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Autore: daphtrvnks_    09/09/2020    1 recensioni
La mia pelle una volta pallida, un vanto per chi viveva nel lusso, ora è scura.
L'americana continua a guardarmi, abbiamo legato in queste ultime settimane, sa che io, una stupida cinese, non posso fare molto.
Riproverò questa notte. 
Sopravviverà, ne usciremo insieme.''
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bulma, Chichi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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25 ottobre 1942


Il mal di mare si faceva sentire, si teneva lo stomaco e strizzava con forza le palpebre. 

Bulma aveva sempre preferito altri mezzi per raggiungere luoghi lontani, aerei o treni. 

Era così che si era ritrovata a Singapore, una città così affascinante e piena di luci e colori.

Una cultura distante da quella occidentale, era un mondo nuovo da scoprire soprattutto per la ricchezza di quel paese, tutto ciò che Singapore aveva da offrire Bulma lo aveva accolto con felicità, allegra come una bambina, con la stessa energia e stupore. 

Il fior fiore di scienziati, archeologi e ingenieri si era riunito lì, forse per scappare dall’inizio della guerra in europa e proseguire con gli studi. 

Era stata mandata lì dal padre, lo aveva convinto in ogni maniera, la voglia di scoprire e la curiosità che la caratterizzava erano scoppiate in quel luogo. 

Ritrovare una donna nel campo della scienza e della tecnologia era qualcosa di strano e che faceva storcere il naso a molti ma lei sapeva di esserne in grado, di essere la migliore. 

Suo padre era troppo impegnato nella costruzione di nuovi aerei da caccia, lavorava notte e giorno ma Bulma non voleva sottostare a quel tipo di lavoro, voleva aiutare l’umanità a progredire non ad autodistruggersi. 

La sera che tutto ebbe inizio era stata invitata ad un ballo da un commerciante di thè inglese, aveva convinto Lazuli a venire con lei, una ragazza simpatica e alla mano che aveva conosciuto durante il viaggio in treno e che casualmente aveva ritrovato anche nel suo stesso hotel. 

Le sembrava il paradiso, gli odori di spezie mai viste prima, quell’accento tanto inusuale che dopo qualche bicchiere di troppo apriva aspri dibattiti che finevano in risate rumorose, e danzava con le sue scarpe rosa sul marmo pregiato, tra le mani coperte da guanti bianchi di quell’uomo affabile che poi, dopo quei boati era svanito nel nulla correndo tra la folla e così, anche lei. 

Poi il mare, fuochi, urla e l’arrivo dei giapponesi, lo sbarco a Sumatra e il cammino tra la giungla che le aveva condotte fino al campo di prigionia. 

Sospirò, ricordare le faceva male ma almeno distraeva la nausea. 

Si tenne stretta all’inferrata della nave che affacciava direttamente sull’oceano, il colore scuro delle onde la rendeva irrequieta.

Con il fragore dell’acqua a malapena riuscì a percepire i rumori dei passi del tenente che le si era affiancato, anche lui osservò la distesa salata e poi parlò:

- Una volta arrivati non parlare, esegui solo i miei ordini, qualsiasi cosa accada. – 


Bulma rimase in silenzio senza voltarsi, si perse la bellezza del viso di quell’uomo. I raggi caldi del sole sfioravano la sua pelle ambrata illuminando le sue iridi scure, lo sguardo concentrato e le braccia dietro la schiena.

La giovane si chiese cosa intendesse per quel ‘qualsiasi cosa accada’ ma decise di non rispondere ed accettare il corso degli eventi. 

Le ore passarono veloci, Bulma passeggiava per la nave attenta a non farsi scoprire da altri soldati, a volte si sedeva e contava i secondi, poi si rialzava per andare alla ricerca di Chichi, ci parlava, scherzavano ricordando momenti della loro infanzia e poi si separavano di nuovo con un tacito sorriso. 

La sera rimanevano chiuse in cabina, Kakaroth portava loro del cibo rimasto per poi lasciarle nuovamente sole. 

Bulma aveva notato i loro sguardi, il ragazzo sorrideva sempre a Chichi, sembravano essersi uniti, un legame strano che non aveva avuto occasione di scoprire come fosse iniziato. 

Lui non aveva dei modi molto garbati, impacciato e parecchio intontito però rivelava attraverso semplici gesti dell’affetto nei confronti della cinese. 

Si sentì quasi invidiosa, Vegeta non le aveva mai rivolto un sorriso di quel tipo, avrebbe voluto che anche lui si comportasse in quella maniera nei suoi confronti anche se, lei sapeva, Vegeta l’aveva protetta e le aveva riservato un trattamento speciale seppur nascosto dall’orgoglio. 

