dentro solo tanta dolcezza.
«È passato un sacco di tempo dall’ultima volta che ci siamo visti» gli fa notare la ragazza, posando piano il proprio palmo della mano sul suo.
«Già» Jude inclina la testa di lato. «Mi dispiace non essere stato presente‒»
«Non dirlo nemmeno per scherzo» taglia corto Camelia. «Ora sei qui, è questo che conta.»
Jude le sorride grato. Abbassa lo sguardo e apre il libro di algebra. David gli ha accennato a che punto fossero arrivati con gli argomenti, per cui ha un’idea abbastanza chiara di ciò di cui le parlerà oggi…
La voce di Camelia richiama ancora la sua attenzione.
«Jude?»
«Uhm?» La testa del ragazzo si solleva di scatto.
Camelia sorride. Incrocia le gambe sul letto, per poi chinarsi leggermente in avanti.
Quando la voce soave della ragazza torna a riempire il silenzio della stanza, alle orecchie di Jude giunge una domanda che mai si sarebbe aspettato di ricevere.
«Come stai, Jude?» gli chiede infatti Camelia, con quella sua disarmante ingenuità.
Per un momento Jude finisce per strozzarsi con il suo stesso respiro.
«I‒ In che senso…?» domanda a sua volta. In effetti è piuttosto spiazzato, non mente a se stesso se si dice di non sapere come rispondere a quella domanda.
Camelia inclina la testa di lato, come intenerita dalla difficoltà in cui ora, di colpo, sembra trovarsi Jude – lui, sempre perfetto in ogni occasione, sembra impossibile vederlo annaspare. «Beh…» Camelia si avvicina ancora un po’ di più a lui, «Caleb mi ha detto che stai frequentando una ragazza. Victoria, giusto?»
Jude tentenna. Perché stanno parlando di questo, adesso?
«Sì» ammette. «Da circa un mesetto.»
«Oh» Camelia sembra sinceramente incuriosita. «E com’è? Dai, parlami di lei!»
Il ragazzo si porta una mano dietro alla testa, cercando di dissimulare il suo imbarazzo. «Beh… ha gli occhi grigi come nuvole in tempesta e i capelli rossi. Frequentiamo lo stesso corso di arte e lei si è presentata a me dopo una lezione di letteratura…»
«E la ami?»
La domanda arriva mentre Jude sta ancora parlando. È così improvvisa che ci mette qualche secondo per elaborarla correttamente, e quando ci riesce è come se qualcuno gli abbia procurato un graffio sulla guancia.
Mentirebbe se dicesse di non esserselo mai chiesto. Ci riflette, ma sono più frequenti le volte in cui la sua mente cerca di mettere a tacere le risposte.
«Io… non lo so» ammette, sebbene si senta così terribilmente in colpa per questo.
L’intenzione di Camelia, tuttavia, non è apparentemente quella di fargli pesare i suoi errori.
«E Ray?»
Se possibile, quella domanda fa ancora più male della precedente. Come se d’improvviso qualcuno gli abbia tirato un secchio d’acqua gelida addosso, o come se di colpo il mondo avesse perso ogni colore. Per un attimo i suoi occhi non sembrano più percepire alcunché, tutto intorno a lui diventa d’un nero cieco ed asfissiante.
«C-che c’entra Ray…?» chiede, quasi annaspando.
Camelia inclina la testa di lato e sorride, come se si fosse resa conto solo in quel momento di avere a che fare con un bambino, un bambino che si approccia per la prima volta ad una realtà tutta nuova e si trova piuttosto in difficoltà. «Beh… la vostra era una storia importante, ed è finita in modo improvviso» commenta. «Non oso immaginare come tu possa esserti sentito dopo.»
Un sorriso amaro compare sul volto di Jude. Parlare di Ray è così difficile, adesso. Camelia ha sottolineato qualcosa di fin troppo importante, per lui, vale a dire la chiusura brusca del loro rapporto. Forse, più di tutta la situazione in sé, era stata quella lacerazione a ferirlo maggiormente: un solo, singolo strappo, e nulla era stato più come prima.
Era stato come se ogni cosa avesse perso importanza d’improvviso. Non riusciva ad immaginare una vita che non comprendesse l’uomo accanto a sé. Il mondo era diventato privo di ogni colore, e il gelo regnava sovrano per le strade.
