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Autore: Jane P Noire    12/09/2020    2 recensioni
Rowan Monroe ha sempre fatto di tutto per passare inosservata. Non vuole fare nulla che possa attirare l'attenzione sulle persone che l'hanno cresciuta, i Vigilanti, angeli caduti dal Paradiso e costretti a restare sulla Terra per proteggere la razza umana, e soprattutto su se stessa. La sua vera identità deve restare un segreto perché il sangue che le scorre nelle vene la rende una creatura pericolosa e imprevedibile.
Liam Sterling è l'ultimo ragazzo per cui dovrebbe provare attrazione per una serie infinita di ragioni: perché è un umano, perché a scuola è popolare, perché l'ha sempre ignorata, e soprattutto perché suo fratello è appena stato ucciso in maniera misteriosa e orribile da un demone. Ma quando lui la implorare di aiutarla a scoprire la verità e dare giustizia al fratello, Rowan accetta anche se è consapevole che questa scelta potrebbe essere la fine di tutto ciò per cui ha lavorato negli ultimi diciotto anni della sua vita.
Genere: Horror, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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.9.
 
 

La mattina del funerale di Daniel Sterling mi preparai con calma, mentre il sole si faceva strada fra le nuvole e scaldava lievemente l’aria autunnale.
Mi asciugai i capelli e poi li legai in una lunga treccia che mi ricadeva su una spalla. Indossai un paio di pantaloni scuri e attillati e un dolcevita nero dal tessuto morbido. Dall’armadio tirai fuori anche una giacca di pelle che poi infilai nella borsa nell’eventualità che le temperature calassero. Spinta da non sapevo bene quale impulso – forse il desiderio di farmi vedere da Liam – decisi anche di mettere un po’ di mascara sulle mie ciglia e un filo di lucidalabbra sulla bocca.
Poi, dopo una lunga occhiata nello specchio, mi feci coraggio e scesi al piano inferiore per incontrare Seth, che la sera prima si era offerto di accompagnarmi fino al cimitero.
Però, ad attendermi con la schiena al muro di fianco alla porta di ingresso, c’era qualcun altro. E io mi bloccai sull’ultimo scalino con il cuore in gola e le dita che si serravano attorno al corrimano.
Elias mi venne incontro prima che potessi aggirarlo e uscire dalla porta. «Rowan, dobbiamo parlare.»
Chiusi gli occhi, mentre il dolore mi scavava una voragine nel petto. Scesi l’ultimo scalino e mi sistemai il collo alto del dolcevita sulla gola. I lividi erano spariti nel giro di mezza giornata, ma in pubblico dovevo fingere che fossero ancora lì perché un’umana non guariva così velocemente.
«Adesso non posso», dissi. «Sto andando al funerale di Daniel Sterling.»
«Va bene.» Elias fece un passo verso di me e mi strinse le dita attorno al braccio. I suoi occhi dorati intercettarono subito i miei, provocandomi una fitta di dolore al petto. Si costrinse a piegare gli angoli della bocca in un sorriso, ma io lo conoscevo da tutta la vita: riuscivo a notare perfettamente la linea dura della sua mascella tesa e i muscoli del viso in tensione. «Quando torni mi puoi concedere cinque minuti? Per favore.»
«Perché dovrei, Elias?» Sollevai il mento con fare orgoglioso, anche se il cuore mi stava sanguinando nel petto così tanto che persino respirare era diventato doloroso. «Per sentirmi ancora una volta dire che devo restarmene chiusa in casa fino a che gli Arcangeli non verranno a farmi fuori? Mi sa che passo.»
«No.» I suoi occhi erano dolci proprio come lo erano stati quella volta di tanti anni fa all’interno di quella chiesa. E faceva davvero troppo male. «Quello che ti ho detto l’altra sera… Scricciolo, io…»
«Non chiamarmi così, maledizione!» sbottai.
