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Autore: crazyfred    11/09/2020    2 recensioni
{FRANCESCO & EMMA} "La neve aveva assunto l'odore dei suoi baci sotto i portici, del cioccolato, della cannella e delle arance che aromatizzavano i bicchieri bollenti di vin brûlé"
Prosieguo ideale della storia d'amore di Emma e Francesco, dove li abbiamo lasciati alla fine della quinta stagione. La voglia di ricominciare da zero, ma anche di non cancellare quello che è stato, il ricordo indelebile di errori da non commettere più. E chissà, magari coronare il loro amore con un nuovo arrivo...
Ma anche la storia di quella banda di matti che li circonda: Vincenzo, Valeria, ma anche Isabella, Klaus e naturalmente Huber.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Commissario Nappi, Emma, Francesco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 14 - Non fermarsi mai alle apparenze
 
 



Le giornate, sempre più calde e sempre più lunghe, permettevano alla gente di San Candido di passare molto tempo all'aperto, ti approfittare del verde brillante degli alberi e dell'azzurro limpido del cielo che in inverno, da quelle parti, era cosa rara. Francesco ed Emma non erano certo da meno.
"Così lo soffochi" contestò Francesco, ridacchiando, mentre la moglie, seduta sul dondolo nel giardino della casa famiglia, riempiva di abbracci e baci il piccolo Leonardo. "Ti soffoco?" domandò allora Emma al piccolino, ironica, il quale, non solo scosse il capo, ma per tutta risposta si tuffò letteralmente tra le braccia della giovane, per quanto la pancia di lei consentisse.
Lui era mancato a loro e loro a lui. Non se lo dicevano, ma era chiaro: Francesco ed Emma non aveva quasi neanche lasciato le valigie in palafitta per andare a salutarlo e lo sguardo del bambino si era illuminato di gioia a vederli entrare nel salone, correndo a perdifiato verso Francesco per salutarlo e saltargli addosso. Nelle ultime settimane, esclusa la vacanza, gli incontri erano stati meno regolari e più brevi, per far spazio ai genitori di Livia. E la cosa aveva fatto male a tutti e tre: a Leonardo, che non capiva, e ad Emma e Francesco, che capivano e sentivano ancora più forte il dolore per questa separazione. Se c'era una cosa che quella settimana di lontananza aveva fortificato nei coniugi Neri, era la certezza di voler fare le cose a modo proprio e non a modo degli altri: a fare di testa loro, magari avrebbero scontentato gli altri, ma sarebbe andato tutto bene. Francesco, in particolare, sentiva di non poter più rinunciare a quel fare famiglia che stava sperimentando: più ne aveva e più non poteva farne a meno. Con Emma, con Leonardo e con il piccolino che doveva arrivare.
"Non andate più via, vero?" domandò Leo, timoroso. "Perché dici così, piccolo?" chiese Francesco, inginocchiandosi di fronte a loro. "Perché io volevo giocare e voi non venivate mai". Emma invece era sicura che il piccolo avrebbe percepito la loro lontananza come un nuovo abbandono. Lo aveva ripetuto a Francesco fino a quando avevano caricato le valigie in auto.
Dopo che l'unica figura materna che aveva conosciuto si era volatilizzata ai suoi occhi, senza che potesse spiegargli nulla o lasciarlo andare poco alla volta, anche Francesco ed Emma sembravano fare la stessa cosa. Non importavano le rassicurazioni, le promesse di regali al ritorno o progetti per le settimane a venire, in Leonardo il sospetto e la paura di una nuova solitudine si erano  insinuati con grande rapidità. Complice anche l'arrivo di due estranei, due anziani signori che venivano da lontano, che lo guardavano strano, come se fosse la prima volta che vedevano un bambino in vita loro.
"Non sei stato da solo in questa settimana però, un uccellino mi ha detto hai avuto una buona compagnia…il signor Antonio e la signora Rosa sono venuti a giocare con te tutti i giorni" Francesco provò a mitigare l'opinione che aveva dei suoceri di fronte al piccolo, anche se gli costava fatica: Leonardo non c'entrava nulla con i malumori e gli screzi degli adulti. Al piccolo sembrava che gli volessero bene, Rosa e Antonio, proprio come Emma e Francesco, ma non li conosceva e non capiva cosa potessero volere da lui. Lui non aveva dei nonni, mamma Ingrid prima ed Emma poi gli avevano raccontato tante volte dei nonni delle favole, al punto che anche lui avrebbe voluto averne anche solo uno. Ma voleva più bene ad Emma e Francesco e non avrebbe mai fatto a cambio per un paio di nonni.
