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Autore: SkyDream    19/09/2020    1 recensioni
Al ritorno dal suo allenamento di un anno, Natsu trova Crocus completamente rasa al suolo a causa della guerra scatenata da Akio e la Fairy Tail sciolta per volere di Makarov.
Deciso a mettere fine allo scempio causato da Akio, un folle precedentemente membro di Phantom Lord, si mette in viaggio per riunire tutti i membri della sua gilda. Ma parecchie strade si incroceranno rendendo il tutto poco semplice.
Lucy, Lluvia e Wendy, per prime, riprenderanno contatto con il loro passato.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gray Fullbuster, Lluvia, Lucy Heartphilia, Natsu
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter 3: The sound of memory

 
«Sei sicuro di quello che stai facendo?» si chiese a voce alta mentre continuava a camminare. Joan aveva ormai imparato a dialogare con se stesso, se non altro perché almeno si rendeva conto da solo di ciò che pensava.
Da quando era sotto l’ala protettiva di Akio, non si sentiva mai al sicuro.
Non era mai certo che facesse ciò che voleva, ma gli restava attaccata addosso la sensazione che lui - sotto sotto - lo stesse manipolando a suo piacimento.
Joan sbuffò e salì il suo cappuccio di juta fin sopra i capelli biondi, camminava lentamente tra i detriti di Magnolia e si fermò un momento solo davanti una donna stesa a terra.
«Che tu abbia un eterno e santo riposo, donna civile senza magia.» sussurrò accovacciandosi accanto al cadavere ormai irrigidito dal freddo e dall’ineluttabile morte. Il ragazzino poggiò una mano sul viso gelido e incolore dell’altra e sussurrò poche flebili parole.
Il corpo si riempì di luce e poi sparì, come se si fosse disintegrato. Joan si rimise in piedi, avvolto dal suo mantello di juta, e riprese a camminare in mezzo a quei detriti.
Uscì rapidamente da Magnolia e percorse un breve tratto affondando i piedi nella neve, superò la barriera magica che Akio aveva creato per bloccare le comunicazioni e non far sapere oltre delle orribili torture che si erano celate al suo interno.
Joan respirò aria di vita in mezzo a quei monti.
Akio l’aveva mandato lì per attaccare Lamia Scale e, magari, ottenere qualche informazione sulle altre gilde, prima di uccidere i singoli componenti.
«Che piano maledetto.» sbottò il ragazzo dando un calcio ad un sasso pieno di neve. Gonfiò le guance ormai arrossate per il freddo e riprese a camminare, forse più arrabbiato con sé stesso che con suo fratello maggiore.
Fratello acquisito. Capitato per caso.
Suo fratello, quello vero, era morto troppi anni prima.
Joan aveva solo sette anni quando era rimasto solo, ormai ne aveva quasi diciotto e nonostante l’aspetto lo facesse sembrare più piccolo era molto maturo. Oltretutto aveva superato Akio lì dove aveva fallito, imparando la magia della Quintessenza e ora aspettava solo l’occasione giusta per andarsene.
«Certo, se Akio si ostina a distruggere tutto, non vedo dove potrò mai andarmene e con chi.» pensò ancora mentre l’insegna della gilda riluceva sotto la neve mattutina.
Una ragazzina dai capelli rosa era scesa di cosa e d’era inciampata finendo con la faccia a terra, spiaccicandosi sul terreno con un tonfo.
Un’altra ragazza la seguì, urlando, inciampò anche lei facendo la stessa fine della sua amica.
Si rialzarono e guardarono le loro sagome sulla neve, ridendo come due bambine. Avevano all’incirca la sua età e un uomo dai capelli chiari, sulla trentina forse, li guardava con aria buona dalla porta della gilda.
Joan si avvicinò fino ad appostarsi dietro un albero, le due ragazze avevano preso a costruire un pupazzo di neve gigante e di tanto in tanto tiravano dei colpi mortali ad altri amici che uscivano dalla gilda.
Un uomo dalle sopracciglia giganti finì per rotolare dalle scale e diventare una palla gigante di neve, un uomo dalle sembianze ambigue lo guardava ridendo e indicandolo mentre l’uomo biondo, che aveva appena espresso un sorriso, rientrava con aria preoccupata e solenne.
“Devo davvero distruggere tutto questo?” si chiese mentalmente guardando una piccola onda della Quintessenza svolazzargli sulla mano.
«Wendy! Stai attenta!» Una gattina bianca si buttò sopra una delle due ragazze, atterrandola prima che una palla di neve gigante la colpisse in piena faccia.
