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Autore: Ace of Spades    08/09/2020    1 recensioni
“Mio padre non era così, prima di perdere mia madre era un'altra persona. Di sicuro non una dolce e carina, ma almeno era una persona. Dopo la morte di sua moglie è diventato un mostro senza sentimenti, animato solo da ciò che ci potrebbe essere di più oscuro dentro un cuore vuoto.”
Degli occhi neri lo fissarono.
“Come se avessero aperto il Vaso di Pandora”
“Aperto? Direi più che è caduto al suolo e si è frantumato. Quando si perde una persona amata in modo traumatico è come perdere il sostegno che ti teneva sulla retta via, come la colonna su cui posava il Vaso. Senza quella, le piaghe dentro al tuo cuore prendono vita e ti divorano da dentro”
“Ho sempre trovato quel mito abbastanza insulso”
“Come mai?”
“Sai perchè esiste il detto ‘la speranza è l’ultima a morire’? Perchè è l’ultima che esce dal Vaso di Pandora. Ma perchè dovrebbe essere l’ultima se è ciò di cui si ha più bisogno?”
“Perchè le speranze le hanno le persone, ma i destini li distribuisce il diavolo.”
•••
DoflaCroc + Mihawk / AkaTaka/ KiddLaw/ KillerPenguin.
Genere: Angst, Demenziale, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Crocodile, Donquijote Doflamingo, Drakul Mihawk, Eustass Kidd, Trafalgar Law | Coppie: Shichibukai/Flotta dei 7
Note: AU, Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
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55) “Quando si chiude una porta la si riapre, perché è così che funzionano le porte.








 
Alla fine aveva agito d'istinto, comportamento che non approvava spesso, ma in quel frangente non aveva avuto tante alternative.
Era andato a casa di Crocodile e aveva fatto quello che voleva.
Nessuno dei due aveva parlato dopo che il moro lo aveva guardato sorpreso quando aveva aperto la porta.
 
Stava per stringere ancora la presa quando la mano di Crocodile, quella che non c'era più, si era mossa. Sapeva che il modo più veloce per liberarsi da una presa del genere fosse puntare al volto, era già pronto al prossimo colpo.
 
Che non arrivò.
Invece sentí il tocco freddo sul volto e gli occhiali scivolargli sul naso finché non gli furono tolti del tutto. La mano, come si era alzata, si riabbassò, crollando sul pavimento.
Crocodile gli sorrise e lui si perse in quegli occhi che tanto adorava e che lo stavano fissando davvero per la prima volta dopo tanti anni.
Lo vide perdere i sensi e staccò la mano di scatto, come se stesse prendendo fuoco.
Si abbassò di poco per sentire il respiro lento del moro e si rese conto che la visione offuscata non era dovuta ad uno dei tanti colpi ricevuti.
Lacrime.
 
Scoppiò a ridere.

 
-

 
Il dolore fu la prima cosa che percepí.
Dolore ovunque.
Inspirò profondamente, sentendo la gola tirarsi.
Quando fu certo di aver respirato abbastanza aria, fece leva sui gomiti e si trascinò sulla schiena verso il muro dietro di lui; solo dopo alzò lo sguardo.
Pensava lo avrebbe ucciso, ed invece era ancora vivo; pensava se ne sarebbe andato, ed invece, notò, Doflamingo era nella sua stessa posizione, appoggiato con la schiena al muro di fronte al suo, entrambi si trovavano ai due lati della stanza mezza distrutta.
Aveva il volto abbassato, ma stava in silenzio, non lo guardava neanche, ben sapendo che senza lenti era privo della sua difesa.
Gli occhiali erano ancora dove li aveva lasciati, per quale motivo non li aveva ripresi?
 
