Anime & Manga > The Seven Deadly Sins / Nanatsu No Taizai
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Autore: KatWhite    08/09/2020    1 recensioni
Elizabeth era sì rossa in viso e col respiro affannato, ma le sue labbra erano ancora schiuse ed umide, i suoi occhi gonfi e sicuri, determinati. Non c’era nemmeno una briciola di esitazione in lei, ed infatti, con enorme sgomento di Meliodas, questa volta fu lei a baciarlo posando delicatamente una mano sulla sua guancia.
Meliodas si aggrappò a lei come se la propria vita dipendesse da quel bacio: si fece largo tra le sue braccia e intrecciò le proprie dita con le sue, stringendola a sé per non lasciarla andare mai più. La sua lingua si insinuò piano nella bocca di lei, la quale acconsentì tacitamente sorridendogli a fior di labbra, mentre entrambi, scarlatti in volto, approfondirono il bacio.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elizabeth Liones, Meliodas
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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I could kiss those lips forever

Una leggera brezza si levò e vorticò sugli spiazzi fioriti. I fiori presero a danzare attorno alle due figure sedute sulle ginocchia, l’una di fronte all’altra. Alcuni petali si posarono tra i fulgidi capelli argentati della figura femminile, che risplendevano della stessa luce cristallina ed eterea delle stelle; la ragazza reagì scoppiando in una lieve risatina. Il ragazzo biondo e spettinato di fronte a lei accennò ad un sorriso.
Erano passati poco più di tre mesi dal primo incontro tra Elizabeth e Meliodas. Da allora, incontrarsi almeno due volte alla settimana era diventata la loro routine. Inizialmente vi era una certa reticenza da parte di entrambi, ma poco per volta i rapporti avevano iniziato ad ammorbidirsi, aprendosi l’uno all’altra; la prima a sciogliersi non poté che essere l’ingenua e bonaria Elizabeth. Si scoprirono entrambi buoni ascoltatori e sorprendentemente bravi nello strapparsi un sorriso a vicenda.
Per Meliodas invece fu più complicato lasciarsi alle spalle anni e anni di bugie letteralmente tatuati sulla pelle, ma per quanto piccolo, avvertiva il cambiamento che stava avvenendo dentro di sé. Se all’inizio della sua vita da giovane demone, egli traeva piacere solo nelle morti che causava, dopo un po’ ad esso si era sostituita l’apatia; e dopo anni e anni di assenza di emozione alcuna, pensò che non sarebbe più stato in grado di provare quel piacere scaturito dall’ultimo respiro esalato della vittima o dalle implorazioni di questi. E fu proprio grazie ai suoi incontri fissi con Elizabeth che cominciò a rendersi conto che la compagnia di lei non gli dispiaceva per nulla, anzi, gli era gradita in piccola misura, senza andare ad eguagliare l’idillio raggiunto negli anni d’oro da spietato assassino.
Si iniziò a chiedere se era questo ciò che provavano gli umani quando avevano al loro fianco una donna o un’amica: cos’era Elizabeth? Era una sua amica? Si riscoprì spesso a spiarla di nascosto, ad osservare attentamente come uno scienziato ogni suo più piccolo movimento: dalle varie sfumature azzurrine presenti nei suoi occhi, al cielo che vi era rinchiuso all’interno; di come questi prendessero a brillare quando parlava di ciò che amava; del profumo che emanavano nell’aria i suoi capelli argentei liscissimi, alla curva che prendevano le sue labbra quando sorrideva, la fossetta che le si formava nell’angolo destro del viso. Ogni volta che le sue labbra si curvavano all’insù, il cuore di Meliodas faceva una tripla capriola all’indietro e lo stomaco gli si stringeva e si attorcigliava su se stesso. Non si sarebbe mai abituato a queste seccanti, fastidiose, ma allo stesso tempo piacevoli e calde (non sapeva veramente come descriverle) sensazioni che, per quanto lottasse, non riusciva a far andare via.
Stava cambiando anche fisicamente: il suo corpo era sempre più roseo, tanto che aveva iniziato a portare dei vestiti per coprirsi le parti sensibili; le sue ali nere erano scomparse, ricomparivano solo a comando. Insomma, stava cominciando sempre di più a NON somigliare ad un demone, e sinceramente non sapeva cosa pensare al riguardo. Tuttavia, non era ancora scomparso il simbolo demoniaco sulla fronte e i suoi occhi erano ancora scuri come una notte senza luna.
«Quindi, cosa ti piacerebbe fare se in questo istante cessasse la guerra?» chiese Meliodas abbandonando involontariamente il suo solito tono duro per esibirne uno pacato e affabile, mentre si sdraiava a terra per fissare le nuvole trasportate pigramente dal vento.
