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Autore: Irony_Rocks    15/09/2020    0 recensioni
Lui è un esperto agente doppio 0 con una passione per le Aston Martin blu intenso e i cacciavite high-tech. Lei è un’ex ladra di gioielli imprigionata per un omicidio che dice di non aver commesso. Quando lei fugge di prigione per aiutarlo a rintracciare i Gioielli della Corona rubati, scopriranno di avere in comune molto più di quanto avessero immaginato.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amy Pond, Doctor - 1, Doctor - 11, River Song, Rory Williams
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A Game of Equals


V.

 

Il Dottore si svegliò con un mal di testa elettrizzante che gli scorreva lungo il nervo ottico, urtando la zona posteriore del suo occhio destro. Con un grugnito, tentò di spingersi in piedi, ma un rumore di catene ed una familiare voce femminile lo distolse da quell’intenzione, inducendolo dolcemente a tornare disteso. Si rese conto del fatto che la sua testa riposava sul grembo di qualcuno e c’era solo una persona a cui potesse appartenere.

 

“Ciao, dolcezza,” lo salutò River. “Non farei movimenti bruschi se fossi in te, oppure finirai per rimettere tutta la colazione di stamattina sul pavimento. I tranquillanti che hanno usato su di noi danno proprio dei postumi terribili, senza tutto il divertimento che dovrebbe precederli.”

 

Lui grugnì, osando dischiudere appena le palpebre per osservare quella pessima situazione. Erano rinchiusi in una qualche stanza oscura, industriale e piena di macchinari vari. Con suo sommo imbarazzo, il Dottore stava utilizzando il grembo di River come suo cuscino personale e, cosa ancora più sconcertante, a quanto pareva erano stati ammanettati insieme, il suo braccio destro a quello sinistro di River. L’altro braccio del Dottore era ammanettato ad un tubo di piombo che correva lungo il muro. Si era creata una situazione imbarazzante, ricca di potenziali doppi sensi se ci si fosse messo a pensare, ma non si sentiva abbastanza autolesionista da fare commenti al riguardo. Con un cigolio di metallo, sistemandosi e aggiustando la sua posizione, così che potessero sedere l’uno accanto all’altra con la schiena al muro, il Dottore fece un bilancio della situazione.

 

“Tranquillanti?” rifletté con un cipiglio. “Che cosa imbarazzante.”

 

“Sono d’accordo,” disse piano River. “Anche se tutto questo non sarebbe accaduto, se tu non mi avessi distratta in quel modo,” gli fece notare poi.   

 

“Di solito tendo ad avere quest’effetto sulle donne.”

 

“Non nel modo in cui intendi tu,” gli disse River.

 

“Non ne sarei così sicuro,” disse il Dottore, lanciandole uno sguardo d’intesa. “Dipende da quello che intendo.”

 

Da parte sua, River si limitò a fissarlo di rimando con un sorrisetto compiaciuto sulle labbra, del tutto divertita. Nonostante lo spiacevole risveglio e nonostante non avesse alcun dubbio riguardo il fatto che la responsabilità di quella situazione fosse di River, erano ricaduti nei vecchi schemi. Non vi era alcuna animosità nel loro dialogo. Alla luce del fatto che erano stati catturati, River era disposta a lasciare che l’intenso antagonismo della loro discussione precedente restasse ignorato con imbarazzo, come un elefante in una stanza con indosso un tutù rosa. Il Dottore era più che disposto a stare al gioco. Avevano un nemico più pericoloso alle calcagna.

 

E poi, a proposito di Melody, sapeva che la sola probabilità che ci fosse  un bambino in pericolo cambiava le regole del gioco; era una delle sue debolezze, forse la più grande. Non era mai stato capace di gestire un bambino che piangeva e avrebbe mentito se avesse detto di non aver mai reso più complicate più di una missione, per aver lasciato che il coinvolgimento di un bambino incidesse sulle sue decisioni. Per quanto odiasse essere stato usato da River durante tutto quel tempo, non era uno che portava rancore per qualche bugia, anche se detta per preservare la sicurezza di un bambino - specialmente se si trattava della stessa figlia di River.

 

“Melody,” disse delicatamente; e persino nell’oscurità, con il turbinio di macchinari a lavoro tutt’intorno a loro, il rumore che echeggiava tra le mura di cemento, lui la sentì irrigidirsi. “Quanti anni hai detto che ha?”

 

Dopo un momento, River rispose, riluttante. “Sei.”

 

Lui ripensò al suo file, rendendosi conto che sei anni da allora, River doveva aver dato alla luce sua figlia poco prima di essere condannata all’ergastolo. Non vi era traccia di menzioni di una gravidanza, nei file della prigione; infatti, adesso che ci pensava, non c’era assolutamente nessun file medico nel suo dossier. Avrebbe dovuto criticare quell’omissione, ma non l’aveva fatto - superficiale da parte sua, ripensandoci.

 

“Perché vogliono tua figlia?” Chiese a River.  