Joan atterrì, si avvicinò ancora fino a scoprirsi del tutto. Sentiva il cuore scalpitare e la prima, la prima dannatissima cosa che gli venne in mente, fu un ringraziamento a qualche Nume per averlo mandato lì.
Se Cinny o Akio fossero andati con lui o, peggio ancora, al suo posto, lui non l’avrebbe mai rivista.
«Chi sei tu?» chiese nuovamente il ragazzo dai capelli chiari, scendendo le scale a due a due e avvicinandosi senza timore del freddo. Teneva la testa alta con fierezza, sembrava un leone.
«Lyon!» lo articolò la ragazzina dai capelli magenta mentre si avvicinava al suo mentore.
«Ti ho detto di dirmi chi sei!» esordì verso Joan che, sperduto, fissava Wendy con sguardo ancora incredulo. Le mani pesanti.
Wendy annusò l’aria, poi si alzò da terra e lo raggiunse fino ad essere talmente vicino da poter guardarlo negli occhi. Verdi come le foglie coperte di rugiada.
Wendy gli scostò il cappuccio dalla testa, rivelando la testa bionda, e lo fissò un eterno momento prima di balbettare, forse, il suo nome.
«Lo conosci?» chiese Lyon, un po’ più sereno ma decisamente incuriosito dalla scena. Non era facile vedere Wendy che prendeva iniziativa.
«Joan Genevieve, sei davvero tu?» La Dragon Slayer non riusciva a crederci, le guance le erano diventate rosse e gli occhi lucidi lasciavano presagire una rara commozione.
Il ragazzino annuì, incredulo, mentre portava due dita sul viso freddo della ragazza, quasi a constatare che fosse reale.
Non vi fu lo spazio per ulteriori domande, nessuno si chiese più chi fosse, né da dove venisse o perché fosse lì a spiarli.
Wendy gli saltò addosso abbracciandolo, lacrime di commozione presero a scendere sul suo viso mentre il ragazzo, ancora tremante, la stringeva come se potesse inglobarla dentro di sé.
Fu un momento carico di sentimento e di calore, i due ragazzi - con un singolo gesto d’affetto - riuscirono a dirsi più cose di quelle che non avevano potuto dire per quasi dieci anni.
Già, dieci anni erano passati per Joan, ma per Wendy non erano più di tre e il ricordo del ragazzino era ancora vivido dentro di sé. Sotto le palpebre, nell’oscurità della mente, lo rivide mentre camminava mano nella mano con suo fratello e finalmente capì che le voci che le erano giunte non erano false.
«Cales è morto dieci anni fa, dopo che abbiamo lasciato la Cat Shelter.» annunciò con tono cupo, senza staccarsi dall’abbraccio della ragazza, «Mi sei mancata tremendamente, Wendy Marvel, figlia del drago del vento».
 
Lyon lasciò che Joan entrasse e bevesse qualcosa di caldo in loro compagnia, Wendy sembrava molto interessata alle sue parole e Sheria, la ragazza dai capelli magenta della sua età, non li aveva lasciati un attimo da soli.
Lyon si sedette al bancone, accanto a Charle che era rimasta a guardarli da lontano, facendo ondeggiare la lunga coda bianca, come faceva spesso quando pensava.
«Come mai non gli sei saltata addosso anche tu, Charle? Hai conosciuto Wendy dopo il loro incontro?» chiese, cercando di non apparire troppo curioso.
Charle sospirò e rigirò il bicchiere di cioccolata tra le zampe, con fare preoccupato.
«Wendy è sempre stata molto ingenua, lo è perché il suo cuore è buono. Io mi preoccupo per lei, non voglio che soffra, soprattutto perché sa difendersi dagli attacchi fisici e non da quelli morali o, peggio, sentimentali».
Il mago del ghiaccio la guardò di sbieco, notò che anche lei aveva abbassato gli occhi e sembrava sul punto di scoppiare e andare da Joan a graffiargli la faccia.
«Credi che Wendy ne sia innamorata?».
«Credo che lei non si sia resa conto che sono passati dieci anni, e la gente cambia molto in poco tempo, figurarsi in anni. Perché è qui? Cosa vuole da lei?» si chiese mentre finiva di sorseggiare la sua merenda.
Si ripulì i baffi chiari e si avvicinò a loro fingendo di sorridere, forse decisa a fare delle domande specifiche.