"La prossima volta mi portate con voi?" fu la richiesta del bimbo, che sembrò ignorare totalmente quello che Francesco gli aveva detto. Emma gli sistemò i capelli dietro l'orecchio, posando un bacio sulla testa; aveva decisamente bisogno di una sistemata a quella chioma. Quando lo aveva conosciuto li portava lunghi come Klaus, il figlio maggiore dei Moser, ora invece il bambino diceva che erano come i capelli di Francesco. "Lo sai che non dipende da noi" provò a spiegargli, rammaricata, usando la maggior delicatezza possibile "lo sai quanto vorremmo, ma non possiamo decidere da soli. Bisogna che la signora che si occupa di voi bimbi ci dia il permesso…"
"E allora perché Tobia è andato via?" ribatté lui, quasi avendosene a male per quel diniego di Emma che lui non poteva capire. Tobia era uno dei bimbi della casa famiglia che più aveva legato con Emma e Francesco e lui aveva accolto Leonardo come fosse stato suo fratello maggiore. Erano stati tutti increduli ma felicissimi quando avevano annunciato la sua adozione: a 10 anni, neanche lui ci sperava più che qualcuno lo volesse. "Amore, Tobia è andato via perché ha trovato una mamma e un papà ed è andato in una casa nuova." "E io? Quando ce li ho io una mamma e un papà?"
Francesco ed Emma speravano di dover affrontare quel discorso il più tardi possibile, possibilmente non da soli. In quei mesi avevano affrontato l'argomento con il personale della casa-famiglia e con gli psicologi che li stavano aiutando ad inserirsi nel percorso di affidamento e tutti erano dell'avviso che dovesse essere affrontato nella maniera più naturale … naturale, fosse facile … possibile, senza nascondere nulla. Leonardo sapeva di non essere come tutti gli altri bimbi, che non aveva una mamma e un papà veri. Sapeva anche che quelli che aveva chiamato mamma e papà per un po', Ingrid e Bruno, non li avrebbe visti più, perché erano stati cattivi ed erano stati messi in punizione: questa era la versione più facile per un bimbo di quell'età. Ma per due persone adulte, non era semplice adattare il proprio pensiero e la propria versione del mondo.
"Presto, spero" fece Emma, telegrafica, con un nodo in gola, girando lo sguardo per non fargli vedere le lacrime che pretendevano di uscire. Francesco le sfiorò la guancia con un dito, mentre stringeva gli occhi per trattenerle dentro. Non potevano spiegargli che volevano esserlo loro, che già si sentivano suoi genitori senza che la legge lo riconoscesse. Avesse avuto un vocabolario più ampio, forse anche il piccolo avrebbe espresso le sue stesse intenzioni, lei lo sentiva nel calore di quell'abbraccio che la pensava come loro, nella dolcezza di quella piccola bocca che le baciava la guancia, di quegli occhioni teneri e vispi che la guardavano dritta fin dentro l'anima quando gli parlava.
"Antonio e Rosa me lo hanno promesso" "Cosa?" intervenne il forestale, la voce spezzata quasi dallo sconcerto. "Che anche io posso fare una vacanza…mi hanno detto che posso andare da loro"
Francesco, livido in volto, guardò Emma, altrettanto scioccata dalle parole del bambino. A nulla erano servite le parole, le suppliche e le promesse di Rosa. Antonio non aveva ceduto e aveva avuto la meglio. Ma se c'era una cosa che più lo mandava in bestia, era che, a differenza loro, si era esposto a tal punto di fronte a Leonardo, incurante della discrezione che gli operatori avevano raccomandato.
Era come se li stesse sfidando, ma non aveva idea di chi avesse di fronte. Non avrebbero mollato neanche un attimo e i guanti bianchi, stavolta, li avrebbero lasciati a casa.
Il forestale si allontanò dall'altalena, scuro in volto, prendendo il telefono dalla tasca dei pantaloni. Emma lo vide e, allarmata, provò a fermarlo, nel vano tentativo di farlo ragionare e frenare la sua solita avventatezza. Poteva esserci un'altra spiegazione, ma Francesco la scacciò quasi bruscamente, mentre cercava il numero sulla rubrica. Richiamata da Leonardo, tentò di distrarre il piccolo dal comportamento burbero del marito, aprendo con lui i regali che aveva portato dal viaggio.
