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Autore: P_Mary    10/09/2020    0 recensioni
Joe e Ariel.
Se il tuo vicino di casa fosse un adone al quale vanno dietro tutte le donne, le stesse che lui si fa quasi ogni notte in casa sua... come reagiresti se nel frattempo te ne fossi innamorata?
Come reagiresti se lui fosse tremendamente sexy, sarcastico e provocatorio ma allo stesso tempo schivo?
Jack e Johanna.
E se il tuo ex, che ti ha mollata senza un vero motivo tornasse nella tua vita... che faresti?
Lo perdoneresti se dopo due anni insieme, pieni d'amore, lo vedessi con un'altra?
Quali segreti si nascondono in entrambe le coppie?
Una storia d'amore, anzi due, che si intrecciano l'un l'altra.
Se potete lasciate un commento.
Allert: ci saranno capitoli forti ed erotici, ma verranno segnalati all'inizio del capitolo stesso.
P'Mary
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Finalmente il locale notturno dove fece il colloquio tempo prima la contattò. Avrebbe iniziato a lavorarci la sera seguente!

Sia lodata la maternità.

|Sempre sia lodata|

Sapeva che non poteva considerarlo un lavoro 'per tutta la vita' ma almeno avrebbe guadagnato bene, considerando che era totalmente svolto in ore notturne.

Si sarebbe limitata a indossare pantaloncini corti con calze a rete e una camicetta attillata.

Niente di disdicevole, insomma.

