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Autore: Clownqueen_oa    12/09/2020    1 recensioni
“Dimmi che è uno scherzo”.
Tooru sorrise, mettendo in mostra i denti appuntiti, e agitò la coda in segno di saluto. “Iwauccio! Quanto tempo! Sembra che siamo stati assegnati allo stesso mortale” cinguettò.
“Non è mai troppo tempo, Idiokawa” sbottò Hajime, facendo in automatico un passo indietro. “Che ti è successo alla faccia? Sei decisamente più umano di duecento anni fa”.
“Il mio precedente protetto ha fatto delle cose molto brutte durante la seconda guerra mondiale, perciò sono stato promosso” spiegò tutto contento. “Così adesso posso decidere se essere più esteticamente piacevole o mostruoso. Ho tenuto solo i denti, perché ci sono abituato, e la coda che so che ti piace tanto”.
Genere: Comico, Fantasy, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Daichi Sawamura, Hajime Iwaizumi, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama, Tooru Oikawa
Note: AU, Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Naughty or nice?

 

Se c’era una cosa che Hajime odiava, era che ai Piani Alti non gli concedevano neanche un momento per elaborare la morte del suo protetto. Celine, una donna meravigliosa, sopravvissuta alla seconda guerra mondiale e riuscita a ricostruirsi una vita nei sobborghi afosi del Michigan, si era appena spenta nel letto di casa sua circondata da figli e nipoti; l’ultimo che aveva guardato era stato lui, Hajime sapeva che per i primi e ultimi istanti della loro breve vita gli umani ne erano in grado, poi una luce accecante li aveva abbracciati entrambi e ogni cosa aveva perso consistenza e importanza, almeno per l’ormai trapassata Celine.

Lui, invece, si era ritrovato catapultato davanti a una culla ospedaliera, in mezzo ad altre decine uguali, senza neanche godersi per bene l’occhiata di pura gratitudine rivoltagli dalla donna. Sbuffò, maledicendo quell’insensibile del responsabile del reparto Affidamento Anime, e non appena fece per affacciarsi a guardare il suo nuovo protetto, un nauseante odore di sangue e pesce marcio gli invase le narici: alla sinistra della culla, proprio di fronte a lui, vestito di tutto punto con un completo di sartoria, se ne stava…

“Dimmi che è uno scherzo”.

Tooru sorrise, mettendo in mostra i denti appuntiti, e agitò la coda in segno di saluto. “Iwauccio! Quanto tempo! Sembra che siamo stati assegnati allo stesso mortale” cinguettò.

“Non è mai troppo tempo, Idiokawa” sbottò Hajime, facendo in automatico un passo indietro. “Che ti è successo alla faccia? Sei decisamente più umano di duecento anni fa”.

“Il mio precedente protetto ha fatto delle cose molto brutte durante la seconda guerra mondiale, perciò sono stato promosso” spiegò tutto contento. “Così adesso posso decidere se essere più esteticamente piacevole o mostruoso. Ho tenuto solo i denti, perché ci sono abituato, e la coda che so che ti piace tanto”.

Al contrario, Hajime non ricordava nemmeno quante volte gli avesse detto di odiarla, la prima e ultima volta in cui avevano lavorato insieme… Almeno fino a quel momento.

“Questa volta le cose andranno diversamente” lo ammonì. “Niente brutti giri, niente dilapidazione del patrimonio familiare e niente fuga nelle campagne per partecipare a orge omosessuali nei fienili impestati di ratti. E’ così che è morta, ricordi?”

Tooru alzò le spalle, ridacchiando spensierato. “Che ne sapevo io che avrebbe contratto un’infezione! E non essere antiquato, oggi se siamo fortunati quasi nessuno dovrebbe rendergli la vita difficile perché è gay”.

“Lui non-Come cavolo fai a saperlo, demone maniaco? E’ appena nato!”

Si affacciarono entrambi a guardarlo, venendo ricambiati da due assonnati occhi a mandorla. Il piccolo schiuse la bocca, osservandoli stranito, e poi crollò nuovamente a dormire: la prossima volta che li avrebbe visti, sarebbe stato nei suoi ultimi istanti.

“Ricordati che io sono la manifestazione dei suoi desideri” lo avvertì, ammiccandogli con le sopracciglia sottili. “In questo momento, per esempio, ha molta fame. E prevedo che tra circa dodici anni si masturberà su un attore di Hollywood con dei bicipiti da steroidi”.

La cosa peggiore era che Hajime non era nemmeno sicuro che se lo stesse inventando. Scosse appena la testa, borbottando una preghiera per ripulire i pensieri violenti che gli avevano attraversato la mente, e fece cadere gli occhi sul cartellino attaccato alla culla tramite un fiocchetto celeste.