"Pronto Francesco caro" rispose Rosa, docile ed affabile come suo solito. "Risparmiati le smancerie Rosa" quasi sputò Francesco, furente "non vi preoccupateci parlo io… e poi siete pronti a pugnalarci alle spalle"
"Fermo fermo fermo, Francesco. Di cosa stai parlando?" lo frenò la donna, incerta e spiazzata dall'aggressività del genero. Sapeva dei suoi momenti, ma pensava che con il tempo avesse imparato a gestirli. "Come di cosa parlo? Di Leonardo" "Ma Leonardo è un bambino…abbiamo parlato di tante cose con lui, chissà cosa ha capito!" "Leonardo sarà anche un solo un bambino, ma non è stupido e non è un bugiardo. E se dice che gli avete detto che può venire da voi, io gli credo. E ora prova a dirmi che non è vero."
"No" sospirò "no, è vero" "Come vi siete permessi? E come potete pensare di dare per scontato che verrà da voi? Dovrete sudare sangue per ottenere l'affido, perché io…noi… non lo lasciamo andare così facilmente. Fa parte della mia famiglia" era un treno in corsa, ormai senza freno.
"Francesco aspetta. Ti prego fammi parlare" provò la donna ad interromperlo, alzando la voce. Francesco si fermò; non tanto per lasciar parlare Rosa, ma perché, girandosi, aveva notato l'espressione corrucciata di Emma. Stava offrendo uno spettacolo indecoroso di sé, che si era promesso di non farle più vedere. "È vero, gli abbiamo detto quelle parole, ma non è tutto. Gli abbiamo anche detto che sarete voi a portarlo da noi a trovarci" "E questo cosa significa?" "Significa che mio marito ha accettato di fare un passo indietro. Non chiederemo più l'affido di Leonardo…ma accettiamo volentieri di essere i suoi nonni, se lo volete ancora"
"Mi stai prendendo in giro… " sorrise nervosamente Francesco, sprezzante. "Non lo farei mai. Quello che pensavo di voi il giorno che ci avete invitato a pranzo lo penso ancora. Voi siete la sua famiglia quanto noi."
Francesco chiuse la telefonata sussurrando una fila di grazie ancora increduli, tra il trasognato e l'incredulo. Si avvicinò ad Emma a passi lenti e lei lo osservava avvicinarsi, ancora inquieta per il suo stato e la scenata che aveva fatto.
"Leonardo" disse l'uomo "corri dentro a fare merenda. Noi ti raggiungiamo subito"
Emma si alzò, raggiungendo suo marito poco più avanti. Con la pancia che cresceva, ormai la sua mano riposava sempre più di frequente, in maniera del tutto involontaria, sul ventre.
"Che succede?" domandò, trattenendo il fiato. "È tutto finito" quelle parole pesavano come macigni, ma erano accompagnate da un sorriso ed Emma non poté che rimanere titubante, aspettando che si spiegasse. "Rosa e Antonio non vogliono più l'affido di Leo"
"Ce l'abbiamo fatta?!" domandò Emma, cauta; portò le mani davanti alla bocca, senza parole, eppure quel barlume di speranza che si accendeva già nei suoi occhi era ben visibile. "Ce l'abbiamo fatta" le confermò il marito, sollevato. Lei annuì, sospirando, a voler confermare a sé stessa che era tutto vero. Si gettò tra le braccia del marito, come tante volte aveva fatto, di peso, come fosse un materasso su cui distendersi dopo una lunga e faticosa giornata, come il bagno rilassante che ti accoglie in una serata fredda, come la coperta di piume che ti riscalda d'inverno. Francesco, abbracciandola, chiuse gli occhi, aspirando il suo profumo di vaniglia, l'odore delle lunghe notti sotto i piumoni, delle calde sere d'estate sotto le stelle, dei bagni a Positano al tramonto, mentre il sole si tuffava nel mare assieme a loro.
Casa. Famiglia.
 
"Ooooh finalmente riusciamo a rivederci!" esclamò Valeria, correndo ad abbracciare la sua amica. Il ritorno alla realtà, alla vita quotidiana e al lavoro, era stato più traumatico di quanto preventivato. Non solo per la nostalgia di quei giorni magici in costiera, degli aperitivi in terrazza e delle passeggiate romantiche nel borgo a sera, ma perché la sorpresa che Rosa e Antonio avevano fatto loro aveva finito per scombussolare ancora di più le loro vite. Francesco aveva deciso di premere l'acceleratore sui lavori al maso e provare ancora di più a forzare la mano agli assistenti sociali, quantomeno per ottenere, come primo passo, un affido giornaliero; per una volta le cose sembravano andare tutte per il verso giusto: presto Leonardo avrebbe passato con loro la gran parte della giornata, portandolo in casa-famiglia solo per dormire, a sera.