«Okay.» Le sue dita erano ancora strette attorno al mio avambraccio. Un tempo erano rassicuranti e calde e, nonostante la ruvidità dei calli e le cicatrici che si era procurato nelle battaglie contro i demoni, le sue carezze non mi avevano mai disturbato. Ora quella pressione era dolorosa tanto quella che sentivo nel centro del petto. «Rowan, quello che intendevo l’altra sera era solo… Io mi preoccupo per te. Lo sai.»
«È questo il fottuto punto.» Con uno strattone, mi liberai dalla sua presa e afferrai la maniglia della porta. Serrai la mandibola e implorai alle mie lacrime di tornare indietro prima che lui le notasse. «Non lo so.»

§
 
Seth rimase al mio fianco per tutto il tempo, in fondo alla fila di persone vestite di nero e con gli occhi gonfi che erano venute a porgere l’ultimo saluto al corpo di Daniel Sterling.
La maggior parte dei presenti non sembrava essere molto contenta della nostra presenza e continuava a lanciare occhiate per niente gentili nella nostra direzione. Ma ci eravamo abituati, e non ci facemmo troppo caso.
Liam sedeva nella prima fila di sedie, con la testa china e le dita di una mano intrecciate con quella della donna che gli sedeva di fianco e che presumevo essere sua madre. Gli assomigliava molto, con i lunghi capelli color miele e gli stessi lineamenti armoniosi del viso. Quando lui si era accorto della mia presenza, mi aveva rivolto un sorriso che mi aveva fatto schizzare il cuore fuori dal petto. Però non si era avvicinato ed era rimasto vicino alla madre.
Era così bello da farmi male.
Negare l’attrazione che provavo per lui era diventato qualcosa di impossibile. Non avevo alcuna esperienza in fatto di ragazzi – e a essere sinceri, in qualsiasi altro ambito sociale che non fosse prendere a calci o pugni, o disperdere rispostacce. Ma conoscevo la parola giusta per descrivere quelle sensazioni. Certo, il mio orgoglio mi imponeva di negare l’evidenza – specialmente con Hawke, che ammiccava in modo davvero fastidioso ogni volta che Liam si avvicinava a me, e con Adeline, che era la mia migliore amica e si era accorta subito del modo in cui i miei occhi seguivano ogni movimento di Liam. Ma almeno con me stessa dovevo essere sincera: c’era una sola spiegazione a quello sfarfallio nello stomaco ogni volta che mi sorrideva, a quel formicolio alle dita ogni volta che mi era vicino, quella vibrazione nella parte bassa del mio ventre quando mi toccava.
So che non avrei dovuto fare quel tipo di pensieri, perché l’angoscia e la sofferenza che Liam provava in quel momento erano evidenti nei lineamenti del suo volto. Ma non potevo farne a meno. Specialmente ora che indossava quel completo elegante e nero che gli ricadeva in maniera favolosa sulle spalle ampie e sulle gambe muscolose.
L’umidità gli aveva arricciato i le punte dei capelli sulla nuca e intorno alle orecchie, e io sentivo lo stupido e irrefrenabile desiderio di passare le mani fra i suoi riccioli castani. Volevo stringerlo a me e consolarlo con le mie mani e le mie labbra, fino a cancellare del tutto il dolore dal suo cuore.
Ma non potevo.
Non dovevo.
Anche se mi spezzava il cuore e anche se era parecchio dura da accettare, Elias e il resto della legione avevano ragione sul mio conto: io ero un’arma molto pericolosa, e dovevo tenere le mie emozioni sotto controllo.
Alla fine della cerimonia, le persone cominciarono a raccogliersi intorno a Liam e ai suoi genitori per fare le condoglianze e porgere quelle parole di conforto che io sapevo essere inutile. Loro risposero con sorrisi cordiali e strinsero molte mani, tenendo le teste vicine e le espressioni vacue.
Io rimasi ancora in disparte, con la sola presenza di Seth ad impedirmi di scoppiare a piangere. O peggio, correre verso Liam e abbracciarlo.
La mano di Seth si posò sulla mia spalla, richiamando la mia attenzione. Mi rivolse un sorriso. «Vuoi andare?»