Avrebbe servito da bere e, oltre all'alcool e al lime, doveva "accompagnare il suo più bel sorriso per la gioia dei clienti", come le ripeteva spesso la titolare.

~~~

~Due settimane dopo

Avrebbe potuto girare ad occhi bendati in quel locale ormai, lo conosceva a memoria da cima a fondo.
Si trovava in una zona industriale circondato da aziende metalmeccaniche e uffici, il che rendeva la posizione perfetta. Di notte erano solo loro ad essere aperti e potevano concedersi la musica alta, anzi altissima senza attirare troppo le cattiverie delle zitelle acide che gridavano al peccato.

Il night internamente era enorme e ben arredato!

Una stanza gigantesca fungeva da comunissima pista da ballo, munita di un palco nel quale sorgevano cinque tubi che scomparivano nel soffitto.
Quella era la terra delle pole-dancer. Lì si esibivano, provocando i polli da spennare ben benino, con movenze sensuali.
Attorno a questa enorme pista si trovava il bancone del bar e tantissimi tavoli e divanetti di pelle nera lucida.
Invece, a lato di questa, se si percorreva il corridoio lunghissimo si sorpassavano i bagni, i camerini e infine si sbucava in un cortiletto esterno, patria grigia e polverosa dei fumatori.

Era presente anche un piccolo privè che veniva aperto solo per spettacolini costosi, adornato di poltrone in velluto rosso.
I soldi spesi dai clienti per sbavare su una bella donna in topless intenta a strusciarsi contro un tubo di metallo... erano fuori da ogni logica.

Inoltre, per ingranare qualche soldo in più, Sarah spesso organizzava eventi di ogni genere come concerti, feste, raduni... tutti vi partecipavano, comprese le ragazze.
Queste si accalcavano in queste occasioni, dove avevano sempre il pass gratuito per entrare.
Nessuno rifiuterebbe del buon divertimento gratis!

Comunque per la maggior parte del tempo il locale era un night e i clienti, ovviamente, quasi esclusivamente uomini.
Aveva imparato a catalogarli nello stesso modo in cui catalogava le figurine delle Spice Girls, collezionate da bimba.

Per la maggior parte erano persone tranquille che andavano lì solo per vedere una bella donna muoversi in modo provocante e dire volgarità con gli amici.

Poi c'erano quelli che speravano di portarsele a letto tutte, nessuna esclusa, ma che alla fine concludevano poco o niente.

E infine c'erano quelli infidi, gli scorretti.

Questi ultimi erano pericolosi alcune volte perché, dopo essere andati con una dipendente che magari si era anche stupidamente innamorata, si sentivano dei supereroi e volevano farsi tutte le ballerine e bariste del locale, sfociando nella molestia.

Non era così raro, infatti, sentirsi qualche manata nel sedere o udire distintamente un fischio accompagnato da un complimento.

Che poi, complimento, non lo è per niente.

Anzi, si sentiva molto un cane richiamato dal suo padrone.

Solo che al posto del guinzaglio loro indossavano calze a rete nere e una gonna di pelle nera cortissima, nella quale una camicietta bianca era rimboccata.

Ebbe la tentazione di andarsene più volte quando la situazione degenerava, ma la paga era buona e anche con le sue colleghe si trovava molto bene.
Soprattutto con la barista Johanna, con la quale aveva sempre il turno in contemporanea.

La ragazza era rossa, riccissima di capelli e con due occhioni azzurri da far impallidire un laghetto d'alta montagna.
Molto simpatica e socievole... assolutamente unica nel suo genere.
La sua più grande particolarità era il suo modo di reagire a situazioni imbarazzanti o scomode!

Il sabato precedente erano entrambe di turno e, quando si presero una pausa, Ariel la accompagnò all'esterno del locale per la solita sigaretta e qualche chiacchiera conoscitiva.

Aveva scoperto che era una grande amante dei film, soprattutto di quelli fantasy e che adorava le feste. 

Le disse anche che lavorava in quel locale solo per racimolare in fretta i soldi per frequentare il college senza gravare sui genitori, che erano in una situazione precaria a causa dei farmaci costosi per curare la malattia del padre.

L'osteoporosi l'aveva colpito diciassette anni prima e la madre era diventata una badante a tutti gli effetti. Dovette quindi lasciare il lavoro da fiorista per potersi occupare di lui e al momento vivevano con i sussidi dello stato.

Tra l'altro 'curare' non era il termine giusto.

Quando una malattia come quella colpisce, non c'è proprio niente da curare. Si possono solo attenuare i sintomi.

Perciò voleva raccogliere i soldi necessari per trasferirsi a casa dei nonni, che abitavano a New York, dove sperava di frequentare il college.

Mentre Ariel ascoltava interessata i piani futuri di Jo, come le impose amichevolmente la rossa di chiamarla, da lontano quest'ultima intravide un cliente abituale.
Era il solito 'supereroe' che non mancava mai, un signorotto di bell'aspetto ma viscido come pochi altri.

"Oddio, che palle Ariel!" sussurrò alzando gli occhi al cielo.

"Lo so, è una piaga quello lì" concordò, guardandolo di sfuggita.

"Ci penso io" ridacchiò con un sorrisetto che non preannunciava niente di buono, per poi alzare il tono di voce quando l'uomo si stava avvicinando a passo svelto verso di loro,

Se osa sfiorarci il culo anche solo con il pensiero, gli faccio fare una passeggiata all'altro mondo con il diavolo in persona pensò acida, riconoscendo il lui il tizio che l'aveva molestata più volte le sere precedenti. 

Fu Johanna a interrompere il flusso di pensieri poco carini che le venivano in mente, uno dietro l'altro.

Prese a parlare a voce alta.
"ESATTO! Proprio così! Lucas ha sguinzagliato la nostra Tina contro quell'omuncolo che ci provava con me! Dovevi vedere come l'ha ridotto! Per poco non lo accecava!"

"Tina?"

"La nostra oca! È molto protettiva e cattiva. A un altro tizio gli ha persino beccato il pisello! Sono qua fuori che mi aspettano, i miei amori!" 

|Per la prima volta sono contenta di essere la tua coscienza, Arieluccia|

Probabilmente l'espressione di Ariel era la medesima dell'uomo.

Dopo aver sgranato gli occhi esterrefatto se n'era andato, toccandosi i gioielli di famiglia.

"Non brava... magnifica!" esordì, ridendo come una matta!

Un'oca! Ok, le oche erano molto territoriali ma non credeva proprio avrebbero potuto essere protettive verso una persona. Chissà! Era stato esilarante!

Che tipa che era questa Johanna! La adorava di già!

