07/09/2020
0 recensioniFanfic scritta per la challenge “Abbracci” del gruppo Facebook “Il giardino di EFP”
Fandom: Haikyuu!
Titolo: Fianco a fianco
Autrice: Perseo e Andromeda – Heatherchan
Personaggi e pairing: Daichi/Sugawara
Prompt: “Potresti abbracciarmi?”
Fandom: Haikyuu!
Titolo: Fianco a fianco
Autrice: Perseo e Andromeda – Heatherchan
Personaggi e pairing: Daichi/Sugawara
Prompt: “Potresti abbracciarmi?”
FIANCO A FIANCO
Daichi non aveva mai visto Sugawara così.
Gli si sedette vicino e le loro spalle si sfiorarono:
«Mi chiedevo quanto ci avresti messo per confessarlo… almeno a me».
«La verità è che non credevo di starci male, mi sembra persino stupido stare male per… perché starò in panchina, ma forse… forse non sto male per questo».
«Per cosa, allora?».
Sugawara si strinse nelle spalle, il volto basso, le mani tra le ginocchia:
«I cambiamenti… sono arrivati i nuovi giocatori del primo anno, l'anno prossimo nessuno di noi sarà più nella squadra, né tu, né io, né Asahi e chissà dove saremo».
«Suga-chan… tu detesti quando ci lasciamo vincere dalla malinconia. Adesso proprio tu fai simili discorsi?».
«La verità è che ci ho pensato e… mi fa paura».
«Koushi…».
Sugawara si fece piccolo, ancora più di quello che era e, accanto a Daichi, lo era davvero tanto. Borbottò qualcosa che alle orecchie del coetaneo risultò incomprensibile.
Quell’atteggiamento lo riempi di tenerezza.
Non era la prima volta che si rendeva conto di quanta tenerezza gli facesse quel ragazzo, ma confessarlo a lui e a se stesso non era facile.
«Non mi importa niente della pallavolo» sussurrò Sugawara, poi scosse il capo. «Non è giusto che io dica così, sarei un ingrato nei confronti di uno sport che mi ha dato tanto e grazie al quale…».
«Grazie al quale?» Lo esortò Daichi.
«Grazie al quale noi ci siamo avvicinati tanto» lo mormorò con voce così bassa e incerta che il compagno faticò a udire.
A Daichi venne da sorridere:
«Beh, e una cosa bella, no?».
Sugawara si rannicchiò ancora e le sue guance assunsero un colorito più intenso:
«Ma adesso io giocherò sempre meno e tu...».
«Io cosa?».
«Finirai per allontanarti da me».
Daichi si chiese se avesse capito bene o se l’udito gli stesse giocando strani scherzi: pensare che Sugawara provasse simili sentimenti provocò al suo cuore una bizzarra capriola.
E lui come si sentiva nei confronti di Koushi?
Di sicuro la loro amicizia acquisiva spesso dei connotati particolari, ma nessuno dei due si era mai aperto a riguardo.
«Davvero pensi che una cosa del genere possa bastare ad allontanarci?».
Sugawara scrollò le spalle con aria dimessa e un sorriso malinconico:
«Non so spiegarmi neanche io perché mi sia presa tutta questa paura ma, Dai-chan...».
«Dimmi, Suga-chan...».
«Potresti abbracciarmi?».
Quel tono da cucciolo strappò a Daichi un risolino leggero.
Allargò le braccia e lo attirò contro di sé.
Forse Sugawara non si era aspettato tutto quel trasporto: Daichi lo sentì tremare, lo vide spalancare gli occhi grandissimi, mentre il rossore esplodeva intenso.
Il cuore di Daichi fece un'altra capriola, vinto da un'emozione che ancora non sapeva definire, ma una cosa promise a se stesso: niente, neanche la fine delle superiori lo avrebbe allontanato da quel ragazzo, avrebbero continuato a camminare nel mondo fianco a fianco, abbandonarlo non era un’opzione che Daichi potesse contemplare.
Gli si sedette vicino e le loro spalle si sfiorarono:
«Mi chiedevo quanto ci avresti messo per confessarlo… almeno a me».
«La verità è che non credevo di starci male, mi sembra persino stupido stare male per… perché starò in panchina, ma forse… forse non sto male per questo».
«Per cosa, allora?».
Sugawara si strinse nelle spalle, il volto basso, le mani tra le ginocchia:
«I cambiamenti… sono arrivati i nuovi giocatori del primo anno, l'anno prossimo nessuno di noi sarà più nella squadra, né tu, né io, né Asahi e chissà dove saremo».
«Suga-chan… tu detesti quando ci lasciamo vincere dalla malinconia. Adesso proprio tu fai simili discorsi?».
«La verità è che ci ho pensato e… mi fa paura».
«Koushi…».
Sugawara si fece piccolo, ancora più di quello che era e, accanto a Daichi, lo era davvero tanto. Borbottò qualcosa che alle orecchie del coetaneo risultò incomprensibile.
Quell’atteggiamento lo riempi di tenerezza.
Non era la prima volta che si rendeva conto di quanta tenerezza gli facesse quel ragazzo, ma confessarlo a lui e a se stesso non era facile.
«Non mi importa niente della pallavolo» sussurrò Sugawara, poi scosse il capo. «Non è giusto che io dica così, sarei un ingrato nei confronti di uno sport che mi ha dato tanto e grazie al quale…».
«Grazie al quale?» Lo esortò Daichi.
«Grazie al quale noi ci siamo avvicinati tanto» lo mormorò con voce così bassa e incerta che il compagno faticò a udire.
A Daichi venne da sorridere:
«Beh, e una cosa bella, no?».
Sugawara si rannicchiò ancora e le sue guance assunsero un colorito più intenso:
«Ma adesso io giocherò sempre meno e tu...».
«Io cosa?».
«Finirai per allontanarti da me».
Daichi si chiese se avesse capito bene o se l’udito gli stesse giocando strani scherzi: pensare che Sugawara provasse simili sentimenti provocò al suo cuore una bizzarra capriola.
E lui come si sentiva nei confronti di Koushi?
Di sicuro la loro amicizia acquisiva spesso dei connotati particolari, ma nessuno dei due si era mai aperto a riguardo.
«Davvero pensi che una cosa del genere possa bastare ad allontanarci?».
Sugawara scrollò le spalle con aria dimessa e un sorriso malinconico:
«Non so spiegarmi neanche io perché mi sia presa tutta questa paura ma, Dai-chan...».
«Dimmi, Suga-chan...».
«Potresti abbracciarmi?».
Quel tono da cucciolo strappò a Daichi un risolino leggero.
Allargò le braccia e lo attirò contro di sé.
Forse Sugawara non si era aspettato tutto quel trasporto: Daichi lo sentì tremare, lo vide spalancare gli occhi grandissimi, mentre il rossore esplodeva intenso.
Il cuore di Daichi fece un'altra capriola, vinto da un'emozione che ancora non sapeva definire, ma una cosa promise a se stesso: niente, neanche la fine delle superiori lo avrebbe allontanato da quel ragazzo, avrebbero continuato a camminare nel mondo fianco a fianco, abbandonarlo non era un’opzione che Daichi potesse contemplare.