Mi morsi il labbro e annuii.
Liam sollevò di scatto la testa e i nostri sguardi si incrociarono. Anche se eravamo parecchio distanti, l’intensità dei suoi occhi color caramello riuscì ad entrarmi dentro e farmi rabbrividire. Lo vidi piegarsi in avanti per sussurrare qualcosa nell’orecchio dell’uomo al suo fianco che immaginai essere il padre, poi camminò verso di noi.
Si fermò a qualche centimetro di distanza, ma sembrava essere molto più lontano. Infilò le mani nelle tasche dei pantaloni e, dopo aver scoccato una rapida occhiata che non seppi interpretare verso Seth, mi rivolse un cenno del mento. «Ehi.»
Mi asciugai le mani umide di sudore freddo sui jeans e mi schiarii la gola. «Ehi.»
«Grazie per essere venuta.»
«Certo.» Mi scostai una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «È stata proprio una bella cerimonia», dissi, mentalmente dandomi della deficiente un secondo dopo. Ma che cavolo dicevo?
Infatti le sue sopracciglia si aggrottarono verso il centro della fronte. Aprì la bocca, poi la richiuse. «Mia madre sarà felice di saperlo», rispose.
Non replicai. Non volevo dire altre idiozie.
«Stiamo andando a casa per una specie di ricevimento.»
«Oh.» Mi morsi il labbro. «Allora non ti trattengo oltre.»
«Veramente», Liam fece un mezzo passo in avanti, «volevo chiederti se ti andava di venire.»
«Ehm…» Spostai gli occhi verso Seth, che era rimasto in disparte per lasciarsi parlare, ma non troppo lontano per non essere in grado di sentire la nostra conversazione. Gli lanciai un’occhiata disperata. «Io non…»
«Se sei già impegnata con… lui, non c’è problema», aggiunse Liam. La voce gli era diventata molto roca un momento prima di pronunciare quel pronome, ma l’antipatia nei confronti dei Vigilanti era un sentimento così comune tra gli umani che non ci feci troppo caso.
«No, nessun impegno.» Seth fece un cenno. «Puoi andare.»
«Ma…»
Lui fece un solo passo per colmare la poca distanza tra di noi, per poi abbassare la testa e parlare in modo che solo io potessi sentirlo: «Il tuo amico ha bisogno di te, Roe.»
Spostai gli occhi su Liam, che ci osservava con le sopracciglia inarcate e la mascella tesa. «Non è proprio mio amico.»
Seth mi rivolse un sorriso storto, mentre mi spostava la treccia dietro le spalle. «Lui non sembra pensarla allo stesso modo.»
«Io… A dir la verità, noi…» Sospirai, incapace di trovare qualcosa di convincente con cui controbattere. Eravamo amici? Non ero così sicura, ma sapevo che una parte di me avrebbe potuto concedersi il lusso di sperare di esserlo. E magari anche di essere di più che amici. Tornai a guardare Liam perché proprio non riuscivo a farne a meno. Mi morsi il labbro. «Va bene, andrò con lui.»
«Mandami un messaggio quando vuoi che ti venga a prendere.» Poi senza darmi il tempo di replicare e dirgli che non c’era problema e che potevo tornare alla villa per conto mio, Seth allungò una mano verso Liam e, stringendogliela, disse: «Sono davvero dispiaciuto per la tua perdita. Se ti fa sentire meglio, sappi che sia la polizia sia noi Vigilanti stiamo facendo del nostro meglio per trovare al più presto il responsabile. Questo crimine non rimarrà impunito.»
Liam strinse ancora di più i muscoli del viso. Rispose alla stretta di mano, ma non disse una parola.
Se non fosse stato per il lampo di dolore che gli aveva attraversato gli occhi, sarei intervenuta a prendere le difese di Seth. Ma lo avevo visto. Avevo visto la sofferenza e la rabbia che lo corrodevano dentro, e avevo capito che non era una questione personale.