Lyon capì dalle spiegazioni di Wendy e del protagonista indiscusso, Joan, che quest’ultimo non era un mago. Aveva passato un paio di anni della sua infanzia alla Cat Shelter, la gilda surreale che Wendy chiamava famiglia, e lì aveva conosciuto lei e Charle, con cui aveva condiviso tanto.
Non sentiva l’esigenza di imparare le arti magiche, per cui si limitava di tanto in tanto a giocare con i mulinelli d’aria che la sua amica riusciva a creare. Erano diventati inseparabili e quando Cales, suo fratello maggiore, gli aveva detto che era giunto il momento di partire, aveva meditato di fuggire.
Non aveva mai avuto un rapporto conflittuale con suo fratello, anzi, lo aveva sempre stimato e passavano parecchio tempo insieme, soprattutto la sera prima di andare a dormire. Gli parlava dei loro genitori, che erano partiti per un lungo viaggio quando loro erano piccoli. Erano maghi di classe S, toccavano a loro le missioni centenarie.
Che lo volessero o meno.
Cales stava cercando una persona, un mago potentissimo capace di insegnargli a sbloccare l’ultimo tassello per evocare la Quintessenza e poterla manovrare.
Ci lavorava da parecchio, una missione lunga una vita intera, e quando il Master della Cat gli disse che il ragazzo si trovava a Magnolia, costrinse Joan a seguirlo per andare a trovarlo.
Il fantomatico mago che avrebbe dovuto finalmente realizzare i frutti delle sue ricerche e studi, era talmente potente da cambiare la densità dei pensieri e delle emozioni: sarebbe stato capace di sbloccare il tassello della razionalità che impediva a Cales di accedere alla vastità del potere che deteneva.
La Quintessenza era la magia oscura più potente che fosse mai stata scoperta, quella magia capace di aggregare e disgregare i singoli atomi. Sarebbe bastato perdere il controllo per disgregare tutto ciò che lo circondava.
Ed in parte era successo: Cales era morto guardando la sua pelle e il suo corpo diventare polvere. Sentiva i singoli atomi scindersi, non potendo nemmeno urlare per l’irragionevole dolore.
Joan lo aveva sentito, aveva avvertito che suo fratello stava morendo, ma aveva aspettato seduto fuori, a fissare la luna nell’attesa che qualcuno venisse a riprenderlo.
Quel qualcuno era stato Akio, che il mattino dopo lo aveva preso in braccio e portato al castello, quello che ora chiamava casa, e gli aveva permesso di parlare e sfogarsi.
Poi si era proposto di insegnargli la magia, ma lui aveva rifiutato.
Joan raccontò solo questo a Wendy, omettendo il resto per non spaventarla.
Aveva bisogno innanzitutto della sua fiducia, doveva scoprire se era rimasta la dolce Wendy del Cielo di dieci anni prima.
Poi, solo poi, le avrebbe raccontato il resto.
Rimase tutto il pomeriggio alla Lamia Scale, ascoltando volentieri le ultime missioni che aveva compiuto con Sheria, gli aveva raccontato di Fairy Tail, di come la Cat Shelter si fosse rivelata solo il frutto della loro immaginazione e di come aveva finalmente amici veri, che l’amavano.
Lyon, prima di ritirarsi in cucina a preparare la cena, si perse un momento a guardare le labbra sorridenti della ragazzina, della sua nuova sorellina acquisita a cui - nell’ultimo anno - si era affezionato oltre ogni aspettativa.
Dopo lo scioglimento della Fairy Tail aveva pensato che Gray si sarebbe unito alla loro gilda, e l’idea lo allettava molto, ma quando Sheria gli aveva chiesto di prenderla con sé, alla Lamia, non era riuscito a dire di no.
Wendy era parte della loro famiglia adesso, e per un momento si chiese se quel ragazzo non fosse venuto a portare sventura.
 
***
«Natsu, sei stanco?»
La vocina del gattino volante cominciò a spandersi per l’aria fredda delle montagne di Crocus. Natsu continuava a camminare, strisciando i piedi nella neve, con Lucy aggrappata alla sua schiena, forse assopita.
«No, Happy, dobbiamo raggiungere al più presto il paese qui vicino, Rainfall Town.» spiegò il Dragon Slayer continuando a trascinare i piedi. Cominciava a sentire i morsi della fame e portare Lucy non si stava rivelando un compito facile.
Sembrava molto più leggera dell’ultima volta, il suo viso smagrito ne era la prova inconfutabile, eppure quell’aria desolata e inanimata era riuscita a trascinarsi anche la sua vitalità.
