~ Gabumon,
ti prego torna da me ~
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Alla
fine, è successo.
Quello
che per anni avevo sperato, anzi no, pregato non accadesse mai.
Il
mio incubo peggiore ha preso forma.
Menoa
Bellucci lo aveva detto, il countdown lo aveva reso concreto eppure fino all’ultimo
ho volto non crederci.
Le
labbra roventi rabbrividiscono contro il freddo metallico dell’armonica.
Mi
meraviglio di aver ancora aria nei polmoni per suonarla, perché a me sembra di
non riuscire più a respirare.
La
scorsa notte ti ho sentito, ho avvertito chiaramente la tua zampa posarsi in quel
muto gesto sulla schiena.
Te
ne eri accorto, lo hai sempre saputo quando il dolore oltrepassava la soglia diventando
insopportabile lasciandomi solo l’irrefrenabile desiderio di piangere.
Lì,
al buio di quel vicolo durante l’appostamento di Kyotaro Imura io ho creduto, mi
sono illuso, ancora di essere forte.
Lo
avevo promesso a me stesso di non piangere per quell’imminente addio, avevo
promesso di essere forte, era stata la mia promessa per te.
Anche
se sei rimasto in silenzio, anche se la pioggia le ha nascoste io lo so che quelle
lacrime tu le hai viste ugualmente.
Il
mio modo per mostrarti che ero cresciuto, per dimostrare che quel maledetto
fenomeno chiamato crescita, quello che stava per rompere irrimediabilmente il nostro
legame avesse un minimo di fondamento si era infranto.
Qual
era? Quale diavolo era l’entità che aveva deciso tutto ciò?!
Chi
aveva scritto, decretato, condannato, questo volere?!
Per
diventare grandi bisogna dire addio al migliore amico dell’infanzia.
Qualunque
sia l’entità che governa il mondo digitale può pure andare a farsi fottere.
Quell’essere
malato ha giocato con la vita delle persone, con quella dei bambini, con
la mia.
Prima
mi ha spinto a instaurare un legame, prima mi ha fatto credere che il digimon scegliesse il proprio inseparabile compagno
per poi rovinare tutto.
Mi
ha illuso, ha giocato con i miei sentimenti, mi ha reso lo stramaledetto detentore
dell’amicizia per
poi strapparmi via dopo anni l’esatta fonte di quel potere.
Perché
se il prescelto cresce, il digimon scompare.
Fa
male.
Lo
odio chiunque esso sia, odio con tutto il cuore il sovrano del tuo mondo, Gabumon.
Sì,
lo detesto con lo stesso organo che non sento più battere, sostituito da un
opprimente macigno.
Le
note di quella familiare melodia che mi ha accompagnato nel primo viaggio pluridimensionale
riempiono il silenzio, un silenzio che non è tale perché accompagnato da tante
parole sottintese, dai ricordi di una vita.
Mi
sento morire ma la brezza che soffia mi suggerisce di essere più vivo che mai.
«Yamato, credo di capire quello che stai provando e voglio
che tu faccia quello che è meglio per te»
«Davvero,
Gabumon?»
«Taichi è troppo impulsivo e spesso la fretta lo porta a compiere
dei gravi errori, d’altro canto tu fai sempre le cose giuste, il problema però
è che le fai a modo tuo»
«Le
cose giuste? A modo mio?»
«Se
davvero vuoi capire io ti aiuterò. Se deciderai di lottare io lo farò. Qualsiasi
cosa tu sceglierai io sarò sempre al tuo fianco»
La
melodia si incrina, la nota stonata arriva in seguito al ricordo dell’incontro
con Cherrymon.
Gabumon
non parla, lui quegli errori non li ascolta.
Quella
è la sua melodia preferita, la colonna sonora della nostra amicizia.