"Sei uno splendore" si complimentò la forestale, facendo fare una leggera piroetta ad Emma. Il suo leggero abito arancione a pois esaltava ulteriormente l'abbronzatura che aveva ancora addosso "A  differenza di tuo marito … mio Dio ma è arancione, fa pendant con il tuo vestito!!!"
Valeria non provò nemmeno ad abbassare il volume della sua voce: era fermamente convinta che qualcuno dovesse dirglielo. E se Emma non lo avesse fatto - perché Emma non era capace di trovargli neanche un difetto - lo avrebbe fatto lei.
"Farò finta di non avere sentito" rispose il forestale "ti ricordo solo che sei in divisa, Ferrante, e stai parlando di un tuo superiore" "Ho appena staccato dal turno" rispose per le rime Valeria "e sto parlando in veste di vostra testimone di nozze. Io non farei tanto il sostenuto"
"Mmmmm … tanto lo so che vi siete messe d'accordo. Come se non sapessi che voi due messaggiate tutto il giorno. Se non ti conoscessi meglio, Valeria, inizierei ad essere geloso"
"Uuh … quante storie" sbuffò la giovane forestale "per due messaggini …"
Emma adorava le loro schermaglie, la leggerezza che Valeria metteva in tutto quello che faceva. Anche lei ci provava, ma c'erano stati momenti nella sua vita in cui la vita non ci stava proprio a sorridere con lei. Non era un caso se il loro legame era diventato così forte in così poco tempo.
Mentre Valeria invitava Emma a salire con lei in foresteria per preparare la piccola Mela a passare la serata con gli zii, Vincenzo si affacciò dalla porta dell'ufficio "Mi raccomando Emma" dichiarò, facendo un occhiolino poco discreto "presentabile sì, irriconoscibile no!"
Valeria volse gli occhi al cielo "Con tutto il rispetto, ma sei l'ultima persona da cui accetto consigli di moda" "Ehi!!!" protestò Emma, riprendendo a salire le scale. "Vorresti per caso dire che non sono io la responsabile del tuo intero guardaroba dal giorno del matrimonio fino ad oggi?!" Effettivamente, era così: da quando si era sposata, abito nuziale compreso, tutte le sue sessioni di shopping, per quanto rare, avevano visto Valeria al suo fianco.
Valeria, però, non aveva fatto i conti con l'ansia prima di un appuntamento. Cosa poteva saperne lei, che incontrava i suoi spasimanti, spesso neanche fugaci flirt ma veri e propri compagni di una notte, al bancone di un bar. Con tutte queste romanticherie lei aveva poco da spartire eppure aveva scoperto che, con Vincenzo, non le dispiacevano più di tanto. Voleva fare le cose per bene e stava andando nel pallone.
Dopo due ore dall'arrivo di Emma erano ancora barricate in camera, Valeria in slip e reggiseno ed Emma seduta con le gambe incrociate sul letto, il guardaroba dell'amica sparso alla rinfusa attorno a lei. Aveva provato ogni combinazione, le rimanevano solo la divisa da parata e la tuta da neve. Le scarpe, a terra, erano finite anche sotto il letto per colpa di Isabella. La poverina, infatti, per andare a lavoro, si era dovuta preparare in mezzo a quel marasma ed aveva finito col calciare via i sandali e le decolleté su cui, accidentalmente, aveva inciampato.
Emma, impegnata a tenere i dentini e soprattutto la saliva di Mela lontana dai vestiti papabili per la serata, se la rideva sotto i baffi. Era certa che Valeria nascondesse un cuore di panna sotto quella scorza dura che mostrava sempre, ma non avrebbe mai immaginato di assistere ad uno spettacolo di simile ansia e trepidazione.