“Uh, è giapponese!” trillò Tooru, seguendo il suo sguardo. “Kageyama… Tobio! Sento che ci divertiremo con lui, Iwa-chan. Ti piace come suona? Ho pensato di adeguarci al paese in cui ci troviamo, così per buon auspicio… Oh, questa vita sarà divertente!”

Non erano le stesse parole che avrebbe adoperato Hajime, ma liquidò l’ondata di pensieri negativi con un respiro profondo.

 

*

“Te li ricordi i primi anni di Genevieve, Iwa-chan? Passava tutto il tempo con la nonna, una bisbetica che sapeva solo parlar male del figlio dei vicini”.

Hajime rispose con un “mmh” che si sarebbe potuto definire assorto, ma che in realtà era più un mezzo grugnito emesso durante uno dei momenti più noiosi della vita dei mortali: l’infanzia.

Tobio scosse il sonaglio per la decima volta, ridacchiando come fosse la prima nel sentirlo emettere un suono, e poi se lo mise in bocca battezzando ormai l’ultimo giocattolo che non avesse ancora ricoperto di saliva.

“Odiavo quella vecchia” continuò il demone togliendosi lo sporco dalle unghie, “Ma giuro su Satana che preferirei dover vegliare su di lei per tre secoli piuttosto che stare a guardare Tobio-chan sbavare come un lama per quanto, altri sei mesi? Non ha nemmeno i denti”.

L’angelo condivideva in pieno, ma sentiva come se contraddirlo facesse parte del contratto, perciò gli diede uno scappellotto sulla nuca. “Le vite umane sono brevi, Idiokawa. Tra un po’ inizierà ad andare a scuola, perlomeno, e potremo entrare in contatto con altri custodi”.

“Se non fosse per la nuova politica aziendale lo avremmo già fatto” sospirò Tooru, facendo il solletico con la punta della coda al gatto della famiglia Kageyama, che gli soffiò contro e scappò via. “Come mi manca il sesso… Poco prima della morte di Kristoff, il mio vecchio protetto, mi sono infilato in un’orgia interraziale in un bar di Berlino, ma non sono nemmeno venuto che-”

“Gesù Oikawa, ma chissene frega! Non turbarmi con la tua blasfema vita sessuale, solo a sentirti mi si annerano le ali” lo bloccò subito Hajime, disgustato, e le scosse dolcemente sistemandosi la cravatta bianca come il completo. “Piuttosto concentrati, sento arrivare delle vibrazioni negative da… Come non detto, ha solo fatto la cacca”.

Il demone emise un risolino, poi gli rivolse uno sguardo tutto malizia. “Anche tu mi sembri un po’ arrugginito, scommetto che con il tuo ultimo collega non ti sei scambiato altro che frecciatine acide. Qualche volta potremmo… Che ne so… Imboscarci da qualche parte, in memoria dei vecchi tempi”.

“Assolutamente no, non ci pensare nemmeno. Non ho intenzione di dormire con te”.

“Non vorrei infrangere il tuo idillio, ma è già successo” gli ricordò Tooru divertito. “Più o meno due secoli fa, nel fienile, mentre Genevieve se la spassava alla grande… Desiderava così tanto stare lì che la sua bramosia ha intaccato anche te, seppur in una forma più stucchevole e pura di quanto provassimo io e lei, e da lì e farlo svolazzando sopra quel gruppo di lesbiche il passo è stato breve”.

Hajime si passò una mano sul viso. “Se la smettessi di ricordarmelo, forse un giorno riuscirò a rimuoverlo totalmente dalla mia testa”.

“Perché? Non sei stato affatto male-Per i Nove Gironi, Tobio-chan, come fai ad avere voglia di mangiare e fare la cacca contemporaneamente?! Sto cercando di essere sexy, qui!”

L’angelo scoppiò a ridere, mentre il bambino veniva preso in braccio dalla madre e portato via di gran corsa per essere cambiato. “Questa cosa dei desideri è sempre molto divertente da guardare, Idiokawa. Hai bisogno della toilette, per caso?”
“Ah-ah, Iwa-chan, molto divertente. Risparmia il fiato per quando Tobio-chan ruberà per la prima volta in un negozio, o fumerà il suo primo tiro di sigaretta: come minimo Wakatoshi ti degraderà a Netturbino celeste, e questo prima che Tendou inizi a mandargli cartoline erotiche… Sul serio, per essere dei pezzi grossi quei due scopano un po’ troppo fuori dal lavoro”.

Non tutti i demoni erano così sconvenienti, ma purtroppo Tooru non faceva parte della ristretta cerchia di eletti che non lo erano. Hajime sospirò, gettando un’altra occhiata ai giocattoli sparsi per il salotto e pieni di bava: le vite degli umani erano ridicolmente brevi, era vero, ma quella sentiva che sarebbe durata in eterno.

 

*

 

“Come sto?” domandò Oikawa, specchiandosi nervosamente nello specchietto retrovisore dell’auto dei Kageyama.