 

La udì sospirare, una forte agitazione che si faceva notare, dato che non la smetteva di muoversi, strattonando leggermente le mani incatenate del Dottore mentre le sue braccia si muovevano senza sosta. “Per condurre degli esperimenti,” disse River semplicemente. “A parte quello, non lo so. L’ultima volta che l’ho vista, era piccola abbastanza perché la potessi reggere con un braccio solo. L’ho data via con la speranza che nessuno potesse collegarla ad una criminale come me. A quel tempo non mi ero resa conto che il Silenzio avesse messo le sue mani su di lei.”

 

C’era molto più di quanto River fosse disposta a raccontargli, ma sapeva che quello non era il momento adatto. Doveva riorganizzarsi, riconcentrarsi e poi avrebbe potuto giungere a capo dell’enigma che era River Song. In quel momento, il crescente mal di testa dietro il suo occhio destro gli rendeva difficile concentrarsi su qualcos’altro, ma dovevano uscire da lì.

 

Controllò il suo orecchio e notò che il suo auricolare era sparito, toltogli probabilmente quando le guardie li avevano trascinati in quel luogo. Amy e Rory erano rimasti soli, ma avrebbero notato che lui era finito fuori comunicazione. Mise a tacere quel pensiero e si guardò attorno. La stanza era piena di macchinari, il che era una cosa dannatamente stupida da fare da parte loro, perché il Dottore aveva l’abitudine di usare quel tipo di cosa a suo vantaggio - ma era tutto fuori dalla sua portata. Una sua mano era ammanettata ad un tubo di piombo e l’altra a River Song, mentre lui era difronte a un dilemma e non c’era il suo cacciavite sonico ad aiutarlo.

 

“Mi dispiace,” disse improvvisamente River, di punto in bianco.

 

Il Dottore sbatté le palpebre, voltandosi repentinamente verso di lei, sicuro di aver sentito male. “Che cosa hai detto?”

 

River sospirò e gli concesse un sorriso. Non era un tipo di sorriso seducente o attraente, o persino quell’insopportabile sorrisetto da so tutto io che aveva l’abitudine di riservargli. Questo, in effetti, era un sorriso tanto imbarazzato quanto sincero. “Mi dispiace di averti messo in questa situazione, Dottore. Non saresti qui se non fosse per me.”

 

“Pensavo che tu non fossi un tipo da scusarsi per questo genere di cose? Ricordo piuttosto bene di averti sentito dire di non sperare in delle scuse da parte tua, ed è comunque qualcosa che non faccio spesso - fare affidamento sulle persone. Non c’è motivo di farlo, a meno che non si tratti di una questione di vita o di morte che coinvolga una quantità d’acqua spiacevolmente grande.”   

 

Il ricordo del loro litigio precedente, in corridoio, la fece trasalire. “Ero arrabbiata,” ammise River. “Lo sono ancora, un po’, ad essere onesti. E’ il più vicino che sia mai arrivata a recuperare mia figlia, dal giorno in cui me l’hanno strappata dalle braccia. Non è colpa tua, però. C’è solo una persona da incolpare per questo.”

 

Il Dottore la studiò per un secondo. “Chi?”

 

“Me,” esclamò un’altra voce, femminile e spietata. Il Dottore si voltò da un lato, in cui una donna vestita di nero si ergeva proprio al di là della luce del corridoio, nascosta tra le ombre. Quando fece un passo avanti, lui la riconobbe subito come Madame Kovarian, la leader del Silenzio e la figura pubblica dietro alle Industrie Mycroft. “River Song,” la salutò con affezione, una presa in giro in quell’intima riunione. “Avevamo fatto un patto. Se avessi voluto tua figlia indietro, avresti dovuto rubare i Gioielli della Corona e consegnarceli. Ma non sei riuscita a fare neppure questo.”

 

River balzò in piedi, dando uno strattone quando le catene fermarono i suoi movimenti. Lottò comunque, allungando il braccio del Dottore ed il metallo che lo collegava a lei, fin dove le era possibile. “Non lavorerei mai per te. E se mai tu volessi i Gioielli della Corona, allora dovresti liberare mia figlia proprio in questo istante, o giuro su Dio che non ci sarà un angolo nell’intero universo in cui tu possa nasconderti. Ti darò la caccia e ti farò implorare pietà.”

 

Kovarian non sembrava affatto preoccupata. “Non dubito che ci proveresti. Ho controllato i tuoi fascicoli. Abbiamo sentito tutti le storie su di te, e adesso guarda che cosa sei diventata. River Song, la donna che ha giurato vendetta.”

 

“Gran bella frase; ricca di pathos[1],” commentò il Dottore.

 

La Kovarian si voltò di scatto verso di lui, studiandolo con uno sguardo dal basso verso l’alto, prima di lanciargli un sorriso freddo. “E il Dottore. 0011. Che ci fa con una donna come River Song? Non le importa di niente e di nessuno, eccetto sua figlia. Corra con lei dove vuole ma, non lo ha ancora capito? La condurrà alla morte.”

 

Il Dottore le offrì un sorriso cattivo. “Correrò i miei rischi, grazie. Adoro fare delle belle corse, Signorina Kovarian.”

 

“Madame,” lo corresse Kovarian.

 

“Oh?” le sue sopracciglia si sollevarono verso il cielo. “Le mie scuse.”

 

“Dov’è mia figlia?” Pretese di sapere River.