26 Ottobre 1942

Dormirono profondamente quella notte ed il mattino seguente, entrambe sedute sul pavimento in legno ad osservare l’orizzonte notarono in lontananza una distesa di terra, nebbia copriva in parte quei tratti sconosciuti. 

Stavano per arrivare, poche ore e sarebbero giunti a destinazione. 

- Mi sento una traditrice. – 

Bulma si voltò confusa dall’affermazione della ragazza, si portò maggiormente al suo fianco accarezzandole dolcemente i capelli tagliati. 

Le donavano, in un certo senso. 

- Perché mai dovresti? Non è colpa tua. – 

Chichi in risposta sospirò e poi dietro di loro arrivò Goku, si sedette anche lui sistemando i lunghi stivali che fasciavano i suoi polpacci per poi sbuffare sonoramente. 

- È un rischio portarvi con noi ma al posto di Vegeta, al campo, sarebbe arrivato il generale Lapis e dubito che a quest’ora sareste ancora vive con lui. – 

Bulma inumidì le labbra portando la sua mente a Lazuli rimasta sola, sarebbe stata dura per lei ma sperava di poterla rivedere un giorno.

Abbiamo già avvisato i superiori che non siete altro che delle schiave che abbiamo voluto portare con noi per rallegrarci le giornate, rimarrete lì al sicuro assieme ad altre donne. – 

Fu spontaneo per Bulma fare la stessa domanda che fece Chichi qualche tempo prima ma ancora una volta non ebbe risposta. 



Tornare in patria era ciò che desiderava da quando era stato mandato a Sumatra, rivedere le distese pianeggianti della sua terra, le strade lastricate, i boschi e i monti. 

Eppure vi era stato un tempo in cui il suo desiderio più grande era quello di scappare da quel luogo, uno spirito avventuriero come il suo odiava rimanere nello stesso posto per troppo tempo. 

Si chiedeva cosa ci fosse oltre al giappone ma la geografia non lo aiutava, voleva toccare con mano, ascoltare e conoscere nuova gente e quale occasione migliore se non far parte dell’esercito?

Magari in qualche missione lontana, ma non credeva, non era stato in grado di prevedere che l’unica cosa che avrebbe visto nei suoi viaggi non sarebbero state città innevate o calde spiagge, gente accogliente e sorridente, ma solo sangue e morte al suo passaggio. 

Il porto era piano zeppo di soldati di basso rango, scaricavano merci, armi e rifornimenti. Scese con lentezza arrivando sul molo, Vegeta lo superò spintonandolo appena e salutando uno dei superiori. 

Si affiancò al tenente compiendo lo stesso gesto, l’anziano si sistemò la fascia rossa al braccio, sul viso i segni di chi aveva combattuto grandi guerre ormai dimenticate. 

La sua divisa era adornata da una placca smaltata, un bellissimo fiore lilla affiancato dalle bandiere del giappone.  

Maresciallo generale d’armata, comandante del terzo squadrone d’artiglieria e colui che li aveva accompagnati durante il percorso da reclute. 

- Anata wa yoi kaisha o motte iru to omoim asu. - 

Il vecchio sorrise cacciando dalla tasca della sua divisa una boccetta contenente dell’alcol, ne ingurgitò un goccio strizzando appena le palpebre rugose riponendolo nuovamente nella tasca. 

Alto e magrolino, portava sotto la divisa una specie di bavaglio, regalo della moglie morta da tempo, sul capo il cappello della divisa che copriva la calvizia e dei baffi bianchi sotto al naso aquilino.

- Pixas shogun, warashitachiha jinsei no atu yorokobi o ubaimasen - 

L’uomo annuì alla risposta di Vegeta, calmo e sereno come al suo solito. 

Fece segno di seguirlo e Vegeta ordinò ai soldati di portare le ragazze nel loro alloggio minacciando anche che se solo un capello fosse stato torto loro ne avrebbero pagato le conseguenze. 

Bulma quando il tenente si voltò per dire quelle parole di cui non capì il significato cercò con preoccupazione di far incrociare i loro sguardi, cosa che avvenne, ma nei suoi occhi la turchina non scorse altro che una crescente ansia. 

Cercava del conforto ed aveva trovato tutt’altro. 



 * - Vedo che avete buona compagnia. - 

 * -  Non ci priviamo di certi piaceri della vita, generale Pixas. - 





  
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