Seduto sul sedile posteriore con le braccia incrociate, Iwaizumi alzò gli occhi al cielo. “Sei orribile come sempre, smettila di farne un dramma”.

Tobio si sistemò il grembiulino celeste nello stesso momento in cui il suo demone custode aggiustò capelli e cravatta. “Come fai a essere così calmo? E’ il nostro primo giorno di scuola, e papà è andato al lavoro presto, quindi non ci ha nemmeno salutati!L’ultima volta che non l’ha fatto Tobio è caduto di faccia nel cortile dell’asilo, e si è quasi rotto il suo dentino nuovo”.

“E chi gli aveva instillato la voglia correre come un matto perché voleva giocare a palla con gli altri bambini, sentiamo?”

Tooru agitò la mano in aria. “Dettagli stupidi e ininfluenti. Mamma, quanto manca?”

“Mamma, quanto manca?” ripeté il piccolo.

“Ci siamo quasi, è dietro l’angolo”.

La scuola elementare di Miyagi era un edificio piccolo e dall’estetica piacevole, con le mura tinte di giallo tenue e il cancelletto verde che definiva il perimetro del cortile perfettamente curato. I genitori dei bambini del primo anno stavano dando gli ultimi saluti ai figli prima di scappare al lavoro, e quando arrivò il turno di Tobio questi si strinse spaventato alla gamba della madre.

A Iwaizumi bastò concentrarsi per instaurare un po’ di buon senso al piccolo, che presto la lasciò andare facendo sbuffare Tooru.

“Sei una palla, Iwa-chan, non si può nemmeno più dar fastidio ai genitori adesso?”

“Chiudi la bocca, fosse stato per te le avrebbe vomitato addosso per farsi portare a casa”.

I denti acuminati del demone scintillarono con il suo sorriso. “Si chiama piano B, quando andrà al liceo mi ringrazierà”.

Il momento dell’appello fu come una benedizione per i due custodi. A causa della nuova politica aziendale sui rapporti infralavorativi, a qualsiasi angelo o demone in servizio era concesso rivelarsi ai colleghi solo nei momenti in cui il proprio protetto si relazionava rispettivamente con i propri simili: tale clausola era una nuova trovata recentemente approvata da entrambi gli uffici di Affidamento Anime, in seguito alla crescente promiscuità e trasgressione al dovere di sempre più numerose unità di custodi. Hajime ci avrebbe scommesso l’aureola che il suo attuale collega avesse contribuito ad alzare la media riportata dai sondaggi.

Non appena Tobio venne chiamato e si diresse verso la propria classe insieme ai suoi nuovi compagni, coppie di custodi si rivelarono uno a uno, mano a mano che scambiava qualche parola con qualcuno; tempo di sedersi al proprio banco che bene o male erano comparsi tutti, ognuno al fianco del proprio protetto.

“Non posso crederci!” esclamò Oikawa, scodinzolando come un pazzo. “Ma quelli sono Daichi e Suga?! Non credevo li avrei mai visti in azione, hanno fama di rendere i propri protetti deliziosamente equilibrati tra bene e male. Ehi, Kindaichi! Quanto tempo!”

L’angelo che badava al bambino seduto pochi banchi più in là aggrottò la fronte, salutandolo con un cenno. “Yo, Tooru. Come ti butta?”

“E’ grazie alla sua incompetenza che ho reso Kristoff lo stronzo che è diventato” confidò con un bisbiglio ad Hajime per poi rivolgersi all’angelo. “Alla grande, io e Iwa-chan non lavoravamo insieme da duecento anni, ma ci divertiremo”.

“Infatti guarda com’è contento Iwaizumi” scherzò Hanamaki. Il loro protetto ruppe una matita in due con un sordo ringhio, spaventando una bimba.

“Smettila con gli impulsi distruttivi, imbecille” sbottò Kindaichi. “Kyotani è già iperattivo, se continui a fargli spaccare le cose diventerà un cane rabbioso”.

“Ti piacerebbe che fossi io, vero? E’ così e basta, non c’entro niente” rise il demone, incrociando le dita dietro la schiena.

Più tardi, in cortile, Tooru e Hajime ebbero modo di scambiare quattro chiacchiere con Daichi e Suga, visto che il loro protetto aveva tirato una pallonata sulla nuca di Tobio e i due avevano preso a picchiarsi, per poi essere costretti a giocare insieme dopo una strigliata da parte della maestra.

“Non ci si può distrarre un attimo quando sono bambini, scusate davvero” stava dicendo Suga, inchinandosi ripetutamente.

“Non preoccuparti, se non lo avesse fatto lui avrei fatto in modo che lo picchiasse Tobio” lo rassicurò Tooru… Be’, a modo suo. “Da quant’è che lavorate insieme voi due, si può sapere? Non si parla che di voi ai piani bassi”.