 

Kovarian s’interruppe un momento, il suo volto non fu attraversato neppure da un barlume d’emozione mentre calava il silenzio. Era una donna molto matura, i suoi capelli meticolosamente sistemati, un semplice completo nero e dei sobri tacchi alti - il tipo di donna che avrebbe potuto pretendere attenzione senza problemi. Decenni in cui l’intelligence britannica aveva raccolto informazioni su questa donna, avevano portato a  dati essenzialmente inutili e a improbabili congetture. Nessuno aveva idea di che cosa volesse o quale fosse il suo scopo finale. E adesso, per chissà quale motivo, aveva bisogno di una bambina e dei Gioielli della Corona. Il Dottore non riusciva a collegare le due cose, e pensare che normalmente era solito uscirsene con deduzioni con la stessa disinvoltura con cui respirava.

 

In fine, Madame Kovarian si voltò verso uno dei suoi lacchè in secondo piano. “Portate dentro la ragazza,” ordinò.

 

Lui percepì River incurvarsi accanto a lui, tutta la sua baldanza che la abbandonava in un singolo sospiro, mente lei si preparava psicologicamente per quello che sarebbe seguito. Un attimo dopo, una guardia scortò una ragazzina esile nella stanza e River sussultò. Melody era piccola e sottile come un grissino, davvero magra come un chiodo. Capelli neri non curati, lunghi fino alla schiena, coprivano metà della sua faccia in ciocche arruffate. Teneva gli occhi sul pavimento di fronte a lei, le mani conserte. Spaventata, indifesa - trascurata.

 

Il Dottore fu attraversato da una rabbia bruciante, folgorante e possessiva.

 

“Melody,” disse River insicura, ritrovando infine l’uso della parola. La sua voce era delicata e disperata; sondava le acque per trovare nel suo sguardo un qualche segno del fatto che la ragazzina l’avesse riconosciuta - anche se aveva già confessato al Dottore che sarebbe stato molto improbabile. “Per favore, tesoro, guardami.”

 

Melody s’interruppe un momento, voltandosi prima verso la Kovarian al suo fianco, come se stesse aspettando di ricevere il permesso. “Va tutto bene, Melody,” disse la Kovarian, con una voce crudele. “Voglio che questa donna veda la tua faccia. Voglio concederle questo effimero momento prima di strapparglielo via del tutto.”

 

Il Dottore fu invaso da un’ondata di pura rabbia, che sembrò attraversargli le vene, nel vedere la ragazzina così obbediente e timorosa, come se fosse stata addestrata; al pensiero di quanto la Kovarian avesse tolto a madre e figlia. Si chiese se Melody avesse idea di quello che stava accadendo - ma come poteva? Con sguardo vacuo, si voltò completamente verso River e la donna ammanettata a lui - questa donna impossibile, che lui aveva visto abbigliata in modo provocante e sorridere seducente di fronte al pericolo - questa donna, si lasciò andare ad un singhiozzo.

 

“Melody,” disse River, con voce rotta. “Sono tua madre.”

 

Melody si limitò a fissarla, lo sguardo vacuo.

 

Kovarian sorrise, avanzando di un passo. “Melody non ha una madre. Lei è l’arma perfetta per la nostra organizzazione, una perfetta pagina bianca su cui scrivere. Faremo di lei ciò che desideriamo e sarà magnifica. Ma, tu, River Song - a meno che non mi dica dove hai nascosto i Gioielli della Corona, non avrai mai la possibilità di rivederla. Ti distruggerò proprio qui, adesso, e morirai sapendo che non c’è niente che tu abbia potuto fare per proteggere il sangue del tuo sangue.”

 

River drizzò la schiena e sputò un “Va all’inferno, Kovarian.”

 

Il sorriso di quest’ultima rimase fisso sul suo volto, ma il Dottore avrebbe potuto giurare che fosse anche piuttosto tirato. “Guardie, portate via Melody. Portatela all’elicottero e alla nostra seconda sede sicura. Fatelo rapidamente. La voglio in volo in meno di dieci minuti.”

 

Le guardie non se lo fecero ripetere due volte. Il Dottore guardò due uomini avanzare, affiancare Melody da entrambi i lati e poi scortare la ragazzina fuori dalla stanza. River gridò, la supplica disperata di una madre, ma la ragazzina lanciò solamente un ultimo, fuggevole sguardo di confusione verso River prima di andarsene. Il silenzio che calò in seguito era soffocante e rumoroso; Kovarian sembrava divertita dall’espressione devastata sul volto di River.

 

“Dicci quello che vogliamo sapere,” pretese, “e forse mostrerò pietà.”

 

River drizzò le spalle, la mascella, drizzò quasi ogni dannato angolo del suo corpo. “Controlla di nuovo i tuoi fascicoli, Kovarian. Nei decenni in cui ho fatto il mio lavoro, quando mai ho fallito nel raggiungere uno scopo? E’ per questo che i tuoi mi hanno avvicinato in prigione, perché persino da rinchiusa, sapevi che fossi in grado di compiere azioni che i tuoi non avrebbero saputo fare.”

 

“Non sottovaluto mai quanto in là possa spingersi una madre per proteggere il proprio figlio,” concordò Kovarian. “Ma il gioco è finito. Hai perso. Adesso tutto ciò che rimane è la quantità di dolore che sei disposta a sopportare prima che decida di mettere fine alla tua vita. Velocemente e serenamente oppure lentamente e dolorosamente? Scegli tu. Non deve essere per forza doloroso.”

