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Autore: moira78    10/09/2020    5 recensioni
Ormai alle soglie del nuovo millennio, Candy racconta a sua figlia e sua nipote la storia della sua vita. Ho cercato di riempire il vuoto lasciato dal finale sibillino dei romanzi dell'autrice originale, tentando di cogliere lo spirito dei personaggi e scrivendo in modo più dettagliato ciò che è accaduto dalla scoperta dell'identità del Principe della Collina in poi.
Genere: Commedia, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Candice White Andrew (Candy), Terrence Granchester, William Albert Andrew
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Le cose, però, non vanno sempre come speriamo. Prendiamo delle decisioni che al momento reputiamo le migliori in assoluto, ma poi diventano il lasciapassare per un futuro che non avevamo mai, neanche lontanamente, immaginato o sperato.

Io avevo deciso di seguire Terry ed eravamo entrambi felici e pronti per affrontare il nuovo viaggio. Avevo persino mandato una lettera di dimissioni all'ospedale dove lavoravo e avvisato Miss Pony e Suor Lane che non sarei tornata per un po'.

Mancava una settimana alla nostra partenza e avevo già cominciato a preparare i bagagli quando mi arrivò il telegramma: il dottor Martin era morto per un attacco cardiaco fulminante e le mie due mamme stavano cercando un medico che potesse sostituirlo alla clinica.

Io ero solo un'infermiera, ma in quel momento capii che, superato il dolore per la perdita di un carissimo amico, avrei dovuto impegnarmi per aiutarle in quella ricerca, e trovare qualcuno che ne fosse il degno successore.

"Candy, io non voglio impedirti di fare ciò che desideri, ma non ti sembra di assumerti una responsabilità che non ti compete affatto?", mi domandò Terry quella sera, quando gli esposi le mie perplessità.

Io posai la forchetta con la quale stavo giocherellando, perché avevo lo stomaco sottosopra: la mia cena giaceva pressoché intatta nel piatto.
"So che è da molto che non ne parliamo, ma mi vuoi ripetere cosa hai fatto tu per Susanna prima che morisse?".

Mi aveva raccontato più volte, e solo sotto mia insistenza, della malattia che aveva colpito la poveretta dopo alcuni anni. Ma, soprattutto, mi aveva narrato di come si era comportato con lei non appena li lasciai soli. Susanna sembrava comprendere appieno la parte che aveva nella sua vita e non si era spinta mai oltre alla richiesta di una semplice amicizia, anche se i giornali parlavano di fidanzamento e matrimonio. Aveva atteso tacitamente e pazientemente che Terence si innamorasse di lei, ma era stato tutto inutile.

Lui amava sempre e solo me, e si era sentito anche parecchio in colpa per questo, pur non rinnegando mai i suoi sentimenti. Un paio di volte, mi disse di aver comprato dei biglietti di sola andata per Chicago ma di averli stracciati in tempo, ripensando alla promessa che mi aveva fatto di essere felice nonostante tutto. E ricordando quanto il suo lavoro fosse prezioso per divagare la mente, specialmente dopo quell'incontro a Rocktown che lui scoprì dal mio racconto non essere una semplice allucinazione.

"Tu stavi andando avanti con la tua vita e io dovevo essere altrettanto forte per non deluderti. Mi sono quindi tuffato nella recitazione, col cuore sanguinante ma la voce ferma. Poi lei si ammalò di influenza spagnola e cominciò il suo declino. L'operazione subita alla gamba aveva compromesso molto la sua salute e il suo sistema immunitario e presto entrò in coma: ricordo ancora le sue parole nel delirio della febbre, mentre la accudivamo con dei fazzoletti intorno al viso per non contagiarci, io e sua madre: "Perdonami, Terence", ripeteva come un'ossessione. "E non si riferiva solo al fatto che mi avesse legato a sé nonostante non la amassi, ma anche a tutte le tue lettere che non ho mai ricevuto perché lei le nascondeva".

