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Autore: Dragonfly92    15/09/2020    1 recensioni
Tobia è un uomo che ha trovato, nella solitudine, la sua felicità.
Yuri è un bambino che, invece, non l'ha mai conosciuta.
Un passato ingombrante, un ricatto, la forzata convivenza e la scoperta di un'infanzia mai esistita: pelle livida, cuore cianotico.
Piccoli, faticosi passi per arrivare a capire, scoprire, disinfettare le emozioni.
E difenderle, quando il passato torna a reclamarne la potestà.
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(La storia è legalmente protetta da copyright)
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Nove Verticale – Inusuale situazione priva di sicurezza
 
 
“Vieni, devi fare merenda.”
 
Il braccio teso di Tobia tiene la porta aperta.
Il bambino temporeggia spostando il peso del corpo da un piede all'altro.
 
Il Signore non è contento:
Ha camminato veloce, tanto veloce.
La sua voce è più profonda.
Sbuffa.
Lo ha sentito quando stava provando ad allacciarsi la scarpa, lo ha sentito quando ha detto Faccio io stringendo i lacci.
“Stringo di più?”
No, per favore, Signore, avrebbe voluto rispondere lui, o altre mille cose che però hanno solo lampeggiato nella sua testa e sono rimaste abbagliate dallo sguardo così vicino del Tutore.
Non gli era mani capitato di non dover alzare la testa per guardare un adulto.
 
“Yuri…”
 
Lo ha fatto, lo ha fatto di nuovo.
Ha sbuffato il suo nome e Yuri sa bene, benissimo, che quando un adulto sbuffa un nome – o ragazzino o mostriciattolo o idiota –  quando soffia una parola, dice in realtà: Mi stai facendo perdere la pazienza.
E sa anche bene-benissimo che se lui non si dà una mossa, l’adulto sarà costretto a lasciar perdere quel che stava facendo, sarà costretto ad alzarsi – una piccola spinta per abbandonare la poltrona – e sarà costretto a perdere la pazienza.
E tutto questo accadrà se lui continuerà a starsene lì come un Ragazzino imbecille! dalle ascelle sudate – Cristo, quanto puzzi!- e dalla gola secca.
 
Mi metto la felpa, Signore.
Nella sua testa scoppia una risata stridula e crudele.
Era questo che volevi dire? Invece no, dalla tua bocca sono uscite tante, piccole consonanti appiccicate che hanno trasformato la tua frase in un m-mmmugolio patetico.
 
“Bene, vieni.”
Quel Bene è ossigeno e Yuri ne prende una boccata avida.
Che schiarisce i pensieri e lo catapulta nel presente.
Per poco.
Troppo poco tempo.  
 
Musica.
La musica esce dallo spiraglio che il Tutore sta creando mentre attende che lui entri.
Si amplifica, fondendosi a quella delle casse esterne al bar.
Musica.
 
Una donna ringrazia Tobia per il gesto galante.
Che non fosse dedicato a lei, poco sembra importarle.
“Su, andiamo.”
 
Persone.
Ci sono un sacco di persone in fila.
 
“Questo è il nostro numero. Aspetteremo il nostro turno, nel frattempo scegli i gusti del gelato.”
 
Ventotto, ventotto.
È il numero che serve per prendere il gelato.
 
Una parola buona recepita da una mente bambina, sospende il caos.
 
“G-Gelato?”
“Sì, non ti piace?”
“N-non lo s-sa, Signore.”
“Bè, ora lo scoprirai.”
Il commento sbrigativo è un tentativo di boicottare il fastidio nato dalla risposta del bambino.
Per tutto il non detto che racchiude.
 
“M-Ma i-il b-bamb…”
“Yuri.”
L'ammonimento risulta più duro di quel che avrebbe voluto.
“S-S-S… S-soldi, Signore. I-IO n-non ho i sold…”
“Evitiamo commenti sciocchi, Yuri.”
 
Ventiquattro.
 
Un passo simultaneo, la fila avanza insieme al panico.
 
Tante scarpe.
Tante gambe, tanti vestiti, tanti pantaloni.
E cinture.
 