 

“Oh, sì,” replicò River, con fermezza. “Sì invece, perché te lo assicuro, Madame Kovarian, quando ti ucciderò, non sarà veloce o indolore. Sarà assolutamente doloroso.”

 

Le due donne si fissarono l’un l’altra, uno scontro di sguardi, nessuna delle due batteva ciglio.

 

“Beh,” il Dottore ruppe quel momento di stallo, ad alta voce, con una risata sguaiata. Batté le mani l’una contro l’altra, strattonando le braccia ammanettate di River con le sue, e disse eccitato, “Odio interrompere questa gara di sguardi - io avrei puntato su River, - ma a quanto sembra abbiamo degli orari da rispettare e vorrei assicurarmi che siamo tutti al sicuro prima che questo posto faccia kaboom. Beh, dico noi, ma in realtà potrei voler dire solo me e River. Non che lei non sia una splendida antagonista di bellissima presenza, Signorina Kovarian—“

 

“Madame,” lo corresse, in automatico.

 

“— ma vede, mi offende l’idea che venga fatto del male a dei bambini. Mossa poco furba da parte sua, e, davvero, preferisco quando i cattivi sono furbi. Quindi, sa cosa le dico? Parlerò molto lentamente, anche se non troppo lentamente dato che ho già menzionato quella faccenda del kaboom, giusto?”

 

“Di che sta farneticando?” pretese Kovarian, scocciata.

 

“Una bomba,” rispose il Dottore. “Una grande bomba. Una bomba che farà boom. Una bomba che farà boom se lei non ci lascerà andare immediatamente.”

 

Kovarian lo fissò e persino River lo stava guardando con la mascella allentata. “Sta bluffando,” lo accusò Kovarian.

 

“Io non bluffo mai,” controbatté il Dottore. “Pensa che sia appena entrato qua dentro senza un piano di fuga, nel caso in cui fossimo stati catturati? Ho dei piani di riserva io. Ho piani di riserva ai piani di riserva, dalla A alla F. Eccetto la E. Non mi è mai piaciuta molto la lettera E, la ometto sempre quando posso.”

 

“Non le credo.”

 

“Allora sarà molto sorpresa tra dodici minuti quando questo edificio esploderà. Le direi che gliel’avevo detto, ma saremmo tutti fatti a pezzi. Non ho potuto comunicare con i miei compagni dieci minuti fa. Secondo il protocollo, loro staranno mettendo esplosivi ad ogni punto strategico dell’edificio, programmando la C4 perché esploda precisamente dieci minuti dopo un’ora, che è—“ lanciò uno sguardo al suo orologio da polso, “dodici, no aspetti. Scusi. Undici minuti da adesso.” Offrì un sorriso a Madame Kovarian. “Undici, il mio numero preferito.”

 

“Davvero?” disse la Kovarian, poi indicò a una delle sue guardie di avvicinarsi. Si sussurrarono qualcosa a vicenda per un attimo, scambiandosi delle informazioni di qualche sorta. Sospettava che la Kovarian stesse ricevendo un aggiornamento sulle violazioni di sicurezza, e conosceva Amy e Rory abbastanza bene da sapere che probabilmente avevano già messo fuori gioco metà delle guardie.

 

River gli si avvicinò, abbassando la voce ad un sussurro, “Non hai mai parlato di una cosa del genere prima.”

 

“Cosa?” replicò con una scrollata di spalle. “Solo a te è permesso mentire?”

 

“Oh, Dottore,” disse Kovarian. “Non faccia mai giochetti con me; non riuscirebbe mai a vincere.”

 

Lui la fissò con freddezza.

 

Kovarian sorrise, “Vada avanti. Faccia esplodere l’edificio. Anche se credessi davvero che abbia pianificato tutto questo - e non ci credo - e anche se i suoi compagni fossero capaci di oltrepassare le nostre guardie - e non lo sono - io non rispondo con gentilezza alle minacce. In effetti, mi ha fatto venire in mente un’idea brillante.” Si voltò verso le guardie. “Impostate l’autodistruzione dell’edificio per - di che orario aveva parlato? Undici minuti? Bene, allora, impostate l’autodistruzione per otto minuti da adesso.”

 

Il Dottore la fissò.

 

“Più del tempo necessario per andarmene,” disse la Kovarian, quando lui non ebbe proferito parola.

 

“Non può evacuare l’edificio così velocemente,” evidenziò River.

 

Kovarian scosse le spalle. “E chi ne ha bisogno? Che muoiano tutti, ognuno di loro. Non m’importa del personale, qui.” Si voltò verso la guardia. “Fallo. Adesso.”

 

La guardia s’interruppe, poi annuì velocemente e se ne andò senza dire una parola.

 

“Aspetta!” Gridò River. “Non hai scoperto dove ho nascosto i Gioielli della Corona.”

 

Kovarian scrollò di nuovo le spalle. “Ne verrò a capo. Sono abbastanza furba da poterlo fare.”