Fu anche a causa di quella richiesta di perdono sul suo letto di morte che esitammo più di un anno prima di sposarci ma pensavamo fosse acqua passata. Io, invece, sospetto che ancora allora, il mio Terry soffrisse di un acuto senso di colpa per non essere mai riuscito ad amarla, nonostante fosse finalmente felice accanto a me e non desiderasse altro dalla vita. Ho sempre saputo che era un uomo buono e generoso, anche sotto la scorza dura del suo carattere impenetrabile: mi somigliava più di quanto lui stesso volesse ammettere. Nonostante i suoi errori e il suo apparente egoismo, nessuno dei due, alla fine, era riuscito a condannare più di tanto Susanna: la decisione di assecondarla era stata solo nostra.

"La notte in cui morì decisi di sposarla, per renderla felice. Un rito civile, semplice. Lei non voleva, perché... perché diceva che era te, la donna che amavo davvero a dover portare sull'altare. Ma io decisi che volevo darle quella piccola gioia di morire come mia moglie. Sua madre le mise il suo abito più bello tra i singhiozzi e l'aiutò persino ad acconciarsi i capelli. Ricordo che quando entrai nella stanza col giudice di pace e la vidi così diafana eppure innamorata temetti di scoppiare a piangere per la pena. Io non l'amavo, Candy, ma mi ero affezionato a lei e non vorresti mai veder morire neanche il peggior nemico in quelle condizioni".

Terry, a quel punto, faceva sempre una pausa per trattenere il dolore. Poi mi stringeva a sé come se volesse accertarsi che fossi davvero lì con lui: erano momenti intensi, che non dimenticherò mai.

"Ormai il virus era stato debellato, ma ormai le sue funzioni vitali erano irrimediabilmente compromesse e lei giaceva spesso in uno stato di incoscienza per la maggior parte della giornata, tanto da farmi temere che non saremmo mai arrivati al fatidico "sì". Invece quella sera era debole ma presente e il suo sorriso sembrò quasi quello di una persona che ha tutta la vita davanti. In realtà morì quella notte stessa, la nostra notte di nozze. Per la prima volta da quando la conoscevo mi misi accanto a lei su quel letto pregno di sudore e di malattia, che la sua mamma distrutta aveva provveduto a rinfrescare e fornire di lenzuola nuove. L'abbracciai stretta, accompagnandola nel suo ultimo respiro come l'amante e il marito che non sono mai stato per lei".
Terry si era poi alzato per avvisare sua madre e l'aveva lasciata con il corpo ancora caldo mentre andava ad occuparsi del suo funerale: era vedovo dopo solo poche ore e già pensava a me. Non avrebbe voluto, mi ripeteva, ma il suo cuore e la sua mente, seppur doloranti, non potevano fare altro.

Posai il bicchiere dal quale avevo bevuto dell'acqua fresca e gli chiesi: "La mia situazione è diversa, eppure non lo è: sento di avere la responsabilità di riportare la Clinica Felice agli splendori di una volta. Per il mio amico, il dottor Martin che ci credeva da sempre. Per Albert, il mio caro zio William che è guarito dall'amnesia anche grazie a lui. E per la mia Casa di Pony, così vicina a quell'unica clinica".

Terry sospirò e posò il suo tovagliolo: anche la sua cena era quasi intonsa. "Va bene, ho capito. Siamo sempre troppo altruisti io e te, vero mia dolce Tarzan Tuttelentiggini?". Gli sorrisi, cercando di apparire serena.

In realtà quella notte, e per tutte le notti che seguirono, continuai ad avvertire un malessere che poteva dipendere dalla mia condizione, di cui ancora non sapevo nulla, ma anche dal presentimento di quello che sarebbe accaduto di lì a poco.

Il giorno in cui Terence partì il nostro saluto fu un bacio appassionato tra le lacrime. Forse, inconsciamente, anche lui aveva un presentimento di quello che sarebbe accaduto.
   
 
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