“Seicento anni, tra poco” rispose Daichi, passandosi una mano dietro la nuca. “A volte sembra molto di più-”

Suga gli avvolse la coda intorno al collo, sempre con un sorriso amorevole. “A volte invece sembra passato un giorno, dico bene amore?”

“Dici benissimo”.

Iwaizumi rabbrividì, e giurò a se stesso che non avrebbe mai e poi mai mischiato lavoro e vita personale (non ancora), perché non riusciva a concepire come quei due potessero essere sposati e al contempo occuparsi di un mortale ventiquattro ore al giorno per quasi un secolo.

“Stupido!” Tobio strattonò il piccoletto coi capelli rossi, ricevendo una sonora testata.

“Stupido tu!” strillò quello, il volto rotondo contratto dalla rabbia, e quando il compagno gli tirò i capelli fece lo stesso. Finirono a terra a picchiarsi un’altra volta.

Tooru e Suga alzarono contemporaneamente lo sguardo, e annuirono appena con un sorrisetto che la sapeva lunga. Daichi invece riportò la calma nel suo protetto, e Hajime si affrettò a fare lo stesso, un po’ impacciato: quel tipo era incredibilmente potente ai piani alti, anche se da secoli svolgeva il compito di custode, non voleva sfigurare in alcun modo al suo cospetto.

 

*

 

“Sono a casa” si annunciò Tobio, calciando le scarpe in un angolo dell’ingresso e dirigendosi stancamente in camera sua con il borsone che gli sbatteva su un fianco.

“Bentornato” lo accolse la madre, ai fornelli. “Com’è andata a scuola?”

Il ragazzino borbottò un “bene” piuttosto forzato dalle scale, che salì rapidamente per poi chiudersi la porta della propria stanza alle spalle.

“Prima o poi i suoi scopriranno quel votaccio in matematica” brontolò Hajime, incrociando le braccia al petto. “Più prima che poi, di sicuro stasera a cena gli chiederanno se sono state consegnate le verifiche”.

Tooru fece un vago gesto con la mano. “Rilassati Iwa-chan, siamo coperti in ogni caso. Nemmeno il piccoletto di Daichi e Suga ha detto ai suoi del test, quindi in caso mamma li chiamasse sospettando una balla non salterebbe fuori”.

“No che non mi rilasso! Non può mentire ogni volta in questo modo, se non avranno fiducia in lui potrebbero non sostenerlo nelle cose importanti!” schioccò le dita, e Tobio alzò di scatto la testa prendendo un libro dallo zaino con movimenti quasi meccanici. “Che studi un pochino per la verifica di inglese di venerdì, almeno”.

A Tooru bastò agitare appena la coda, e Tobio buttò immediatamente da parte il libro di testo per uno dei suoi fumetti preferiti. “Non sotto la mia giurisdizione. Ha già studiato ieri, non fare il prepotente e lascialo poltrire un po’, l’allenamento è stato pesante”.

Iwaizumi fece per ribattere, ma il mortale sorprese entrambi mettendo da parte anche il fumetto, e accendendo il telefono mentre si metteva sotto le coperte; trafficò un po’ con l’apparecchio elettronico, finché l’unico rumore percepito nella stanza non fu il progressivo aumentare del suo respiro.

“Si sta…” le orecchie di Hajime si arrossarono appena. “Non ci posso credere! Potevi almeno avvertirmi, Idiokawa, non è di sicuro uno spettacolo a cui vorrei assistere questo!”

Tooru però pareva altrettanto sorpreso. Si riprese in fretta, e le labbra sottili si stesero in un ghigno ammirato. “Non sono stato io, lo ha deciso lui. Ah, la pubertà! Preparati Iwa-chan, perché vorrà farlo sempre più spesso d’ora in poi”.

Imbarazzato, Hajime distolse lo sguardo. Fortunatamente Tobio non ci impiegò granché a finire, e a correre in bagno per lavarsi le mani imprecando a bassa voce; sul cuscino aveva lasciato il cellulare, ancora acceso su quella che pareva proprio una fotografia.

“Curioso, pensavo stesse guardando un porno, invece…” Oikawa diede un’occhiata al dispositivo, ed emise una risatina acuta. “Ouch, a quanto pare le verifiche di matematica non sono l’unica cosa che Tobio-chan nasconde a qualcun altro”.

La foto in questione pareva proprio essere stata scattata di nascosto in classe. Nel banco affianco a quello di Tobio, un’ormai familiare testa rossa se ne stava adagiata sulla superficie lignea, a ronfare beatamente nel bel mezzo della spiegazione; Hinata aveva le labbra schiuse e il naso un po’ arricciato, ed era chiaramente ignaro di essere stato immortalato.

“A quanto pare la mia predizione sull’attore di Hollywood non era esatta” commentò il demone. “Ci sono andato vicino, comunque. Al gamberetto piacciono tanto i film d’azione americani”.