“Dopo tutto questo tempo”
La voce del biondo era gracchiante, quasi roca.
“Puoi smettere di mentirmi?”
Crocodile deglutí ignorando il fastidio; rimase immobile, ma non riuscí a sbattere neppure le palpebre quando si ritrovò immerso nello sguardo dell'altro.
Sapeva, sapeva che non poteva dire bugie se lo guardava senza lenti, non riusciva a pensarne una decente in ogni caso.
In risposta al suo silenzio ottenne un sospiro.
“Perché hai detto quelle cose in ospedale? Per una volta dimmi la verità e non mi vedrai mai più, te lo prometto”
 
La morsa che gli attanagliava lo stomaco prese in ostaggio anche il suo respiro.
“Uccidimi o vattene”
 
Doflamingo strinse le labbra tra loro, abbassando lo sguardo.
“Almeno i tuoi sentimenti sono mai stati sinceri?”
 
Crocodile si sentí morire, gli sembrava di essere stato catapultato indietro nel tempo e di trovarsi in quell’ospedale. Anche la mano cominciò a pulsare fastidiosamente.
“Non ti ho mai mentito”
 
Doflamingo chiuse gli occhi, in un palese tentativo di ritrovare la calma; lo vide dal tremore delle sue mani che avrebbe voluto ricominciare a picchiarlo.
“Eppure non vuoi darmi una spiegazione. Perché”
 
Dimmi la verità e non mi vedrai mai più.
 
Crocodile lo fissò ma senza provare astio, e Doflamingo lo notò, guardandolo semplicemente negli occhi.
“Se ti rispondo uscirai dalla mia vita”
La voce ferma con cui pronunciò quelle parole sorprese anche lui.
 
“Fosse cosí facile starti lontano o smettere di pensarti lo avrei fatto tanto tempo fa. Non ha funzionato, e ci ho provato, credimi.”
Il moro non disse nulla.
“Crocodile”
“Cosa vuoi.”
“Lo so come hai perso la mano, ti sto chiedendo perché hai fatto quella sceneggiata in ospedale. Voglio che tu me lo dica”
 
E Doflamingo vide per la prima volta l'altro sbiancare, gli occhi sgranati lo fissavano quasi impauriti.
Quasi. Erano avvolti da uno strato di preoccupazione che rendeva quell'uomo più umano di quanto non lo avesse mai visto.

 
“Se lo sai che cosa vuoi che ti dica, eh?”
Il tono basso era pieno di qualcosa che assomigliava a rabbia.
“Vuoi sentirmelo dire?” sbottò il moro sbattendo una mano per terra con forza. Una smorfia di dolore passò come un'ombra sul suo volto, ma sparí poco dopo.
“Vuoi che ti dica che quando ti ho visto in una pozza di sangue ho smesso di respirare? Oppure vuoi che ti dica che non ho dovuto pensarci due volte prima di strappare la mia stessa mano dal polso?”
Crocodile ansimò riprendendo fiato, chiuse gli occhi e li riaprí, sorridendo amaramente.
“Se ho rinunciato ad una mano per te, a cos'altro potrei rinunciare la prossima volta? Una gamba? Un polmone? La mia vita?”
 
E Doflamingo capí.
L'uomo dai profondi occhi neri non lo aveva mai considerato un debole, ma si era allontanato da lui perché era lui la fonte della sua debolezza.
“Ero un ragazzino, e tu eri figlio di un mafioso. Sai, tuo padre ha fatto uccidere i miei genitori, l'ho scoperto qualche anno dopo, come ho sentito di come tu lo abbia ucciso.”
Il biondo annuí.
“Non sapevo che altro fare”
“Credi che sia così solo per te? Anche tu mi rendi debole. Guardami.”
 
Il riferimento agli occhiali era implicito.
 
“Non meritavo quelle parole.”
“Lo so”
“Ma sai qual è la cosa più divertente?”
 
Crocodile alzò lo sguardo e i due uomini si guardano negli occhi.
“La cosa divertente è che dopo tutto quello che mi hai fatto io non ho mai smesso di…”
“Non lo dire.” lo interruppe bruscamente l'altro.
 