Elizabeth lo imitò, solo che si sdraiò nella direzione opposta rispetto al ragazzo, in modo che le gambe di lei fossero posizionate verso la sua testa. Così facendo, le loro teste si ritrovarono l’una di fianco all’altra, a pochi centimetri di distanza. Sentivano l’uno il respiro cadenzato e pacifico dell’altra, sarebbe bastato piegarsi leggermente affinché le loro labbra si sfiorassero.
«Vedere le stelle proprio qui, su questa collina, su questo posto che sembra dimenticato da chiunque e dove il tempo sembra fermarsi» sussurrò flebilmente Elizabeth con una punta di malinconia. «Fare quello che voglio quando voglio, senza sentire la responsabilità di mia madre sulle spalle» concluse, questa volta con voce più dura e meno sognante.
La giovane Dea girò il volto in direzione di Meliodas per fargli appunto la stessa domanda. Ma non appena girò il capo nella sua direzione, vide che il biondo già la stava fissando talmente intensamente che si sentì nuda sotto quello sguardo penetrante. Involontariamente schiuse le labbra, sentendosele improvvisamente secche. Rimasero così a fissarsi per secondi che parvero anni, completamente immobili e senza fare nessun movimento.
Fu la ragazza a spezzare il silenzio: «Meliodas» lo chiamò in un sussurro. «Hai degli occhi… Meravigliosi» mormorò dopo una breve pausa, cercando l’aggettivo giusto.
Il ragazzo si stranì e la sua espressione cambiò da una di ammirazione ad una di sorpresa. Si alzò velocemente per andare a contemplarsi in un piccolo specchio d’acqua nelle vicinanze, e sbarrò occhi e bocca appena si vide: due enormi smeraldi gli restituivano lo sguardo sbigottito. Si accorse che vi erano incastonate varie sfumature, dal verde del più profondo degli oceani al verde del prato appena tagliato.
«Ma questo sono… No, non può essere» si ripeteva sommesso ed incredulo. Elizabeth apparve dietro di lui e gli si inginocchiò accanto, aggraziata come la Dea qual era. «Va tutto bene?» domandò preoccupata sbattendo i suoi due occhioni celestini.
Sparì improvvisamente qualunque traccia di rabbia o rancore vi fossero dentro di lui. Si sentì completamente pervaso dalla spensieratezza, dalla gioia della compagnia di Elizabeth. «Mi sento… diverso» mormorò a testa bassa, così piano tanto che Elizabeth quasi non riuscì a sentirlo. Le parve anche che nella voce di Meliodas ci fosse una venatura amareggiata; come se fosse spaventato di quel cambiamento a cui accennava.
Elizabeth non fece in tempo ad indagare oltre, dato che Meliodas parlò nuovamente: «Voglio fare cose che prima non pensavo di voler fare» disse, e lentamente girò il volto fino ad incontrare quello della ragazza.
I loro occhi si cercarono in automatico e si incatenarono, studiandosi a vicenda talmente intensamente tanto da poter scrutare le profondità più recondite del cuore di entrambi. Meliodas si sentiva incredibilmente strano, come se la sua stessa anima – se mai ne avesse avuta una – stesse venendo scandagliata e salvata dalla Dea. Non si era mai messo così, nudo ed indifeso, davanti a qualcuno, nemmeno a suo padre o i suoi fratelli. Con Elizabeth non si sentiva un demone, ma nemmeno un angelo, un umano o una fata: era semplicemente se stesso, quel Meliodas che aveva tanta paura a mostrare agli altri.
Vide le iridi cristalline di lei illuminarsi e scintillare di quella luce così particolare e sua, solo sua, un barlume che si accendeva e le faceva risplendere gli occhi. Meliodas non oppose resistenza, e si lasciò volentieri trascinare e cullare in quel prezioso mare color zaffiro. Fu proprio lì, mentre il cielo e l’erba si incontravano e si mescolavano languidamente, che fu colto da un’illuminazione improvvisa: capì il perché delle farfalle nello stomaco che si scatenavano ogni volta che era con Elizabeth, capì il perché sentiva le guance infiammarsi ad ogni sua smorfia, capì il perché le proprie gambe gli sembravano cedere quando le era accanto. Lo capì perché in quel momento l’unica cosa che pensò fu “Baciala”.