Il giorno dopo Tobio si comportò come se avesse compiuto il più grande peccato su questa terra. Andò a scuola a testa bassa, senza guardarsi allo specchio per più del necessario e con l’uniforme abbottonata male; non rivolse la parola al suo migliore amico per tutta la mattinata scolastica e restò nel suo persino a mensa, il capo chino sul proprio bento come se si portasse sulla schiena tutti i mali del mondo.

“Per l’amor di Satana, Tobio-chan, è stata solo una sega!” Oikawa sospirò, seduto a gambe incrociate sul tavolo vuoto che il suo protetto aveva scelto per mangiare. “Iwa-chan, tu che instilli sempre buonsenso, non puoi farglielo capire? So che per te fa parte del contratto andarmi contro, ma non vedi che ci sta male?”

Sì, Hajime lo vedeva chiaramente, ma non poteva comunque farci nulla. “Sai che se non è un male causato da te o altri demoni posso fare ben poco, Idiokawa. Gli passerà, vedrai”.

In effetti si riprese, più o meno, ma era piuttosto palese che il suo modo di approcciarsi a Hinata fosse diverso. Meno contatto fisico, persino nelle loro leggendarie risse, e più momenti di silenzio in cui Tobio lo guardava fisso, senza dire una parola: era palese, aveva una cotta stratosferica per lui, ma il rosso era talmente ottuso che non se ne accorse minimamente, prendendolo anzi in giro perché a detta sua i suoi pugni erano più deboli del solito, e si era rammollito. Al che Tobio gliene aveva dato uno in testa, e avevano preso a litigare di nuovo.

“E’ l’unico modo che conosce per approcciare il gamberetto” disse Tooru, leggendo nella mente del collega.

Era passato quasi un anno, le medie stavano finendo e Miyagi era stata ricoperta da una spessa coltre nevosa in seguito a un’abbondante nevicata notturna: Tobio e alcuni compagni di classe, Hinata compreso ovviamente, se le stavano dando di santa ragione in una violentissima partita a palle di neve nel parco locale.

Hajime li guardò giocare con un’espressione quasi solenne. “Lo so, non sono stupido. Prima o poi si renderà conto che non gli basta, ma intanto va bene così”.

Entrambi ne sapevano qualcosa. Oikawa sbirciò il profilo del collega, il naso dritto un po’ arrossato dal freddo e le mani continuamente sfregate l’una contro l’altra: quando Tobio percepiva il mondo intorno a sé in modo particolarmente intenso le sue sensazioni ricadevano anche su di loro, e quel giorno faceva freddissimo.

“Senti, pensavo… Domani sera Tobio-chan se ne va all’Arcade con Hinata e quell’altro piccoletto iperattivo di cui si occupano Shimizu e Tanaka, non credo proprio avrà bisogno di noi per ammazzare qualche mostro in uno schermo” Iwaizumi si era voltato a guardarlo, senza tradire alcuna espressione particolare. “Potremmo andarcene da qualche parte. Che ne so, per una birra. Magari in uno di quei noiosi locali per angeli che ti piacciono tanto, eh Iwa-chan?”

“Mi stai proponendo di uscire con te?”

Il demone alzò le spalle, e starnutì imprecando a mezza voce. “Ti sto proponendo di goderci una serata tranquilla dopo più di tredici anni di onorato e ininterrotto servizio. Ce la meritiamo, no?”

Iwaizumi sbuffò, anche se il suo fiato non emise alcuna condensa. Non faceva ancora così freddo da farlo respirare come un mortale. “La risposta è no, ovviamente”.

“Ovviamente” ripeté Tooru, senza mascherare la propria delusione.

Tacquero per un po’, anzi, per tutto il resto della giornata. Di solito era Oikawa quello che attaccava bottone per primo, tranne nelle discussioni, perciò Hajime si sentì quasi in colpa nel vederlo tanto abbattuto: sapeva di aver fatto la cosa giusta, eppure dentro di sé provava una sensazione sgradevole all’altezza dello stomaco.

Sarebbe riuscito a ignorarla? Probabilmente sì. Voleva farlo? Questa era una domanda decisamente più complessa e invasiva.

“Oi, Idiokawa” lo chiamò, quella sera.

Grazie a Dio Tobio aveva iniziato a… Fare quello che doveva fare in bagno, così potevano almeno aspettarlo fuori senza essere relegati alla sfera di vicinanza richiesta dal manuale. I due custodi se ne stavano quindi in piedi fuori dalla porta, bighellonando in corridoio con un lieve imbarazzo; d’accordo, forse quel sentimento lo provava solo lui in quanto controparte angelica, ma era particolarmente sentito.

“Mmh?” Tooru si stava dando alla toelettatura come se niente fosse, togliendo alcuni peli di troppo che spuntavano dalla coda sottile.