Gli era parso di venire sommerso di colpo da un’onda enorme, e di non riuscire più a respirare. Perderlo era stato tutte quelle cose, e per la verità ne era anche molte di più, tuttavia Jude non era in grado di esprimere a parole nessuna di queste.
«È… passato del tempo» cerca di giustificarsi il ragazzo, senza fare minimamente accenno a ciò che ha pensato. «Sto cercando di andare avanti. Passerà, prima o poi.»
«Lo ami ancora?»
Una domanda. Una sola, semplicissima domanda, che basta tuttavia a mandare in frantumi tutta l’instabile realtà che Jude s’è premurato di costruirsi attorno in tutti quei mesi.
Cosa dovrebbe rispondere? Che è andato avanti? Che l’ha superato? Mentirebbe a se stesso, e lo sa lui come lo sa Camelia. Non passa giorno in cui non pensi a Ray, e a volerla dire tutta anche quella nuova, folle relazione era nata nella speranza che la situazione, in qualche modo, migliorasse, si stabilizzasse.
Tornasse come prima.
Vorrebbe che Ray fosse ancora al suo fianco. Vorrebbe poter tornare a fare assieme a lui progetti sulla loro vita futura, fantasticare sul college, invecchiare insieme, uno accanto all’altro.
Da quando non c’è più, invece, gli sembra di camminare bendato lungo un sentiero che non sa dove lo porterà.
Non ha bisogno di riflettere su quella domanda, in cuor suo sa già quale sia la risposta. Il problema è che non sa come fare, né come potrebbe riuscire ad ottenere ciò che realmente desidera.
Ma una cosa è certa: cercherà di raggiungerla, vuole almeno provarci.
Jude tamburella con le dita sul libro, cercando di concentrarsi nuovamente sullo studio nel quale si prepara ad immergersi.
«Dunque, proviamo a risolvere un’equazione…»


West End, Boston, 18th March
h. 11:03 a.m.



È una primavera strana, quella.
Manca ancora qualche giorno all’inizio ufficiale di quella nuova stagione, e per quanto il clima continui ad essere ancora piuttosto freddo alcuni fiori hanno già cominciato a sbocciare sugli alberi.
Caleb si augura di tutto cuore che sia un buon auspicio.
La pausa primaverile quest’anno è una manna dal cielo, perché gli permette di restare ancor più vicino a Camelia. Finalmente, per una settimana potrà starle accanto da mattina a sera, e non potrebbe chiedere davvero di meglio in attesa dell’estate.
Questo, chiaramente, comporta anche accompagnare Camelia in ospedale.
La ragazza è ancora abbastanza reticente all’idea, ma Caleb non ha voluto saperne niente. Che razza di fidanzato sarebbe, se non fosse accanto a lei anche nei momenti difficili?
Camelia sbuffa con levità, e Caleb affonda maggiormente il mento nella felpa azzurra che indossa.
«Non è questo il punto» gli ripete lei, sistemando il collo alto del maglione lilla che indossa. «È un momento particolarmente brutto e doloroso per me. M’infastidisce l’idea che tu possa vedermi in uno stato simile…»
Lui si volta di scatto, e deve trattenersi per non sferrare un pugno nell’aria che li circonda. «Sì, ma come pretendi che il peso di certe situazioni si allievi se non mi permetti di starti accanto? Se non mi permetti di aiutarti…?»
Camelia gli rivolge un sorriso simpatetico. Afferra la sua mano, stringendola piano.
«Caleb» lo richiama. «Sarebbe da sciocchi credere che tu non mi stia aiutando. Guardati!»
Ha ragione, lo sa. Quando gli ha confessato della sua malattia, Camelia ha ammesso di non avergliene parlato prima perché sapeva che, altrimenti, Caleb sarebbe stato disposto ad abbandonare ogni cosa – la scuola, i ragazzi – pur di accertarsi che lei stesse bene, rimanendo sempre al suo fianco per essere sicuro che non le mancasse nulla. Probabilmente sarebbe andata così, Caleb lo sa bene. Eppure ha sempre quella sensazione, quella paura di non essere mai abbastanza per lei. È abbastanza presente? Riesce a fare tutto ciò che potrebbe per lei?
Accompagnarla in ospedale per le terapie è davvero il minimo. Il pensiero di restare separato da lei più del tempo necessario lo dilania.