~~~

La sera dopo si recò nuovamente al lavoro ma alla fine del turno, attorno alle due del mattino, avvenne qualcosa di davvero inaspettato.

Non potevo davvero trovarmi in un posto migliore nel momento migliore, si disse in seguito ripensando all'accaduto.

Sentì chiaramente risate di uomini ubriachi che, nemmeno a dirlo, erano usciti dal night.

Li aveva riconosciuti!

Erano quel gruppetto che con i loro fischi e le battutine si erano fatti riconoscere per tutta la notte.
Gli avrebbe volentieri spaccato in testa una bottiglia di quel cazzo di costosissimo vino che ordinavano e scolavano, ordinavano e scolavano, ordinavano e scolavano...

Ubriachi o no, in quel momento stavano importunando una ragazza in una viuzza mezza buia attorniata da fabbriche non operative a quell'ora di notte.

La poveretta era schiacciata contro il muro con il viso coperto dalle mani.

"Dai bambolina, vieni con noi" la scherniva uno.

"Che bel corpicino che hai" la canzonava l'altro.

Quando si mise a piangere, in preda a quella che sembrava una crisi di panico a tutti gli effetti, uno dei tre uomini la schiaffeggiò violentemente in volto, facendole perdere l'equilibrio.

Ariel sbiancò.

"Così impari a fare la figa di legno, mongola!"

Ancora non credeva ai suoi occhi.
Certe scenate non si vedevano solo in quei programmi che raccontavano di psicopatici stalker?

Dopo un altro schiaffo che la biondina ricevette, non ci vide più e si avvicinò a loro per intervenire.
Solo allora si rese conto che la persona stesa a terra con il viso rosso e rigato di lacrime era Erika, la sua vicina.
Lo sguardo era basso, fisso sulle scarpe.

Raggiunse il gruppetto mossa da un istinto di protezione fortissimo, spintonando il primo uomo che si trovò di fronte.

Ben presto gli altri due intervennero e la bloccarono. Le immobilizzarono le braccia e la schiacciarono malamente contro il muro, per poi ridere come matti.

"ERIKA! VATTENE DA QUI!"

La ragazza ancora a terra non si mosse, visibilmente sotto shock.

"HO DETTO VATTENE!" urlò.

Non aveva paura per se stessa in quel momento, ma era terrorizzata che potessero fare qualcosa a un'anima innocente come quella della sua vicina.

Non si riprenderà mai, fu il pensiero che le balenò in testa quando realizzò che un atto del genere, per quanto orrendo, avrebbe arrecato meno danni a lei...

•ARIEL! Non dire stronzate...•
Anche la sua coscienza, nonostante cercasse di protestare, sapeva che era la pura verità.

Se proprio devono stuprare qualcuna, fa che sia io.

Non perché lei fosse Madre Teresa o una santa.

Lo fece perché usare quel tipo di violenza con una ragazza innocente e inesperta come Erika l'avrebbe definitivamente uccisa.
Molto più di quanto potesse uccidere lei.

"Sì vattene, tesoro. Noi abbiamo di meglio qui" biascicò uno dei tre, mentre allungava le mani dentro la scollatura, guardandola languidamente.
Essa, era resa indecente a causa dei bottoni saltati della camicetta.

"VATTENE ERIKA, CAZZO!"

La ragazza finalmente si girò come per allontanarsi, ma si scontrò contro qualcuno che la tenne ferma davanti a lui.

Ariel tremò pensando che un altro uomo si era aggiunto a quell'orribile trio.