Tante voci.
                  Nervose.
                Allegre.
                 Nervose.
 
Tante persone.
                         Alte.
                       Grandi.
 
Tanta musica.
                    Forte.
 
E, il gelato.
 
Un'incognita.
Un'ansia.
Una scelta da fare.
 
Venticinque.
 
“Sarebbe opportuno optare per qualcosa alla frutta.”
Un consiglio soffiato.
 
Frutta.
Frutta.
 
La visuale è coperta.
Ma se Yuri si impegna, può scegliere senza vedere.
 
Forse fragola.
 
Ma il Tutore ha detto gusti.
Più di uno.
 
Deve, deve dirne due.
 
Ventisei.
 
Musica.
            Gambe.
Voci.
 
“Coppetta piccola, media o grande?”
“Media. Con cioccolato e menta. E una cialda, grazie.”
 
Discorsi fluidi.
                       Veloci.
                       Come il cuore.
 
Ventisette.
 
“Vieni avanti, Yuri.”
Limone, limone.
Fragola e limone.
 
Ma il limone è un frutto?
No, non… Non lo sa, non lo sa.
 
Musica.
Contatti  inevitabili.
 
Persone alte.
                   Gelato.
Gusti.
                   Frutta.
Musica.
 
Due giovani a separarli dal loro turno.
I jeans si muovono a destra e sinistra, le mani sfiorano la base del vetro.
 
“E stracciatella!”
 
La stracciatella non è un frutto.
Quasi sicuramente.
E comunque non riuscirebbe a dirlo.
 
“Anche un po' di panna, grazie!”
“Sei un ingordo!”
“Ah, sta' zitto! Tieni qua e aspettami fuori, che intanto pago.”
 
 
Ventotto, ventotto.
 
Ma la soffice piramide non regge al veloce voltarsi del ragazzo.
 
“Non ci credo!”
“Allie, guarda che casino!”
 
Yuri non sente le loro risate.
Le prese in giro che si scambiano a vicenda.
Il ridacchiare della folla.
 
C'è una chiazza d'orrore, per terra.
Che cola e si allarga, riempiendo la mattonella e imbrattando la mente di Yuri.
 
“Guarda cos'hai combinato!
Ora ti faccio vedere io!”
 
La musica, la musica si alza e diventa veloce.
 
“Alza la musica o questo mostro attirerà tutto il vicinato!”
 
Veloce.
Come il suo respiro.
Che si spezza appena Tobia lo afferra.
 
“F-Fatto n-niente, -fatto n-niente!”
 
Ma indietreggiando sbatte contro le ginocchia di qualcuno.
Si volta.
Altre ginocchia che lui ha toccato, con la schiena.
Un cerchio psichedelico.
 
  Un vortice di 
     persone
      parole
       suoni
        mani
           .
 
E gelato per terra.
E pavimento sporco.
Sporco!
 
“NO, NO, NO!”
 
Le mani alzate non servono a fermare la furia del suo Tutore.
Le sue preghiere non lo salveranno dall'inevitabile.
 
“N-NON È S-STATO I-IL BAMBINO!
S-SIGNORE!
T-TI PREGO!”
 
La musica ovatta la realtà.
 
Confonde mani con altre mani, voci con altre voci.
Presente e passato.
 
Che si riflette in una stretta che lo soffoca.
Che lo fa dimenare, scalciare, pregare.
 
“P-PREGO, TI P-PREGO!
M-MI D-DISPIACE!”
 
Ma non lo ascolta, nessuno lo fa mai.
 
Nessuno ascolta le parole stupide di un bambino anormale.
Che urla e cerca di parlare  ma quando il terrore accartoccia, schiaccia tutte le sillabe, si ritrova a singhiozzare.
Il panico echeggia in vocali disperate, allungate fino a graffiare la voce.
 
Ma poi qualcuno lo blocca.
E la disperazione fa vomitare preghiere.
Implorare un aiuto.
 
“M-MAMMA!
MA-MMA!”
 