Egoisticamente
il pensiero l’ho avuto, il desiderio di chiudere e riaprire gli occhi scoprendo
che quella separazione non stesse avvenendo a me ma a qualcun altro del mio
gruppo, oltre a Taichi. Il desiderio di voler passare
quell’ultimo periodo insieme al mio fido amico, fianco a fianco, senza nessun
altro intorno godendomi ogni singolo istante era stato irrefrenabile…solo me e il
mio digimon.
Però,
alla fine la ragione era tornata, l’amicizia aveva vinto ancora una
volta.
Il
desiderio di salvare tutti loro aveva prevalso, li ho anteposti alla mia stessa
felicità.
Quella
felicità che non avrei mai pensato di provare dieci anni prima quando tutto è
iniziato.
Nei
primi tempi me lo era chiesto cosa ci trovassi di tanto speciale in me, tu
strano animale spuntato fuori dal nulla, o per meglio dire, so di essere stato
io ad atterrare dal nulla accanto a te che senza perder tempo hai iniziato a ronzarmi
perennemente intorno, lasciandomi totalmente spiazzato. Quegli occhietti di un
rosso vivido fin dal primo istante sono stati ricolmi d’orgoglio, un orgoglio
diretto esclusivamente a me che ne sono strato travolto non essendo abituato a
riceverlo, Mio padre l’avrebbe mostrato solo successivamente.
Gabumon,
tu mi hai ammirato ancor prima di conoscermi, accogliendomi con una gioia
immotivata, felice che tutta la tua attesa fosse stata ripagata.
Io
allora ne rimasi completamente costernato, Gabumon sei stato il primo a farmi
sentire speciale oltre la stessa etichetta affibbiataci dalla leggenda.
Mi
hai fatto sentire importante anche più di Takeru, perché
il mio fratellino stava crescendo diventando pian piano sempre più
indipendente, ammirando anche gli altri, come Taichi.
Per te invece no, sarei stato sempre ed esclusivamente il detentore del primato
di importanza.
La
mia iniziale reticenza verso di te è caduta e non ti dimenticherò mai, non cancellerò
il ricordo di chi ha occupato un posto speciale nella mia vita.
Custodirò
gelosamente il ricordo di te essere digitale fatto di dati che della freddezza
di un computer non hai mai avuto nulla, al contrario, hai sempre trasmesso un
confortante calore emanato dalla pesante pelliccia. Lo so bene, ci sono
affondato più volte in quel morbido ammasso di peli nei momenti di disperazione,
in quell’abbraccio confortante in grado di scacciare ogni mia paura.
Dieci
anni fa non lo volevo abbandonare il mondo digitale, era l’unico luogo in cui
dopo anni avevo potuto passare del tempo con il mio fratellino.
Ora,
quel desiderio è tornato più prepotente che mai solo all’inverso, non voglio che
tu lasci questo mondo Gabumon.
Passano
gli anni eppure il dolore della separazione continua a essere una costante,
sembrai quasi che io debba per forza vivere separato dalle persone a cui voglio
bene. Se deve essere così, prenderò davvero la via dello spazio, laddove la
sofferenza potrà essermi risparmiata da ulteriori incontri.
Non
sei il mio amico immaginario, non è giusto che tu scompaia solo perché cresco.
Soffio
più forte, la nota si alza.
Voglio
che la musica, quell’hobby che mi ha permesso di trasmettere al mondo chi sono
ora porti a te il mio più grande desiderio.
Io
non voglio che tu vada via.
Però
non lo dico a voce, so già che si incrinerebbe e non voglio rovinare questo
momento, non voglio che il nostro ultimo ricordo sia una valle di lacrime.
Gli
occhi bruciano, li strizzo più forte trattenendomi ancora una volta.
Dieci
anni di amicizia, anni che non tutti possono comprendere.
Anni
in cui mi sono sentito capito, in cui ho avuto il tuo sostegno in ogni mia
scelta giusta o sbagliata che fosse, anni in cui sei diventato sempre più
importante con quei rumorosi passi costantemente al mio seguito oltrepassando
la barriera burbera issata dalla separazione dei miei genitori.
