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Autore: Nikita Danaan    09/09/2020    2 recensioni
[La Bella e la Bestia AU!]
"C’era una volta, tanto tempo fa, uno splendido castello in cui viveva un principe di bell’aspetto. Aveva i capelli neri come le ali dei corvi, occhi profondi e scuri, ma era terribilmente egoista e senza cuore, tanto che una notte una vecchia chiese asilo nel suo castello. Inuyasha – questo era il nome del principe crudele – glielo negò, inorridito dal suo aspetto.
Quest’ultima, adirata, rivelò il suo vero aspetto, ovvero quello di una sacerdotessa nera che aveva venduto l’anima ai demoni per poter acquistare la bellezza e la vita eterna.
Tsubaki, la sacerdotessa, gli disse “Non bisogna mai giudicare una persona dall’aspetto esteriore”."
***
Kagome è una ragazza molto bella che adora leggere. Immergersi nei libri è l'unico modo che conosce per vivere una vita piena di avventure. Un giorno il nonno, mentre si reca ad una esposizione sulla scienza, si perde e finisce prigioniero in un castello. La ragazza lo andrà a cercare ma si imbatterà in una creatura, che tutti definiscono una bestia.
[GLI AGGIORNAMENTI SARANNO LENTI]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“Sono tornata!” disse la ragazza, aprendo la porta ed annunciando il suo rientro.
Kagome e suo nonno avevano sempre vissuto in quella casetta poco fuori dal villaggio, fin da quando ne aveva memoria. Era una comune e semplice casetta in legno. Al centro vi era un salotto piuttosto piccolo, però accogliente, dovuta alla presenza del camino, che utilizzavano non solo per scaldarsi ma pure per cucinare, e di due comode poltrone.
Il laboratorio – anche se era grande come uno sgabuzzino – del nonno era la prima porta a destra e quella accanto era il bagno, mentre le due porte a sinistra erano le due camere da letto.
“Ciao, tesoro!” sentì in risposta una voce provenire da sotto uno strano marchingegno, che si trovava in mezzo al salotto, tra le due poltrone.
Il signor Higurashi stava armeggiando con una grossa chiave inglese: da quel che riusciva a vedere Kagome, stava avvitando un bullone.
Il congegno era una grossa palla di metallo con attaccata una sorta di tromba, montata su un palchetto in legno e la ragazza non riusciva proprio a capire il suo scopo.
Il nonno uscì da sotto l’arnese, si tolse dagli occhi due occhialini da saldatore e corse ad abbracciare la nipote.
“Allora, com’è andata la giornata?” le domandò, mentre puliva le lenti degli occhialini sulla sua maglia sporca di grasso – o almeno Kagome lo identificò come tale.
Il signor Higurashi era un omino dalla statura non imponente. Era, come il signor Totosai, un po’ ricurvo sulla schiena a causa dell’avanzare degli anni. Le profonde rughe sul suo volto erano un altro segno della sua età. I capelli bianchi erano legati in un codino e aveva i baffi.
“Benissimo, nonno! Il signor Totosai mi ha regalato questo libro” e, intanto che lo diceva, estrasse il libro in questione dal cestino “e mi ha detto anche che d’ora in poi potrò andare alla sua libreria e prendere tutti i libri che voglio, così li posso tenere a casa!”.
Il nonno le sorrise e le diede un tenero buffetto sulla guancia “È davvero fantastico, cucciola”.
Per un attimo però si fece serio. “Te li regalerà oppure li dovrai acquistare?”.
“Gli ho detto che li avrei comprati. Non mi sembrava giusto nei suoi confronti prenderli a gratis”.
‘Altrimenti non avrà soldi per campare’ pensò Kagome.
“Hai fatto bene, cara. È giusto che ciascuno venga pagato per la professione che svolge” annuì soddisfatto l’anziano, portandosi due dita ad accarezzarsi i suoi due baffi.
Kagome sorrise lievemente. Quella scena le riportò alla memoria un ricordo dell’infanzia. Da piccola, infatti, pensava che suo nonno assomigliasse ad uno degli anziani saggi che, di tanto in tanto, incontrava nei libri che leggeva e che facevano da mentori al protagonista di turno.
Quel ricordo la faceva sempre sorridere, ma con il tempo iniziò ad associare l’immagine del nonno allo strambo – nel senso buono per lei, ma non per il loro villaggio – scienziato.
“Bene, iniziamo a preparare la cena?”.
“Certo! Ma prima” si interruppe guardando l’oggetto in mezzo alla stanza “ti aiuto a spostare la tua nuova invenzione, che ne dici?”.