L'impatto col cemento è doloroso, graffia la pelle nuda delle gambe che strusciano il selciato nel tentativo di allontanarsi.
 
“Vieni qui o sarà peggio per te!”
 
Lacrime, sudore.
Strilli dell'anima.
 
Perché l'hanno preso e ora sarà peggio.
Farà più male.
 
Brucerà.
 
“P-per F-FAVORE!
T-TI PREGO!”
 
Brucerà.
 
“M-MI D-DISPIA…”
 
Brucerà subito e dopo e sempre.
E ancora.
 
“NO, T-TI PREGO!”
 
La schiena, le gambe, le braccia.
 
La gola.
Il petto.
 
Il viso .
 
Che Yuri ora graffia, forte.
Unghie conficcate nella pelle seguono scie bagnate dagli sbagli.
 
“F-faccio più, f-faccio più, f-faccio più.”
 
False confessioni che forse abbrevieranno la pena.
Come l’immobilità.
Forzata.
 
Dalla perdita di ogni energia.
Di ogni speranza.
 
Realtà che vortica.
 
Parole lontane.
 
Freddo.
 
 
Lo ha visto boccheggiare.
Rimanere a fissare il pavimento iniziando a tremare.
 
“Yuri…”
Fare il danno è stato terribilmente semplice.
È bastato sfiorarlo.
 
Ed il fragile equilibrio di Yuri gli si è sciolto fra le dita.
 
Il primo urlo ha zittito la confusione, attirando sguardi perplessi e curiosi.
 
E la sequenza di No  è seguita fin oltre la porta, trascinandosi dietro commenti, Capricci, Severità, Meno tempo da attendere.
 
“Yuri alzati, alzati!”
 
Ha subito colto la confusione del bambino.
“Lo so che non sei stato tu, smettila.”
Ma era impreparato.
Non si aspettava di ritrovarsi di fronte al bambino che aveva visto nel display.
Di fronte ad altre conseguenze che non fossero lividi o balbuzie.
C'è un lunghissimo momento in cui Tobia tenta, senza avvicinarsi, rispettando la richiesta di Yuri, di porre fine all’increscioso fraintendimento.
Un momento di umana incapacità seguito da una voce agonizzante, una disperata richiesta di salvezza, che lo forza a sollevare Yuri.
Via dalla strada.
Via dai ricordi.
Via dal dolore.
 
“Yuri, ascoltami…”
 
Lui non lo fa e Tobia non riesce a parlare.
 
“S-SIGNORE, T-TI PREGO!
T-TI PREGO!”
 
È impotente, è nulla di fronte alla viva sofferenza di un bambino.
Che prega, prega.
Tobia si domanda per un attimo se è lui o forse Corrado quello che sta implorando davvero.
O quel dio tanto lodato dalla gente.
Lo stesso dio che ha sempre ignorato i lamenti di Yuri.
 
“Ascoltami bambino, ascoltami…”
 
Yuri fra le sue braccia è un animale in gabbia, eppure quella gabbia è l'unica protezione che Tobia riesce ad offrirgli.
 
Yuri lotta, la disperazione ha preso possesso del piccolo corpo che già una volta gli è scivolato dalle mani.
Non se lo aspettava.
Il terrore fa fare cose inimmaginabili, fa trovare forze inesistenti.
Tobia è costretto ad osservare la paura scuotere Yuri, soffocarlo.
È costretto a sentirla nei denti che sbattono insieme, a provarla sottopelle.
Iniettata da grida che prega, non dover sentire mai più.
 
“Yuri, va tutto bene. Bambino, nessuno ti fa del male. Nessuno te ne farà mai più, mai più.”
 
“M-MAMMA V-VIENI! Vieni…”
 
La voce è l’ultima a perdere energia.
Continua a pregare un uomo, a giurare la propria buona volontà di non ripetere l’errore.
E ad implorare una madre.
Che non arriva.
Non arriva mai.
 
“Va tutto bene. È passata, è passata…”
 
Yuri emana calore, stretto al suo petto.
Una posizione nata per bloccarlo.
In cui si è arreso.
Ha le braccia molli lungo il corpo.
Gli unici movimenti sono scosse residue da un pianto profondo.
 