 

Se ne andò senza aggiungere altro, con un’entourage di guardie abbigliate in completi immacolati al suo seguito. Il Dottore lanciò uno sguardo al suo orologio da polso, impostando il timer per otto minuti da allora. Il meccanismo di autodistruzione dell’edificio avrebbe molto probabilmente raso al suolo l’intera struttura, soprattutto i complessi sotterranei. Passò qualche secondo di silenzio mentre pensava febbrilmente alle sue opzioni.

 

“Sai quando hai menzionato i tuoi piani di riserva?” disse River, fingendo un tono tranquillo. “Dalla A alla F?”

 

“Eccetto la E,” sottolineò il Dottore.

 

“Per favore dimmi che non era tutto un bluff.”

 

“Ogni singola parola,” confermò il Dottore, con una smorfia. “Pensavo che avrei potuto provarci. Cosa sarebbe potuto accadere di peggio?”

 

La faccia di River si oscurò, i dettagli dello scenario peggiore erano anche troppo evidenti in quelle circostanze[2]. Lui era troppo occupato a tentare di salvaguardare un po’ della sua reputazione cercando un modo per uscire di lì, per provare a scusarsi, soprattutto dato che aveva solo qualche minuto per agire, ma persino in quel caso, l’intero edificio sarebbe stato pieno di persone e—

 

River si allungò da un lato e spinse l’allarme anti incendio sulla parete più vicina. Un attimo dopo, uno squillo echeggiò nell’intera stanza e probabilmente anche nell’intera struttura. Lei scambiò con lui uno sguardo, senza avere bisogno di chiarire le sue ragioni. Almeno il personale avrebbe avuto l’opportunità di evacuare l’edificio, anche se quanti di loro sarebbero riuscirti a farlo in otto - no, aspetta, sette - minuti rimaneva un punto di domanda. Non aveva tempo di pensarci; era ancora intrappolato in una stanza ad almeno sette piani sotto il seminterrato di una struttura ad alta sicurezza, ammanettato ad una criminale e madre; e non non riusciva a trovare un modo per uscire da quella situazione.

 

Non era proprio uno dei suoi momenti migliori, ma si era ritrovato in molte situazioni insolite prima ed era riuscito a cavarsela; anche se questa era probabilmente una delle peggiori - certo, usare River come cuscino, prima, non era stato così spiacevole. Neppure le manette lo sarebbero state, in altre circostanze.

 

“Ti ricordi come mi sono scusata, prima, per aver rischiato la tua vita?” disse River. “Mi rimangio ogni parola.”

 

Assolutamente in altre circostanze.

 

“Oh, pfft, River Song,” assicurò il Dottore, mentre ancora si guardava attorno febbrilmente cercando qualcosa nella stanza. Inoltre, quel dannato allarme rumoroso non giovava di certo alle sue riflessioni. “Se avessi un nichelino per ogni volta che sono stato sul punto di saltare in aria, e sono sopravvissuto, sarei un uomo ricco.”

 

“Ne ho sentito parlare,” disse River, con uno sguardo diffidente. “Ti dispiace dimostrarlo?”

 

L’allarme continuava a squillare e in fine lo sguardo del Dottore cadde di nuovo su River. Lei aveva distolto lo sguardo, ma persino da dietro di lei il Dottore riusciva a vedere le sue spalle contratte e la rigida tensione del suo corpo. Lei dovette essersi sentita sotto esame, perché si voltò ed i suoi occhi tradirono il suo timore.

 

“Dottore,” disse lei, piano. “Mia figlia—“

 

“Starà bene,” le assicurò. “Se n’è andata in anticipo, e probabilmente è già in volo. Non rimarrà coinvolta nell’esplosione.”

 

“Non è di questo che mi preoccupo,” gli confessò e lui sapeva esattamente che cosa volesse dire.

 

Era solo una ragazzina e lui poteva solo immaginare a quali orrori Melody fosse sopravvissuta. Sei anni di vita in cui era stata terrorizzata affinché divenisse sottomessa, trascurata, maltrattata. Oh, avrebbe fatto a pezzi l’intero Silenzio solo per quello, avrebbe abbattuto la loro infrastruttura, avrebbe eliminato Kovarian, si sarebbe liberato di tutti suoi lacchè uno per uno se avesse dovuto - era la punizione più clemente a cui riusciva a pensare per la loro offesa. 

 

River appariva come immersa in tutt’altri pensieri, però. Pensieri sconsolati. Sconfitti da quegli ultimi attimi.

 

Era un aspetto che non le si addiceva per niente.

 

“Ehi,” disse lui, afferrandola per le spalle. Lui la voltò in maniera che potesse fronteggiarlo e persino mentre il loro tempo scorreva inesorabile, era importante che avesse la sua attenzione. “Non mi conosci ancora molto bene, ma su questo ti puoi fidare di me. Lei starà bene.”

 

“Come puoi dirlo? Non riusciamo neanche ad uscire da una stanza chiusa a chiave. Come faremo a proteggere mia figlia?”

 

“Giuro sulla mia vita, la riporterò al sicuro,” promise, con fermezza. “Ti do la mia parola, lo giuro, River Song, niente m’impedirà di riportare tua figlia da te, la persona con cui dovrebbe stare. Ti fidi di me per questo?”