Con un ultimo cenno del capo, Seth mi accarezzò la schiena e poi si incamminò lungo il viale.
Mi abbracciai il busto e sbirciai Liam attraverso le ciglia. «Sei sicuro di volermi a casa tua? Le persone non sembrano essere molto contente della mia presenza. Sai come mi chiamano, vero?»
La “puttana dei Vigilanti” era il mio affascinante soprannome nei corridoi della scuola. E sinceramente non mi dispiaceva nemmeno troppo. In fondo ero più che consapevole che se avessero saputo cosa ero veramente la mia nomea sarebbe peggiorata moltissimo. Non che poi mi importasse davvero della mia reputazione.
Lui fece una smorfia. «Sì. Ma che vadano a farsi fottere, Rowan. Io sono sicuro.»
Mi porse una mano, ma non attese che io l’accettassi: fece subito scivolare le dita lungo il mio palmo, fino ad intrecciarle con le mie e stringerle in una stupenda morsa forte e decisa. Ero così sconvolta da quel gesto intimo e inatteso, così in balia delle emozioni e delle sensazioni che la sua pelle provocava alla mia, che non riuscii a dire nemmeno una parola. E quando mi tirò il braccio, io mi lasciai trasportare come se fossi una bambola di pezza.
Mi riscossi solamente quando si fermò di fronte alla sua Comet e mi aprì la portiera del passeggero. Sbattei le palpebre un paio di volte, guardando il sedile dai rivestimenti in pelle senza vederlo veramente.
Avevo la gola più secca del deserto quando mi costrinsi a sollevare gli occhi sul viso bellissimo ed estremamente sofferente di Liam. «Lee…»
Lui mi rivolse un sorriso così triste e malinconico che mi spezzò il cuore. «Non voglio stare con loro, Rowan. Tutta quella gente che non sa cosa veramente successo a Daniel, tutte quelle persone che non sanno cosa si prova e fingono di farlo. Io voglio solo stare con te
E di fronte ad una simile confessione, non potei fare altro che annuire e sedermi sul sedile del passeggero. Mi tremavano le mani quando allacciai la cintura e le serrai in due pugni sopra le ginocchia quando lui entrò nella macchina e mise in moto.
Il primo tratto di strada per uscire dal cimitero fu così silenzioso da farmi fischiare le orecchie.
«Daniel mi chiamava così…» disse ad un certo punto.
«Così come?»
«Lee.»
Mi morsi il labbro. «Oh, mi dispiace. Non volevo…»
«No.» Scosse la testa e mi rivolse un sorriso talmente bello da farmi venire il batticuore. «Mi piace che mi chiami così. Non credevo che avrei più sentito quel soprannome.»
«Ah.» Deglutii a vuoto.
Mentre imboccavamo una strada secondaria, Liam trasse un sospiro profondo. «Quel Vigilante che è venuto insieme a te oggi…»
«Seth?»
«Sì.» Notai che strinse con maggiore forza le mani attorno al volante. «È il tuo ragazzo?»
Così sorpresa da quella domanda, scoppiai a ridere senza potermi fermare in tempo. «Perché me lo chiedete tutti?»
«Perché sembra il tuo ragazzo. Oggi, per esempio, non ha smesso di toccarti nemmeno per un secondo.»
«Che?»
«Ti… vi stavo guardando. Se non aveva il braccio attorno alle tue spalle, giocava con i tuoi capelli o ti accarezzava la schiena.» Cambiò la marcia e la macchina svettò in avanti. «Se ho frainteso…»
«Hai frainteso», dissi, brusca. Distolsi lo sguardo dal suo profilo e lo rivolsi oltre il mio finestrino. Le strade di periferia erano circondate da alberi e boschi, le cui foglie erano ancora verdi ma punteggiate di rosso e arancione. «Seth è la cosa più vicina ad un fratello che abbia mai avuto e non l’ho mai visto in nessun altro modo.»
«Lui lo sai?»
Feci un’altra risatina. «Certo che lo sa. E comunque lui ha una compagna. Si chiama Ophelia ed è bellissima.»