E, per quanto Camelia sia riluttante al pensiero di averlo attorno in certi momenti, sa che buona parte delle sue convinzioni siano dettate da una buona dose di orgoglio. Ha paura di apparire vulnerabile ai suoi occhi, teme che possa trovarla fragile, che vedendola in quel modo non la amerà più. Quello che Camelia non ha capito, tuttavia, è che, agli occhi di Caleb, lei ora sembri ancor più forte e bella.
L’ascensore trilla piano e le porte si aprono, accompagnandoli all’ingresso del loro piano. Un altro piccolo traguardo sa di averlo raggiunto nel momento in cui, a partire dal mese precedente, Percival ha cominciato a permettergli di accompagnare Camelia da solo in ospedale, senza più la sua supervisione. Caleb non sa esattamente come prendere quella cosa: ha iniziato a fidarsi maggiormente di lui, oppure ha solo più lavoro da fare come ha detto loro?
Non lo sa. Sono tante le cose che ignora, di recente. Da una parte, però, è quasi felice di non conoscerle, perché così può immaginare lui la risposta, e di recente ha scoperto che questo è proprio un gran sollievo, soprattutto se ci si trova in una situazione difficile come la loro: puoi cercare sempre di vederla in positivo, e tanto basta ad aumentare almeno un po’ la motivazione.
I due ragazzi attraversano i corridoi del reparto continuando a tenersi per mano, come se quel legame fosse più forte di qualsiasi ostacolo – e per Caleb lo è, se accanto a lui c’è Camelia si sente invincibile. Gli infermieri che incontrano lungo il loro cammino li salutano tutti, ormai a forza di presentarsi lì così spesso hanno imparato a conoscerli.
Camelia si ferma solo una volta raggiunta una certa porta, e Caleb sa il perché della sua incertezza fin troppo bene. Serra leggermente di più la stretta attorno alla mano della ragazza, cercando di infonderle un po’ di coraggio.
Camelia lo guarda, e in quegli occhi blu come il mare Caleb ci vede un milione di sfumature. E, forse per la prima volta da quando hanno cominciato quel percorso assieme, anche della pura.
Perché?
«Entra anche tu, oggi» gli propone lei, rivolgendogli un sorriso dolcissimo.
Caleb si acciglia per un momento. «Sei sicura?» domanda. «Mi era parso di capire che non volessi…»
Camelia inclina appena la testa di lato. «Forse hai ragione tu» ammette. «Credevo di poter affrontare questo mostro da sola, ma inizio a domandarmi per quanto ancora le mie forze mi sosterranno…»
Caleb apre la bocca, cerca di dire qualcosa, ma le parole sembrano essersi impigliate nella sua gola, come se non volessero proprio saperne niente di uscire. Sbatte le palpebre un paio di volte, prova ad afferrare un pensiero che evidentemente continua a sfuggirgli.
Camelia però non gli lascia possibilità di replica. Un momento dopo è già entrata nella stanza, salutando il suo medico.
«Buongiorno, dottoressa Schiller» esordisce infatti, muovendo appena una mano a mezz’aria.
«Buongiorno, ragazzi» ricambia la donna. «Sono felice di vedere che ci sia anche Caleb, oggi.»
Il ragazzo segue Camelia all’interno della stanza. Lei, nel mentre, sta sistemando la giacca sull’appendiabiti.
«Sì» concorda Camelia. «Gli ho chiesto io di venire. Sono felice che lui sia qui.»
La ragazza si accomoda sulla poltroncina di pelle blu presente nella stanza, sollevandosi una manica del maglione mentre la dottoressa Schiller finisce di preparare l’ago che deve iniettarle.
Caleb resta in disparte, premendo la schiena contro la parete – quasi come se sperasse che quest’ultima lo risucchiasse. Continua a pensare alle parole che gli ha rivolto poco prima Camelia, senza riuscire a venire a capo del loro vero significato. Che voleva dire quel discorso? Per mesi Camelia ha affrontato quel calvario con tenacia, senza mai retrocedere né dare la possibilità alla malattia di spaventarla. Ha combattuto fin da subito e non è mai stata intenzionata a demoralizzarsi. E adesso? Che sta succedendo?
Caleb fino ad ora è sempre stato certo che le cure stessero andando per il meglio, o perlomeno questo è ciò che Camelia gli ha sempre ripetuto. Certo, sa anche che la ragazza è sempre stata preoccupata dal mancato ritrovamento di un donatore di midollo osseo compatibile con lei, tuttavia la cosa non l’ha mai scoraggiata. È cambiato qualcosa, senza che Caleb se ne accorgesse?