Hajime esitò. “Per quello che mi hai detto oggi, io-”

“Ah! Lascia stare, Iwa-chan, dimenticatelo. Prima di tornare a lavorare con te non sono mai stato così ligio al dovere, il mio record di presenza accanto al mio mortale non superava i sei mesi… So che miri a raggiungere i piani alti, quindi non puoi permetterti di sgarrare più di tanto”.

“Chiudi quella bocca e fammi finire” sbottò l’angelo. “Domani non va bene, perché Ushijima ha indetto una riunione e Daichi mi ha chiesto di coprirlo mentre non c’è. Shimizu sarebbe in grado di tenere in riga anche dieci demoni da sola, ma ho fatto una promessa e non mi va di mancare di rispetto a un mio collega. Quindi, se proprio ci tieni, pensa a un altro giorno in cui possiamo andarci a prendere quella birra”.

Gli occhi di Oikawa si illuminarono come lucciole. “Dici sul serio?! E la graduatoria per i piani alti?”

“Mi farò coprire da Daichi, di sicuro non si tirerà indietro dopo che avrò badato a due scalmanati al posto di uno. E neanche Suga, probabilmente”.

La coda di Tooru, a toeletta finita, non la finiva di muoversi freneticamente per l’eccitazione del suo proprietario. Ululò un estasiato “IWA-CHAN!” e fece per buttarglisi addosso, ma il sopracitato si scansò facendolo finire faccia al muro.

“Stammi lontano, siamo ancora in servizio” lo rimbeccò piccato.

Tobio uscì dal bagno proprio in quel momento, con il viso rosso e il cellulare stretto convulsamente tra le mani. Se ne andò in camera mogio mogio e a testa bassa, come ogni volta che finiva di toccarsi.

“A quanto pare l’abbattimento post masturbazione è una sua prerogativa” rise Tooru, ricevendo uno scappellotto sulla nuca. “Ahia! Rude, Iwa-chan”.

 

*

 

“Sei sicuro di aver messo i soldi nel modo giusto?”

“Ce n’è solo uno di modo, idiota” Tobio tirò un altro pugno alla macchinetta automatica, con rabbia. “Lo sapevo, dovevamo comprarli in farmacia!”

“Nessuno di noi due aveva il coraggio di andarci” gli ricordò il più basso, guardandosi intorno con ansia. “Sbrigati, avanti! Prima che ci vedano”.

Improbabile, visto che quella sera il motel in cui avevano scelto di andare era vuoto: una scelta squallida, ma quando due imbranati dovevano farlo per la prima volta e i genitori non si schiodavano di casa cos’altro avrebbero potuto fare?

Dopo qualche tentativo Tobio si arrese e mise dentro altri soldi, venendo finalmente ripagato con un pacchettino quadrato semi trasparente che afferrò rapidissimo, ficcandoselo nella tasca della giacca senza perdere tempo.

“Andiamo” bofonchiò, ostentando una sicurezza che non aveva, e salì di tutta fretta le scale antincendio per raggiungere la camera che avevano affittato.

Shoyo lo seguì a ruota, incespicando appena nelle scarpe slacciate, e Hajime li guardò chiudersi la porta alle spalle con circospezione. Purtroppo per lui il manuale gli imponeva di seguire il proprio mortale, ringraziò che perlomeno Suga e Daichi fossero chissà dove nelle Filippine per il loro anniversario.

“Ah, l’amore” sospirò Tooru sognante, guardando i due ragazzini spogliarsi sgraziatamente e baciarsi con una foga tutta adolescenziale. “Spero che Tobio-chan non si faccia prendere dall’emozione, altrimenti sarà una serata molto breve”.

“Chiudi quella boccaccia” sbottò Hajime, imbarazzato. Prese a studiare i quadri appesi per la stanza, nel tentativo di estraniarsi da quella situazione terribile; non per i due ragazzi, quegli idioti si amavano come solo due diciassettenni avrebbero potuto fare, piuttosto per lui che doveva starsene lì come un perfetto imbecille a guardarli consumare.

Tooru gli picchiettò la spalla con un dito, sogghignando. “Sei tutto rosso Iwa-chan, sicuro di stare bene?”

Shoyo emise un gemito acuto, facendo sobbalzare l’angelo e ridere di gusto il demone.

“Vieni con me” gli disse quest’ultimo, dolcemente. “Lasciamogli un po’ di privacy, e guadagniamoci la nostra”.

Pur di non stare in quella stanza Iwaizumi avrebbe preferito girare nudo per gli uffici di Affidamento Anime, per cui non obiettò. Oikawa lo scortò fuori dalla stanza, e con un salto – giustamente – inumano salì sul tetto del motel, facendo cenno al collega di raggiungerlo; ad Hajime bastò un battito d’ali per trovarsi su una terrazza malmessa e trascurata, che palesemente non vedeva anima viva da un bel po’.