 

Lei lo fissò, con le lacrime agli occhi, mentre i secondi correvano verso quella che sarebbe stata sicuramente la loro rovina - ma qualcosa nell’espressione del Dottore doveva averla colpita, qualcosa doveva averle mostrato l’intensità della sua fermezza sull’argomento - perché River annuì. “Mi fido.”

 

“Bene.” Il Dottore inspirò. “Ora, buone notizie e cattive notizie. Quali vuoi prima?”

 

“Quelle cattive. Comincio sempre con quelle cattive.”

 

“Questo piccolo confronto a cuore aperto ci è costato un prezioso minuto.” Si accigliò. “Avremmo davvero dovuto scegliere un orario migliore per farlo.”    

 

Lei annuì, d’accordo anche se aveva ruotato gli occhi. “Quelle buone?”

 

“Non stavo mentendo riguardo una cosa. Avrei dovuto comunicare con Amy e Rory quindici minuti fa.”

 

“Credi che verranno a cercarci? O che riusciranno a trovarci in questa specie di labirinto?”

 

“Certo.”

 

“Come puoi esserne così sicuro?”

 

“Sono proprio dietro di te,” annunciò il Dottore, gioioso, e indicò lo spazio dietro la spalla di River. Amy e Rory erano arrivati velocemente attraverso la porta, entrambi con una borsa di lana spessa sulle spalle. “I Pond! Che bello vedervi!”

 

“Si, beh,” rispose Amy piano. “Qualcuno doveva venire a salvarti il culo.”

 

“Stupidaggini, Pond. Mi sono preoccupato di liberarmi di tutte le guardie per voi. Hanno evacuato l’edificio. Vi ho allentato il coperchio del barattolo.”

 

Rory cominciò ad aprire le manette, mentre Amy si fermò di fronte a loro con un sopracciglio sollevato. “Ammanettati insieme? Davvero, Dottore, non sapevo fossi un tale pervertito.”

 

________________________

 

 

Tick tock goes the clock[3].

 

Il Dottore corse lungo il corridoio con tutti gli altri alle calcagna, svoltando l’ultimo angolo che portava agli ascensori. Tutto sommato, avevano circa quattro minuti per liberare l’edificio e non contava per la resistenza che avrebbero dovuto affrontare una volta raggiunta la cima. Fortunatamente, le guardie avevano già lasciato l’edificio.

 

Rory riuscì ad oltrepassarlo e premette febbrilmente i pulsanti di ogni ascensore, praticamente saltando sul posto.

 

“Orario!”

 

“Tre minuti e trentasette secondi!” 

  

“Merda,” esclamò Amy. “Perché non ci sono scale in questo posto? Le potremmo salire in men che non si dica.”

 

“Misure di sicurezza,” affermò River. “L’unico modo per entrare o uscire dai livelli sotterranei è attraverso questi tre ascensori. Come siete riusciti ad arrivare quaggiù voi due?”

 

“Ci siamo calati giù,” disse Amy, un po’ compiaciuta. “Come te, immagino? Era tua l’attrezzatura nella tromba dell’ascensore?”

 

“Oh, ci sai fare,” sottolineò River. “Davvero, davvero tanto.”

 

Il Dottore era riuscito ad intrufolarsi dentro falsificando l’identità di uno dei rappresentanti del personale autorizzato e scendendo semplicemente con l’ascensore come una persona normale, ma nessuno sembrava interessato a chiederglielo. Aveva ancora persino il cartellino con il nome ed il numero identificativo. Accigliato, ebbe l’impressione che quella manovra non avrebbe comunque impressionato River così tanto, anche se ciò si sarebbe dimostrato di grande importanza solo un momento più tardi.

 

Rory stava di nuovo premendo febbrilmente i pulsanti di tutti e tre gli ascensori. Quando finalmente una delle loro porte si aprì; ci saltò praticamente sopra.

 

“No! Aspetta—“ gridò il Dottore, lanciandosi verso di lui.

 

Fu troppo tardi.

 

Mezzo secondo dopo una gabbia piombò dall’alto, intrappolando Rory all’interno dell’ascensore. Misure di sicurezza. Mostruose misure di sicurezza. Una persona veniva automaticamente scannerizzata appena entrata e se priva di autorizzazione, veniva immediatamente intrappolata dentro l’ascensore finché le guardie non fossero passate di lì.

 

Eccetto, ovviamente, in quel particolare momento, in cui costituiva praticamente una trappola mortale.

 

“Um, ops,” disse Rory, grattandosi dietro l’orecchio.

 

“Oi, faccia stupida che non sei altro,” disse Amy, ruotando gli occhi. “Tieni duro, ti tireremo fuori di lì.” 

      

La faccia di River divenne pallida. “Amy—“

 

“Aspetta,” disse Amy, cercando rapidamente nella sua borsa. “Ho uno dei cacciavite sonici di riserva del Dottore qui da qualche parte—“ e il Dottore fu sopraggiunto dal pensiero che aveva fatto impallidire River. “— e non ti preoccupare, Dottore. Avevo assolutamente intenzione di restituirtelo. L’avevo solo preso in prestito per delle situazioni del genere.”

 

“Amy,” riuscì in fine a dire River, debolmente. “Non… Non è questo il problema.”

 

Amy s’immobilizzò, poi si voltò. “Cosa?”