Il nonno, preso dall’entusiasmo, si rimboccò le maniche e, mentre spostavano l’invenzione, raccontò alla nipote tutto il processo creativo e di costruzione. Kagome stette il più attenta possibile, ma purtroppo non avrebbe mai capito tutti i termini tecnici che usava il nonno.
Non era mai stata una appassionata di scienza e invenzioni. Nonostante suo nonno fosse uno scienziato, non le aveva mai imposto di diventarlo a sua volta. Il suo desiderio era quello di vederla felice, qualunque strada avrebbe intrapreso, e per questo le era immensamente grata.
Però, visto che il nonno si sforzava di capire anche lui il suo mondo fatto di libri, pur non essendo un lettore vorace come lei, a sua volta Kagome riteneva giusto ascoltare il nonno e fargli ogni tanto qualche domanda, in modo che lui potesse spiegargli tutto e così si creava una connessione tra i due.
Erano sempre stati solo loro due. Il nonno non era ben visto al villaggio, per via del suo essere eccentrico, e Kagome non aveva amici con cui parlare di libri, perciò erano l’uno la compagnia dell’altro.
In fondo al cuore, Kagome avrebbe dato qualsiasi cosa per avere almeno un amico. Voleva un mondo di bene a suo nonno, però desiderava che anche lui trovasse qualcuno con cui parlare delle sue invenzioni, magari un altro scienziato come lui.
Oppure un’altra scienziata.
“Nonno” lo chiamò, mentre tagliava le verdure, sopra l’unico ripiano in legno che avevano in sala. “È questo fine settimana che andrai alla fiera della scienza di cui mi hai parlato?”.
La fiera della scienza era un evento a cui partecipava ogni anno il nonno. Andava lì non solo per promuovere le sue invenzioni ma anche per cercare di venderle. Ogni tanto riusciva a racimolare qualcosa, tuttavia non sempre le sue invenzioni suscitavano interesse nelle persone. Quindi oltre a ciò per mantenersi di tanto in tanto anche Kagome faceva qualche lavoretto: per un periodo andava a pulire le case e a badare ai figli piccoli di alcune persone del villaggio, ma quando si diffuse sempre di più la notizia che suo nonno fosse uno scienziato – che per loro era solo un sinonimo di pazzo – e la sua inusuale passione per la lettura – cosa che per il villaggio era considerata assolutamente disdicevole per una donna – i compaesani smisero di richiederle quei lavori. Perciò si limitava a sostituire il signor Totosai ogni tanto nella sua libreria, però l'anziano non guadagnava abbastanza per sé stesso figurarsi per dare anche solo un esiguo stipendio alla ragazza. Erano fortunati perché la casa era di loro proprietà, quindi non dovevano pagare un mutuo ed essendo in due non avevano molte spese. Ma la vita in quel villaggio non era semplice e trasferirsi altrove in quel momento era fuori discussione.
“Esattamente!” le rispose.
“Per caso” iniziò a parlare, fingendo casualità “non ti ha mai interessato trovarti un’altra donna? Sei sempre stato solo, da quando è morta la nonna. Non ti piacerebbe, che so, sposarti di nuovo?”.
Il signor Higurashi, che stava apparecchiando il loro piccolo tavolino in legno, – che tenevano nel suo laboratorio e tiravano fuori solo per i pasti – si girò di scatto verso di lei.
“Ma che dici, Kagome? Io potrei mai tradire la nonna!” disse con tono animoso.
“Ma la nonna è morta da anni! Pensavo solo che avresti bisogno di una persona accanto, qualcuno con cui parlare” ribatté la ragazza, distogliendo lo sguardo.
Non voleva ferire il nonno, ma era sinceramente preoccupata per lui.
“Ma io non sono solo. Ho te, cucciola, e poi non devi preoccuparti per me. Ormai sono vecchio per intraprendere una relazione” concluse, dandole una pacca sulla spalla.
Kagome lo guardò con aria mortificata e continuò ad insistere “Però potresti sfruttare la fiera della scienza per fare amicizia con qualcuno con i tuoi stessi interessi. Sarebbe una cosa carina, non trovi?”.
Il signor Higurashi aggrottò le sopracciglia. Quella sera sua nipote era proprio strana. Non capiva come mai gli stesse facendo quelle domande, che non gli aveva mai posto tra l’altro.
“Sembra quasi che ti voglia sbarazzare di me”.
Quando disse quella frase, il nonno sorrideva, invece Kagome si sentì il peso di un macigno sul petto.
Abbassò lo sguardo, lasciando perdere il coltello e le verdure sul tagliere “No, non voglio liberarmi di te”.