Doflamingo appoggiò la nuca al muro sorridendo; qualche secondo dopo si alzò in piedi, barcollando, prese gli occhiali e li rimise a coprire gli occhi.
Uscí da quella casa senza aggiungere altro.
Non si voltò.

 
-

 
Mihawk entrò in cucina e si fermò; davanti a lui c'erano i due mocciosi e un uomo che non doveva essere nella sua casa alla mattina.
“Rosso, fuori da casa mia”
Tre teste si girarono nella sua direzione.
“Perché? È simpatico!”
L'eccitazione di Zoro non gli migliorò l'umore, anzi, sommata a quella di Perona, che sorrideva e arrossiva come una scolaretta gli fece venire voglia di spaccare qualcosa.
“Stiamo facendo colazione, unisciti a noi” disse allegra la ragazza, indicandogli il piatto su cui si trovavano dei cornetti ripieni di cioccolato.
“Shanks è stato così gentile da portarci le paste”
 
Mihawk si sedette di fianco all'uomo, guardandolo per la prima volta in faccia da quando era entrato nella stanza.
Addentò un cornetto ed inspirò; quel sorriso finto poteva ingannare i ragazzini, ma non lui.
“Non avevate cose da fare?” disse quando notò che i due avevano finito di mangiare.
Il suo sguardo bastò per mettere a tacere ulteriori lamentele.
Quando furono soli, Mihawk bevve il tè e lo guardò.
“Ora. Posso sapere cosa ti porta di nuovo non richiesto in casa mia?”
 
Shanks decise di abbandonare la maschera che portava e si appoggiò allo schienale, mentre un sorriso tirato faceva bella mostra sul suo volto.
“Ho saputo che frequenti il locale di Ivankov, oltre ai tuoi gusti in fatto di donne avrei dovuto chiederti anche quelli sugli uomini forse”
Mihawk gli riservò uno sguardo glaciale.
“Stai attento a quello che dici” commentò “sei in casa mia, non ti conviene usare questo tono strafottente”
Ci fosse stata un'altra persona al posto del Rosso sarebbe scappata, o perlomeno avrebbe chiesto scusa. L'uomo non fece nessuna delle due cose.
 
Il moro si girò per bere; gli entrava in casa anche per fargli domande sui suoi gusti sessuali, era il colmo.
“Non mi hai risposto.”
“Vuoi sapere che uomini mi piacciono fisicamente, quelli con cui andrei a letto, o quelli con cui sono stato? Devi essere un po’ più specifico”
Occhi di Falco non era una persona provocatoria, ma ammise che stuzzicare quell'uomo fosse parecchio soddisfacente.
Shanks si morse il labbro inferiore prima di tornare a distenderlo in un sorriso, finto come il precedente.
“Interessante”
 
La parola, sussurrata quasi ridendo, lo fece allertare, ma non si aspettava certo che il Rosso lo prendesse per il colletto della camicia e lo tirasse verso di sé.
Mihawk si immobilizzò; le labbra dell'altro erano davvero morbide, proprio come le aveva immaginate. Shanks gli riservò un bacio tutto denti e lingua, senza alcuna traccia di calma o controllo.
Quando lo lasciò andare il moro lo guardò negli occhi e rimase interdetto, trovandosi davanti le pupille dilatate e piene di qualcosa che non poteva definire in altro modo se non carnale.
“Potevi dirlo prima, quindi adesso ho finalmente una scusa per entrarti in casa”
La piattola sorrise e tornò al suo tè, mentre lui era ancora immobile; chiuse gli occhi e allungò una mano verso il giornale, aprendolo davanti a sé e prendendo la tazza per finirne il contenuto.
“Ah, questo vuol dire che inizierò a corteggiarti”
Mihawk tossí violentemente, mentre sentiva il tè strozzarlo.
“Fuori da casa mia”
“Dicono che l'amore sia un ospite inatteso”
“Non giustificare le tue sortite con frasi fatte”
L'uomo sorrise.
“Non hai idea di quello che vorrei farti”
Mihawk abbassò il giornale.
“Se non sono le polpette con le patate e la millefoglie a pranzo puoi uscire”
“La millefoglie è nel frigo, le polpette posso farle, so cucinare io”
Occhi di Falco gli dedicò l'ennesimo sguardo scocciato, per poi alzare gli occhi al cielo e rimettersi a leggere il giornale.