"È raro che io lo dica a qualcuno che non sia mio marito … ma ti devi calmare, Vale! Così non andiamo da nessuna parte!" "Ecco … lo sapevo che non dovevo darti ragione … non ho niente da mettermi!" "Non dire stupidaggini, potresti aprire un outlet con tutti questi vestiti, le scarpe e le borse …" "Ma non c'è niente che vada bene per stasera!" "Stai uscendo con Vincenzo, santo cielo, non con un principe d'Inghilterra!" "E questo cosa significa?" "Significa che ti conosce già, sa chi sei e ti ha vista girare in casa con il pigiama appena sveglia … e conoscendoti probabilmente anche con l'accappatoio dopo la doccia, non hai bisogno di dimostrare alcunché"
"Ehm veramente" disse Valeria girata verso il cassettone, fingendo di cercare qualcosa tra la biancheria di Isabella "mi ha vista anche nuda …" "Che cosa?" Emma quasi si strozzò mentre beveva un sorso d'acqua. "È successo un sacco di tempo fa …" iniziò  a blaterare, sulla difensiva, confusa e agitata, quasi avesse bisogno di scusarsi per qualcosa "… lui era incasinato per Eva, mia sorella era morta da poco e…in qualche modo…ci siamo trovati e consolati. Ma è successo una sola volta, giuro"
"Ehi, tranquilla" la rassicurò Emma, alzandosi dal letto e correndo di fronte a lei. La differenza di altezza tra le due era visibile ad occhio nudo, Emma con le sue gambe lunghe la superava di almeno un paio di spanne, eppure Valeria in quel momento sembrava ancora più piccola "non ti devi giustificare con me. Anzi…non hai di fronte una santarellina e lo sai… a maggior ragione non devi farti problemi. Se ti ha invitata ad uscire, non è certo per il tuo look. Scegli qualcosa in cui ti senti stessa, solo un po' più elegante e il gioco è fatto. Me lo hai insegnato tu, no?!"
Valeria asciugò una lacrima che le aveva rigato il volto senza che neanche se ne fosse accorta. Non era triste, doveva essere una bella serata, il coronamento di mesi e mesi di pazienza e di dubbi su mesi di vita insieme senza mai dirsi veramente le cose come stavano. Si stava andando al dunque ma era terrorizzata.
"Cosa sono queste lacrime, Vale?! Devi essere contenta … pensa a me che il primo appuntamento con mio marito è stato praticamente il giorno del nostro matrimonio" Emma tentò di scuoterla un po', facendole l'occhiolino. Valeria scoppiò a ridere, tirando su col naso, gli occhi ancora arrossati e umidi. Le voleva bene Valeria, e ringraziava il cielo ogni giorno per averle inviato un'amica come Emma, che ne aveva passate tante, troppe, eppure non aveva mai perso il sorriso e sapeva sempre come far sorridere gli altri.
 
"Avvolgi la parte larga intorno alla parte stretta in modo che torni sulla sinistra. Appresso riporta la parte più larga sulla parte più stretta in modo da averla sulla destra. Fai passare la parte più larga verso l'alto sotto la cravatta e ppo' dentro a quella specie di anello ci fai scivolare dentro la parte più larga…" Vincenzo ripeteva davanti allo specchio in bagno le stesse parole che suo padre gli aveva detto quando gli aveva insegnato a farsi da solo il nodo della cravatta. Poliziotto come lui - tradizione di famiglia per i Nappi - non concepiva e non tollerava gli uomini che non indossavano la cravatta con il vestito buono nelle occasioni importanti. E, sotto il peso e il giudizio di suo padre, che sentiva ogni giorno con lui, ancora, dopo 15 anni dalla sua scomparsa, non aveva mai avuto il coraggio di interrompere quell'abitudine. Avrebbe voluto essere un po' più come Francesco, il suo amico: meno ingessato, meno formale, più capace di prendere le cose come vengono anziché seguire le regole e fare quello che gli altri si aspettano … quella cravatta, ad esempio, nonostante le istruzioni di suo padre, avrebbe voluto gettarla via e presentarsi in jeans e camicia, così come era salito in camera dal lavoro quel pomeriggio, prendere Valeria ed andare a mangiare una pizza insieme con la piccola Mela. Ma voleva darle di più, se lo meritava. Valeria aveva messo in pausa la sua vita per dare la priorità ad Isabella, rimasta senza mamma, a Mela, nella stessa situazione … e anche a lui.  E poi, pensò, a  quale donna non piacerebbe essere principesse per una sera?!  Forse Vincenzo non era un guru delle relazioni sentimentali di successo e durature, ma aveva portato a cena fuori così tante donne che ormai avrebbe potuto redigere un prontuario sul primo appuntamento. Non era quello il momento per fare confronti, ma nella sua esperienza bastava davvero poco per colpire nel segno. "E poi è di Valeria che stiamo parlando … iamme su, Vince'" si incoraggiò l'uomo, mentre sistemava gli ultimi dettagli: cravatta finalmente annodata, profumo, orologio classico al polso. Mentre sistemava i capelli bussarono alla porta della sua stanza.