Meliodas abbandonò oramai tutti i propri freni inibitori, con un gesto rapido le ghermì il mento avvicinandoselo piano, chiuse gli occhi e la baciò. Fu un tocco fresco e leggero, rapido come un petalo di una rosa che cade in acqua, ma che bastò per fare esplodere in mille scintille il cuore nel petto di Meliodas. Percepì le lunghe ciglia di Elizabeth sfiorare la sua fronte per abbassarsi e chiudere gli occhi, ricambiando il bacio. Il petto di lei prese ad alzarsi ed abbassarsi sempre più freneticamente, il respiro le divenne più pesante. Fu uno sfiorarsi che durò pochissimi secondi e che così come iniziò, finì.
Meliodas la allontanò da sé come se fosse stata una delicata bambola di cristallo e la guardò, curioso della reazione della ragazza. Si aspettava una Elizabeth rossa fino alla punta delle orecchie, imbarazzata dal gesto e che completamente impanicata gli avrebbe urlato contro “Oddio non farlo mai più!”, ma così non fu. Elizabeth era sì rossa in viso e col respiro affannato, ma le sue labbra erano ancora schiuse ed umide, i suoi occhi gonfi e sicuri, determinati. Non c’era nemmeno una briciola di esitazione in lei, ed infatti, con enorme sgomento di Meliodas, questa volta fu lei a baciarlo posando delicatamente una mano sulla sua guancia.
Meliodas si aggrappò a lei come se la propria vita dipendesse da quel bacio: si fece largo tra le sue braccia e intrecciò le proprie dita con le sue, stringendola a sé per non lasciarla andare mai più. La sua lingua si insinuò piano nella bocca di lei, la quale acconsentì tacitamente sorridendogli a fior di labbra, mentre entrambi, scarlatti in volto, approfondirono il bacio.
Meliodas respirava ansimando a pieni polmoni il profumo di Elizabeth, il suo preferito, che gli mandava impulsi elettrici al cervello, facendolo letteralmente impazzire. Attorcigliò un dito in una ciocca di lei, le accarezzò i capelli, il capo, scendendo lentamente fino al viso, esplorando ogni centimetro di pelle sul suo percorso, per poi aggrapparsi ad esso.
Elizabeth in risposta si avvicinò ancora di più a Meliodas facendo aderire completamente i loro corpi, che combaciavano perfettamente come due pezzi dello stesso puzzle. Percepiva chiaramente la propria pelle bruciare, come se lui fosse stato il suo sole personale; le orecchie di lei fischiavano, il cuore le martellava talmente forte che temeva potesse uscirle dal petto. In quel momento, desiderò solamente restare lì insieme a lui per tutta la sua vita: aveva appena trovato il proprio posto nel mondo, il suo angolo di paradiso felice in cui si sentiva amata, protetta; e sapeva che le braccia di Meliodas l’avrebbero cinta e tenuta per sempre al sicuro.
Della brezza si levò nuovamente nel cielo, travolgendo di fiori la giovane coppia. La schiena di Elizabeth tremò per venire poi pervasa da mille brividi per tutto il corpo. Non seppe se fu colpa del vento o del bacio, ma Meliodas si allontanò piano e dolcemente dalla ragazza, entrambi si sorridevano l’un l’altra con gli occhi liquidi ed incantati.
«Hai freddo?» le chiese con voce più dolce del miele mentre faceva scivolare le proprie mani sulla schiena della ragazza prendendo a scorrerle in alto e poi in basso nel tentativo di scaldarla. Si sorprese che le proprie corde vocali potessero assumere una sfumatura così affettuosa.
«Sì» disse Elizabeth col volto cremisi, le labbra gonfie e il petto che si alzava e abbassava a piccoli fiati. Dio, quanto avrebbe voluto baciarla di nuovo.
«Sarà meglio scaldarti allora» disse con sorriso furbo e sguardo predatore, e la ragazza scoppiò a ridere alitandogli sulle labbra mentre le loro bocche si lambivano e univano nuovamente.
 


KitKat says- author's corner
Ecco il terzo capitolo sfornato a tempo record, ma come ho già detto, mi sono davvero presa bene con loro due *fangirla*.
Tutto il capitolo è da leggere con "Kids will be skeletons" come sottofondo, che ho linkato nel capitolo precedente. Spero di essere riuscita a trasmettere le emozioni di Elizabeth e Meliodas e sopratutto di averle rese verosimili. Ringrazio la mia tata che mi ha betato il capitolo e mi ha detto che secondo lei ce l'ho fatta, ma ho paura che sia troppo di parte u.u
Le scene del bacio sono state ispirati a immagini/fanart (?) che potete trovare qui: Meliodas che bacia Elizabeth, Elizabeth che bacia Meliodas <3 <3
Fatemi sapere che ne pensate!

Baci stellari,
Kat
  
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