“Ta-dah!” Tooru spalancò le braccia. “Che te ne pare? I due innamorati sono esattamente sotto di noi, così non violiamo nemmeno il tuo stupido manuale”.

Hajime sbuffò, anche se il demone non aveva tutti i torti; certo, c’era pur sempre un soffitto a dividerli, ma a occhio e croce dovevano trovarsi circa al limite consentito dalle norme sul distanziamento custode-custodito.

“Non dovevi impegnarti così tanto per questo, lo sai?” il suo tono si addolcì appena.

Il sorriso di Tooru subì lo stesso trattamento, risultando molto meno demoniaco. “Lo so, ma volevo farlo. Solo perché reputo quelle regole stupide non significa che non rispetto il fatto che tu le segua, Iwa-chan”.

Detto da lui era già molto. Si sedettero comodamente sul ciglio del tetto, a guardare le stelle sopra di loro. Era da molti anni che Iwaizumi non le vedeva così distintamente, l’inquinamento atmosferico della città in cui viveva Celine non glielo aveva mai permesso: a Miyagi invece, molte cose gli ricordavano tempi ormai passati.

Era una bella sensazione, lo faceva sentire come se non fosse tutto davvero diverso.

“E’ un bel posto qui, vero?” esordì Tooru, quasi leggendogli nel pensiero. Ci riusciva da sempre, anche durante il loro primo lavoro insieme; non era una cosa scontata, spesso i custodi non si conoscevano nemmeno durante l’assolvimento di un incarico, specie tempo addietro quando per una causa o per un’altra le vite umani erano drasticamente più brevi di adesso. “Qualcuno direbbe che sono rimasti un po’ indietro, ma non credo proprio sia un male”.

“Dipende a chi chiedi” rispose Hajime, pacato. “A me non dispiace”.

Il sorriso di Tooru quando non faceva il demone dispettoso era l’equivalente di una delle stelle sopra di loro. “Non avevo dubbi”.

Iwaizumi avrebbe dovuto cogliere tutti quei segnali, in se stesso e nell’esuberante collega, ma la verità era che aveva deciso di ignorarli fin dall’inizio. Per questo, quando le labbra di Oikawa si posarono sulle sue non provò neanche a tirarsi indietro, ma rispose subito e con un’energia tutt’altro che casta e angelica.

Il demone ridacchiò, passando la lingua sulle labbra dell’altro. “Fammi indovinare, non ti interessa più di mischiare il lavoro con la vita privata”.

Hajime lo afferrò per le spalle e lo ribaltò a terra, salendogli sopra. In quell’impeto improvviso gli si erano aperte le ali, che ora troneggiavano su entrambi come due imponenti cascate di piume bianche. “Avrei dovuto pensarci prima di farlo in quel fienile, due secoli fa. La mia vita privata è già compromessa”.

Tooru rise, rovesciando la testa all’indietro sul freddo cemento, e tirando appena su la schiena spalancò anche le sue, di ali; una struttura ossea rettile e squamosa, riempita da una membrana di un rosso appena più tenute e costellata di buchi e piccole ferite fece da contrasto a quella immacolata dell’uomo sopra di lui.

Il dito indice di Iwaizumi sfiorò un taglio particolarmente pronunciato. “E queste?”

“Lo sai che mi piace bisticciare. Kuroo era particolarmente irritabile quel giorno, e ha più artigli di un gatto randagio”.

Tipico. L’angelo si chinò a prendersi nuovamente le sue labbra, coinvolgendolo in un bacio profondo e un tantino volgare, ma che non tolse nulla all’intensità del momento.

Il fruscio di vestiti e i respiri pesanti si duplicò, coinvolgendo altre due creature in una danza vecchia come il mondo. Tooru inarcò flessuosamente la schiena, artigliando gli avambracci di Hajime e accompagnandolo in quelle spinte vigorose e regolari che lo stavano facendo definitivamente impazzire.

Era una collisione continua, un parlarsi davvero dopo due secoli di lontananza, e ne godettero entrambi come fosse la prima volta. Le ali di Iwaizumi causavano un suono melodico di aria sbattuta, quelle di Oikawa uno più raschiante e incisivo, come se persino così fossero in grado di comunicare l’uno con l’altro. Ogni tanto a una stoccata corrispondeva un bacio dolce, uno sporco o uno frettoloso e scoordinato, e quando raggiunsero l’apice dell’amplesso se ne scambiarono uno che era tutti quei baci messi insieme, talmente intenso che come a sorreggersi il demone arricciò la coda intorno a una gamba del partner, soffocando un urlo tra le sue labbra.

“Iwa-chan” lo chiamò, dopo un po’ che avevano finito. Si erano vestiti per metà, giusto per dare una controllata ai due mortali di sotto e trovarli a russare nudi uno sull’altro, e ora se ne stavano sdraiati sul cemento sporco con le ali semi chiuse e il respiro sempre più placido.