Emma, pancione, bimba in braccio e borsone del cambio a tracolla, era il ritratto della maternità. Era, a tutti gli effetti, una sorella ad honorem, e non poteva che essere grato per tutto quello che la vita le stava restituendo, dopo aver preteso da lei così tanto e in così breve tempo. Vederla così raggiante gli faceva comprendere i sorrisi del forestale che a volte restava incantato davanti al telefono, seduto alla sua scrivania; come dargli torto.
"Valeria è quasi pronta" gli disse, porgendogli la piccola Mela per un saluto "noi andiamo"
Mentre Vincenzo si spupazzava la sua piccolina, vide Francesco entrare nel salone della foresteria per prendere il passeggino e sfilare la borsa di dosso ad Emma. "Mi raccomando Emma … mi fido solo di te" disse l'uomo, affidandole la bambina. Non era la prima volta che lasciava Mela, ma l'ultima volta, con Valeria, la bimba era finita in ospedale con un braccio rotto dopo una caduta dal fasciatoio, quindi non voleva rischiare. E poi, conosceva Francesco ed Emma e quanto facilmente Mela diventasse malleabile con loro. Sì, Mela andava in brodo di giuggiole ogni volta che gli zii erano nei paraggi. E Vincenzo rosicava.
"Guarda che ti ho sentito!!!" urlò Francesco, già sul pianerottolo "ricordiamocelo chi ti ha insegnato a cambiare il pannolino a Mela, ogni tanto..."
"Niente schifezze per cena e a letto presto" "Vincenzo … ha 15 mesi, non 15 anni, stai tranquillo. Ciao papone!!!" Emma, che cercò maldestramente di non ridergli in faccia, prese il braccino di Mela e, imitando una vocina infantile, si congedò dal commissario. L'uomo, mandando un bacio alla sua bambina, rimase solo sull'uscio della sua stanza. Si schiarì la gola, forse sperando che Valeria lo recepisse forte e chiaro, dalla sua stanza, come segnale per avvisarla che erano finalmente rimasti soli.
Si avviò verso la zona giorno, dandosi da fare, sovrappensiero, a radunare i giochi di Mela che erano rimasti in giro o a mettere a posto cuscini e altre suppellettili che erano già perfettamente in ordine. In ultimo, passò persino in rivista i ripiani e le mensole con l'indice, in cerca di polvere.
Di Valeria, però, ancora nessuna traccia. Le donne sono così, amano farsi aspettare. L'attesa aumenta il desiderio, aveva letto da qualche parte. Ma lui, in realtà, non è che ci credesse poi così tanto … aveva desiderato Eva, così tanto che era andato contro ogni razionalità e buon senso da lui costantemente professati: puf! Classico fuoco di paglia. Anche Valeria glielo aveva detto una volta: come coppia non erano assolutamente credibili. Ora, dismessi gli occhiali tinti di rosa che gli facevano vedere tutto più bello e facile, lo vedeva anche lui.
Con Valeria, invece, tutto era diverso: lei per lui era stata un colpo di testa inizialmente, la sbandata di una notte difficile e dolorosa, la voglia di affogare i propri malumori e i cattivi pensieri in qualcosa di forte e bello … una corsa in moto avrebbe avuto lo stesso effetto, ma lui non sapeva guidarla ed erano soli insieme … eppure non era finita lì.
Da lì tutto, invece, era cominciato: non era desiderio. Era familiarità, tenerezza; erano "chiacchiere", fatte non per conoscersi o per ascoltarsi, bensì per trovarsi, per assicurarsi, attraverso gli occhi, che stavano bene, per restare insieme quando la vita aveva detto loro che non era ancora il momento giusto. Una certezza che, a suo modo, li faceva stare tranquilli. Erano divisi, ma erano esclusivi e fino ad allora era andato bene così. Alcune volte Vincenzo si era domandato che bisogno ci fosse di andare oltre, se loro stavano così bene anche senza proclami o certificati, come se servisse per forza dare una definizione a quello che sentiva dentro e sapeva essere anche nel cuore della giovane. Ma il trasferimento aveva rimesso tutto in discussione: non ci sarebbero state più le "chiacchiere", non ci sarebbero state più cene, colazioni, pranzi, momenti in cui dividere la propria vita con l'altro. Non ci sarebbero state più scuse o messe in scena per passare del tempo insieme. E lui non poteva privarsene.