 
-

 
Kidd entrò nell'ufficio di Crocodile quasi di corsa.
Quella mattina era arrivato al lavoro come se nulla fosse, pensando che il piano stabilito con Trafalgar fosse perfetto: avrebbero aspettato che i tre uomini si fossero incontrati ancora prima di divulgare le loro informazioni.
Non si sarebbe mai aspettato che Bon Clay lo fermasse e gli dicesse che il Boss era pieno di lividi in faccia e indossava un girocollo molto probabilmente per nascondere altre ferite.
E a Kidd non serviva certo un'intelligenza superiore per capire cosa fosse successo.
 
Aprì la porta e si fermò.
Davanti a lui Crocodile stava leggendo un foglio, seduto in maniera elegante come sempre, ma gli occhi stanchi e le occhiaie, accentuate da lividi rossastri lo immobilizzarono.
In quel momento prese una decisione.
Non poteva aspettare che si rivedessero se il risultato era quello, non voleva che si ammazzassero ed era abbastanza certo che non fosse nemmeno il fine di Law.
“Devo dirti che cosa ho scoperto”
Solo in quel momento Crocodile alzò lo sguardo.
“E il fondotinta che hai usato è terribile, lascia fare a me”



 
Law guardò Doflamingo per diversi minuti prima di parlare e scuoterlo dal suo silenzio.
Aveva un livido sul volto e si muoveva a rilento, segno che il suo avversario non doveva esserci andato leggero, e poteva esserci solo una persona capace di tenergli testa e ridurlo a non parlare per ore.
Il piano che aveva architettato con Kidd non era più un'opzione.
“Ho scoperto cose interessanti sul caso” commentò muovendosi dalla porta e andandosi a sedere di fronte al biondo.

 
-

 
Boa aprì la comunicazione Skype e gli otto quadratini si illuminarono, mostrando otto volti.
 
“Hancock, mancavi solo tu” La salutò la voce di Shanks.
“Abbiamo finalmente il colpevole, Moria è uno dei tuoi sottoposti, Absalom”
Vide l'uomo digrignare i denti e chiedere spiegazioni, che gli furono presto fornite dal Rosso.
 
In effetti tutto tornava, quel tizio aveva creato problemi in passato ma non pensava che avrebbe potuto arrivare a tanto.
Quando stava per disconnettersi, vide Mihawk voltarsi indietro.
 
“Roronoa, cosa vuol dire che hai visto quel tizio poco fa?”
Tutti gli occhi si puntarono su di lui e sulla voce fuori campo di un ragazzino.
“Sì, al parco, stava parlando con Perona. Lei mi ha detto che per farsi perdonare per averle fatto perdere il lavoro le ha regalato un profumo dal nome strano, centrava un veleno mi pare”
 
Boa deglutì; quel tizio aveva scelto la prossima vittima e forse, sentendo che Crocodile, Doflamingo e Mihawk si erano incontrati, aveva deciso di colpire anche lo spadaccino.
Probabilmente era venuto a conoscenza della nuova dimora di Perona e aveva pensato che fosse perfetta, d'altronde il moro non si affiancava a figure femminili.
La donna espirò ed aprì la bocca, pronta a chiedere come si doveva procedere, ma rimase immobile senza proferire parola.
Gli altri uomini ebbero la stessa reazione alla vista del volto contratto in una smorfia di pura ira di Occhi di Falco. Dopo qualche secondo il suo quadrato si tinse di nero, segno che l'uomo si era disconnesso.
 