«Anche tu lo sei.» Mi lanciò un’occhiata sbieca. «E sono sicuro che lui se ne sia accorto.»
Mi voltai con uno scatto. «Io…»
«Non dirmi che non sai di essere bella, perché non ci credo.»
«Non sono orribile da guardare, certo, ma…»
Lui scoppiò a ridere, senza mai distogliere gli occhi dalla strada. «Non sei orribile da guardare?» mi scimmiottò.
«Senti, non… Non funziona così.» Scossi la testa e mi riavviai una ciocca di capelli che era sfuggita dalla treccia dietro l’orecchio. «I Vigilanti amano una sola persona. Non so bene perché – forse ha a che vedere con il fatto che un tempo erano immortali. Ma loro non si innamorano mai prima di incontrare quella persona e non si innamorano mai una seconda volta, anche se il loro compagno muore.»
Liam rimase in silenzio per lunghi istanti. «Suona molto romantico.»
«Tu dici? A me sembra crudele.» Sbirciai nella sua direzione, poi tornai a guardare la strada. «La vita di un Vigilante è imprevedibile, visto che il loro unico compito è quello di cacciare e uccidere i demoni. Non sai quanti ne ho visti, di vedovi e vedove che passano il resto delle loro vite in solitudine e con il cuore spaccato a metà.»
«E questa Ophelia… anche lei è un Vigilante?»
«Sì.» Fissai i pungi che avevo stretto così tanto da ferirmi i palmi con le unghie, mentre un nodo mi stringeva la bocca dello stomaco. «Il sangue angelico non deve essere mischiato con quello degli umani, o qualsiasi altra razza. È severamente proibito.»
«Perché?»
«Perché…» Mi morsi il labbro e fissai gli occhi sugli alberi che costeggiavano la strada. «Perché
«Okay, cambiamo discorso.»
«Sì, grazie.»
«Hawke… Quel tizio che ci ha aiutato con il demone, quello con cui mangi a scuola e che ti ronza sempre intorno…» Con la coda dell’occhio notai che aveva appena voltato la testa verso il mio sedile, «è lui il tuo ragazzo?»
Mi strozzai con la saliva. «Che?»
«Mi sembrate parecchio intimi…»
«Non siamo poi così intimi.» Alzai gli occhi al cielo. «Ma perché vuoi a tutti i costi che io abbia un ragazzo?»
Lui serrò la mandibola e strinse i pugni sul volante. Invece di rispondere, accostò la macchina sul ciglio della strada e spense il motore.
Voltò la testa verso di me. «In realtà, Rowan, io non voglio che tu abbia un ragazzo.»
Mi mancò il respiro. «Cosa?»
Cogliendomi del tutto impreparata, Liam si spinse oltre il cambio delle marce, adagiando il palmo della mano sul mio sedile e avvicinando pericolosamente il viso al mio. Era così vicino che riuscivo a vedere ogni sfumatura castano chiaro dei suoi occhi, così vicino che il suo profumo di menta mi stordiva i sensi, così vicino che il suo alito caldo che infrangeva sulla mia bocca mi mandava in estasi.
Mi concessi solamente uno stupendo secondo per crogiolarmi nella sensazione di puro piacere che mi aveva provocato quella vicinanza. Poi arretrai fino a schiacciare la schiena contro lo sportello.
«Perché fai sempre così?» mi domandò con sguardo ferito.
«Così come?»
«Ti tiri indietro ogni volta che mi avvicino, come se avessi paura che possa veramente toccarti.»
Sgranai gli occhi. «E tu vorresti toccarmi?»
«Sì.»
Una sola sillaba e il mio corpo prese fuoco.
«Lo voglio in modo assurdo», proseguì lui, e ogni parola che pronunciava mi elettrizzava la pelle e mi toglieva il respiro. «Lo voglio così tanto da restarci sveglio la notte. Non riesco a smettere di pensare ad altro da quando mi ha sbattuto il culo a terra nel parcheggio.»