Il ragazzo volta la testa di lato. Fin da lì, riesce ad intravedere alcuni rami di alberi, su cui stanno cominciando a sbocciare dei fiori.
E Caleb non vede l’ora di ammirare quella primavera assieme a Camelia.
 

「 Brookline, Boston, 26th May
h. 04:49 p.m.



Aprile è stato devastante.
Al rientro dalla settimana di pausa a marzo, i professori si sono messi d'impegno per farli trovare in difficoltà, ammassando verifiche su verifiche nel giro di pochi giorni.
Per Jude, fortunatamente, non è stato poi nulla di così impossibile.
Ha sempre amato studiare, gli riesce pressoché naturale – nonostante passi comunque ore ed ore sui libri ogni giorno alla stregua dei suoi compagni, giacché se desidera raggiungere i risultati che si è prefissato deve essere pressoché perfetto –, in più studiare lo aiuta a distrarsi.
A non pensare.
La sua vita è diventata un vero e proprio disastro. Intrappolato in una relazione che non ha mai veramente voluto, destinato a perdere per sempre chi ama nel giro di poco più di una settimana.
Già, perché il suo tempo è ormai concluso.
Manca circa una settimana alla cerimonia dei diplomi, e non ha la minima idea di cosa succederà dopo. Sarà l’ultima volta in cui vedrà Ray. No, non riesce ad accettare un futuro che non lo comprenda.
E allora?
Non è mai stato a casa di Victoria. Finalmente liberi dagli impegni scolastici, lei lo ha invitato lì e a Jude, seppur di malavoglia, è toccato andarci. Anche lei come lui – e come Ray, gli ricorda una vocina malefica nel suo cervello – vive in uno dei quartieri più eleganti e alla moda di Boston. C’era da aspettarselo, in effetti. Ora che ci pensa, non riesce a fare a meno di chiedersi come faccia Ray con il solo stipendio da insegnante a…
No. Non deve pensare a lui.
Soprattutto se si trova nei paraggi di Victoria.
Casa Vanguard, come immaginava, è di una bellezza ricca, sfarzosa, appariscente. Ignorando tuttavia i pregiati tappeti dell’ingresso, i quadri alle pareti e il lusso del salone, fatto di divani di pelle, volumi dalle apparenze antichissime stipati tra gli scaffali di una lunga libreria e una vetrina contenente liquori di pregiate annate, Victoria si era diretta senza troppe cerimonie verso la sua camera da letto.
E questo non aveva fatto altro che mettere ancor più a disagio Jude
La stanza di Victoria sembra in contrapposizione con il resto della casa. È come se lì il tempo si sia fermato, bloccandosi all’infanzia della ragazza. Ci sono stelle adesive incollate al soffitto, di quelle fluorescenti che s’illuminano col buio. Un telescopio è posto vicino alla finestra, le tende sono aperte e arricciate sul fondo, a offrire una piacevole visuale su una delle più raffinate e trafficate vie della città, poco sotto di loro. Sulle pareti azzurre ci sono macchie di altri colori, e questo fa subito pensare a Jude alla vena artistica di Victoria.
«Benvenuto nel mio mondo» commenta lei, saltellandogli tra le braccia.
È a dir poco euforica, e Jude teme di sapere fin troppo bene perché. Seppur con riluttanza, finisce per cingere la vita della ragazza con le braccia, e per Victoria quello è un gesto fin troppo eloquente. Poggia le labbra su quelle di Jude, e prende a baciarle con dolcezza e desiderio al tempo stesso.
Sbagliato. È tutto così sbagliato. Jude lo sa, lo sente, e non riesce a fare a meno di pensarci. Vorrebbe poter fuggire via da lì a gambe levate, lo ha sempre voluto, eppure eccolo qui, intrappolato per l’ennesima volta, un nodo in gola che gli rende complicato perfino respirare.
Victoria lo conduce verso il letto. Si lascia cadere sul materasso, trascinando il corpo del ragazzo sopra di sé. Suo padre sarà fuori per lavoro fino a sera, è l’occasione che attende da mesi.
Oh, no.