«Lucy ci ha detto che a Rainfall è stata avvistata Lluvia e con lei ci sarà sicuramente Gray, ma come faremo a ricongiungere tutta la gilda in poco tempo?» chiese ancora, con le zampette infilate nella casacca verde. Il pelo gli si era rizzato per il freddo, rendendolo più simile ad un porcospino che ad un gatto.
«La gilda si riunirà, come abbiamo sempre fatto, Happy. Dobbiamo avere fiducia nei nostri compagni, e poi sono sicuro che qualcuno sarà già uscito a dare l’allarm-».
Natsu diede una testata a un muro invisibile e cadde a terra facendo rotolare anche la sua amica, che si sedette massaggiandosi la nuca.
«Che diamine è questa roba?!» chiese Lucy guardando davanti a sé. Non vedeva nulla di strano.
Happy continuò a calciare l’aria, producendo lo stesso rumore di un piede che batte contro la porta.
“Un blocco magico?” si chiese la ragazza mentre si alzava in piedi, a stento, e si avvicinava alla parete invisibile. Si ricordò improvvisamente di Levy - la sua migliore amica - e di come le avesse spiegato che certe magie sono frutto di una serie di Lacrima installate nel terreno.
Abbassò gli occhi lì dove le sembrava provenisse una debole luce, in mezzo a tutta quella neve candida non era per nulla facile.
«Che stai facendo?» chiese Natsu mentre la vedeva scavare a mani nude nella neve, le dita già cianotiche e screpolate, ripresero a sanguinare leggermente, tingendo di rosa la neve attorno.
«Deve esserci una Lacrima qui sotto, se riusciamo a distruggerla possiamo passare. Akio ha isolato la città, nessuno è entrato o uscito, per questo le provviste sono finite e le mie lettere non sono mai state spedite.»
«Se così fosse, perché io e Natsu siamo entrati a Crocus senza problemi?» chiese il gatto scendendo con le ali fin davanti al viso della ragazza.
Quella fece spallucce e sembrò pensarci un momento.
«Forse aveva bisogno di energie per attaccare un altro paese, per questo ha diminuito la forza del campo qui attorno e devono essersi creati punti ciechi. Meglio così, la Lacrima dovrebbe essere più debole di energia.» spiegò Lucy mentre due mani, decise ma non irruente, le bloccavano i polsi a mezz’aria.
Natsu la guardava con le sopracciglia unite e lei non potè fare a meno che stupirsi e arrossire, contemporaneamente.
«Cosa fai?» chiese allora lei, fissandolo negli occhi. Poi attorno, sul viso.
Natsu aveva sempre avuto quelle leggere lentiggini sulle guance?
«Cosa fai tu? Smettila, ci penso io con una vampata a scongelare tutto!» esordì il mago lasciandole liberi i polsi; Lucy non ebbe il tempo di fermarlo a voce, così si mise davanti il suo viso e gli afferrò la sciarpa sperando che non le incenerisse la faccia.
«Lucy?» chiese quello, perplesso.
«Non puoi usare il fuoco! Sei debole, non hai mangiato quasi nulla, proprio come me ed Happy, risparmia le forze per distruggere la Lacrima, ci penso io a cercarla, Natsu, siamo una squadra!».
Si fissarono ancora, un momento solo, in silenzio. Poi Lucy riprese a scavare, lasciando lunghi solchi di sangue sulla neve.
Aveva ormai la sensibilità così ridotta, da non sentire il freddo sulla pelle. Usava le dita come se fossero un unico pezzo di legno e si sforzava di non piangere, pensando a quando probabilmente il freddo le avrebbe catturato anche le braccia.
D’altronde, per giorni aveva congelato anche i suoi pensieri.
«Non infrangerò una promessa solo perché tu non vuoi.» Natsu le prese nuovamente le mani, stavolta con molta più decisione, e si sfilò la sciarpa per avvolgerle dentro e stringerle.
Lucy sembrava ammanettata e quell’assurda situazione la fece ridere di gusto. Cosa pensava di fare?
«Io cerco la Lacrima e la distruggo, tu siediti lì e resisti. Ho detto che tornerai a Fairy Tail come una maga, e ho promesso che tornerai a chiamare i tuoi Spiriti Stellari».
«Ma…» Lucy era arrossita, pronta a replicare.
«Niente ma! Sei o non sei una maga di Fairy Tail che ha giurato di proteggere le città?».
   
 
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