 

“Solo il codice d’accesso autorizzato può aprire la gabbia, e noi non lo conosciamo,” rispose River, con dolorosa realizzazione.

 

Amy si voltò trafelata per chiedere al Dottore, cercando conferma - o più probabilmente una smentita - e il Dottore non ebbe il cuore di concederle nessuna delle due, perché sapeva che River diceva la verità. Non poteva mentire ad Amy, ma non riusciva neppure a dirle la verità. Le strappò di mano il cacciavite sonico e tentò comunque, passando da una configurazione all’altra.

 

“Riuscirò a farlo funzionare,” disse il Dottore, incapace di guardare Amy negli occhi. “M’inventerò qualcosa.”

 

Rory lanciò uno sguardo preoccupato al suo orologio da polso. “Ti sono rimasti solo due minuti e mezzo. Non hai tempo d’inventarti qualcosa.”

 

“Cosa?” Esclamò Amy, con rabbia. “Chiudi il becco! Certo che ce l’abbiamo. Dottore, fa più veloce!”

 

Ma il Dottore stava smaniando per passare da una configurazione all’altra, sapendo che ognuna di esse fosse inutile. Lanciò un singolo sguardo oltre la sua spalla in direzione di River, vedendola mostrargli un’espressione di sofferente comprensione; e poi dovette di nuovo distogliere lo sguardo, conscio del fatto che River sapesse quanto fosse del tutto inutile quell’azione. La tecnologia di quell’ascensore non era suscettibile alle stesse frequenze del suo cacciavite. Non avrebbe funzionato. Sollevò lo sguardo, guardando Rory attraverso le sbarre e quest’ultimo lo stava osservando di rimando con crescente consapevolezza.

 

Rory sapeva che stava per morire, ma la disperazione che oscurò i suoi lineamenti non era per se stesso.

 

Era per Amy.

 

La porta del secondo ascensore si aprì con un acuto suono metallico. “River,” riuscì a dire il Dottore, bruscamente, senza nemmeno guardarla. “Porta Amy fuori di qui. Adesso.”

 

“Cosa?” domandò Amy, sempre più oltraggiata. “No.”

 

“Sì,” insistette il Dottore, cocciuto quanto lei. “Non riesco a lavorare con voi due che mi state addosso così. Rory ed io vi verremo dietro tra un attimo.”

 

“Non vado da nessuna parte!”

 

“Sì, invece, Amelia Pond! Perché ti ho detto di andare e il tuo matrimonio non è superiore alla mia autorità in un’operazione!”

 

“Col cavolo che me ne vado!” Gridò Amy, praticamente sputando fuoco. “Gridami contro quanto vuoi, ma non ci penso nemmeno ad andarmene di qui senza mio marito!”

 

“Sì che te ne andrai,” le disse risoluto il Dottore, “Anche se River dovesse trascinarti fuori di qui con le sue stesse mani. Non è così, River? River?”

 

“Dov’è andata?” Chiese Rory.

 

Amy si guardò intorno ed il suo volto si oscurò quando vide che la porta del secondo ascensore si era già chiusa. “Che cosa credi? Ci ha lasciati!”

 

Quella dichiarazione colpì il Dottore con più forza di quanto avrebbe dovuto. Li aveva appena abbandonati per andarsene, mentre i secondi che li allontanavano dall’esplosione scorrevano inesorabili. Fu attraversato da una scarica di shock, seguita da un senso di tradimento e da una rabbia bruciante. Non aveva la minima idea del perché si sentisse così tradito, dato che River Song si era dimostrata più volte inaffidabile. Ma gli bruciava comunque - in maniera sorprendentemente dolorosa.

 

“Chi se ne frega,” ringhiò Amy, tornando concentrata. “Non abbiamo tempo per questo. Tira mio marito fuori di lì, Dottore!”

 

Le porte del terzo ascensore si aprirono con un trillo metallico.

 

Rory guardò di nuovo il suo orologio da polso. “Abbiamo meno di due minuti. Se mi lasciate adesso, potete riuscire ad evacuare l’edificio con una distanza sufficiente tra voi e l’esplosione.”

 

“No,” disse Amy, scuotendo la testa all’impazzata, testardamente. “Mai. Neanche per sogno.”

 

“Amy, ti prego,” la implorò Rory. “Non avete tempo.”

 

“Non ho intenzione di abbandonarti!”

 

“Rory—“ cominciò il Dottore.

 

“Dottore!” s’intromise Rory con un grido febbrile. “Me lo devi. Tutte quelle missioni, tutte quelle volte in cui ti ho seguito ciecamente, senza mai fare domande! Me lo devi, e ora ti sto chiedendo - porta mia moglie fuori di qui!”

 

Dopo una breve pausa il Dottore fu certo di quello che doveva fare. “Mi dispiace,” gli disse. “Sei un brav’uomo, Rory.”

 

Girando i tacchi, prese Amy per i fianchi prima che potesse sfuggirgli. “Aspetta, no - che stai facendo?!” gridò, lottando - dimostrando la sua credibilità come agente tirandogli un forte colpo allo stomaco, quasi riuscendo a fargli allentare la presa. Ma il Dottore era un veterano in questo genere di cose; era stato lui ad averla addestrata ed era determinato in quello che stava facendo, perché lei lo avrebbe odiato ma ne andava della sua vita - e lo doveva a Rory. Rory, che era sempre stato leale e affidabile e che amava Amy Pond più di ogni altra cosa nell’universo.