Le labbra di Victoria scivolano sul collo di Jude, mentre le dita abili cominciano a slacciargli i bottoni della camicia. Probabilmente si è accorta dell’incertezza del ragazzo, forse l’ha scambiata per goffaggine e ha deciso di cercare di aiutarlo, prendendo un’iniziativa così insolita per lei. Jude le tiene le mani sui fianchi, ma sembra non collaborare in nessun modo, né riuscire a godere delle attenzioni che gli sta dedicando, non un gemito, neppure un sospiro a dimostrare il suo compiacimento.
Forse Victoria starà pensando che sia strano, oppure magari lo ritiene normale, dopotutto ormai frequenta Jude da mesi e, per quanto stiano insieme da un po’, non lo ha mai visto lasciarsi andare del tutto. Potrebbe pensare che sia parte del suo carattere.
La verità, tuttavia, è ben altra.
«Victoria…» Jude la chiama piano, sperando che riesca a percepire il disagio nella sua voce.
A quanto pare funziona. La ragazza solleva il capo, tuttavia sembra crucciata.
«Ehi, che succede?» domanda, carezzandogli piano una guancia.
Le labbra di Jude tremano, e il ragazzo deve fare appello a tutto il suo autocontrollo per non crollare. «Andiamo con calma» propone. «Non ci corre dietro nessuno, no?»
La ragazza sospira sonoramente ma lo lascia andare. Jude non stenta ad immaginare quanto sia impaziente, quanto non veda l’ora di donarsi completamente al ragazzo che ama. E questo basta e avanza a farlo indugiare.
Per l’ennesima volta, finisce per sentirsi in colpa. Non ha mai voluto farle del male, perciò si sentirebbe di una crudeltà inaudita a prendere la sua verginità senza amarla nemmeno un briciolo. E, d’accordo, non è attratto da lei, e non riesce ad immaginare in alcun modo di avere un rapporto così intimo con una ragazza, ma quello è un discorso che non ha alcuna voglia di tirare in ballo. Non con Victoria, almeno.
Se dovesse essere davvero sincero, c’è solo una persona al mondo a cui si donerebbe interamente, ora però gli sembra così lontana e irraggiungibile…
Jude si tira a sedere sul letto, incrociando le gambe e sospirando a sua volta. Sa che è solo questione di secondi prima che Victoria torni nuovamente alla carica, per cui deve trovare un modo per distrarla, almeno per un po’.
Si guarda attorno. In fondo alla stanza c’è una piccola libreria. Deve essere piuttosto vecchia, perché al suo interno Jude v’individua anche alcuni libri per l’infanzia. Immagina gli scaffali crescere assieme a Victoria, così come l’intera stanza, modificarsi a seconda della sua età, passando dalle stelle adesive da bambina ai classici di Louisa May Alcott durante l’adolescenza. Jude sorride: non stenterebbe a credere, se glielo dicessero, che anche gli arredi posseggano vita propria.
Jude si alza in piedi. Attraversa la stanza, con calma misurata, senza riuscire a staccare gli occhi di dosso da quella libreria. Alcuni scaffali ospitano souvenir provenienti da tutto il mondo: Parigi, Berlino, Madrid…
Su uno di questi, poi, c’è un oggetto che Jude non si aspettava di trovare.
È in fondo ad uno scaffale pieno di libri, all’estrema destra, come se qualcuno cercasse di nasconderla alla vista di occhi indiscreti. E in effetti se quello è l’effetto desiderato funziona in pieno, perché prima di avvicinarsi Jude non l’aveva proprio notata. Jude si chiede perché nascondere un oggetto del genere, dopotutto sembra così affascinante…
Una macchina fotografica per polaroid, di un celeste molto chiaro. Il ragazzo è sorpreso, non si aspettava di trovarne una lì.
«Non sapevo fossi appassionata di fotografia…» commenta, come esprimendo a parole i suoi ultimi pensieri.
«Sì, è… una passione che ho da parecchi anni. In effetti non te ne ho mai parlato prima» ammette.
C’è qualcosa di strano, nella voce di Victoria. Sembra… tesa, eppure Jude decide di non darci troppo peso. Magari è solo poco entusiasta al pensiero che possa toccare le sue cose, anche se è strano, in tutti quei mesi non gli ha mai dato l’impressione di non sopportare una cosa del genere. Jude decide di non farci caso, forse sta solo immaginando cose che in realtà non esistono. E poi quella macchina fotografica gli piace sul serio, non gli dispiace l’idea di darle un’occhiata più da vicino.
Il ragazzo si ferma davanti alla libreria. Allunga una mano in direzione dell’oggetto che l’ha attirato a sé, come un canto di sirena, e alle sue spalle Victoria si muove tra le coperte, cercando di alzarsi in fretta e furia dal letto.