Il
mio pensiero è per te Gabumon, questa musica è per te.
Una
dedica a te mio caro digimon che più di tutti hai
dovuto fare i conti con un digiprescelto problematico,
gli altri non hanno dovuto affrontare un ragazzino con gli improvvisi scatti di
rabbia, con quei continui cambi d’umore, con quella saccenza… mera facciata per
non farmi ferire dal mondo circostante.
E
tu questo lo hai capito più di tutti, più di Takeru e
degli altri miei amici.
A
te che mi hai curato in quella grotta gelida nonostante ti avessi trattato
male.
A
te che hai combattuto contro i tuoi stessi amici quando ero confuso, pur di non
abbandonarmi.
A
te che silenziosamente ti sei avvicinato capendomi anche senza parlare.
A
te che mi hai dato forza quando io pensavo di non possederla.
A
te che non ti sei mai tirato indietro anche dinanzi alle pesanti le mie
esternazioni rabbiose.
A
te che anche nei momenti più bui e di sconforto mi sei stato accanto.
A
te che mi hai salvato dal barato della disperazione.
A
te io dedico questa melodia.
«Non
è vero che hanno bisogno di me, io non conto più nulla per nessuno»
«Alzati
o mi arrabbio!»
La
caverna diventa più oscura, il buio mi circonda trapassandomi le ossa.
«Ormai
sono finito, lasciami solo!»
«Si
può sapere che ti prende?!...Rispondi Yamato»
Un
morso, i tuoi denti che affondano nella carne della gamba ed io che ti colpisco
scacciandoti via.
«Ma
sei impazzito?! Lasciami in pace!»
Le
tue lacrime cadono copiose, non ti sei ancora arreso, non hai ancora gettato la
spugna per il mio essere un amico problematico.
«Ogni
essere vivente è diverso dagli altri, è vero o no?! Allora spiegami perché devi
paragonarti continuamente a Taichi?! Certo che siete
diversi è la cosa più naturale del mondo! Il fratello maggiore di Takeru sei tu Yamato, e non è
vero che Taichi è migliore di te. Ti sbagli»
«Gabumon…»
Lo
abbassi e lo rialzi quello sguardo pieno di speranza.
«Ed
io allora?! Cosa ci fare qui se non fosse per te?! Ho aspettato tanto questo
momento perché sapevo di incontrarti altrimenti per quale motivo l’avrei
fatto?!»
«Gabumon…»
«Davvero
hai deciso di restare solo?! Coraggio dimmelo! Vuoi che non mi faccia più
vedere?! Se ne sei convinto allora me ne andrò senza discutere»
No,
non voglio che tu vada via.
«La
verità è che volevo solo sembrare più in gamba agli occhi degli altri…invece
non ho fatto altro che allontanarli e se vuoi che ti dica la verità…mi sono
sentito tanto solo. Promisi a me stesso che non avrei mai pianto. Ho sempre
fatto di tutto per convincermi che me la sarei dovuta cavare senza l’aiuto dei
miei, né di nessun altro…e invece avevo tanta voglia di piangere»
«Povero
Yamato…»
«Io
non voglio restare solo»
«Sono
qui con te Yamato! Ho tanto bisogno di te ma anche tu
hai bisogno di me. Se riusciremo ad accettarlo con serenità vedrai che le cose
andranno meglio, ne sono sicuro!»
L’ho
accettato, ho accolto appieno questo bisogno reciproco ma le cose non stanno
andando meglio.
Sono andate benne allora, non ora.
Quello
stesso affetto mi sta distruggendo, potrei voltarmi da un momento all’altro e
non trovarti più accanto a me.
Gli
ultimi raggi di sole mi bruciano la pelle, sono sicuro il tramonto sia
diventato incandescente…eppure io quel calore non lo avverto, ho solo tanto
freddo.
È
orribile questa sensazione di vuoto.