"Pronta!" annunciò una voce alle sue spalle, il rumore della porta scorrevole della stanza di Valeria che si apriva e il ticchettio dei tacchi sul parquet ad annunciarla. Davanti a lui, Valeria era esattamente come se l'era immaginata, forte e sbarazzina, dolce e provocante allo stesso tempo. Senza la sua divisa verde d'ordinanza, senza gli abiti comodi da casa o i pratici jeans e giacchino di pelle non era abituato a vederla. Lo affascinava ed intimoriva allo stesso tempo. Era stato con donne più fatali di Valeria, eppure sentiva il peso di quella serata forte sulle sue spalle: la salivazione azzerata, le mani sudate, riusciva a malapena ad articolare una frase di senso compiuto. Non era nemmeno certo che stesse parlando in italiano o piuttosto in dialetto. Valeria sembrò seguirlo nel suo invito ad andare, quindi forse riusciva a capirlo. Si rincuorò.
Valeria, dal canto suo, si era imposta di non crearsi aspettative sulla serata, eppure si era fatta così tanti film che era inevitabile rimanerci male ogni qual volta ogni punto non veniva rispettato. Niente fiori, niente complimenti. Non doveva aspettarsi nulla, perché avrebbe dovuto, doveva essere una serata tranquilla, eppure più le sue speranze erano disattese più le sue aspettative crescevano.
Il locale era assolutamente perfetto: tavoli da due, luce soffusa, lume di candela, camerieri in alta uniforme che trattano i clienti come fossero tutti, indistintamente, recensori della Guida Michelin. Eppure…
Eppure per tutta la sera entrambi ebbero la sensazione che qualcosa non andasse. Dov'era finita la loro naturalezza, dov'era finito il loro piacevole stare insieme per ore come se fossero passati solo pochi minuti?!
Quando erano saliti in auto le poche frasi che si erano scambiati non avevano spaventato nessuno dei due: erano agitati, lo sapevano, ma speravano e credevano che sarebbe bastato un brindisi per rompere il ghiaccio dell'imbarazzo che li raggelava; a nulla era servita una bottiglia intera di Gewürztraminer del 2008 che costava quanto una spesa settimanale per la foresteria, la serata stentava a decollare. La loro conversazione, sempre accesa e divertente, sembrava ferma a banali commenti sulla sala, sul cibo, sul servizio, come due estranei che cercavano argomenti base da cui partire, non troppo imbarazzanti da rivelare cose compromettenti al primo appuntamento, ma abbastanza da fornire indizi sui gusti reciproci. Tuttavia, oltre che estranei, sembravano due novellini che non avevano mai saputo gestire una situazione simile. Valeria, che per anni aveva rimorchiato ragazzi con cui fare serata ora non era in grado di andare oltre a "questo filetto è divino". Vincenzo, che aveva gestito la pressione di uscite assieme alla donna più bella che avesse mai conosciuto, la madre di sua figlia, come fosse della ragazza della porta accanto, ora non riusciva a sentirsi libero di conversare amabilmente e semplicemente con la ragazza con cui passava serate intere a parlare di tutto e di niente con un bicchiere di birra e una busta di patatine.
"I signori gradiscono un dessert?" domandò il cameriere, una volta ritirati i piatti del secondo.
Vincenzo guardò Valeria, sperando che fosse lei a porre fine a quel supplizio. Per la prima volta in tutta la serata, i due sembrarono essere d'accordo. "No" rispose lei, sommessamente, neanche tentando di nascondere la sua delusione "ci porti il conto, abbiamo finito"
 
Il sonno dolce e profondo dei primi mesi di gravidanza era qualcosa che aveva iniziato ad essere solo un ricordo per Emma; il peso della pancia, infatti, la pressione del piccolo corpicino dentro di lei sugli organi, iniziava già a rovinare, di tanto in tanto, a seconda della posizione che lei o il bambino assumevano, il suo sonno. Per il momento, un cuscino sembrava bastare ad alleviare il fastidio, ma il caldo e l'umidità che si alzava dal lago facevano il resto.