Le cose si mettevano veramente male.
Più si dimenava per liberarsi dalla presa dei maniaci più loro la tenevano immobilizzata.

Il viscido che le aveva poco prima allargato la scollatura, si fiondò a leccarle il collo con foga.

Il disgusto che provava era enorme, ma non poteva permettere che Erika fosse nuovamente presa di mira.

Per cui con tutta la repulsione che provava in quel momento, stringendo forte gli occhi e i pugni, cercò di non pensare a quella boccaccia che le stava letteralmente divorando il collo e il viso con violenza.

Cercò di sopportare quanto più tempo possibile quell'assalto per distogliere totalmente l'attenzione da Erika, ma quando le mani dell'uomo le palparono senza riguardo il sedere provò un'insopportabile rabbia.

Momento.

Momento.

Momento.

Sua zia le aveva dato uno spray anti-aggressione qualche giorno prima.

Come aveva fatto a scordarlo era un bel mistero.

In realtà era stato suo padre a volere che lei l'avesse a portata di mano.

'Con il lavoro che hai adesso e l'ora in cui ti riduci a casa è meglio che tu stia più attenta. Non farmi preoccupare, sai che sono dall'altra parte del mondo. Ok, piccola?' le aveva scritto in un messaggio, preoccupato e poco convinto del nuovo lavoro che si era trovata la figlia.

Raccolse un po' di saliva e sputò in faccia al tizio che la bloccava e a quello che la stava toccando. D'istinto la liberarono.
Infilò subito la mano all'interno della borsa afferrando la sua arma e spruzzò gran parte del contenuto mirando agli occhi di quel porco che era ancora davanti a lei.

Lui, ovviamente, non reagì bene e dopo averle dato della puttana le diede un manrovescio così potente da farla cadere a terra.

Sentì immediatamente una fitta alla caviglia e un dolore acuto vicino al labbro, ma ebbe comunque la forza di cercare con lo sguardo Erika.
La preoccupazione era sempre maggiore e si augurò solo che stesse bene.

La giovane, poco prima, si era allontanata di qualche passo da lì e qualcuno le afferrava il braccio.

Ormai era esausta di quella situazione e senza più difese.
Lo spray era rotolato lontano da lei.

Cercò di rialzarsi con uno sguardo fiero e arrabbiato allo stesso tempo, sperando di sortire un qualche effetto sui tre uomini.
Purtroppo però nel momento in cui appoggiò il peso sulla gamba avvertì un dolore acuto alla caviglia.

"Ahi" disse alzandola leggermente.

Uno di quei bastardi rise maliziosamente e si gettò per la seconda volta su di lei mirando al suo collo, ma questa volta la sua lingua non la raggiunse...

Una mano comparve dal nulla dietro l'uomo e, afferrato il colletto della maglia, lo trascinò lontano dalla ragazza.

I suoi occhi brillarono, mai visione fu più celestiale!

Ariel vide Joe prendere a pugni, uno per uno, quei poco di buono.

Vennero malmenati e picchiati dal ragazzo, che era arrivato prontamente a salvarle.
Proprio come un vero supereroe.

Di quelli buoni.

Nei suoi occhi però non c'era proprio niente di nobile.

Erano solo lividi di rabbia. Quel tipo di rabbia che gli conferiva un'espressione disumana stampata sul volto.

Incassò qualche pugno anche lui, ma tanto era il rancore che sembrò non sentirli nemmeno.

Ariel si ricompose in fretta e furia per correre velocemente da Erika, la quale piangeva disperata ferendosi le braccia con le unghie.
Non fece più caso al dolore che la caviglia e il profondo taglio nel labbro le stavano procurando, in quel momento doveva assolutamente occuparsi della sua amica.

La biondina infatti si stava auto lesionando senza sosta.

Le afferrò saldamente la mano e d'istinto la abbracciò.

In quel momento non ricordò che le persone con autismo non amano essere toccate, né avere un contatto fisico in generale.