«Yamato…»
Non
dirlo Gabumon, lo so che lo stai per pronunciare.
So
esattamente cosa sta per uscire dalla tua bocca, ed è una menzogna.
«Sei
il miglior partner di sempre»
No,
tu sei stato il miglior compagno di sempre.
Lo
stomaco mi si stringe, la morsa diventa dolorosa facendo definitamente cessare
l’afflusso d’aria.
Io
sono stato il partner più catastrofico di sempre, lo sappiamo entrambi ma tu
non la vedrai mai in questo modo.
Ed
io sono felice, continui a vedere e a esaltare solo la parte migliore di me ed anche
se non riesco a dirti tutto questo a voce, spero tu le capisca lo stesso.
Ti
prego, capisci quanto sei stato importante.
Le
mie dita tremano sull’armonica, il suono si spegne.
Non
ti guardo in faccia, è già difficile da mantenere così il mio autocontrollo.
Gli
occhi bruciano e non è colpa del colore vivido del tramonto.
Lo
sento stanno per arrivare, pungono come spilli lì all’angolo degli occhi.
«Ehi,
Yamato?»
Tu
però non mi dai tregua, vuoi un addio degno di essere ricordato, faccia a
faccia.
Ed
io infondo te ne sono grato, perché un’ultima volta voglio vederti.
Voglio
ricordarmi di quelle zanne lucenti e quegli occhi pieni di calore.
Sei
un lupo sì, ma feroce solo quando fa comodo a te.
«E
domani, cosa farai?»
Me
lo chiedi sorridendo, consapevole di non poterlo mai vedere.
Vuoi
che te lo dica, così da progettare insieme la giornata, una delle tante.
Come
se domani, noi saremo ancora qui, insieme.
Distolgo
lo sguardo, lo proietto verso il cielo.
«Bella
domanda, chi lo sa cosa ci aspetta domani…»
Ed
eccola lì, una farfalla azzurra che si libra nell’aria.
Lo
so cosa è appena accaduto, il mondo ha smesso di vivere.
No,
io ho smesso per un secondo di farlo.
«Ci
sono, domani possiamo…»
La
mia frase si perde nel vento, mi sono voltato di nuovo lì alla mia destra.
Lì
dove un istante prima c’eri tu.
Fa
male, tanto.
Quel
“possiamo” non esiste più, è diventato solo uno spiacevole singolare.
Il
vento soffia forte ma è come se non lo sentissi, forse è questa la sensazione
che si prova quando si muore.
Il
cerchio dorato si è dissolto con l’ultimo petalo tramutando in pietra quell’oggetto
a me tanto caro.
Pesa
sul palmo, laddove un istante prima c’era l’armonica che ti piaceva tanto.
La
consapevolezza arriva come un pugno nello stomaco, sei andato via.
Definitivamente.
Ho
tanta voglia di piangere, Gabumon.
Io
non riesco a fermarle, le lacrime mi rigano il volto, si insinuano nell’incavo
del collo, cascano come pesanti gocce di pioggia sul digivaice.
Il
cuore si spezza, i polmoni soffrono e il petto fa male.
Il
sistema nervoso è crollato, la mano trema vistosamente stretta intorno al
freddo oggetto, una presa compulsiva tanto da spingere l’altra mia mano a
serrarsi intorno per farla smettere…ma non ci riesce. Ora, tremano in due.
Tremo
anche io scosso dai singhiozzi sempre più forti inghiottiti dal vento, perché questa
volta nessuno mi verrà a consolare.
Il
sapore salato delle lacrime mi entra nella bocca mentre sollevo il digivice all’altezza
del volto, l’ultima insulsa speranza di credere sia soltanto un bruttissimo
sogno e che riaprendo gli occhi ti troverei ancora qui accanto a me.
Ma
non è così… maledizione! Non è per nulla così!!
È
proprio quella consapevolezza, l’ultimo barlume di protezione della mia anima a
impormi di continuare a tenerli serrati.