 

Amy gridò, lottando con tutta la forza che aveva, “Lasciami andare!” Ma lui la spinse dentro l’ultimo ascensore, mostrò lo stesso numero identificativo che aveva usato in precedenza per scendere fin lì e premette il pulsante per la hall. Anche quando le porte si chiusero, Amy non smise un attimo di lottare. Il panico aveva preso il sopravvento, i colpi ed i calci erano divenuti più frenetici e disperati. Con un grido strozzato, imprecando contro il Dottore, chiamando Rory e poi a metà tragitto, crollò tra le sue braccia, singhiozzando. Lui le tolse i capelli dalla faccia con una carezza, il cuore spezzato in due dopo averla vista collassare.

 

“Ti prego,” singhiozzò, irrazionalmente. “Dobbiamo tornare indietro. Rory.”       

 

Quando le porte in fine si aprirono, dovette quasi portarla fuori di lì in braccio. I secondi scorrevano, l’entrata deserta mentre il Dottore la attraversava correndo con Amy tra le braccia. Era entrata in una qualche sorta di stato di shock, lasciandosi portare fuori senza protestare e senza essere del tutto cosciente di quello che accadeva attorno a lei. Diede una spallata alla porta, riuscendo a fare qualche passo lungo il cortile, gridando, nel frattempo, alle folle inconsapevoli che si erano formate all’esterno. “Allontanatevi!” gridò verso di loro. “Bomba! Bomba nell’edificio!”

 

Rimanevano venti secondi.

 

La sua affermazione scatenò il caos tra la folla e nella follia che seguì, per poco non perse la presa su Amy. La voltò di scatto verso di lui e continuò a spingerla lontano dall’edificio, passando oltre una fila di macchine. La portiera di un furgone nero in sosta dall’altra parte della strada si aprì, rivelando Jack.

 

“Che diavolo sta succedendo?” pretese di sapere Jack. “Ho perso i contatti con tutti un’ora fa!” Il Dottore depositò Amy ai piedi del furgone e Jack lanciò un’occhiata al suo stato scarmigliato, deglutendo. “Che cazzo è successo? Dov’è Rory? Dottore, dov’è River?”

 

Il timer sul suo orologio da polso si azzerò.

 

Il Dottore si voltò in direzione dell’edificio perché era sul punto di- e poi bam. L’esplosione scosse la terra e il Dottore fu scaraventato all’indietro, sul marciapiede, mentre il calore dell’esplosione si espandeva. Si gettò nel furgone e l’aria gli venne spinta fuori dai polmoni mentre l’esplosione si propagava e i detriti volavano dappertutto. Crollò a terra piegato su se stesso, percependo una fitta di dolore attraversargli il corpo.

 

Dopo qualche secondo di silenzio, tentò di mettersi in piedi, la vista che gli si offuscava, osservando prima Amy che si alzava a fatica, poi Jack, e in fine i rottami. L’edificio era andato in pezzi, con un’enorme crepa proprio al centro, ed era venuto giù come un castello di carta crollato su se stesso. Gli occhi del Dottore si erano chiusi di scatto mentre l’edificio continuava a cadere e a ripiegarsi, l’irritante rumore di metallo e le urla che si mischiavano nell’aria creando una cacofonia di rumori che riusciva a sentire persino sopra il leggero fischio che aveva nelle orecchie.

 

“Rory,” singhiozzò Amy in un sospiro afflitto.

 

Poi, nel bel mezzo del caos sul sito dell’esplosione, gli sembrò di notare un baleno di familiari ricci indisciplinati, coperti da uno spesso strato di terra e polvere, che si affrettava nella direzione opposta - la vide di sfuggita, da una certa distanza, e lei scomparve tra la folla e il caos prima che lui potesse pensare o chiamarla o anche solo sentirsi tradito; poi Jack lo caricò con urgenza nel furgone. Il Dottore cercò di gridare, fermarlo - ma gli girò la vista mentre cadeva sul pavimento del veicolo, e si sentì circondato dall’oscurità. Per la prima volta notò la gravità delle sue stesse ferite, ma le diede pochissima considerazione. I suoi ultimi pensieri, prima di svenire, riguardavano tutti River Song.

 

E non erano affatto pensieri gentili.

 

Note della Traduttrice:

 

[1]Nell’originale si legge Nice allitteration, ovvero ‘bell’allitterazione’, ma ahimè, la qui presente traduttrice non è stata capace di creare un’allitterazione che, soprattutto, riproducesse un significato equivalente in italiano. Sorry guys. 

 

[2]Ho qui semplificato la traduzione della frase originale, che in italiano suonava troppo intricata, pur mantenendo il significato dell’originale.

 

[3] Nell’originale si legge Tick Tock goes the clock; ho preferito lasciarla in inglese perché la trovo più bella e ad effetto, ma per chi volesse la traduzione offro quella presente anche nelle puntate della sesta stagione da cui è tratta: Tic Toc L’ora È. Alternativamente, in questo contesto si potrebbe tradurre come Tic Toc il Tempo Scorre, ma l’originale è molto più poetico.

 

   
 
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