“Che c’è?” Iwaizumi teneva gli occhi chiusi e un braccio sotto la testa, in preda al rilassamento più totale. Non correva il rischio di addormentarsi, in quanto creatura celeste non provava quel tipo di bisogno, ma si sentiva talmente in pace che sarebbe sinceramente potuto restare così per sempre.

Tooru si sollevò sugli avambracci, guardandolo. “Quando Tobio-chan morirà sono quasi sicuro che sarai promosso” costatò. “L’unica volta che hai tecnicamente infranto le regole Daichi ti ha coperto, non sarà nemmeno finito nel tuo curriculum, e hai fatto un buon lavoro nei tuoi incarichi precedenti”.

“Idiokawa, che stai cercando di dirmi?”

Per un po’ non ricevette risposta, tanto che aprì un occhio per controllare che l’altro ci fosse ancora. Oikawa lo guardava, e non stava sorridendo. “Le storie d’amore non rientrano esattamente nei miei gusti, ma credo proprio che mi mancherai. Non sono il tipo da ufficio e se tu andrai a lavorare di sopra è probabile che non ci vedremo più, quindi volevo dirtelo”.

Hajime strinse le labbra. Come se non ci avesse pensato. “A dire il vero stavo pensando di seguire lo stesso percorso di Daichi” rivelò in tono apparentemente disinteressato. “Dovrò lavorare il doppio per potermi permettere di fare il custode pur con una scrivania a cui fare conto, ma se va tutto secondo i piani tempo un paio di vite umane e dovrei farcela”.

Non era nemmeno tanto, contando che scalare i ranghi angelici era tre volte più complesso che scalare quelli demoniaci: nel primo caso veniva valutato l’inflessibile rigore con cui si portava a termine il proprio incarico sulla terra, nel secondo quanto si riuscisse a mandare all’aria gli sforzi delle proprie controparti. Ecco perché era incredibilmente raro che i custodi della sua razza ricevessero una promozione, Daichi era stato uno dei primi e non aveva avuto molti successori, al contrario di Suga che quando lo aveva conosciuto era già in una posizione abbastanza importante negli uffici infernali di Collocamento.

Quei due erano l’esatto esempio di un angelo e un demone che si erano fatti da soli, Iwaizumi li ammirava entrambi e nel caso di Daichi aveva sempre bramato un percorso simile al suo: in quel momento in particolare, si sentì ancor più determinato nel volerlo perseguire.

Tooru non aveva ancora detto niente, ma sembrava colpito da quelle parole. “Oh… Non pensavo puntassi a qualcosa del genere. Va bene, la pazienza non è il mio punto forte, ma almeno non sarà un’attesa vana”.

Dava per scontato che Iwaizumi sarebbe riuscito nella propria impresa, ma andava bene così. L’angelo passò una mano tra i capelli castani del partner, in una carezza fugace. “Intanto abbiamo una vita intera da goderci, visto tutto l’esercizio che fa Tobio dovrebbe vivere ancora un’ottantina d’anni”.

Non sapeva che al piano di sotto il suddetto si era quasi ucciso scivolando sul pavimento del bagno.

“Ne sei sicuro? Se Hinata scommettesse con lui che non riuscirebbe a lanciarsi da un ponte, potrebbe lasciarci prima del previsto”.

Era un’ipotesi tutt’altro che irrealizzabile, in effetti, ma fortunatamente Daichi sarebbe tornato a breve e di sicuro non l’avrebbe permesso… Marito permettendo.

 

 

 

NA:

 

L’idea di scrivere questa OS è nata circa un mese fa, quando ero immersa nella visione della quinta stagione di Lucifer e mi sono ricordata quanto amassi le dinamiche angeli-demoni. Chiedo scusa se la storia pecca di continuità, è stata pensata per essere volutamente un’accozzaglia di missing moments: per un momento ero tentata di scrivere un’ulteriore scena in cui Tooru e Hajime si ritrovano dopo che quest’ultimo è riuscito finalmente ad accedere al rango che desiderava, ma poi ho pensato che sarebbe stata abbastanza ridondante.

So che le libertà che Daichi si prende stonano un po’ con il rigore lavorativo che Iwa-chan decanta per tutta la storia, ma il sistema gerarchico angelico è abbastanza classista quindi “c’è chi può e chi non può, e io può” - cit. sicuramente Daichi.

Tooru demone a tratti mi sembra un po’ OOC, mentre Suga per me potrebbe regnare per sempre sull’inferno quindi non ho rimpianti lol

Tendou demone è la cosa più canon che ci sia, e qui la chiudo.

Spero vi sia piaciuta, se volete fatemi sapere cosa ne pensate!

 

Xoxo, Clownqueen

   
 
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