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Autore: WhiteDespair    09/09/2020    0 recensioni
Due Cuori destinati a ricontrarsi.
Due Cuori, uno avvolto dalla luce ed uno dal nulla più assoluto, entrambi, accecati dal passato e persi nel futuro.
Un Nessuno destinato a riscoprire se stesso e il proprio passato, alla ricerca, delle proprie convinzioni.
Un Custode del Keyblade destinato a sudare e a penarsi per colmare la propria determinazione.
Chi dei due riuscirà a ritrovare la strada per il proprio cuore?
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Altro contesto, Contesto generale/vago
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Inspira, Espira, Inspira, Espira.

Nulla batte, eppure, il suo petto si gonfia, si contrae, si contorce prima indietro e poi in avanti, diffondendo, per ogni appendice, per ogni pezzo di pelle del suo corpo, una forte sensazione, un brivido, una scossa.

Era vivo.

Le mani serrate contro il terreno erboso si aprono dolcemente, come fiori che sbocciano. Gli occhi, non più abituati al caldo tocco della luce, si aprono, piano piano, poco a poco, rivelando le timide iridi brune. Gli arti riprendono a muoversi, scordinati, indolensiti, ma comunque a muoversi, facendolo, lentamente, strusciare contro l'erba sotto di se.

La pupilla nera come la pece si espande, mettendo a fuoco la nuova realtà che si para davanti ai suoi occhi, per poi, alzarsi con tediosa lentezza, come se stesse compiendo movimenti nuovi ogni volta, come un bambino che impara a camminare. 
Foglie verdi come smeraldi tingono il cielo sopra di lui, permettendo, alla luce, di filtrare soltanto fiocamente, andando a formare, contro il terreno, buffe figure indefinite.

Usando le mani come perno e sentendo i muscoli delle braccia svegliarsi, ecco che, con una rapida e sofferta spinta, ritorna in piedi, aiutandosi, piegate contro il terreno, con le ginocchia nude. In postura eretta inizia a sentire le prime vertigini, le quali, lo costringono a chiudere gli occhi e a portare la mano destra alla testa, mentre, con la sinistra, si appoggia alla ruvida corteccia di un arbusto lì vicino.

Dove era?Come ci era arrivato lì?Da quanto tempo giaceva nudo su quel prato?.

Altre domande destinate a non trovare una risposta, per ora.

Intorno a lui un bosco, soltanto quello, ma non uno di quelli fitti, no, a giudicare dalle foglie spostate, anzi, era addirittura attraversato da un piccolo percorso, il quale, terminava davanti il grosso cancello di un qualche tipo di villa, chiuso, stranamente, da un grosso lucchetto stretto da altrettanto grosse catene.
Chiusa una porta si apre un portone, letteralmente, visto che, facendo qualche passo nella direzione inversa, vi era collocata l'entrata del piccolo percorso: una grossa botola spalancata, dalla quale, fuoriusciva un odore nauseabondo.
Tralasciando un grosso muro di recinzione, impossibile da scalare ed alto diversi metri più di lui, la fatiscente botola sembrava proprio il percorso da seguire.

-Chissà se è pulita...- Questo fu il primo pensiero ad affiorargli alla mente, uno dei pochi che decise di esprimere ad alta voce.

Esitò ad entrare, quasi come se un angolo recondito della sua mente si rifiutasse di approcciare un posto così fatiscente, eppure, fu proprio la sua titubanza ed aiutarlo.
Qualcosa di veloce, di molto veloce, gli sfrecciò poco vicino la testa, per poi, sparire così come era comparso, lasciando, dietro di se, una scia di piume nere, eteree, inconsistenti.

Quando il ragazzo riaprì gli occhi tutto era tornato normale, tranne per il fatto che, nelle mani strette a causa dell'avvenimento improvviso, ora vi era racchiuso un bigliettino: un vecchio pezzo di carta ingiallito, strappato, probabilmente, da un taccuino a righe.

- "Nixal" - lesse, sbattendo le palpebre.

La sua mente era alla disperata ricerca di un'identità, di un punto solido da poter stabilire, e presentatasi l'occasione, di certo, non se la sarebbe lasciata sfuggire. Assottigliò quindi lo sguardo, guardandosi attorno per cogliere anche i dettagli più improbabili come indizzi, per poi, adocchiare una strada di fogliettini di carta, vuoti, gialli, che si inoltravano nella puzzolente botola.

- Si, dovrà essere pulita. Lo spero, almeno - Si disse, come a confortarsi da solo, accompagnando quelle parole ad uno scocciato sospiro. - Va bene quindi, andiamo -

Dette quelle parole, quindi, dopo un profondo respiro, varcò le ante aperte della botola, per poi, assicurarsi di chiuderle dietro di se.

A giudicare dall'odore e dal colore dell'acqua quella era una fogna, lui, invece, era nudo.

- Oh no...non è igenico per niente- Pensò subito, limitandosi a deglutire e a camminare come se fosse circondato da trappole.

Quei condotti fognari si espandevano come uno stomaco sotto terra: stessa forma e stesso odore, compresi, i liquidi di dubbia origine dal coloriccio verde. 
Percorrere quel complesso fognario fu una vera angoscia per lui, una lenta e schifosa tortura, la quale, però, gli regalò una sorpresa.

- Wow... - Esclamò a polmoni vuoti, strabuzzando gli occhi.

Uscito dalle fogne, dalla loro entrata, si trovò davanti un vicolo cieco, il quale, però, gli era facilmente aggirabile grazie a degli scatoloni di legno impilati, fortuitamente, uno sopra all'altro. Si sbrigò, quindi, ad uscire dal tunnel fognario e fece qualche passo in avanti, fino, a superare una sontuosa arcata.

Arriviamo, quindi, allo stupore, alla gioia.

Davanti gli occhi bruni del ragazzo vi era...il crepuscolo, l'incrocio tra luce ed oscurità, il perfetto equilibrio.

Deglutì, per poi, poggiarsi una mano al cuore, stringendo, contro la carne nuda, con i polpastrelli. Quella visione, quel tramonto, lo facevano sentire vivo, caldo, al sicuro: ci si rivedeva, ci si indentificava.

- Ora va molto meglio - si limitò a constatare, sorridendo lievemente a quel bel paesaggio crepuscolare.

Le gioie del giovane, però, vennero interrotte dal rintocco delle campane, il quale, lo riportò subito alla realtà, subito rigido e teso. Alzò quindi gli occhi al cielo, alla ricerca della fonte di quel suono, trovandosi, dopo qualche svelto passo, nel bel mezzo di una piazza, enorme, vuota, divisa, ogni tanto, dal passaggio di un tram.

- Eccoti... - si limitò a sussurrare.

Finalmente la vedeva, e vedeva anche il sentiero che vi ci conduceva.

Una grossa torre dell'orologio collocata sopra a quella che sembrava essere una stazione dei treni.

Quello era il suo obbiettivo, quella era la sua speranza.

Il rintocco delle campane guidò le sue pupille, ma non solo, anche la silhouette di una figura seduta destò la sua attenzione: una sagoma irriconoscibile dalla lontananza, che, muta, strappava qualcosa e la gettava al vento, in continuazione, senza fermarsi.

Vide volare uno di questi frammenti strappati verso di se e lo accolse sul palmo della mano: un fogliettino di carta, vuoto, giallo.



   
 
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