Trattenni il respiro. I miei occhi scesero sulle sue labbra e mi domandai stupidamente che sapore avessero.
«All’inizio credevo che fosse solo perché mi stavi aiutando», disse.
«E non è così?» mormorai con un filo di voce.
«Non è così nemmeno un po’.» Scosse la testa, alcune ciocche castane gli ricaddero sulla fronte. Volevo spostargliele con una carezza, ma non osai muovere un muscolo. Non mi fidavo di me stessa quando ero con Liam: se lo avessi toccato, avrei fatto qualcosa di folle. Come baciarlo. «Mi sento così solamente per te, per quella che sei e le cose che dici e le cose fai.»
«Non mi conosci nemmeno», replicai con voce roca. Era ancora troppo vicino. «Insomma, avremmo parlato sì e no quattro o cinque volte.»
«È vero. Eppure sento di conoscerti meglio di quanto conosco chiunque altro dei miei amici a scuola.» Si fece ancora più vicino. «E sento che solo quando sono insieme a te, io sono me stesso.»
Un dolore atroce mi squarciò il petto. Lui non sapeva cosa ero realmente. Lui credeva che fossi come lui: un’umana finita per sbaglio in un pasticcio creato dai demoni che disubbidivano alle regole del Grande Capo. E nel momento in cui avrebbe scoperto la verità, avrebbe reagito come tutti gli altri: avrebbe provato paura, o disgusto.
«Tu non sai niente di me, Liam.»
«Allora dimmelo», mi supplicò con voce tremante di passione. L’intensità che mi trasmettevano il suo tono e le sue parole mi fece rabbrividire. «Permettimi di conoscerti meglio, permettimi di avvicinarmi.»
Inspirai profondamente. Per sfuggire al suo viso che si faceva sempre più vicino, portai la mano alla maniglia e spalancai lo sportello sul quale mi ero spalmata. Mi gettai fuori dell’auto e respirai quanta più aria potevo.
Mi sentivo così accaldata che mi stupii di non avere il corpo in fiamme. Il vento freddo mi riscosse i pensieri, ma sentivo il calore della pelle di Liam ancora sulla pelle.
Il suono della portiera che sbatteva, mi fece capire che Liam mi aveva seguito fuori e ora stava aggirando il cofano della Comet per venirmi incontro. Non mi diede il tempo di indietreggiare e mi avvolse le mani attorno ai fianchi. Il tessuto del dolcevita che indossavo era troppo sottile e io sentivo perfettamente il calore della sua pelle contro la mia.
«Forse avevi ragione tu e sono solo presuntuoso», disse. «Ma io sento che sei attratta da me tanto quanto io lo sono da te. Sento che reagisci quando mi avvicino, o quando ti tocco. Però non ti lasci andare.»
Avrei voluto tanto fare quello che mi riusciva meglio e dar voce a qualche commento pungente, o fare qualche battuta sarcastica. Ma dalla mia gola non usciva niente, se non sospiri tremanti e affannati.
«Hai…» Si interruppe, serrando la presa sulla mia vita e incollando le nostre anche. Mi mancò il respiro quando avvertii ogni centimetro dei nostri corpi fondersi. «Ti comporti così perché non sei come me?»
Mi irrigidii. «Cosa ti fa pensare che io non sia una comunissima e banale umana?»
«Rowan, in te non c’è proprio niente di comune o banale.» Sbuffò, alzando gli occhi al cielo. «E comunque, come puoi essere umana se parli di noi come se appartenessi ad un’altra razza? Se sei più forte e più veloce anche dell’essere umano più allenato? E se i tuoi lividi sono spariti nel giro di poche ore?»
«Okay, te lo concedo, Sterling: sei intelligente.»
«Nah.» Piegò le labbra in quel suo sorriso storto che faceva impazzire i mostri volanti nel mio stomaco, mentre i suoi pollici si agganciavano ai passanti dei miei pantaloni. «È solo che ti osservo. Tutto il fottuto tempo.»