Troppo tardi.
Jude afferra la macchina fotografica e, con essa, qualcosa cade a terra. Il ragazzo batte le palpebre un paio di volte, confuso, alla fine tuttavia si china verso il basso a raccoglierle. Dopotutto è stato lui a farle cadere, sarebbe scortese da parte sua lasciarle lì.
Prendendole in mano, si rende conto che si tratta di alcune polaroid. Ma non del genere di scatti che una ragazza appenderebbe in camera sua, circondati da una striscia di lucine dalle tonalità calde. Si aspetta foto di Victoria, magari in compagnia delle sue amiche, o al massimo memorie della sua infanzia, come quelle in camera di Camelia. E invece no, ad attenderlo non trova niente del genere.
In quelle foto c’è lui. In ogni singolo scatto.
Ed è evidente che sia finito impresso su quelle pellicole contro la sua volontà, perché in nessuno scatto fissa l’obiettivo. Una volta è a scuola, intento a recuperare qualcosa nel suo armadietto, un’altra è con i ragazzi e ridono, chissà ripensando a quale impresa.
Sono foto risalenti a mesi prima del loro fidanzamento, Jude lo sa bene, perché non ha mai visto Victoria con quella macchina fotografica in mano da quando stanno insieme. C’è un dettaglio, tuttavia, che lo inquieta più di ogni altra cosa.
Jude riconosce quello scatto. Risale ai primi giorni di ottobre, e il luogo sullo sfondo è innegabilmente lo Starbucks di Beacon Hill.
In quella foto, Jude ha lo sguardo basso. Dietro di lui, Ray lo abbraccia, cercando di confortarlo.
È allora che Jude capisce. Una prospettiva agghiacciante si affaccia nella sua mente – spera tanto di sbagliarsi, ma dubita di farlo.
D’improvviso una rabbia cieca inizia a montargli dentro, e Jude decide che è arrivato il momento di abbandonare il suo consueto autocontrollo.
Se solo pensa che per tutti quei mesi è stato lui a sentirsi meschino…
«J‒Jude…» Victoria lo raggiunge alle spalle, di soppiatto. Probabilmente ha già capito cos’è appena successo.
«Fammi capire» Jude si volta nella sua direzione, furioso. Nel suo sguardo non c’è spazio per la compassione. «Cosa significherebbero queste
«I‒Io…»
«Che c’è, non riesci a rispondere? Oh, se vuoi posso aiutarti io» continua il ragazzo. Sul suo volto compare un sogghigno malefico. «Mi hai spiato per mesi. Eri così ossessionata da me che hai iniziato a seguirmi ovunque e a scattarmi queste fotografie. Poi, però, hai scoperto qualcosa che non immaginavi: la mia relazione con Ray. Così, accecata dal desiderio di avermi solo per te, hai portato queste foto al preside Rice…»
«N‒No!» strepita la ragazza. «È vero, ho detto al preside di aver scoperto che avevate una relazione, ma non gli ho dato le foto! Lui le voleva, ma io mi sono rifiutata di dargliele, perché temevo che se lo avessi fatto saresti riuscito in qualche modo a risalire a me… J‒Jude, mi dispiace, non volevo… non volevo che lo venissi a sapere così…»
«Beh, è ovvio, perché se non avessi trovato queste foto oggi tu non me l’avresti mai detto!» sbotta Jude, lasciando cadere le polaroid a terra, sulla moquette scura e pregiata della stanza. «Pensi che non avergli dato le foto ti renda meno colpevole? Hai letteralmente esposto la vita privata di due persone per il tuo tornaconto!»
Victoria cerca di afferrare la manica della camicia di Jude. «M‒Ma io ti amo…» ammette, negli occhi ancora un piccolo barlume di speranza.
«Beh, io no!» esclama Jude, liberandosi dalla sua presa. Si sente libero, più leggero di almeno dieci chili. Finalmente ha ammesso la verità, e non ha più paura di ferire Victoria, non dopo quanto ha appena scoperto, non dopo tutto il male che lei gli ha procurato. «Non ti ho mai amata, a dir la verità! Mi sono messo con te nella stupida, vana, miserevole speranza che Ray s’ingelosisse e provasse in qualche modo a riconquistarmi. Non ho mai provato nulla per te. Dio, se solo penso che ho perso tutti questi mesi lontano dall’uomo che amo a causa di questo sciocco teatrino…!»