Shanks si schiarì la voce.
“Non credo dovremmo preoccuparci più di lui, Moria, ti consiglio di trovarti del nuovo personale”
 
Boa chiuse il portatile e fissò il muro di fronte a sè; quegli occhi gialli brillavano anche attraverso lo schermo.
Il brivido che provò al pensiero di essere la fonte della rabbia dello spadaccino la fece annuire alle parole del Rosso.
Probabilmente non si sarebbe trovato più nulla di Absolom.

 
-

 
Zoro non capiva cosa fosse successo, sapeva solo di aver seguito Mihawk fuori di casa e per strade secondarie fino a quando non si erano trovati davanti alla scena.
Quando vide Absolom con una mano stretta attorno al collo di Perona appoggiò le dita sull'elsa della spada che aveva afferrato prima di uscire, ma non riuscì a fare altro se non guardare.
Mihawk, prima che Zoro potesse fare qualcosa, muovendosi rapido e silenzioso, arrivò di fianco ad Absolom, gli afferrò il polso e lo piegò, rompendoglielo e facendogli mollare la presa.
Perona crollò a terra ansimando e tossendo; lui la prese in braccio e si allontanò di qualche metro, ma anche con le spalle girate riuscì a sentire il rumore sinistro di ossa che si spezzavano.
Mentre si allontanava fece lo sbaglio di gettare uno sguardo alle sue spalle e in quei pochi secondi vide solo quegli occhi gialli bruciare.
Cominciò a correre con Perona in braccio senza curarsi più di niente, il suo obiettivo era tornare a casa e mettere quanto più spazio possibile tra lui e quel mostro.
 
Perona riprese a respirare in modo normale, cominciando a sentire qualcuno che chiamava il suo nome.
Sbattè le palpebre e mise a fuoco la faccia preoccupata di Zoro che, oltre a parlare, le passava un panno caldo sulla fronte.
“Cosa-” provò a dire, ma le uscì un rantolo; la gola le faceva male e faticava a respirare lentamente.
Zoro la zittì e ricominciò a parlare notando che aveva la sua attenzione.
“Non so cosa sia successo davvero, ma quell'uomo non ti farà del male un'altra volta.”
Lei annuì, troppo stanca e disorientata per fare domande, e si lasciò cadere in un sonno profondo, cullata dalla carezza sul suo volto.
 
Zoro controllò che la ragazza respirasse e si concesse un respiro di sollievo; forse doveva chiamare un medico per accertarsi delle sue condizioni, ma non sapeva a chi rivolgersi e neanche quando sarebbe tornato Mihawk.
Afferrò il cellulare.
 
“Ehi Zoro!”
“Rufy ascolta ho bisogno di aiuto”
“Cosa, che succede?”
“Non per me ma necessito di un dottore, che sia bravo e che sia anche veloce a venire qui”
 
Poco dopo Rufy gli diede un numero, dicendo di chiedere di Torao e di fare il suo nome.
Zoro fece come gli aveva detto e solo dopo che ebbe la conferma da parte di Trafalgar si sedette sul pavimento, prendendo Perona dal divano e appoggiandosela addosso.
Avrebbe sentito il suo cuore battere e si sarebbe accertato che respirasse, non avrebbe permesso ad un'altra donna che le stava simpatica di morire, soprattutto sotto i suoi occhi.


 



Angolo dell'Autrice:
ehilà, non sono morta, a volte mi ricordo di aggiornare, mea culpa per averci messo tanto!
In questo capitolo avrei voluto inserire la frase che ho preso come ispirazione per scriverlo (che credo sia una bella descrizione per il termine 'amicizia'), ma ve la lascio qua sotto, a presto!

 
Ci sono persone che aspetteremo sempre, non importa quanto le nostre vite siano andate avanti, per strade differenti. Non importa se non ci parliamo più. Continuiamo ad aspettarle, e se dovessero tornare, le accoglieremo come se non fossero passati giorni, settimane, mesi, anni.
  
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