Tirò sul con il naso prima di riprendere a parlare “Scusami, mi sono espressa male. Non volevo ferirti” non riuscì a finire di parlare, che si portò una mano alla bocca, provando a trattenere i singhiozzi.
Il signor Higurashi non capiva né perché Kagome fosse scoppiata a piangere né perché pensasse di averlo ferito.
La abbracciò accarezzandole la schiena con movimenti circolari della mano ossuta, come quando era piccola e faticava a farla addormentare.
“Sono preoccupata per te, nonno. Siamo sempre stati soli e gli abitanti del villaggio non sono mai stati amichevoli con noi, a parte il signor Totosai” si interruppe un attimo, per poi riprendere a parlare, sempre tra le lacrime “Vorrei che tu avessi qualcun altro con cui parlare oltre a me. Io ci sarò sempre per te”.
Il nonno allontanò di poco da sé la nipote, per asciugarle le lacrime. Le sorrise affettuosamente. “Lo so. Anch’io ci sarò sempre per te, bambina mia. Ti ho sempre considerata come mia figlia, anche se è ingiusto nei confronti dei tuoi poveri genitori. Che riposino in pace” sospirò un attimo, affranto “ma sappi che non devi sentirti triste per me. Io me la so cavare, ma, se questo può farti sentire meglio, mi impegnerò alla fiera della scienza per trovarmi almeno un amico”.
Le diede una dolce carezza sul viso. A quel gesto, la giovane sorrise.
“Si può fare” e lo strinse più forte tra le braccia, facendo comunque attenzione a non fargli male a qualche articolazione.
“Ti voglio bene, nonno”.
“Anch’io, cucciola” e le baciò la fronte.
Subito dopo riprese a parlare “Ti prego, non sentirti obbligata nei miei confronti a rimanere per sempre in questo buco di paese. Se avrai l’opportunità di viaggiare coglila. La vita è molto più bella se si visitano tanti posti e i viaggi descritti nei libri non rendono come quelli reali”.
Dandole un buffetto sulla guancia, iniziò a parlare del suo passato “Quando ero giovane ho viaggiato tantissimo! È così che ho conosciuto tua nonna. Ah, che donna straordinaria! Avrei dato il mondo intero per lei. Ma non era una donna facile, sai? Aveva un bel caratterino. In questo un po’ le somigli. Però la corteggiai e alla fine decise di uscire con me”.
Sentendo le ultime parole del nonno, Kagome decise di chiedergli “Nonno, hai costretto la nonna ad uscire con te?”.
L’anziano scosse la testa con forza “Mai! La prima volta che ci provai, mi respinse in malo modo. Lì per lì pensai di non avere alcuna speranza con lei. Aveva un carattere forte e un fascino ammaliante e perciò non mi ritenevo minimamente alla sua altezza, così decisi per un primo momento di lasciar perdere. Ripensando al mio approccio, realizzai che ero stato parecchio insistente, tuttavia feci un ultimo tentativo scrivendo una lettera per lei, dove sostanzialmente le chiedevo scusa se per caso si era sentita offesa dalla mia dichiarazione. L’ultima cosa che volevo era mancarle di rispetto. Lei non solo mi rispose alla lettera, ma mi spiegò che mi aveva rifiutato perché ero stato troppo irruento nei suoi confronti. Io mi scusai e le promisi che non l’avrei più forzata o fatta sentire a disagio. Lei accettò le mie scuse e iniziammo ad uscire insieme e, beh, il resto è storia”.
Concluso il suo racconto, il nonno sorrideva felice. I suoi occhi erano lucidi.
“Lo so che con te Koga è parecchio insistente. Anche se non hai mai voluto parlarmene l’avevo intuito dal tuo sguardo. È identico a quello con cui tua nonna mi guardò quella prima volta”.
Kagome sgranò gli occhi sorpresa. Non parlò di Koga al nonno per non turbarlo e perché pensava che se la sarebbe cavata da sola e che sarebbe stata solo una cosa passeggera, all’inizio. Quanto si sbagliava!
“Sappi che devi rifiutarlo categoricamente, se vuoi che ti lasci in pace” le disse severamente.
La ragazza annuì. Il nonno aveva ragione: quello era l’unico modo per liberarsi definitamente di Koga. Dirglielo chiaro e tondo, senza per forza ferirlo ovviamente, ma se non lo capiva osservando la sua riluttanza, gliel’avrebbe fatto capire in quell’altro modo.
“Bene, detto questo, continuiamo a cucinare. Non so te, ma io sto morendo di fame!”.
“Anch’io! Riprendiamo a cucinare lo stufato!” esclamò Kagome, alzando al cielo il suo coltello, brandendolo come fosse una spada magica, facendo ridacchiare il nonno.
   
 
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