Un
pezzo di me è andato via, non perché lo hai portato con te, eri proprio tu quel
tassello mancante che mi ha aiutato a crescere.
Anche
tu hai contribuito a quello che sono oggi, perché tu sei stato capace di
mostrare il tuo affetto incondizionato anche quando i ricordi ti sono stati
cancellati…e sarei un grandissimo bugiardo se dicessi di averti preferito al
mio fianco anche senza che tu ricordassi chi fossi, perché infondo lo sono per
davvero un egoista.
Io
ti voglio qui con me senza nessuna perdita…ed ora ho ricevuto quella più
grande.
«Eccomi!»
Mi
abbracci alle spalle, lì su quel balcone in piena notte dopo la scomparsa di Taichi.
«Gabumon?!»
«Ho
mangiato un sacco e sono cresciuto!»
Sorridi,
le zanne in mostra mentre rimani avvinghiato alle mie gambe, alle gambe che
dovrebbero essere quello di un estraneo per te che non sai più chi sono.
Il
tuo sorriso è contagioso, sorrido a mia volta abbassandomi alla tua altezza.
«Yamato, conosci quella frase del digimon
Karuta?»
«Eh?
Karuta?»
«Quando
stai affrontando un momento difficile, chiedi consiglio al tuo digimon partner»
«No,
è la prima volta che la sento»
Ma
a te, la mia perplessità non interessava.
«Per
forza, me la sono appena inventata!»
Ridacchi,
io lo faccio con te.
«Yamato! Sono qui per te. Puoi dirmi tutto. Se ti senti solo
o stai soffrendo. Sarò sempre dalla tua parte. Anche quando non mi vorrai, io
starò con te. Quando ti sposerai e avrai un bambino, io me ne prenderò cura»
«Eh?»
«Quando
sarai un uomo di mezza età, farò la sauna con te. Quando sarai un nonnetto,
faremo tante passeggiate insieme»
«Ma
cosa stai dicendo?»
«Yamato, se continuerai ad aver bisogno di me anche quando
crescerai…Io sarò…» i tuoi artigli si serrano intorno alla mia camicia «Sarò
sempre in grado di fare ogni cosa. Salverò persino il mondo»
«Va
bene così…è abbastanza»
Sono
costretto a interromperti, abbracciandoti in quella posa scomposta sul
pavimento, in quella rassicurante stretta che a me piace tanto.
«Penso
di aver capito, ciò che disse Taichi quella volta…La
paura di perdere qualcosa di importante…Quando Taichi
è scomparso…Io…»
La
mia voce si incrina, le palpebre si contraggono ripetutamente senza il mio
controllo.
«Yamato. Tu sei l’unico che può prendere il posto di Taichi. Sono sicuro che anche lui lo vorrebbe. Yamato, lo capisci vero?»
Ti
stringo, serro le mie braccia con tutta la forza che ho a disposizione affondando
nel manto candido striato, scosso dai singhiozzi, da quel pianto finalmente arrivato.
«Non
piangere»
«Non
farmi piangere»
Gabumon,
non farmi piangere.
Non
farlo neanche adesso.
Un
singhiozzo più forte mi scuote, quel ricordo più vivido che mai.
Mi
sento solo.
Ho
tanta voglia di piangere.
Anche
ora ho subito una perdita, anche ora sono triste e solo su una terrazza perché non
arrivi di nuovo alle spalle?
Perché
non mi abbracci con la stessa irruenza?
Tra
le lacrime apro leggermente gli occhi, il tramonto è quasi svanito ma non il
mio pianto.
Quello
si è fatto ancora più forte, mi sta dilaniando l’anima.
Questa
terrazza è così fredda e vuota.
Dove
sei Gabumon?
Gabumon,
ti prego torna da me.
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Qualunque
siano gli errori ortografici vi chiedo scusa, sto piangendo con Yamato.
Aky