Gli occhi di Victoria si riempiono di lacrime. La ragazza si lascia cadere a terra, ma a Jude non importa più nulla. Si sente così felice che sta quasi per scoppiare a ridere, ma evita di farlo perché inizia a temere di aver perso per sempre la sua sanità mentale.
Volta le spalle a Victoria. Ormai non ha più motivi per rimanere lì. Tutte le catene che lo imprigionavano si sono di colpo spezzate, e non riesce ad immaginare una sensazione migliore di quella.
Jude attraversa la stanza senza fermarsi. S’arresta solo per un momento, arrivato ormai sulla soglia.
«Penso che sia inutile dirti che tra noi è finita» conclude.
Jude esce dalla stanza, poi dalla casa. Si lascia alle spalle il pianto di Victoria che irrompe nell’aria, ma non gliene importa niente, vuole solo dimenticare tutta quella storia il prima possibile.




Angolo autrice


È un orario imbarazzante della notte. Sto editando. Va tutto bene.
Domani voglio buttarmi su un treno e andare via lontano, non pensare più a niente, almeno per un giorno. Quindi, visto che tecnicamente è già il 7 settembre, edito e pubblico adesso, così non ci penso più.
A proposito, siamo finalmente arrivati a settembre. Ma ci pensate che il prossimo capitolo è l'ultimo prima dell'epilogo? Io non riesco ancora a realizzarlo, ho passato così tanto tempo ad essere incapace di finire questa storia che darle invece una conclusione mi lascerà disarmata. Tecnicamente l'ha già fatto quando l'ho scritta, ma penso che pubblicarla sarà diverso.
Tra l'altro questo è un capitolo che attendevo con ansia, per cui non capisco perché non mi andasse di editarlo ed ecco anche perché mi sono ridotta a quest'ora per farlo, tanto per me dormire è un optional--
Ma andiamo con ordine. Per quanto riguarda le prime due scene in realtà non ho molto da dire. La prima ci mostra l'amicizia tra Camelia e Jude, che purtroppo visto che sono scema ho sempre fatto passare in secondo piano. E a pensarci bene sì, è un po' Camelia a dare la "spinta" a Jude affinché apra gli occhi su ciò che prova realmente.
Nella seconda scena probabilmente invece sembra che non succeda niente, ma vedrete, nel prossimo capitolo sarà tutto più chiaro.
Infine, arriviamo al punto di cui mi preme parlare. Sì, finalmente la relazione tra Jude e Victoria è finita, e io sono felice, perché ovviamente non li shipperò mai nella vita e poi soprattutto perché più che una relazione era una menzogna ‒ da parte di entrambi, se ci pensate: Jude che si ostinava a stare con lei nonostante non la amasse e Victoria che gli ha nascosto fin dal principio di essere stata lei ad aver rivelato a Zoolan la relazione tra Jude e Ray.
Per questa cosa mi sono scervellata da morire. Sono sicura che inizialmente non avessi messo in conto questo plot twist, probabilmente le cose dovevano andare diversamente, tipo che Zoolan aveva dei sospetti e bluffava malamente ma non riuscivo a farmi quadrare le cose, perché così non mi tornava il ruolo di Victoria in tutta la questione. Poi mi è venuto in mente che poteva essere lei l'anello di conginuzione e boh, l'ho arrangiata così. Io spero sinceramente che non ci siano buchi di trama, mi sono portata dietro questa long per tre anni e anche se so che in realtà non è neanche tanto tempo per me è molto, fidatevi.
Sento di star dimenticandomi di dire qualcosa, rip
Ho l'impressione che Jude possa sembrare troppo crudele nel lasciare Victoria. Però da una parte lo capisco, l'hanno imbrogliato e preso in giro un po' tutti, forse adesso vorrà rifarsi anche lui.
Nulla, come dicevo il prossimo è l'ultimo capitolo prima dell'epilogo sigh e again, ci sarà un'altra importante svolta della trama... sì, me le sono lasciate tutte alla fine, ahahah.
Ma non temete, miei cari. Siamo in dirittura di arrivo, per cui tutto è destinato a risolversi, nel bene e nel male.
A presto mentre prego di non aver lasciato troppi errori lungo il testo


Aria
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inazuma Eleven / Vai alla pagina dell'autore: _ A r i a