Semplicemente la abbracciò sempre più forte, sino a quando la ragazza smise di procurarsi graffi sulle braccia.

"Erika, andiamo a casa" intervenne ansimante Joe da dietro la schiena di Ariel, sorprendendola.

Ariel mollò la presa e si voltò verso il loro salvatore, che la stava fissando intensamente.

Si guardarono entrambi, senza proferire parola.

Notò un profondo graffio sulla guancia del ragazzo e d'istinto allungò la mano, per asciugare il rivolo di sangue che gli stava colando sulla mascella.

Quel contatto le provocò una sensazione strana, una scossa elettrica, che aumentò quando lui come risposta strinse gli occhi fissandola con ancor più intensità.

"Principessa"
Intervenne Erika puntando un dito in direzione di Ariel.
Gli occhi del fratello erano assolutamente confusi e increduli.

Ormai di battute sulla sirenetta ne aveva sentite a bizzeffe e ne aveva piene le palle, ma questa volta le fece sinceramente piacere.

Joe finalmente si dedicò alla sorella e dopo averla accarezzata e consolata la accompagnò fin dentro casa.
Mai una volta si era girato indietro.

Non mi sta minimamente considerando.

Il fatto che ogni tanto si fermava per accendersi una sigaretta oppure per rispondere a un messaggio, non significava che stesse aspettando che lei si avvicinasse di più a loro.
Giusto?
Perché poi ripartiva subito a passi lenti.

•Allora sei cretina•

|Cretina forte!|

Lentamente aprì il cancello dell'ingresso secondario di casa  sua, mentre con la coda dell'occhio vide i due fratelli fare altrettanto.

Quando finalmente entrò si appoggiò sul dondolo e osservò delicatamente la caviglia.
Stava via via diventando più gonfia e aveva anche un graffio abbastanza profondo.

Poco dopo avvertì distintamente un sapore metallico in bocca, e si osservò le dita sporche di sangue rosso vivo.

Cercò con gli occhi la valigetta del primo soccorso, che non aveva mai riportato in casa, e si alzò per afferrarla.
Era sicuramente rimasta dove l'aveva lasciata quando fece da infermiera improvvisata a Joe.

Mentre gli occhi vagavano alla ricerca del kit non poté fare a meno di volgere uno sguardo verso la casa dei vicini.

Erika era rientrata in casa, mentre Joe era fermo davanti al loro cortile a parlare con una ragazza, per poi liquidarla subito dopo.

Dopo poco Ariel lo vide avvicinarsi a casa sua.
Rimase stupefatta quando il ragazzo gettò a terra il mozzicone di sigaretta e la osservava con uno sguardo, che la portò a deglutire nervosamente.

Come poteva essere così dannatamente sexy!

Lui entrò e la raggiunse.

Bum, bum, bum.
Il cuore le stava scoppiando!

Mi sono improvvisamente rincretinita?

•Seh, improvvisamente... credici•

Perché sono così nervosa?
Perché questo ragazzo mi fa sentire una dodicenne, di fronte al suo idolo?

[Senti Ariel, quella notte sei stata la sua principessa.
Tu eri la principessa coraggiosa che era comparsa dal nulla salvandola.
E lo eri, lo eri davvero.
Chi si farebbe violentare per salvare un'altra ragazza?
Un'anima pura e buona, ecco chi.
E se ripenso al modo in cui ti ho lasciato indietro tornando a casa, una morsa mi stringe lo stomaco.
Scusami, anche se in ritardo.
Tu non meritavi quel trattamento, ma a quel tempo non lo sapevo.
Joe]

~~~~~~~~

Ciao, super woman! Vi sta piacendo il libro?

Ricordate sempre di tenere uno spray anti-aggressione in borsa 🙅
Lo avete già?

Lasciatemi un commentino... non perdetevi il prossimo capitolo! Ci sarà una svolta!

Un bacio.
PMaryy

 

   
 
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