Abbassai lo sguardo sulla sua camicia e mi mordicchiai il labbro. «Liam, questo non ha niente a che fare con me. Lo capisci?»
«Che intendi dire?»
«Sei triste e arrabbiato per quello che è successo a Daniel, e io ti sto aiutando. Forse non ne capirò niente di psicologia, ma so che non sono veramente io a piacerti…»
«Questa è una stronzata bella e buona!» mi interruppe con tono brusco. Abbassò il mento per avvicinare i nostri visi. «Non puoi pretendere di capire cosa sento, quando nemmeno io ci sto capendo qualcosa.»
«Liam…»
«No, smettila.» Inspirò e il respiro gli si bloccò a metà strada. «Se non provi le stesse cose, va bene. Farò un passo indietro, e non ne parleremo più. Ma non pensare di poter sapere cosa provo.»
«E che cosa provi, Liam?»
«Sto davvero soffrendo per quello che è successo a Daniel. Fa un male cane e ogni mattina mi sveglio con un vuoto nel centro del petto che mi toglie il respiro.» Strinse i pungi attorno alla stoffa del mio dolcevita, attirandomi sempre di più verso di lui. «Ma sono attratto da te perché sei dannatamente bella e coraggiosa, perché hai un fuoco dentro che illumina ogni cosa, perché sei una tale forza della natura che io posso solo sperare di essere degno delle tue attenzioni. E questo – noi – non ha niente a che fare con mio fratello.»
Abbassai lo sguardo. Il labbro inferiore stretto nella morsa dei miei denti.
Non potevo abbandonarmi a quelle parole. Non dovevo. Però, accidenti, lo volevo da impazzire.
«Senti, io non ho tutta questa esperienza in fatto di relazioni…»
«Sì, certo.» Alzai gli occhi al cielo.
Liam era uno dei ragazzi più popolari a scuola. E sapevo anche perché: era bello, veniva da una famiglia più che benestante e giocava a football. Per un ragazzo di diciotto anni, quello era tutto ciò che serviva per essere una superstar agli occhi delle ragazze della nostra età. E infatti in passato era uscito con le ragazze più carine e popolari. Mi era capitato più di una volta di sentir parlare di lui nei bagni femminili, o sussurri nei corridoi.
«Dico davvero.» Sospirò. «Sono stato con altre – so che lo sai e non ho intenzione di mentire. Ma non è mai stato così.»
«Così come, Liam? Una caccia ai demoni?»
«Quello che sto cercando di dirti è che…» Quando rilasciò un sospiro, il suo alito si infranse contro la pelle del mio viso. «Mi sento legato a te in un modo che non riesco a spiegarmi. E sento che anche tu provi lo stesso. Ma se mi sto sbagliando, se sto vedendo solo ciò che desidero vedere, dimmelo adesso. Ti chiederò scusa e non proverò mai più a toccarti.»
«Te l’ho già detto, Lee. Tu non mi conosci. Non sai nemmeno chi… cosa sono.»
Abbassò la testa verso di me e sfiorò la punta del mio naso con la sua. I suoi occhi non lasciarono i miei nemmeno per un istante. «Dimmelo.»
«Se adesso ti dico la verità», ignorai le lacrime che minacciavano di salirmi agli occhi, «cambierà ogni cosa. Non potremmo più tornare indietro.»
«Io non voglio tornare indietro. Non voglio tornare alla mia vita prima di conoscerti.»
«Tu non mi vorrai più.»
«Rowan, tu davvero non hai idea di quanto io ti voglia.» Una sua mano scivolò dal mio fianco alla mia nuca, stringendo la punta della mia treccia in un pugno. Incollò le nostre fronti. «Dubito fortemente che esista qualcosa che tu possa dirmi per farmi smettere.»
«Okay.» Mi districai dal nostro abbraccio e incrociai le braccia al petto, per proteggermi dal freddo che sentivo ora che ero così lontana dal calore del suo corpo e stavo per mettere a nudo la mia anima. «Io sono una Nephilim.»

 

   
 
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