Con il sonno leggero e recettivo non fu difficile per Emma essere svegliata di colpo dal tonfo di un pugno agitato che bussava alla porta di legno della palafitta: la vecchia casa sul lago, antica rimessa delle barche dei primi anni del secolo scorso, non era certo un concentrato di nano-tecnologie. A loro piaceva così, era bello a sera ritirarsi dal mondo e vivere lontani da tutto e tutti. Meno bello, era venire svegliati da pesanti colpi di ospiti inattesi alle prime luci del mattino. A tentoni, Emma prese il cellulare sul comodino, rimasto acceso dalla sera prima: erano le 6.03
"Francesco! … amore!" bisbigliò Emma, facendo attenzione a non svegliare la piccola Mela, profondamente addormentata nel lettino da campeggio che avevano preparato per l'occasione. Era una soluzione di ripiego, ma la piccola si adattava facilmente e, addormentata tra le braccia dello zio, neanche se ne era accorta quando le avevano rimboccato il lenzuolino. "Amore!" Francesco rispose con un verso, probabilmente non era ancora nemmeno in grado di dire dove si trovasse. I colpi diventavano sempre più insistenti e il cellulare di Francesco cominciò a vibrare nella tasca della sua giacca, appesa all'attaccapanni. "Che c'è?!" domandò l'uomo, finalmente destato dal torpore e voltandosi verso Emma. "Bussano alla porta, senti…e ora anche il tuo cellulare vibra"
Il forestale, fatta mente locale della situazione, balzò in fretta dal letto, correndo allarmato al telefono. Bofonchiato qualcosa di indistinto e messa una maglietta addosso, si diresse verso l'ingresso della cucina come una scheggia, per interrompere quel fracasso che li aveva fatti svegliare di soprassalto.
"Hai finito?" esclamò Francesco, deciso, lasciando Vincenzo con un pugno in aria, pronto per ricominciare a bussare. "Neanche buongiorno mi dici?" "Buongiorno un corno, hai visto l'ora?!"
Francesco si spostò lungo la passerella, per allontanare il più possibile il vociare dalla casa.
"Sarei venuto a prendere mia figlia…." "Appunto…ti pare che tua figlia sia sveglia alle 6?" "France' per piacere non è giornata" gli disse il commissario, facendosi largo per poter andare verso la casa.
"Dove pensi di andare? Emma e Mela dormono … ti dai una calmata e mi racconti che è successo, per cortesia?"
La sera precedente doveva essere successo qualcosa, non c'era altra spiegazione.
"Ho bisogno di stare lontano dalla foresteria" disse il commissario "ho bisogno che Carmela mi tenga occupato." "Valeria?" Vincenzo annuì. "Che è successo?" "Niente, France', non è successo proprio niente" "E allora?"
Vincenzo guardò l'amico, afflitto, appoggiandosi al parapetto della passerella; spostò lo sguardo verso la chiesetta in lontananza e provando a scorgere, tra le conifere, il commissariato e la foresteria. Adorava il panorama che la palafitta offriva, permettendo di vedere la realtà da un'altra prospettiva. Lontana, distaccata. Era proprio quello di cui aveva bisogno in quel momento.
"È questo il punto … è stato un disastro … io .." "Aspetta" lo fermò il forestale "metto le scarpe e andiamo a fare una passeggiata, l'aria del bosco aiuterà a schiarire le idee"
"Che succede" domandò Emma, ancora allungata, vedendo il marito rientrare ed infilarsi un paio di scarpette da ginnastica e la felpa smanicata che usava per fare jogging.
"Niente, amore, è Vincenzo....è per una cosa di lavoro" spiegò, sottovoce, sedendosi sul letto, di fianco a sua moglie che si era portata sul lato dove dormiva Francesco. "Chissà perché non ti credo…" disse, tirandosi a sedere. "Perché dire deve essere successo qualcosa con Valeria, ma non so cosa ti metterebbe in allarme ed è ancora troppo presto per darti la prima preoccupazione della giornata" sorrise, accarezzandole il viso con il dorso della mano. "Ecco … così va meglio …" commentò, sorniona e ancora un po' assonata, abbracciandolo "vai, però poi mi dici tutto …" "Non ci pensare … è un mio amico!" "Anche mio" ribatté lei, provando a dare un tono energico nonostante bisbigliasse ancora per non svegliare la piccola "io vi preparo la colazione, tanto ormai il sonno è bello che andato grazie al tuo amico. E poi vediamo se non parlate …"
Francesco le baciò quell'angolino nascosto dietro l'orecchio, poco più su della nuca e poco sopra l'attaccatura dei capelli, dove ormai i capelli erano ricresciuti folti e l'unica traccia dell'intervento era ormai quasi invisibile. Raggiunse l'amico che già lo aspettava sotto il piccolo portico all'ingresso, invitandolo, con una pacca sulla spalla, a seguirlo sulla strada che conduce al sentiero attraverso il bosco.
   
 
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