“Mmm… M-mamm…”
 
La sua maglia è zuppa di sudore.
Quella di Tobia, delle sue lacrime.
 
“N-Non viene, n-non p-può, s-stan… S-Stanca, d-dorme. D-Dorm… Shhh…”
 
Yuri si parla.
Una nenia, una cantilena di rassicurazioni.
 
“Shhh…”
 
Una spiegazione che Tobia comprende come il tentativo di giustificare a sé stesso un'assenza.
Una spiegazione diretta alla sua piccola anima martoriata, che stenta a trattenere i singulti.
I miagolii.
I mugolii.
Che si impone il silenzio.
 
“Ci sono io, qui con te. Va tutto bene, Yuri…”
 
Lenire.
È quel che spera di fare Tobia con le sue parole, con la sua stretta.
Lenire le mancanze, le assenze, i salvataggi mai avvenuti in quella breve vita contusa.
 
“Mmm… Mmm… Shhh...”
 
Tobia pensa, in quel momento  che se c'è qualcuno che ha più colpa di dio,  è una madre che volontariamente non salva il proprio figlio.
Sarebbe buffo, riflettere sul quanto siano simili, no?
Ma no, non c'è niente di buffo.
E non c'è nemmeno il tempo per la colpa, adesso.
Perché Yuri si è arreso.
Si è arreso e adesso non riesce a sentire niente.
Nemmeno la musica.
Ha freddo, ma posa su un qualcosa che emana tanto calore.
Vorrebbe guardare, ma non riesce a voltare la testa.
È così stanco…
Forse sta sognando.
Sì, sta sognando.
Ne è sicuro, adesso, perché sente due mani su di sé.
Ma non fanno male.
Anche se sono grandi, non fanno male e non lo spingono.
Gli piace sognare.
Sembra vero.
Si sente sollevare e per un attimo ha paura, ma passa subito perché quelle mani sono ancora lì.
E… Fanno bene.
Poi sente qualcos’altro.
Un rumore, no, un suono.
Un suono dolce, bello e anche se non lo ha mai sentito prima, capisce cosa è.
È un cuore.
È bello, anche se strano.
Sente una stoffa posarsi sulle sue spalle.
Di nuovo quelle mani.
Oh, ora capisce.
Non ci può credere.
Se avesse un po’ di forza ed altrettanto coraggio, sorriderebbe.
Però non ce la fa.
 
È il sogno più bello che abbia mai fatto.
Un abbraccio.
Qualcuno lo abbraccia.
Non ha mai sognato un abbraccio.
Non immaginava che fosse così.
E adesso che ha capito gli sembra quasi sbagliato.
È come dire una bugia.
Allora inspira forte e racimola tutta la sua energia.
Perché, almeno nei sogni, lui è forte e coraggioso.

Tobia lo sente sospirare, scostare leggermente il volto dal suo petto.

Il piccolo parla, sono parole intellegibili.
Continua a dondolarlo.
A contemplarlo con un cipiglio serio, la fronte aggrottata nasconde rabbia e rammarico.
“N.. N-on.. N-non si.. a-abbracc…”
Lacrime si staccano dalle ciglia affaticate.
“N-non si a-abbracciano i… i m-mostri…”
Un soffio, una confessione.
Altre gocce di male.

Lo stomaco di Tobia si serra.
L'espressione s’indurisce.
La stretta si intensifica.

“Non si abbracciano i mostri…”
Ripete.
“Ma i bambini si, Yuri.
E quando hanno paura, si abbracciano un po’ di più…”



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Post It Autrice

Ed eccola qua, uno dei capitoli che più di tutti, ha richiesto ogni mia
emozione. E tempo, tanto.
Qui si vede quanto, il dolore ha scavato dentro Yuri.
Ma si intravede anche quanto, Tobia possa fare qualcosa per lenirlo.
E' un capitolo importante.
Se vi facesse piacere lasciarmi il vostro pensiero...
ve ne sarei davvero grata.
   
 
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